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Autore: LuckyMc    24/09/2011    5 recensioni
Jenny si asciugò le lacrime e rimandò la canzone dall’inizio, parlava di lei, Paul McCartney aveva scritto di lei, della sua vita, allora, a distanza di due anni Paul si ricordava di quella storia, della SUA storia, del suo viso e della sua passione. Alzò il viso e sorrise fra le lacrime. Sir James Paul McCartney le aveva ridato il sorriso.
La storia è pura fantasia, è nata per sognare, solo per quello. Come la ragazza che aspetta il principe azzurro, lei aspettava Paul McCartney
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore:;ObladìObladà
Titolo: Jenny Wren,,
Rating: Verde
Avvisi: One-shot, song-fic
Genere: Malinconico
Avvisi: Paul McCartney non mi appartiene e blablabla.
Riassunto: Jenny si asciugò le lacrime e rimandò la canzone dall’inizio, parlava di lei, Paul McCartney aveva scritto di lei, della sua vita, allora, a distanza di due anni Paul si ricordava di quella storia, della SUA storia, del suo viso e della sua passione. Alzò il viso e sorrise fra le lacrime. Sir James Paul McCartney le aveva ridato il sorriso.
Note dell’autrice: Questa [orrenda] one-shot è nata ascoltando http://www.youtube.com/watch?v=36dtjxUMWdM&feature=share questa canzone! Jenny Wren di Paul McCartney inserita nell’album Chaos and Creation in theBackyard [2005].Vi consiglio di leggerla ascoltando quella canzone, anche perché è magnifica :’D. Detto questo, grazie a tutti quelli che leggeranno e recensiranno.



La ragazza prese la propria borsa a tracolla nera dove le quattro faccione dei FabFuor troneggiavano. Recuperò anche la giacca poi si volto' verso la madre che la guardò, con sguardo triste «Dove vai tesoro?» chiese, nonostante conoscesse già la risposta «Da papà» «Non devi andare tutti i giorni Jenny, lo sai» la ragazza fulminò la madre con lo sguardo «Chi dovrebbe andarci? La seconda moglie?» domandò la ragazzina di quindici anni, con voce quasi rotta dal pianto. La donna scosse la testa e la lasciò andare. Jenny si strinse nella giacca di pelle mentre passava fra quelle pietre levigate, pieni di foto, nomi e date, arrivò in fondo, svoltò a destra e sorrise. Si abbassò piano sulla lapide, si baciò le dita poi le passò sopra la foto di un uomo dai capelli neri, gli occhi verdi, il naso sottile e le labbra carnose.

Avevano ragione le persone quando dicevano che erano identici.

Jenny si sfilò la borsa e la poggiò lentamente dietro la lapide, tolse i fiori secchi e mise quelli nuovi, era uno spreco cambiare fiori tutti i giorni, i fiori non appassiscono da un giorno all’altro.

Suo padre però era appassito in sei mesi, ed era un essere umano.

Accarezzò la lastra bianca e si passò il dorso della mano sotto gli occhi asciugandosi una lacrima, andavi lì, tutti i giorni, da quattro anni ormai, ma una lacrima scendeva sempre. Scosse la testa e sorrise alla foto poi prese a parlare «Ciao papà, scusa se oggi ho fatto tardi, ma ho dovuto studiare molto, domani ho un’interrogazione, in storia sai? La materia che odiavo, quella dove mi aiutavi tu, ricordi? Sono sicura di sì» sorrise ancora e chinò il viso, accarezzando lentamente la lapida, come se stesse accarezzando il gatto con il pelo più morbido del mondo. «Da quanto te ne sei andato va tutto male, non abbiamo nemmeno i soldi per mangiare, voglio cantare papi, è il mio sogno, ma non posso, non posso andare a lezioni di canto, non posso fare tante cose. Ma alla fine, non m’importa del cantare papà, ho un sogno, uno solo, e arriverà qui fra tre settimane. Paul viene in Italia papà, Paul, Paul McCartney, ancora non ci credo, e verrà qui a Roma! A pochi passi da casa mia e non posso vederlo» chinò il viso e altre lacrime le chinarono il viso.
Rimase lì, un’altra ora, a parlare contro il marmo smunto e morto mentre le persone passavano e la guardavano con un filo di tristezza, misto a un sentimento che prova l’essere umano, la chiamano compassione.
E Jenny la odiava, odiava la compassione, lei non aveva bisogno di essere compatita da nessuno, prima che suo padre morisse nessuno la calcolava, nessuna si fermava davanti la piccola Jenny a chiederle come stava, nessuno lo faceva perché era brutta, brutta bassa e con qualche chilo di troppo, troppi chili di troppo.
Ma lei si lasciava scivolare tutto addosso, come l’acqua della doccia, non dava peso alle parole, o meglio, faceva finta di non dare peso, invece lo dava, eccome. Tornava a casa con gli occhi rossi, un nodo in gola e le guancie rigate, si chiudeva in camera sua e si guardava allo specchio.
Ed era lì, davanti a quel pezzo di vetro, il viso paffuto, le gambe enormi, il viso ricoperto di brufoli ed i capelli crespi, si guardava a lungo e piangeva, si guardava e si odiava, si guardava e malediceva di essere nata.

«Hey guardate, c’è Jenny tutta ciccia e brufoli!»«Hey Jenny, lo sai che non andrai mai con nessuno, nessuno mai vorrà baciarti!».

I bambini sono crudeli, lo sappiamo tutti, i bambini sono la bocca della verità, non sanno mentire, non hanno tatto, non ti guardano in faccia e sorridono, ti guardano e voltano il viso disgustati dalla tua faccia e dal tuo corpo. Jenny rientrò in camera sua e sospirò, posò la borsa sul letto e salutò il poster contenente le solite quattro facce. Si parò davanti allo specchio e chinò il viso di lato, ora lo era, era bella, era come tutta la volevano, era magra, i capelli erano lunghi e lisci di un bellissimo nero lucido, gli occhi verdi, le labbra rosee, il viso liscio, come levigato. Fece scorrere poi lo sguardo lungo il proprio corpo e si accarezzò il ventre piatto, le gambe lunghe e magre. Era cambiata, in solo tre fottutissimi mesi.

«Che significa non posso entrare? Io vengo a trovarlo tutti i giorni, gli ho anche comprato il giornale e mi ha sempre fatto entrare!»urlò la ragazzina, le lacrime agli occhi, contro l’infermiera impacciata.

Strinse i pugni, odiava ancora quell’infermiera, quell’infermiera che non avevo avuto le palle di dirle che suo padre era morto, era andato, fine, su, dagli angeli.

«Mamma mamma! Perché non posso entrare?»urlò la bimba e guardò la madre negli occhi, erano bassi, velati da uno strato di lacrime. «Mamma. . . mamma. . . Mamma no, mamma no ti prego, mamma no!»urlò la bimba e si aggrappò alla gonna della madre scoppiando in lacrime «Non è vero, dimmi che papà è lì dentro che respira mamma, dimmelo!»la donna strizzò gli occhi e strinse forte la sua bambina «Oh tesoro mio, vorrei tanto potertelo dire»sussurrò la donna e strinse a sé la figlia, mentre quest’ultima scoppiava in lacrime stringendo la madre.

Sospirò e si passò piano le mani sugli occhi stanchi e pieni di lacrime, era stanca, di tutto, della scuola, dei professori, degli amici, era stanca di tutto. Sospirò ancora e prese il proprio mp3 dalla scrivania, chiuse gli occhi, non sapeva che ascoltare, cliccò sul tasto “produzione casuale” e sorrise appena, un sorriso amaro, anche l’mp3 c’è l’aveva con lei. La voce di Paul le riempì le orecchie e le scaldò il cuore, come solo la Sua voce riusciva a fare.


Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise

Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life
You were only waiting for this moment to be free

Blackbird fly, Blackbird fly
Into the light of the dark black night

Blackbird fly, Blackbird fly
Into the light of the dark black night

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise

 
Aprì gli occhi e sorrise, aveva sempre pensato che quella canzone parlasse di lei, lei però non era un bel merlo, era un corvo, un corvo nero e curvo. Scosse la testa e spense il proprio mp3, voleva solo dormire.  Si chiuse in bagno e si mise sotto la doccia. Jenny passava così le sue giornate, scuola, studio, cimitero, ricordi. Era la solita routine, a volte ringraziava chissà quale santo per averle fatto conoscere la musica dei Beatles.

Jenny rimase ferma lì, sulla quella sedia dell’ospedale, le gambe portate al petto, il corpo scosso da continui singulti. Chiuse gli occhi e si concentrò sulla melodia che proveniva dalla radio dell’ospedale. Era così rilassante, si lasciò trasportare, ma finì troppo in fretta.

La riconobbe anni dopo, come la famosa Yesterday, s’innamorò dei Beatles. Sorrise al ricordo e si mise sotto le coperte, addormentandosi.

***

Le tre settimane erano passate, era l’11 maggio 2003. Jenny indossò la sua fidata maglia dei Beatles e si avvicinò alla madre «Mamma io vado» «Tesoro è inutile! Non hai il biglietto! Staresti solo male! Ricorda che i soldi non comprano la felicità tesoro» «Già mamma, ma comprano i biglietti del concerto, che è più o meno la stessa cosa!» la donna abbassò il viso, avrebbe dato la luna alla sua bimba se solo avesse potuto. Jenny sorrise e abbracciò la madre «Non ti preoccupare mamma, va bene così».

***

Jenny rientrò in casa e chiuse la porta alle proprie spalle, era notte fonda ormai, era rimasta lì, fuori allo stadio, gli occhi chiusi, pieni di lacrime, con le urla e la voce di Paul a riempirgli le orecchie. Quanto avrebbe dato per essere stata lì dentro, in prima fila, sentire le transenne spaccarti le costole, il cuore battere forte e Paul McCartney davanti ai tuoi occhi, che sorride alla folla a illuderti che sorrida a te. Sospirò e andò in cucina, si versò un bicchiere d’acqua e l’ingoiò tutto d’un sorso.

***

«Che concerto meraviglioso Sir!» l’uomo di 61 anni si voltò verso la propria band e sorrise «Avete pienamente ragione, suonare nel Colosseo è stato fantastico, lo rifarei altre mille volte!» disse, entusiasta e tutti brindarono. Paul si voltò verso il proprio bassista e sorrise «Brian tu hai origini italiane vero?» Brian alzò lo sguardo dal proprio bicchiere e sorrise «Sì Sir e volevo chiederle in giorno di permesso domani» «Trovare i parenti?» Brian rise ed annuì «I parenti morti, però» Paul chinò il viso mortificato e si scusò «Tranquillo Sir e grazie ancora per il giorno libero».

***

Brian sospirò e posò anche l’ultimo fiore, era pieno di suoi parenti lì dentro e molti di questi nemmeno li aveva mai visto ma la madre glie l’aveva imposto “Mi raccomando, vai a trovare tutti”. Si fermò lì e si voltò verso destra, qualche lapide più in là c’era una ragazzina che parlava alla lapida, o meglio, ci faceva proprio i discorsi. Capì poco e nulla, aveva sì, origini italiane, ma conosceva ben poco della lingua. Continuò a guardarle poi sorrise, riuscì a capire qualcosa come “concerto” “Paul McCartney” “Beatles” e ne ebbe la conferma quando lo sguardo gli cadde sulla borsa del film “A Hard Day’s Night”, la guardò e s’intenerì appena, eri lì, rannicchiata contro la lapide di un uomo, che sorrideva debolmente e parlava a lungo, gli occhi intrisi di lacrime. Brian si alzò e spinto da chissà quale istinto si avvicinò e si chinò vicino alla ragazza. «C-ciao» disse con un leggero accento inglese, Jenny alzò il viso e guardò il ragazzo biondo negli occhi «Ehm, ciao?» chiese e Brian si grattò la nuca in imbarazzo, la ragazza continuò a guardarlo poi spalancò la bocca ed il biondo sorrise, lì voleva parare. «Ommiodio, tu sei, il bassista di Paul, Paul McCartney!» sussurrò, la mano davanti alla bocca le tramava, gli occhi lucidi per i residui delle lacrima, Brian sorrise ed annuì «Sì, sono io» disse e Jenny sorrise.

***

«Wow, non ho mai sentito una storia del genere» Jenny sorrise amaramente e fece spallucce. Si erano ritrovati a camminare lungo le vie di Roma e Brian aveva chiesto alla mora come mai si trovasse lì. «Già, invece è davvero la mia storia, ma non la prendo come qualcosa che uso per compassione agli altri, come ti ho già detto odio la compassione» «Bhe, se può aiutarti, ora sei bellissima». Jenny sorrise dolcemente e ringraziò l’uomo «Ti andrebbe di conoscere Sir?». Jenny si bloccò al centro della strada, gli occhi spalancati e il respiro corto. Lei, Jenny, la ragazza più sfortunata di questo mondo a conoscere Paul? Brian la guardò e sorrise «Che domanda stupida!»  esclamò e Jenny scosse la testa «Non voglio» «Come?» «E se lui non vuole essere disturbato?» chiese e scosse frettolosamente la testa «No Brian no, non riesco!» sussurrò e Brian sorrise come uno scemo.

***

Ed era lì, davanti la porta di Sir James Paul McCartney, mentre Brian cercava di tirarla dentro. – okay Jenny, va tutto bene, non sei obbligata ad entrare, non sei obbligata a ritrovarti davanti l’unico uomo che ti è rimasto nella vita, non sei obbligata a far specchiare i tuoi occhi verdi smeraldo nei suoi verde bosco – erano questi gli unici pensieri che sfioravano la mente di Jenny, il suo viso era immobile, lei era immobile, non muoveva un muscolo, voleva piangere, era troppo debole per trattenere le lacrime, lei piangeva sempre, costantemente. Brian gli strinse le spalle e la guardò «Jenny sei viva?» chiese scuotendola e Jenny annuì, si nascose dietro Brian ed entrò nella stanza. Brian era notevolmente alto e nessuno si accorse di lei, nascosta e rannicchiata dietro la schiena del bassista. «Brian! Sei tornato!» quello che parlò fu il batterista, lo riconobbe dal timbro della voce, «Pensavo volessi un intero giorno libero» il cuore di Jenny perse un battito, strinse le mani sulla maglia nera di Brian che rise «Perché ridi?» «Oddio ma non l’avete vista?» Paul aggrottò le sopraciglia e si mise a ridere «Brian, il giorno di festa ti ha fatto male?» chiese e Brian si spostò.
Jenny sgranò gli occhi e puntò gli occhi in quelli di Paul che si fecero immediatamente lucidi, aveva davanti i suoi l’uomo che le manteneva vivo il sorriso. Si morse il labbro e rimase immobile, non riusciva a muoversi; sentì qualcosa di estremamente caldo rigarle la guancia, oh cazzo stava piangendo davanti a Paul McCartney.
Paul guardò Brian con fare interrogativo e Brian fece un occhiolino a Paul «Ti racconto dopo» sussurrò e l’uomo annuì. Si avvicinò a Jenny che era rimasta lì, Paul le poggiò una mano sulla spalla e lei sussultò «Hey respira, non mordo mica!» Jenny dischiuse le labbra e sorrise prima di realizzare quello che stava succedendo. Lei stava parlando con Paul McCartney.
Lo guardò negli occhi e Paul rise «Sei muta?» Jenny scosse la testa «Sei la fidanzata di Brian?» Jenny scosse la testa «Sei fan?» Jenny annuì e Paul sorrise «E sei anche tenera» commentò facendo tingere le guancie di Jenny di un tenero color porpora.
Paul sorrise amaramente e passò le mano lungo i capelli morbidi e neri della ragazza «Mi dispiace davvero tanto», Jenny fece spallucce e McCartney sorrise «Sono davvero felice di averti conosciuto Jenny, davvero» «Tu sei felice di conoscere me? Oddio» Jenny si mise una mano sul petto e scosse la testa.
Aveva passato un pomeriggio con Paul, avevano parlato del più del meno e lui, lui era così dolce e premuroso, aveva negli occhi quella luce, quella che portava Jenny avanti nella vita, ma lei non gli disse nulla. Ora si era alzata in piedi, la scapola autografata e un sorriso sulle labbra.
Aprì la porta e prese coraggio, si voltò verso Paul che la guardava sorridendo «Paul, grazie per essere l’unico motivo che mi tiene in vita».

***

 
-          Due anni dopo.
 
Paul rimase nel suo studio, la dita che scivolavano lungo le corde della chitarra, era ispirato, sapeva di essere importante per molte persone, ma non pensava di essere il motivo per cui una persona rimasse in vita, una ragazzina, e aveva adorato quella ragazzina. Sorrise e schiuse le labbra facendone uscire un dolce suono.


Like so many girls, Jenny Wren could sing 
But a broken heart, took her soul away 

Like the other girls, Jenny Wren took wing 
She could see the world, and it's foolish ways 

How, we, spend our days, casting, love aside 
Loosing, site of life, day, by, day 

She saw poverty, breaking all the home 
Wounded warriors, took her song away 

But the day will come, Jenny Wren will sing 
When this broken world, mends its foolish ways 

Now we, spend our days, catching, up on life 
All because of you, Jenny Wren

Sorrise e posò la chitarra, ora aveva un motivo in più per vivere quella ragazza.

***

Jenny si asciugò le lacrime e rimandò la canzone dall’inizio, parlava di lei, Paul McCartney aveva scritto di lei, della sua vita, allora, a distanza di due anni Paul si ricordava di quella storia, della SUA storia, del suo viso e della sua passione. Alzò il viso e sorrise fra le lacrime. Sir James Paul McCartney le aveva ridato il sorriso. 
  
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