Fanfic su artisti musicali > Led Zeppelin
Ricorda la storia  |      
Autore: Selene Silver    25/09/2011    6 recensioni
Si avvicinò, piano piano. Le mise la mano libera sulla guancia. Avvicinò la bocca alla sua. Sentì il suo odore, leggero sudore e il profumo del fiore e del sapone con cui si era lavata i capelli. Poi le loro labbra si toccarono, la mano di Bonzo scivolò sul collo e poi sulla nuca di lei. Quella di Pat si strinse di più alla sua. E John chiuse quei suoi occhi che dicevano tutto, soprattutto la verità.
John Henry Bonham, Redditch, 31 maggio 1948 – Windsor, 25 settembre 1980
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~All I need from you is all your love~

«Allora, Bonzs? Ci sei, per stasera?»
Il ragazzo si grattò l'orecchio e strascicò i piedi. «Uhm… no, credo di no.»
«Come no?!» Robert gli saltò addosso, passandogli un braccio attorno alle spalle. «Ma insomma, per una volta che decidiamo di andare a fare qualcosa di serio! E adesso chi mi accompagna al bordello? Eh, Bonzs?»
Il giovane batterista non poté fare a meno di mettersi a ridere. «Che so, chiedi a Chris o Vernon… e poi, dai, Plant, hai la ragazza! Perché devi sempre andare a cacciarti in situazioni del genere?»
Il ragazzo coi riccioli biondi si tirò indietro e si stropicciò il naso con aria imbarazzata. «Ehm… veramente io e Lisa ci siamo lasciati, sai…»
«Perché ci avevi provato con una sua amica?»
Robert sospirò e ripresero a camminare, mentre il sole scaldava loro le spalle e disegnava le loro ombre sulla strada asfaltata di Birningham. Il seminterrato in cui si riunivano a fare le prove  non era molto lontano. «Comunque, non mi hai detto perché non potresti venire con noi, stasera…» riattaccò il biondo, voltandosi a guardarlo con aria penetrante.
John tossicchiò, imbarazzato, e distolse lo sguardo. «Dvndrunballo.»
«Ehm… cosa?»
Si schiarì la voce, imponendosi di non stropicciare i piedi. «Devo andare a un ballo» sospirò alla fine. «Della scuola, sai.»
«Bonzs, perché continui a torturarti così? Dai… la scuola non ti servirà mai a niente!»
«Lo so, lo so… Ho già deciso di mollarla infatti. Mio padre è d'accordo, andrò a lavorare con lui. Ma prima… prima dovevo fare questa cosa. Devo partecipare a questo ballo.»
«Aaaah» sospirò Robert, mettendogli di nuovo il braccio attorno alle spalle e avvicinando la testa alla sua con aria confidenziale. «È per quella ragazza, vero? Com'è che si chiama?»
«Pat» sussurrò John, e, per qualche strano motivo, arrossì.
«Aaaah» ripeté il biondo, con un sogghigno. «…sì. Patricia Phillips.»
Bonzo arrossì ancor di più. «Esatto. Senti, Rob…»
«Sììì?» Il ghigno del ragazzo era tanto ampio e scintillante da ricordargli un cattivo dei cartoni animati.
«Non è che potresti, ehm…» John si grattò di nuovo l'orecchio. «Insomma, come cazzo fai a rimorchiare così tanto, eh?»
«Eeeeh…» l'aria malefica di Robert svanì. Divenne stranamente serio. «Bonzs, non credo dovresti chiedere il mio aiuto. Per me è una cosa puramente fisica, lo sai. Io vengo attratto dall'aspetto di determinate ragazze - piccole, brune, con poco seno eccetera - e loro vengono attratte da me, a volte. Ma non è quello che provi tu, non credo…» Alzò la testa verso l'alto; l'azzurro del cielo si rispecchiò in quello delle sue iridi come avrebbe potuto riflettersi nelle onde del mare. «Ma sai, mia madre mi diceva sempre che l'importante per conquistare è… essere gentili!» Fece un balzo in avanti, sollevando le braccia; le frange del suo giubbotto ondeggiarono, e poi sventolarono quando fece una giravolta sul tacco dello stivale per tornare a guardarlo in faccia, con un gran sorriso luminoso. «E tu lo sei, lo sei proprio… anche se non hai voluto accompagnarmi al bordello!» Gli fece l'occhiolino e poi una linguaccia, e si voltò di nuovo per correre via, in un turbine di capelli e frange e stoffe colorate. John ficcò le mani in tasca e lo seguì, con un mezzo sorriso sul volto.


***

La prima volta che ho visto Pat; ecco una cosa che non potrò mai dimenticare. Ero davanti a scuola insieme a un gruppo di amici; Robert stava sparando qualche cazzata - come suo solito - quando lei passò, a braccetto con un'alta ragazza. I suoi capelli biondi ondeggiavano, legati in una coda di cavallo, facendo contrasto col grigio scuro del suo giubbotto. A colpirmi fu, credo, il suo modo di muoversi sicuro; quando girò il viso verso di me, vidi i suoi tratti delicati, il piglio deciso. I nostri sguardi s'incrociarono. Sorrise.
Forse stava ridendo a qualcosa che la sua amica le aveva detto; ma qualcosa dentro di me, che alzava la testa per la prima volta da un punto imprecisato fra il cuore e lo stomaco, mi fece pensare che forse no, forse quel sorriso era per me.
Il momento durante il quale la fissai inebetito, e lei - forse - ricambiò il mio sguardo sorridendo sembrò molto più lungo, almeno per me, di quanto non fosse stato nella realtà.
S'interruppe solo quando lei si voltò di nuovo, e Rob mi mise un braccio sulle spalle, al suo solito, e ammiccando mi chiese: «Devo scoprire per te il nome di quella ragazza, Bonzs?»

L'incontrai quello stesso giorno, poco dopo, nei corridoi della scuola. Io stavo andando al cesso; lei camminava nella mia direzione, con una pila di libri fra le braccia, lo sguardo concentrato per non farne cadere neppure uno. Io mi immobilizzai, guardandola che veniva verso di me, i capelli ondeggianti e il cuore che sembrava essermi finito in gola come quella volta che, per sbaglio, Robert mi aveva dato un calcio nelle palle. Ecco, il cuore mi era finito lì, solo in modo più romantico. Lei si avvicinò, e poi, siccome io non riuscivo a spostarmi, mi sbatté addosso. I libri le caddero a terra. 
«Ehi!»
«S… scusa!» Avevo perso da un pezzo l'abitudine di balbettare, ma quella semplice parola mi uscì tutta spezzettata, come se stessi parlando davanti a un ventilatore. Mi chinai accanto a lei per aiutarla a raccogliere quella pila di testi scolastici. 
«Oh» si scostò una ciocca di capelli dagli occhi e mi sorrise velocemente. «Non preoccuparti. Quel bastardo di Greenwood mi ha chiesto di portare questi testi nella sua aula… mi sono già caduti due volte, uffa!»
«Ti aiuto.» Quasi sentivo i miei amici che, nella mia testa, mi urlavano cose come “Bonzo il cavaliere!”. Scacciai il pensiero, e anche le sue proteste, prendendo tutti quei dannati tomi fra le braccia. «Quindi hai Greenwood?»
«Sì» Sbuffò, mettendosi velocemente a posto la coda. «È un vero stronzo. Spero solo che vada in pensione presto.»
Iniziammo a camminare insieme nei corridoi. Mi sentivo le mani sudate. «Bah, alcuni dicono che sia qui dalla notte dei tempi… quindi non c'è molto da sperarci.»
Lei rise. Eravamo davanti alla sua classe, così mi fermai e lei aprì la porta. Greenwood, il prof di scienze più odiato della scuola, mi scrutò coi suoi occhi azzurri. «Ah, signorina Phillips… vedo che si è fatta aiutare. Ancora qui, signor Bonham? Non avrebbe qualcosa da fare? Studiare, andare a lezione? Mah, forse no. Non importa; posi i libri sulla cattedra e se ne vada.»
Mi sentii arrossire dalla rabbia, ma eseguii i suoi ordini e me ne andai, dopo aver lanciato un'ultima occhiata di soppiatto alla ragazza bionda. Mentre camminavo per il corridoio, ribollente di collera e coi pugni stretti nelle tasche, mi pentii di non averle chiesto il suo nome.
Fu allora che sentii dei passi in corsa dietro di me. «Ehi! Ehi, aspetta!»
Mi voltai. Il cuore era tornato lì, nella trachea, e mi stava strozzando: perché era lei, proprio lei, con la coda mezza sfatta e quel sorriso che adesso era davvero per me, che mi si fermò davanti riprendendo fiato. «Ho dimenticato di ringraziarti. Quindi grazie mille. Io sono Patricia Phillips, ma puoi chiamarmi Pat.» Mi porse la mano.
La strinsi, sperando che la mia non fosse troppo sudata. «Io sono John, John Bonham… ma puoi chiamarmi Bonzo.»
«Bonzo? Come il cane dei cartoni animati?» la sua espressione interrogativa mitigò il mio imbarazzo.
«Be'… sì. I miei amici dicono che gli somiglio…»
Pat mi scrutò, chinando leggermente di lato la testa. «Sei sicuramente gentile come lui. Hai dei bellissimi occhi, sai?» Il sangue mi fluì alla testa. Non mi avevano mai fatto molti complimenti sul mio aspetto fisico. «Quindi, grazie. Ora devo andare, o quell'idiota mi farà espellere. E se hai bisogno di qualcosa vieni da me! Ti devo un favore!» Mi sorrise e agitò la mano nella mia direzione mentre se ne andava. Io rimasi immobile e inebetito, poi scappai in bagno a fumare.
L'avevo capito e accettato con molta facilità: mi ero innamorato di lei. Non era desiderio fisico, o tutte quelle cose che fino ad allora mi avevano spinto verso una ragazza. Era amore.


***

Si guardò allo specchio, deglutendo. Sembrava un sacco di patate. Un fottuto sacco di patate intabarrato un'uniforme da damerino. Il papillon gli stringeva. Il sangue gli saliva alla testa. Voleva solo nascondersi. «Non ci vado» mormorò debolmente.
Robert, dietro di lui nello specchio, inarcò un sopracciglio. «Forse avremmo dovuto chiamarti Cuor-di-Leone, non Bonzo. Avanti, John, sei a posto. Un po' ridicolo, ma a posto.»
«Lei mi ignorerà. In fondo, chi sono io?»
«Devi solo chiederle un ballo, e poi dirle un paio di paroline idiote. Non dovrebbero esserci problemi.»
Serrò i pugni. «Zitto, Rob. Tu non ne sai niente.»
Rimasero un attimo in silenzio. Il biondo abbassò un attimo la testa. «Hai ragione. Però un po' nel giusto lo sono, no? Non puoi scappare come un cagnolino.»
John tirò un respiro. «Sì… però ho una paura fottuta, Robert. Lei è così… speciale. Io sono un tizio.»
Robert rise. «Vuoi che venga con te a spingerti ogni volta che esiterai? Guarda che potrei farlo… Il bordello può aspettare.» La sua espressione perfidamente divertita diceva che sì, l'avrebbe fatto davvero. La sola prospettiva era orribile. 
«Okay, okay. Ci andrò. La inviterò a ballare. Sei contento?»
E l'altro rise di nuovo. «Dovresti esserlo tu, amico mio…»

La sala era gremita, piena di coriandoli di carta stagnola, con le luci basse e una band in smoking argentati che suonava in un angolo. Bonzo orecchiò per un attimo il batterista. Debole, pensò.
Robert l'aveva spinto lì dentro e poi era proseguito verso la sua meta fischiettando una canzone di Elvis; forse la stessa che la mini orchestra del ballo stava suonando. Quindi, tirando le somme, lui non poteva andarsene, e nonostante l'imbarazzo non lo voleva neanche.
Come avrebbero detto molti anni più tardi i Blues Brothers, “aveva una missione per il conto di Dio”.
Cercò Pat fra la folla, e si sentì un po' male quando la vide insieme a un altro ragazzo, al centro della pista. Lui era uno di quei fusti  a cui gli smoking stanno benissimo. Lei era quel tipo di ragazza che sta benissimo con tipi del genere. E John? John chi era? Un tizio intabarrato in uno smoking un po' troppo piccolo.
Scappare sembrava una buona idea, adesso. Fu a quel punto che Pat si staccò dal tizio, a metà del pezzo, e se ne andò col suo passo deciso. Indossava un semplice abito bianco che le scopriva i polpacci forti ma asciutti - Ha delle gambe bellissime… - ed i capelli mezzi sciolti, con un fiore rosato infilato in mezzo a essi. A Robert sarebbe piaciuto. Piaceva parecchio pure anche lui.
Pat si andò a sedere su una delle sedie accatastate sui bordi della sala, accanto a una ragazza mora con cui iniziò a parlare animatamente. Poi incrociò le braccia sul seno e imbronciò il viso. Fu come se Robert fosse comparso magicamente, come il malefico elfo che era, e gli avesse dato una spinta da dietro.
Bonzo sentì le gambe partire da sole, e spingerlo fino a lei, camminando rasente ai muri. Si ritrovò davanti a lei in un battibaleno, e sentì la bocca seccarsi orribilmente. Lei alzò gli occhi verso di lui, li socchiuse come per metterlo a fuoco. «Ciao, Pat… ti ricordi di me?»
Lei si alzò. «Ma certo! Sei Bonzo, giusto? Il ragazzo gentile.» E sorrise.
Lui si sentì riempito da una felicità del tutto assurda. Il suo cervello urlava “Si ricorda di me!” a un volume così alto che per un attimo rimase assolutamente nudo e senza parole, con un mezzo sorriso incredulo sul viso. Si sentiva un povero idiota. «Ehm… ti va di venire a ballare con me? Anche se sinceramente questa band fa un po' pena…»
Pat fece una smorfia. «Non so la band, ma sinceramente mi fanno male i piedi. Quell'idiota di Connor non ha fatto anche che pestarmeli…» lo scrutò, adocchiò il rigonfiamento del taschino, dove aveva messo il pacchetto di Lucky Stars. «Ma se hai una sigaretta me la faccio volentieri. Andiamo sul retro?»
John si chiese quale fosse il sentimento più forte; se il sollievo o la felicità. «Certo… andiamo?»
Lei lo prese a braccetto.
La felicità, decisamente.

Nel vicolo, si sedettero su un muretto sporgente, su cui lui aveva steso la sua giacca per non far sporcare il vestito di lei, e si accesero una sigaretta ciascuno. Lui si tolse il papillion troppo stretto e tornò a respirare liberamente. «Allora, John, dimmi di te. Cosa ti piacerebbe fare dopo la scuola?»
E lui le raccontò, sentendosi leggero e tranquillo, quasi come se stesse parlando con Robert. Le raccontò della batteria, di come tutto per lui si riducesse a quel battere e levare, come un grande cuore; «Il cuore di qualcosa, questo è un batterista - il cuore della musica, forse, non so…», e del fatto che avrebbe lasciato la scuola, come aveva fatto il suo migliore amico, un certo Robert Plant, che per questo i genitori avevano cacciato di casa e che adesso stava da lui «Ma i miei non mi cacceranno; mio padre pensa che sia la cosa migliore.»
E poi, in qualche modo, iniziò a parlare anche lei, delle sue amiche, della scuola che voleva finire nonostante tutto, della speranza - e qui arrossì un po' - di trovare qualcuno che potesse stare con lei senza pensare solo al suo corpo o ai suoi capelli o a cose del genere.
E i mozziconi spenti si moltiplicavano ai loro piedi, mentre guardavano il cielo punteggiato di stelle e un po' si guardavano fra di loro, timidi, attraverso il fumo delle sigarette. Poi Bonzo saltò giù dal muretto per sgranchirsi le gambe, e lei si stiracchiò alzando le braccia verso il cielo. La coda le si sciolse, i capelli le formarono una cascata liscia e dorata sulle spalle. Il fiore che aveva tenuto appuntato sull'orecchio le cadde in grembo, ormai appassito; lei lo prese fra le mani dolcemente e iniziò a giocherellarci in modo distratto.
Tutta quella sequenza di gesti lo lasciò senza fiato, come se stesse guardando un prodigio della natura, qualcosa di bellissimo. E le si avvicinò, timidamente, allungando lentamente una mano, come avrebbe fatto per accarezzare un gatto diffidente. «Pat…?»
Lei alzò lo sguardo e sorrise con aria interrogativa.
«Posso baciarti?»
Gli occhi chiari di lei si sgranarono. «Eh?»
Lui deglutì e prese un grosso respiro. «Io… vorrei baciarti, se tu sei d'accordo.» L'imbarazzo gli arrossava le guance, ma nonostante tutto ormai non poteva più fermarsi. «Non credere che io te lo stia chiedendo solo perché sono attratto da te fisicamente… be', è anche per questo, ma la vera ragione è che… insomma, tu mi piaci. Proprio tanto. E sei forse la persona più bella che io abbia mai visto o conosciuto. E vorrei…»
«John» sbuffò Pat.
Lui non ebbe il coraggio di alzare la testa, folgorato dal suo tono. Lei gli prese la mano. «Ehi. Baciami e basta.»
La guardò, sgranando gli occhi. Lei lo strattonò, con un mezzo sorriso. «Sai che hai degli occhi bellissimi? Posso vedere ogni tuo singolo pensiero, dentro i tuoi occhi. E so che mi stai dicendo la verità. Quindi avanti, baciami.»
Si avvicinò, piano piano. Le mise la mano libera sulla guancia. Avvicinò la bocca alla sua. Sentì il suo odore, leggero sudore e il profumo del fiore e del sapone con cui si era lavata i capelli. Poi le loro labbra si toccarono, la mano di Bonzo scivolò sul collo e poi sulla nuca di lei. Quella di Pat si strinse di più alla sua. E John chiuse quei suoi occhi che dicevano tutto, soprattutto la verità.


***

E fu così che mi innamorai di lei, che le promisi di smettere di suonare pur di sposarla, che smisi di fumare pur di mantenerla.
E, per quanto poi Robert possa aver dedicato ogni singolo testo alla persona di cui poi si innamorò - minuta, bruna e letteralmente senza seno - io li ho dedicati tutti a lei.


Image and video hosting by TinyPic

Credits titolo: Led Zeppelin - Out on the tiles



Bonzino, mi manchi tanto. Tanto. Tanto. E vorrei piangere come una cogliona, e rotolarmi, e piangere ancor più forte al pensiero che non dovrei piangere perché tu eri tanto bello e mi manchi ç___ç E manchi a un sacco di gente, ci scommetto.
Ma io e Mitch ne abbiamo parlato. E siamo giunte alla conclusione che, per una persona meravigliosa bella come te, non si deve essere tristi. Anzi, si deve cercare di essere almeno un po' felici, perché ci sei stato, e ci hai scaldato il cuore. Ecco perché ho scritto questa cosa. Perché tu e Pat siete una delle poche coppie etero in cui credo, e perché siete bellissimi e perché sicuramente manchi anche a lei.
/Comunque. Oggi accenderò candele e piangerò un po' e tenterò di essere felice, anche se sarò ancora più depressa perché teoricamente io e Mitch avremmo dovuto vederci e invece la cosa è saltata e quindi b'aw ç____ç N.B.: Questa fic è dedicata infatti anche a Mitch, aka Thief_ <3 Ti voglio bene <3
Riguardo agli aspetti tecnici... ecco, coi tempi sono andata del tutto a muzzo, perciò credo di aver fatto un mezzo casino. E Robert, tutto flowah powah com'è, mi sta facendo innamorare di lui @-@ No, Robert, u r ma bro I couldn't do it LOLOL - fra l'altro, credevate che sarei riuscita a scrivere una fic sugli Zep senza citare Jimmy o il Jimbert? Illusi *trollface*
Vabbé. Vi auguro una bella giornata nonostante tutto. In fondo, John Henry Bonham dovrebbe essere ricordato con un sorriso, no? (: <3
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Led Zeppelin / Vai alla pagina dell'autore: Selene Silver