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Autore: Meme06    25/09/2011    12 recensioni
E se Amu e Ikuto fossero fratelli e si innamorassero l'uno dell'altra? Come potrebbero far fronte a questo peso? Decideranno di assecondare il loro amore oppure cercheranno di cambiare i loro sentimenti?
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Siblings in love'
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Avvertimento: Questo capitolo è strettamente collegato al capitolo 17, per chi non se lo ricordasse è meglio se lo rileggesse.


Le lacrime le rigarono nuovamente il volto. Corse verso il letto e vi si gettò sopra. Ma c'era qualcosa che non quadrava...

Tastò con la mano sinistra il letto. C'era un rilievo troppo grande e spesso per essere della coperta.

- Che cavolo ha fatto mamma? - chiese per poi tirare via le coperte e vedere che cosa c'era là sotto. Alla ragazza quasi non venne un infarto. Le lacrime che prima si erano fermate ripresero a scenderle lungo le guance. - Ikuto…

Mormorò incredula. No, non è possibile… si ripeteva dentro la testa. Non è possibile, è assurdo… continuava a dire.

Si diede un forte pizzicotto al braccio, fino a farsi male. Il dolore lo sentiva. Eppure ancora non ci credeva. Quello era un sogno, non era la realtà. Il ragazzo si mise seduto sul letto, guardò un attimo la sorella che lo fissava incredula. La prese per le spalle e la abbracciò forte a se.

- Ciao Amu… - mormorò al suo orecchio. La rosa era ancora un po' scossa, ma decise di assecondare le sue fantasie. Se doveva sognare, allora avrebbe assecondato quel magnifico sogno. Strinse anche lei il fratello. Lo sentiva il suo corpo contro il suo, eppure ancora non ci credeva. Voleva conferme e voleva sapere perché era tornato.

Si staccò lentamente da lui, anche se non avrebbe voluto farlo.

- Ikuto, sei qui oppure è la mia mente malata che proietta ologrammi? - gli chiese.

Lui sorrise e per risposta avvicinò le labbra a quelle della sorella, baciandola. Quella fu la conferma che quello che stava accadendo non era solo immaginazione. Era reale, cavolo se era reale, il sapore delle sue labbra non era mai stato così vivo in lei.

Quando si staccarono si fissarono negli occhi. Il ragazzo asciugò le lacrime dagli occhi della sorella, per poi carezzarle delicatamente le guance.

- Che ci fai qui? - gli chiese.

- Shh… - rispose lui posandole un dito sulle labbra. - Non ti vuoi godere questo momento?

Le chiese con il suo solito sorrisetto. Okay, la ragione l'avrebbe spinta a dire di no e a chiedere nuovamente le spiegazioni. Ma si sa… quando il cuore decide è difficile non starlo a sentire. Infatti Amu seguì le parole di suo fratello abbracciandolo.

- Non andartene mai più… - singhiozzò la ragazza mentre lui le cingeva le spalle con le sue braccia. Quando si fu calmata si staccò da lui e lo guardò dritto negli occhi. - Mamma e babbo lo sanno?

- Si.

- Come l'hanno presa?

- In un certo senso bene. Babbo benissimo, anche perché si può dire che sia stato lui a chiedermi di tornare. mamma l'ha presa malissimo, non la smetteva di guardarmi male… - spiegò. Eh si, loro made era cambiata proprio negli ultimi tempi.

- Quindi è per questo che mamma aveva quell'espressione sul volto oggi! - esclamò la ragazza collegando le due cose.

- Probabile… - non era cambiato affatto. Il suo modo di parlare era sempre lo stesso. E anche il suo modo di fare.

- Vogliamo scendere? Così diremo a tutti come stanno le cose, babbo mi ha già detto che per lui non ci sono problemi e che… - venne interrotta dalle labbra di suo fratello che si posarono con delicatezza sulle sue. Perché era tornato, perché continuava a non farle finire di parlare? Perché non voleva dirle niente?

- Amu… - disse dopo che si era staccato. - Lasciami passare questa giornata solo in tua compagnia…

- Perché? - chiese la ragazza.

- Perché te lo sto chiedendo io. - le rispose.

- Vuoi dire che vorresti restare qui seduto per il resto della giornata? - chiese la ragazza.

- Beh… se vuoi fare qualcos'altro… - le disse malizioso.

La ragazza le diede un pugno sul braccio amichevolmente. Poi sorrise:

- Mi mancava il tuo modo di fare da gattaccio pervertito…

Il ragazzo ricambiò il sorriso. Poi si alzò andando verso la valigia che aveva posato vicino all'armadio. Aprì la tasca davanti tirando fuori un quaderno bianco e uno blu.

- Che cos'è? - chiese la ragazza notando che cosa teneva in mano Ikuto.

- Il tuo quaderno di disegni, lo ricordi? - le chiese porgendole quello bianco.

- Si, lo cercavo giusto l'altro giorno. - rispose la ragazza prendendolo e iniziando a sfogliarlo.

- Mi fai vedere come hai migliorato in questo periodo? - le domandò poi il fratello.

- Che cosa? - chiese come risposta la ragazza.

- Fammi un ritratto.

Amu guardò Ikuto stupita, come se le avesse chiesto la luna.

- Dici sul serio e stai scherzando? - domandò con gli occhi sgranati.

- Dico sul serio, avanti, ti ricambierò il favore dopo… - le disse mettendosi seduto. - Andiamo Amu!

La rosa prese la matita, la gomma e iniziò a fare un altro disegno sul quaderno. Le ci volle molto, era da tanto che non disegnava e non si era più esercitata sui volti.

Tra una cancellatura e l'altra riuscì a finire il disegno. Quando lo mostrò al fratello lui lo prese in mano e lo scrutò per bene.

- Amu è bellissimo, sei migliorata molto! - le disse.

- Figurati, non mi sono più esercitata…

- Hai ragione, è impossibile disegnare male il mio volto. - disse lui vantandosi in modo scherzoso.

- Evviva la modestia! - esclamò la ragazza scoppiando a ridere insieme a suo fratello.

- Bene, tocca a te! - esclamò suo fratello rubandole di mano la matita e prendendo quello blu, messo momentaneamente da parte sul cuscino del letto.

Amu restò ferma fino a che suo fratello non le mostrò il quaderno. Come al solito era venuto benissimo. Suo fratello era davvero bravo a disegnare. Aveva così tante doti quel ragazzo, che avrebbe potuto fare almeno cinque lavori.

- Ikuto, è davvero stupendo… - gli disse prendendo il quaderno fra le mani e scrutando centimetro per centimetro il disegno con gli occhi sgranati.

- Grazie! - rispose lui soddisfatto.

- Ehm… - fece d'un tratto la ragazza. - Mi dici una cosa?

Chiese con una strana espressione di tristezza.

- Si…

- Che cazzo ti è saltato in mente eh? - urlò sbattendogli forte un cuscino sulla testa.

- Come? - chiese il ragazza confuso.

- Mi hai fatto passare l'inferno brutto idiota e questo per cosa? Per tornare dopo tre mesi? - domandò la ragazza. Era arrabbiata, ma si notava anche una nota di tristezza nella sua voce.

- Veramente sono quattro e…

Un altra cucinata lo colpì in pieno volto.

- Non mi importa quanti sono, dico solo che non è molto e che potevi anche evitare di farmi stare così male! - ecco, finalmente lo aveva detto.

- Anche io sono stato male… - le confessò Ikuto. - Non mi sono fatto sentire perché altrimenti sarei voluto tornare subito e io non volevo tornare.

Le disse. Amu spalancò un attimo gli occhi anche se non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto. Se lo sentiva, ogni minuto, ogni secondo pensava questo. Che lui non sarebbe più tornato, che non l'avrebbe più sentito. A quanto pare non avrebbe dovuto più dare ascolto ai suoi pensieri. Ora lui era qui, era tornato. Eppure qualcosa non andava. Amu aveva una strana sensazione, come se… ah basta! si disse la ragazza basta pensare negativo Amu! Ikuto è qui e ora ti devi preoccupare solo di questo.

Questo era da quando aveva trovato suo fratello in camera sua e avevano iniziato a parlare che se lo ripeteva dentro la testa. Scosse il capo, cercando di scacciare quel pensiero che era come uno yo-yo, saliva e scendeva, veniva e tornava.

- Qualcosa non va? - le chiese suo fratello.

- No no. - rispose di fretta la rosa.

- Amu, guarda che ho capito…

- Come? - chiese sorpresa, okay che Ikuto l'aveva sempre capita, ma da cui a leggerla nel pensiero ce ne vuole. - Cosa hai c-capito?

Il ragazzo si alzò in piedi, posò matita e quaderno sul letto e poi si diresse verso il balcone. Fece scorrere la porta e in un attimo fu fuori.

- Vieni. - disse rivolto verso Amu, facendole gesto di uscire.

Amu obbedì uscendo sulla terrazza con lui.

- Che cosa c'è Ikuto? - gli chiese, pensando ancora che avesse capito tutto.

Lui per risposta balzò sopra il balcone.

- Ma che fai sei forse impazzito?! - domandò la ragazza agitata.

- Usciamo dai! - le disse.

- Come? - la sua espressione era inimitabile quando si stupiva, i suoi occhi diventavano due tondi perfetti e grandi.

- Ho visto come guardavi il terrazzo prima e ho dedotto che volessi uscire. - rispose lui.

Non ci poteva credere, il suo sguardo perso nel vuoto rivolto alla finestra lui lo aveva interpretato come il desiderio di uscire.

- Ah… - disse solo, la risposta che ti salva sempre da ogni situazione.

Lui sorrise poi con un gesto veloce prese in braccio la sorella e si buttò dal terrazzo, che non era poi così distante dal terreno. - Non cambierai mai Ikuto…

- E chi vuole cambiare? - chiese lui ironico, come sempre del resto. Esatto, era l'Ikuto di sempre eppure la sensazione di disagio rimaneva.

Scacciò di nuovo il pensiero che aveva fatto.

- Dove andiamo? - domandò la ragazza guardandosi intorno un attimo per poi posare nuovamente lo sguardo sul fratello.

- Seguimi… - le disse prendendola per mano e iniziando a camminare.

Arrivarono fino al luna park, dove si fermarono un attimo a guardare. Fuori di esso c'era un cartello con su scritto: Lavori in corso.

- Lo hanno smantellato. - disse Amu, era una constatazione, vedendo Ikuto che lo guardava con gli occhi sgranati.

- Ho visto, non credevo che lo avrebbero fatto così in fretta. - disse triste. - Andiamo al parco…

Fece dopo qualche minuto. Sua sorella lo seguì fino a quel parco dove mesi prima avevano deciso di accettare i loro sentimenti e dove lei aveva scaricato Tadase.

Ikuto si mise vicino a d un albero e con grande sorpresa di Amu prese il violino da dietro di esso.

- Ma sei matto? E se te lo avessero rubato? - domandò.

- Qui non ci viene quasi nessuno e poi era coperto con tutte foglie ed erba.

- Per me sei pazzo, perché hai lasciato il violino qui?

- Colpo di scena! - esclamò lui sorridente. - Se mi fossi portato dietro il violino era scontato che suonassi…

la rosa scoppiò a ridere, solo suo fratello poteva usare certi metodi. Lui e nessun altro.

- Allora inizia a suonare! - fece la sorella, era tantissimo che non sentiva la melodia del suo violino. Era quasi un privilegio poterla sentire di nuovo.

Il ragazzo tirò fuori lo strumento e iniziò a suonarlo. Sua sorella chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quella melodia. La musica le faceva sempre uno strano effetto.La musica che le piaceva la traspirava in un luogo a lei sconosciuto, dove dar vita alle sue fantasie e dove poteva benissimo farsi cullare dalla melodia di suo fratello.

La musica che stava suonando era malinconica, triste ma allo stesso tempo bella e piena di emozioni.

D'altronde in pochi suonavano bene come suo fratello. E pochi riuscivano a trasmetterti le stesse sensazioni che la sua musica ti trasmetteva. Amu era convinta che la stessa melodia suonata da qualcun altro non avrebbe reso per come la suonava suo fratello. Non perché fosse più bravo con il violino, semplicemente perché ci metteva più animo. Riusciva a diventare insieme al violino una cosa sola.

Quando il brano finì la rosa riaprì gli occhi.

- Senza che ti dico più niente, ormai o sai come la penso sul tuo modo di suonare. - gli disse la ragazza sorridendogli.

Lui ricambiò il sorriso annuendo. Rimise a posto il violino, poi si avvicinò a sua sorella e avvicinando il viso al suo le diede un bacio lungo e passionale, tanto che nemmeno Amu se lo aspettava.

Staccatosi la guardò dritto negli occhi, le sorrise. Poi si alzò in piedi e mise il violino in spalla.

-Beh… è giunto il momento che me ne vada. - fece il ragazzo.

Fu come se una saetta colpì in pieno il cuore della ragazza.

- Come? - chiese sperando di aver sentito male.

- Hai capito bene Amu, me ne vado… - le rispose.

Ecco, ora il mondo poteva anche crollarle addosso, le avrebbe solo fatto un favore.

- Perché? - riuscì soltanto a chiedere cercando di trattenere quelle gocce salate che non facevano altro che scendere lungo le sue guance.

- Perché è giusto così Amu.

- Ma iKuto io…

- Anch'io. - le rispose lui mettendole un dito sulle labbra. - Ma non possiamo e lo sai.

- Lo abbiamo già fatto questo discorso! Che cavolo ti prende! Perfino nostro padre è d'accordo… - tentò di dire la ragazza.

- Ma io non lo sono. - la interruppe lasciandola a bocca aperta. Sospirò. - Amu non fraintendermi io ti voglio bene ma… hai visto ad esempio come ci guarda mamma?

- Cosa vuoi che me ne importi! Ikuto affronta il problema per una volta! Scappare è da vigliacchi! - gli gridò la ragazza stringendo forte i pugni.

- E allora preferisco essere un vigliacco che vivere questa situazione. - le rispose. - Ci metterebbero sempre i bastoni fra le ruote, lo sai. E io con te voglio vivere un rapporto vero.

- Tutte le relazioni hanno le difficoltà, basta solo saperle affrontare! - gli disse allora Amu.

- Amu, lo capisci che non mi sento pronto? - le disse.

- E allora perché sei tornato? Ti diverti tanto a farmi del male? - gli chiese.

- Ma che cavolo dici? Non penserai queste cose…?

- Non so più che cosa pensare di te veramente. Se vuoi andartene vai allora! Vai al diavolo Ikuto… - disse la ragazza e stava per correre via quando un braccio la trattenne.

- Sono tornato perché volevo vederti. - le disse.

- Vedermi per un giorno? - gli domandò a sua volta.

- No - rispose.

- E allora?

- Vederti un'ultima volta, avere un ultimo bel ricordo… - le disse.

- Tu non ci stai proprio! - esclamò Amu strattonando il braccio dalla presa di suo fratello. - Pensi solo a te stesso! Non ti rendi conto che in questo modo è peggio? Sei tornato e mi ha fatta felice, poi improvvisamente mi dici che te ne vai via subito perché volevi un ultimo ricordo? Ikuto sei… sei… sei solo un egoista!

- Perché non capisci? Io… - tentò di dire ma uno schiaffo lo colpì in pieno volto girandogli la testa di lato.

Quando voltò lo sguardo verso sua sorella vide solo il suo viso arrabbiato, con le lacrime che le rigavano il volto. La mano era sospesa a mezz'aria tremante.

- Tu? - gli chiese lei con la voce rotta. - Tu cosa? Risparmiamelo Ikuto...

Gli disse per poi girarsi.

- Amu, no, non hai capito, lasciami spiegare...

- Lasciami in pace Ikuto! - urlò per poi correre a casa. Che se ne vada… si disse. Che mi lasci pure da sola… Correva, correva veloce, non guardava nemmeno dove andava, fino a che non andò a sbattere contro qualcosa di duro…


- Ahio! Che botta! - esclamò la ragazza massaggiandosi la testa. Alzò il volto e si guardò intorno spaesata.

Si alzò in piedi, la testa le girava da impazzire. Provò a far passare quel fastidio massaggiandosi le tempie, ma era come avere una bigia dentro la testa che seguiva un suo percorso. Di nuovo guardò in giro tentando di connettere che cosa stava accadendo e dove fosse. - Questa è la mia stanza…

Constatò la ragazza. Lo sguardo le andò sulla sua figura riflessa sullo specchio. Era in pigiama. Ricordava solo che suo fratello era tornato e che avevano litigato perché lui aveva deciso di ripartire. Poi lei era corsa a casa e aveva inciampato sbattendo il viso. Ma come ci era arrivata nella sua camera? E perché era per terra? Era caduta dal letto? Magari ce l'avevano portata i suoi, suo padre probabilmente visto che avevano instaurato un bellissimo rapporto quel periodo.

- Ikuto… - si ritrovò a mormorare. Se n'era andato, per sempre e lei non lo aveva neanche salutato come si deve. - Adesso crederà che io lo odi…

Si disse mettendosi a piangere. In quel momento bussarono alla porta.

- Avanti… - disse Amu cercando di tenere a freno le lacrime.

Sua madre aprì la porta. Era da un pezzo che non veniva nella sua camera.

- Tesoro, finalmente sei sveglia! - le chiese. Tesoro? si domandò Amu nella mente. Sembrava una vita che non la chiamava più così.

- Che cosa vuoi? - le chiese. Sua madre la guardò perplessa e rattristata. Le si avvicinò abbracciandola.

- Perché usi questo tono nei miei confronti, mi hai fatta preoccupare sai? - le chiese per poi guardarla in volto. - Amu, ma hai pianto piccola mia?

- Mamma, sicura di sentirti bene? - le domandò la rosa.

- Questo dovrei chiederlo a te, fortuna che sei sveglia ora! Aspetta che prendo un termometro. - annunciò la madre per poi correre di sotto. Lasciando Amu nella confusione più totale.

- Termometro? - chiese la ragazza sempre più confusa. La madre aveva lasciato la porta aperta. Proprio in quel momento si affacciò alla porta della sua camera un viso. Proprio il suo viso.

- Ikuto? - chiese incredula Amu ricominciando a piangere.

- Ehm, si… ciao Amu, ben alzata! - le disse. La ragazza cominciò nuovamente a singhiozzare. - Hey, se ti faccio quest'effetto me ne vado subito!

Disse ridacchiando. Questa volta Amu non riuscì a trattenersi, corse verso il fratello e gli saltò letteralmente addosso facendolo cadere.

- Amu, che cavolo ti prende? - le chiese sorpreso. la ragazza le stava incollata come una calamita addosso.

- Scusami… - mormorò lei. - Scusami, io non volevo dire quel cose, io… mi dispiace per favore dimmi che non te ne andrai più!

Disse fra i singhiozzi. Ikuto piano la staccò da se e la guardò dritto negli occhi. Poi le mise una mano sulla fronte.

- Non ti sarà mica tornata la febbre, vero? - le chiese.

- Che cosa? Adesso ti va anche di scherzare? - gli domandò iniziando ad innervosirsi. - Oggi siete tutti strani! Mamma che mi tratta di nuovo bene…

- Di nuovo? - chiese il fratello.

- Tu che decidi di rimanere…

- Rimanere?

- E babbo che ancora non si è fatto vivo…

- Babbo?

- Esatto e chissà che fine ha fatto Utau, perché ancora non mi ha chiamata?

- Utau?

- Si Ikuto! So quello che dico non ho bisogno del replay. - gli disse alquanto scocciata togliendosi da sopra di lui permettendogli di alzarsi.

- Amu, credo che tu debba spiegarmi un po' di cosette… - le disse.

- Io? - urlò la ragazza. - Io dovrei spiegare un po' di cosette a te? Sei tu quello che non mi ha mai dato una spiegazione concreta del perché te ne sei andato in America e poi sei tornato e prima te ne volevi di nuovo andare però a quanto pare sei restato… Mmmmm che confusione!

Okay, ora si poteva proprio dire che era diventata isterica.

- Ma che cavolo hai fatto durante questi quattro giorni? - le chiese Ikuto confuso ed ironico.

- Quattro? Giorni? - chiese Amu stavolta davvero sorpresa. - Se è un modo di dire ti assicuro che non lo avevo mai sentito?

- Modo di dire? - chiese il ragazzo inarcando un sopracciglio.

- Diamine sono trascorsi i quattro mesi più brutti e allo stesso tempo eccitanti di tutta la mia vita! - esclamò la ragazza completamente rossa in volto, in un misto di rabbia ed imbarazzo.

- Quattro mesi? - il ragazzo scoppiò letteralmente a ridere. - Brutti ed eccitanti?

Le chiese sempre ridendo. Ma che cavolo avevan era partito oppure si era drogato la sera prima?

- Ma che cavolo hai da ridere? Io… - prima che potesse finire la frase il fratello le prese il volto fra le mani poggiando la fronte su quella della sorella.

- Amu, ascoltami bene… - iniziò col dirle. La ragazza sbuffò scocciata ma annuì. - Sono trascorsi solo quattro giorni. Ti sei ammalata e hai avuto la febbre alta. Non ti svegliavi se non per dire frasi sconnesse e delirare…

Le spiegò il ragazzo. Lui lo guardò senza capire.

- Come? - chiese. - Ma è impossibile!

- Invece è così…

- Mi stai prendendo in giro, se avessi sognato allora perché mai quando ti sognavo ho sentito la musica del tuo violino?

- Perché a volte suonavo in camera tua…

- E perché lo facevi?

- Perché me lo chiedevi tu quando parlavi nel sonno! - le disse sorridente. - Ma adesso, parlando seriamente…

Le disse serio, alche la ragazza si preoccupò un poco.

- Mi racconti che cosa hai sognato?

- Beh, dopo che sono guarita siamo andati a comprare il latte insieme e… - iniziò il suo racconto, da dove secondo il ragazzo, aveva iniziato a sognare. - E poi sono corsa via e sono caduta per terra.

La risata cristallina di Ikuto riempì la stanza. Il ragazzo non riusciva a trattenere le risate.

- Certo che… hai una bella immaginazione! - le disse poi quando riuscì a parlare di nuovo. - Questo tuo sogno esprime tutto di te…

- Che vuoi dire?

- Si insomma, i ricordi dell'infanzia, le tue più grandi paure, come quella che i nostri genitori vengano a scoprire certe cose di noi. Poi anche i tuoi desideri, come quello di incontrare la tua cantante preferita, il tuo idolo. Cosa che non succederà mai…

- Grazie… -.-'

- Figurati. - rispose sorridendo Ikuto.

- Un sogno… - mormorò la ragazza. Eh già, solo uno stupido sogno. Un sogno 'aveva fatta felice, l'aveva fatta soffrire e l'aveva fatta ridere.

- Esatto!

- Mi sembra impossibile, sembra tutto così reale…

- Beh… Lo sai che siamo in maggio vero? - le chiese.

- Come? Non in agosto? - domandò la ragazza.

Lui sempre ridendo le porse il calendario. 25 maggio le indicò con l'indice.

- Era tutto un sogno Amu… - le disse abbracciandola. - Purtroppo anche la parte di Utau.

- Purtroppo si, ma se questo mi fa capire che tu sei ancora a casa con me mi sta bene uguale! - gli disse per poi schioccargli un bacio sulla guancia e affondare il viso nel suo petto. Era tutto un sogno… si ripeté felice nella mente.

Buffo come una piccola verità talvolta può far scatenare in te il più bello delle emozioni.


Fine!!! ^ ^

Evviva! Festeggiamo tutti la fine della fanfiction più messa male di tutto il creato XD Okay, a parte gli scherzi, a me la fine è piaciuta molto e spero che sia lo stesso per voi. Scusate se ci ho messo tanto a scriverla, ma volevo che venisse fuori per lo meno decente ^ ^.

Ringrazio tutti quelli che hanno avuto il coraggio di seguirmi fino alla fine, io non ce l'avrei fatta u.u … XD

Che dire, fatemi sapere che ne pensate di questa fine che spero nessuno di voi si aspettava.

Kiss kiss for everyone! XD

  
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