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Autore: alessiasc    26/09/2011    3 recensioni
(...) Nel momento in cui Alex, un ragazzo alto con i capelli mediamente lunghi che gli cadono sugli occhi e, in alcuni punti, si arricciano leggermente, con gli occhi marroni, un corpo lungo e snello, coperto da vestiti semplici: una maglia verde a maniche corte, dei jeans lunghi e a vita bassa che mostrano le mutande grigie e bianche, e delle scarpe che richiamano il colore della maglia, esce per pranzo, si rende conto di non aver voglia di sedersi con nessuno dei suoi compagni di classe.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Close enough to hurt.

L'estate è finita. Settembre si presenta caldo e fa passare la voglia di andare a scuola ai ragazzi di Baltimora. La mattina del primo giorno è fresca e i ragazzi che scendono sulle strade per recarsi nell'edificio in cui passeranno la maggior parte del loro tempo, fanno un respiro di sollievo, sollievo che è smorzato già all'ora di pranzo, quando scendono in mensa per mangiare e il sole batte sul vetro delle finestre così forte che si fa fatica a respirare. Quanti di loro guardando quella luce pensano come sarebbe bello essere su un'affollata spiaggia di Miami a giocare a beach volley o a fare un bagno in compagnia degli amici. Quella che meteorologicamente si presenta una bella giornata agli occhi di questi giovani rinchiusi pare la giornata più malinconica dell'anno.
Alla Dulaney High School l'atmosfera è leggermente diversa; forse perché la mensa è all'aperto, e i tavoli per il pranzo sono contornati dal verde, e quindi sono in ombra e c'è una temperatura gradevole. Non per questo gli studenti, soprattutto quelli dell'ultimo anno, sono felici di essere di nuovo a scuola. La faccia di ognuno di quei ragazzi è distrutta, ma la maggior parte di loro, in questo momento di pausa dalle lezioni, sta ridendo e si sta godendo un buon pranzo con i compagni ritrovati.
Come al solito i tavoli sono divisi in gruppi ben catalogabili: i secchioni, con il sorriso più vivace sul volto e alcuni libri aperti affianco al vassoio, che occupano l'unico tavolo al sole, i giocatori di football con le ragazze che li accompagnano ovunque e che per la maggior parte sono cheerleader, gli skater, qualche dark in un angolo e infine, finalmente, le persone normali, o meglio, non etichettabili che sono sì divise in gruppi e sono seduti in tavoli prenotati, ma non hanno qualcosa che li divide esteticamente.
Nel momento in cui Alex, un ragazzo alto con i capelli mediamente lunghi che gli cadono sugli occhi e, in alcuni punti, si arricciano leggermente, con gli occhi marroni, un corpo lungo e snello, coperto da vestiti semplici: una maglia verde a maniche corte, dei jeans lunghi e a vita bassa che mostrano le mutande grigie e bianche, e delle scarpe che richiamano il colore della maglia, esce per pranzo, si rende conto di non aver voglia di sedersi con nessuno dei suoi compagni di classe. Non ha voglia di far parte di un gruppo e chiudersi in un guscio. Ha voglia di conoscere, parlare, ridere con gente nuova. Si fa largo tra la gente e ringrazia il cielo di essere uscito tardi: la fila per prendere i panini si è decisamente meno del solito. Arriva al bancone in pochi secondi e chiede alla signora grassoccia che sta dietro esso un panino con il salame. Lei lo guarda dal basso e stringe gli occhi in un'espressione strana e indecifrabile. Poi alza le spalle come se avesse risposto ad una domanda, e gli porge il panino per poi continuare a servire il ragazzo successivo.
Alex si aggira tra i tavoli cercando di evitare lo sguardo dei ragazzi che lo invitano a sedersi con loro. Non che fosse un ragazzo popolare a scuola, ma alcuni suoi compagni di alcune lezioni insistono per passare del tempo con lui. Ma Alex non ha voglia: sempre gli stessi sguardi, gli stessi pregiudizi, gli stessi pettegolezzi, le stesse facce e le stesse identiche cose da dire. Niente in quella scuola cattura la sua attenzione, niente, si ripete guardandosi intorno. E poi qualcosa, finalmente, la sua attenzione l'attira. E' una ragazza, e di questo non si sorprende. Però non è la solita ragazza che si vede alla Dulaney School, anzi, in realtà è raro incontrare una ragazza del genere dovunque.
E' sola, per prima cosa, ed è isolata, ma non sembra dispiaciuta di questo. E' seduta sotto l'albero più lontano del giardino. Ha la schiena appoggiata al tronco e le ginocchia piegate che fanno da leggio. Infatti, con una mano tiene un libro e lo sguardo segue il filo delle parole. Ha anche un auricolare bianco nell'orecchio destro, quello che Alex riesce a vedere. Ha i capelli biondi, scuri, che con alcuni riflessi del sole sembrano splendere come l'oro. Alcune ciocche da quella distanza sembrano anche ramate. Non è un biondo volgare, un biondo da barbie, e nemmeno il solito biondo cenere che fa impazzire i ragazzi. E' un biondo particolare. Si passa una mano sul ciuffo che le ricade sulla fronte e le si vede il viso. Alex le si avvicina per vederla meglio. Ora capisce perché i capelli sembravano così corti: erano legati con un elastico e portati sopra la testa. Sembrano veramente tanti, e sono disordinati. I lineamenti della ragazza sono dolci e ha le labbra rosse come il fuoco, che risaltano ancora di più sulla sua pelle bianca come il latte. Gli occhi non riesce a vederli, ma è sicuro di vedere delle tracce di mascara e una matita esagerata intorno ad essi. Non sembra rendersi conto che intorno a lei il mondo sta andando avanti e nel tempo in cui Alex la sta guardando non ha ancora alzato gli occhi nemmeno una volta.
Così il ragazzo decide di voler conoscere proprio quella ragazza. Non perché fosse bella, o per portarsela a letto come avrebbe fatto con un'altra qualsiasi ragazza, ma solo perché lei è sola, sembra diversa e ha attirato la sua attenzione. Come se una luce da palcoscenico si fosse posata su di lei proprio mentre Alex guardava nella sua direzione. E una voce dentro la testa di lui non fa altro che ripetergli che andare lì e presentarsi è la cosa più giusta da fare.
Mentre si avvicina e calpesta l'erba, lei sembra non accorgersene nemmeno. Rimane un secondo a guardarla ad un passo da lei, e poi si siede e tocca la sua spalla con la propria. La ragazza sobbalza leggermente, alza una mano e si toglie gli auricolari. Chiude il libro di botto e si gira a guardare la persona che ha interrotto non solo il suo pranzo, in realtà ancora ben chiuso nella carta stagnola che ha nella borsa, ma anche la sua lettura. Fa un sospiro per riprendersi la calma che stava scappando via.
Il ragazzo accanto a lei è strano: intanto, le si è seduto di fianco senza nemmeno conoscerla e ora le sorride in modo strano, e poi quel taglio di capelli è ridicolo.
«Alex» le dice, porgendole la mano. Il contatto con lui la disturba, ma per educazione gli stringe la mano e si presenta a sua volta. Incontra il suo sguardo.
Lei ha gli occhi grigi, che sfumano sull'azzurro solo in alcuni punti e sotto una luce particolare sembra di vedere anche del verde. Sono grossi, a palla, e come aveva notato lui in precedenza, sono truccati.
«Haley» gli risponde. Lui sorride. «Sei nuova?» le chiede e lei annuisce.
«Che classe frequenti?» «La terza, lingue» lui sorride di nuovo. Frequenta la stessa classe. Le chiede da dove viene, ma a quella domanda sposta lo sguardo davanti a se e alza le spalle. Lui non vuole scendere nel personale per ora, e la lascia pensare alla sua vecchia casa per qualche secondo. Poi spezza il silenzio.
«Sei da sola. Perché sei sola? Ti va se ti presento qual-» «No, grazie. Sto bene qui» lo interrompe Haley, quasi bruscamente. Lui annuisce. Qualcosa, in quegli occhi, pensa, lo fa sentire triste. Sembra quasi che dentro di se, quella ragazza nasconda dolore, che trascina ovunque come un masso nello stomaco.
«Come mai sei in questa scuola?» riprova lui. Non mollerà la presa, e lei se ne rende conto.
«Non ti arrenderai mai eh?» prende il libro e lo infila nella borsa, afferra gli auricolari e gli arrotola intorno all'ipod, «Beh, se ci stai provando con me, mi dispiace dirti che hai trovato la ragazza sbagliata. Non sono interessata» si alza e guarda Alex. Il ragazzo riesce a vedere ancora quel dolore nel grigio.
«No, io..» ma lei l'ha già salutato e si sta allontanando con la borsa sulla spalla. Lui appoggia la testa al tronco dell'albero e scuote la testa.
 
Haley apre la porta di casa ed entra nel salotto. Dalla cucina, sua zia sporge la testa e le rivolge un enorme e caloroso sorriso. Quella casa è così accogliente da far venire il voltastomaco.
«Ciao tesoro! Com'è andato il primo giorno di scuola?» lei alza le spalle.
«Come tutti i giorni di scuola degli ultimi quattro anni» l'espressione della donna alta e magra cambia totalmente. Quanto vorrebbe poter far qualcosa per cambiare le cose.
«Beh, speriamo che i giorni a seguire siano migliori allora! Vai pure in camera, la cena sarà pronta tra un'ora! Voglio sapere tutti i dettagli in ogni caso!» Haley accenna un sorriso e fa per uscire dalla porta sul retro quando la voce della zia la fa tornare sui suoi passi «Ah, Haley, Alice è di sopra» le dice con tono dolce. Alice è la sorella di Haley, ha quasi quattro anni ed è la bambina più bella che Haley abbia mai visto. Ha gli occhi verdi, enormi, i capelli biondi quasi bianchi sempre legati in due treccine che le cadono sulle spalle, il faccino rotondo e un sorriso meraviglioso. Alice è la sua piccola fonte di felicità, ma in quel momento ha solo voglia di farsi una doccia.
Apre la porta a vetri ed esce nel giardino. Quella villa è davvero enorme e se fosse stato per lei, non sarebbe mai andata a vivere in un posto così grande. Per questo sua zia acquisita, Christine, moglie di suo zio Jeremy, aveva chiesto all'architetto che stava progettando la loro nuova casa, di aggiungere una camera in cui si poteva arrivare solo passando dal giardino, isolata dal resto della villa, per dare all'adolescente la privacy e la libertà di cui aveva bisogno.
«Potrai invitare le tue amiche e fare qualche pigiama party» le aveva proposto quando, tutta eccitata, le aveva fatto vedere la bellissima stanza che le spettava. Lei aveva abbracciato la donna, e aveva pianto un po' di gratitudine - aveva sempre desiderato un posto tutto per se, per rimanere sola e crescere come voleva - e un po' di tristezza: non avrebbe mai invitato nessuno in quella casetta, perché lei non aveva amiche. Ma questo la zia non lo sapeva, e Haley non voleva che lo sapesse. Christine era sempre stata perfetta con lei e sua sorella, aveva preso l'impegno di crescerle entrambe dopo la morte dei genitori senza nessun obbligo di sangue e Jeremy, parente leggittimo, non aveva dovuto nemmeno chiedere a lei il permesso di ospitarle a casa: era stata lei, infatti, ad avere l'idea e a chiedere i documenti per l'affidamento.
Apre la porta di camera sua con le chiavi che teneva attaccate al mazzo personale ed entra. La prima cosa che fa è buttare la borsa a terra, poi si sfila la maglia e si dirige verso il bagno. Apre la doccia e attende che l'acqua diventi calda prima di spogliarsi del tutto. Entra nella cabina e rabbrividisce a contatto con le piastrelle. Si strofina forte gli occhi sotto il getto d'acqua e sente il trucco che si scioglie sotto le sue dita. Prende il sapone e si lava il corpo, poi si riempie di shampoo al cocco i capelli. Il cocco è l'odore che più le piace, e anche uno dei suoi frutti preferiti. L'odore riempie la cabina e sale nell'aria insieme al vapore. I capelli sono puliti ma lei ha bisogno ancora qualche secondo sotto l'acqua, perché sta nascondendo le lacrime che le rigano il volto. Per la prima volta in vita sua, qualcuno le si era avvicinato e l'aveva trattata come una persona normale, senza guardarla in modo strano o senza ridere di lei. E lei l'aveva allontanato, e lui non sarebbe più tornato. Ma lei conosce i ragazzi. I ragazzi o vogliono il sesso, o vogliono una relazione seria, e quell'Alex sembrava davvero un bravo ragazzo. Haley non ha nessuna intenzione di rovinargli la vita.
Si appoggia al muro e rabbrividisce ancora, le poche lacrime diventano fiumi e il suo corpo viene scosso da singhiozzi. Non riesce a smettere e si sente sempre più debole. Ha voglia di fumare e di bere ma si accascia a terra con le gambe strette al petto. Si sente piena di rabbia, piena di odio, piena di dolore. Avrebbe voglia di tagliarsi a metà e far uscire tutto ciò che la riempie così tanto.
Ha voglia di mettersi due dita in gola e vomitare i problemi. E ha anche voglia di rimanere lì per sempre, ad aspettare che l'acqua si alzi e la sommerga. Vuole annegare in una doccia, e si sente stupida per questo pensiero.
Si alza in piedi e si lava di nuovo, sperando di essersi tolta di dosso qualcosa che la opprime.
 
E' l'ora di cena e Haley si sente meglio. «Tesoro vai a prendere tua sorella per favore, così io metto la pasta in tavola?» la ragazza annuisce, sale i gradini e si ritrova davanti a camera di sua sorella, che è chiusa solo da un cancelletto per bambini per evitare che la piccola vada in giro per casa. La sua stanza è grande, ha il letto rialzato con sotto i cesti pieni zeppi di giocattoli e un'armadio a forma di casa. Il sogno di ogni bambina.
Alice si alza e cammina verso la sorella maggiore con un sorriso enorme stampato sulle labbra. «Hals!» urla e la ragazza la prende tra le braccia, le bacia la fronte e la guancia morbida e spegne la luce.
«Andiamo a fare la pappa Alice? Eh? Ti sei divertita all'asilo» la bambina annuisce e batte le mani, per poi abbracciare forte la sorella mentre scendono le scale. Arrivano in cucina e si siedono a tavola. Nel frattempo è arrivato anche Jeremy che prende posto davanti a Haley.
«Oh le mie donne al tavolo! Allora, bimbe, com'è andato il primo giorno di scuola?» Alice comincia a parlare dei suoi nuovi amichetti e del suo insegnante, Alexander. A quel nome Haley tossisce.
«Anche la mia giornata è andata bene, anche se le prime ore di lezione sono state sospese. Ho conosciuto la professoressa di Spagnolo e quella di Italiano però. Sembrano brave» dice senza troppa convinzione.
«Bene Hales, sono felice di sentirlo. E i compagni? Qualche nuova conoscenza?» la ragazza scuote la testa e sorride. «C'è tempo per fare amicizia dai» continua lo zio, ottimista, come sempre.
Per un secondo Haley si chiede come sarebbe stato se fossero stati Christine e Jeremy a crescerla sin da piccola, ma scaccia questo pensiero veloce così com'è affiorato.
La pasta è buona, l'odore che emana fa venire l'acquolina in bocca e il sugo è cotto alla perfezione.
L'arredamento della cucina, come quello di tutto il resto della casa, è moderno e ordinato: al centro della stanza, leggermente spostato verso il fondo, c'è il tavolo per la cena e il pranzo, più vicino ai fornelli invece c'è un ripiano per la colazione. Il frigorifero è vicino alla finestra che affaccia sul fianco della casa. Si può vedere solo la staccionata che divide il loro giardino con quello dei vicini e un pezzo di prato.
Attaccato alla cucina c'è il salone, con due divani, tre poltrone e due puff. La televisione è grande quasi quanto la parete che occupa e attaccata ad essa ci sono tutti i tipi di videogiochi, registratori o lettori DVD possibili e immaginabili. Al pano di sopra ci sono le stanze da letto di Alice, Jeremy e Christine, due bagni e anche una stanza per gli ospiti.
Ma la cosa che, ovviamente, Haley preferisce, è la sua stanza: era enorme, grande quasi come un appartamento, e comprendeva anche un bagno e una stanza segreta. Entrando la prima cosa che noti è l'infinita collezione di CD disposta su una libreria che occupata tutta l'enorme parete in fondo; poi c'è un muretto al centro della stanza, davanti alla porta, verso l'uscita, e dietro ad esso c'è il letto matrimoniale, enorme, comodo, enorme, enorme, enorme. La scrivania è sulla sinistra, è grossa e sopra ad essa c'è una libreria piena di libri: vecchi, nuovi, rotti, perfetti, consumati e mai letti. Al lato della scrivania e dall'altra parte della stanza ci sono delle casse per lo stereo, e, infine, nell'angolo più bello della stanza, quello che sarà destinato ad una scritta, ci sono appoggiate le due chitarre di Haley: quella elettrica e quella acustica, che la ragazza suona da quando è piccola.
Quando Haley va a dormire, si gira verso le sue chitarre e le osserva nella luce soffusa che viene dalla casa affianco. La fanno sentire così bene che le viene voglia di alzarsi e toccarle, ma proprio mentre pensa di muovere un piede per farlo, cade in un sonno profondo e non si sveglia fino alla mattina seguente. 
 
Quando il sole sorge sulla città, lento e caldo, Alex è già sveglio e lo vede salire nel cielo dalla finestra, già vestito e lavato. Ha fatto ancora una volta il sogno che più lo perseguita, e non è più riuscito ad addormentarsi. Alle sette, decide di uscire e arrivare a scuola prima. E' stufo di stare in quella camera che in quel momento sembra opprimerlo. Scende in cucina e prende una banana dalla cesta della frutta, la apre e la mangia mentre esce dalla porta principale con lo zaino sulle spalle.
E' a mezzo isolato dalla scuola quando una chioma di capelli biondi attraversa la strada. Alex sgranò gli occhi: era proprio Haley, con la borsa marrone a tracolla e il passo svelto, crede di riuscire a passare inosservata, ma Alex la raggiunge e la affianca.
«Ciao!» esclama e lei si porta una mano al cuore. Poi si gira e guarda Alex con espressione terrorizzata.
«Ah, ancora tu. Non ce la fai proprio ad avvicinarti ad una persona senza spaventarla eh?» e accenna un sorriso che si spegne quasi subito. E' leggermente scocciata. Non si è svegliata bene, non riusciva a fare la doccia perché mancava l'acqua calda e non trovava i vestiti che voleva mettere, e infine, è anche uscita troppo presto. Ci mancava solo lui, pensa.
«Già, scusa. Come mai già fuori così presto?» intanto Haley continua a camminare come se non avesse nessuno al fianco. Accellera anche il passo ma il ragazzo le sta dietro senza problemi.
«Un errore che mi è... costato caro, a quanto pare» lo dice guardando Alex negli occhi. Lui si sente in imbarazzo ma qualcosa in lui scatta e si mette davanti a lei sbarrandole il passaggio.
«Senti, non mi interessa abbordarti, ok? Non voglio cose strane, voglio solo essere gentile e provare a conoscere una persona nuova: tu. Sei nuova nella scuola e mi sembrava carino scambiare due parole. Nessun secondo fine, niente di niente, e per un amico non serve niente fisicamente, no? E per ora è l'unica cosa che puoi criticare. Ti prego, ci tengo. Dammi una possibilità, come amico, niente di più» quelle parole lasciano Haley a bocca aperta, e in un secondo sente la sua corazza vaccillare e il suo viso si apre in un sorriso, che Alex prontamente ricambia.
«Tanto ho capito che non mi lascerai in pace fino a che non accetterò di darti questa possibiltà.. mi arrendo. Ciao, Alex» dice, e gli porge la mano. Lui la stringe. «Ciao Haley, ti va di far colazione? E' un po' presto per entrare in classe» lei lo guarda storto, poi annuisce ed entrambi riprendono a camminare.
«Allora, mi spieghi cosa ci fai qui o no?» le chiede sorridendo. Lei sposta lo sguardo in basso.
«No..» lui la guarda come per rimproverarla e lei capisce il suo errore. Amico, un amico. Non ha un amico da troppo tempo, e non è più abituata ad averlo. «...non ora, andiamo.. andiamo a fare colazione!» dice e si dirige verso la scuola con Alex dietro. Lei sorpassa un piccolo bar alla sua sinistra e Alex la prende per un braccio e la trascina dentro.
«Questo è il mio posto della colazione. E' figo perché sembra piccolo e nessuno ci entra ma in realtà è enorme. La cosa più bella è il retro che affaccia nella piazzetta qui di fianco, infatti se qualcuno deve entrare ci entra da lì. Vicino alla vetrina c'è un tavolino stupendo, vieni!» le dice, tutto così velocemente che lei non riesce a seguire il filo del discorso ma non gli chiede di ripeterlo, si lascia semplicemente trascinare tra i tavoli fino a quello di cui aveva parlato il ragazzo un minuto prima: il più bello. E lo è davvero, è rotondo e il legno sembra leggermente invecchiato, al centro c'è un vaso con due piccole rose rosse e il menù. Si siedono entrambi, uno davanti all'altra e Haley afferra il menù. Fa scorrere lo sguardo sulle bevande e poi sul cibo che offre il bar e alla fine sceglie un caffè e un pancake con lo sciroppo d'acero. Lui la osserva mentre indecisa discute quasi con se stessa se scegliere lo sciroppo d'acero o la nutella. Sembra la decisione più importante del mondo in quel momento, ma lo sciroppo d'acero è decisamente la scelta migliore, soprattutto di prima mattina. Alex ordina per se e per Haley, le stesse cose.
Due caffè e due pancakes con lo sciroppo d'acero, grazie.
Il silenzio si spezza solo quando i due ragazzi vengono serviti e, stranamente, viene spezzato dalla ragazza che, imbarazzata, chiede ad Alex che corsi frequenta.
«I tuoi stessi corsi, penso. Terza, lingue. Ma non è questa la domanda del giorno, potremmo parlare di me dopo. Voglio sapere di te: sei nuova, perché? Qual buon vento ti porta qui?» chiede, e riesce a vedere una scintilla di dolore negli occhi di lei. Ancora quella sensazione di dolore.
Lei sorride «Nessun buon vento, in realtà» e si ferma. Il flashback le prende cuore e mente e non riesce più a dire niente: si ritrova, in una frazione di secondo, scaraventata nel suo peggior passato.
 
L'uomo la prende per le spalle piccole, da bambina, e la alza come se fosse una piuma. La sbatte al muro e il rumore non è abbastanza forte da coprire le urla della piccola. La madre guarda suo marito spogliare sua figlia come fosse una bambola, e piange, incapace di muoversi. E gli occhi della bambina incontrano quelli della donna: sono disperati, chiedono aiuto e pietà, chiedono la vita e la morte. Chiedono e pregano di scappare via. Ma cosa può fare la donna, costretta ad assistere alla rovina della sua stessa figlia?
L'uomo si diverte, le infila tre dita dentro senza pensarci due volte e la bambina urla di dolore. Cerca gli occhi del padre e quando li trova, vede degli occhi assatanati, eccitati e spaventosi. Allora chiude i suoi perché tanto sa che il padre non avrà pietà, nemmeno questa volta, nemmeno con quegli occhi dolci e innocenti. Ma lui se ne frega e le sue dita distruggono quell'innocenza e creano quel dolore che lei, piccola com'è, si porterà dietro tutta la vita.
 
La scena è chiara come l'acqua davanti ai suoi occhi, spalancati e rivolti al nulla davanti a se. Quando torna alla realtà, sicuramente migliore, si sente schiaffeggiata dalla sua vita, un'altra volta, e le lacrime le rigano il volto senza bagnarlo. Alex, davanti a lei, ha uno sguardo preoccupato, allarmato e spiacevolmente sorpreso. Allunga una mano verso Haley e le sfiora il braccio. Lei, automaticamente, lo ritrae immediatamete.
I loro occhi si incontrano.
«Haley...» lei si asciuga le lacrime. E' così stanca, di tenersi quel segreto nello stomaco, di rivivere il suo passato e condividerlo solo con la sua mente consumata, di guardare la gente negli occhi e trovare sempre un accenno allo sguardo assatanto del padre mentre abusava di lei, e così stanca di sentirsi sempre diversa dagli altri, allontanata dagli altri, per colpa della storia della sua stessa vita. «Senti, Haley, io non ti conosco e non ho nessun diritto di dirti ciò ma, beh, se vuoi parlare, e dirmi quello che sta succedendo nella tua vita, io.. insomma ti ascolto. Non sembra facile, ma forse dirlo a qualcuno che non conosci e di cui ti puoi fidare – ti puoi fidare di me – renderà tutto più semplice. Con questo, non voglio obblig-»
«Al momento nella mia vita non è successo niente ma è successo così tanto, Alex, così tanto che non ci basteranno dieci minuti..» dice lei, sorridendo di un sorriso davvero sincero e guardando l'orologio. Il ragazzo annuisce.
«Ma questo discorso vale sempre» dice lui e le sorride. Lei ricambia e sente di potersi fidare del ragazzo davanti a se. E' la prima volta che una persona che non conosce le da questa sensazione. 
«Ho bisogno di condividere il mio passato con qualcuno che non sia il mio specchio» sussurra con lo sguardo basso e Alex la sente appena, e non risponde a parole a quella frase, la guarda negli occhi e annuisce. Lei si sente stupida e in imbarazzo, si fa leggermente rossa in viso e sposta lo sguardo altrove.
La piazza che si vede dalla vetrina è deserta meno che per alcuni uccelli che cercano le briciole tra le piastrelle di pietra. E' già abbastanza illuminata ma si vede che il tempo sta cambiando. L'aria, infatti, quando escono, è leggermente più fresca. Camminano verso la scuola uno affianco all'altro e già dopo due passi cominciano a parlare. Lui le racconta che cos'ha fatto quell'estate, soffermandosi particolarmente sulla settimana passata con il suo migliore amico, Jack, in Florida.
«Ti devo presentare Jack! Oh, amerai Jack! Tutti amano Jack!» dice allegro, prendendo con due dita le spalline dello zaino e tirandole un po' avanti. Il libro di biologia insieme a quello di italiano costituiscono un peso superiore a quello che nessuna persona normale riuscirebbe a portare sulle spalle alle otto del mattino.  
Haley ride e si immagina Jack: alto, biondo con gli occhi verdi. Poi scuote la testa e scaccia quell'immagine, sperando vivamente che non abbia nessuna di quelle caratteristiche.
«Devi conoscere anche Rian! E Zack! Insomma, devo presentarti questa gente. Abbiamo una band, sai? Ci esibiamo ogni tanto in qualche locale qui intorno ma niente di serio..» la ragazza annuisce e gli occhi le brillano.
«Tu cosa suoni?» gli chiede e la mente va alla sua chitarra nell'angolo di camera sua. Quella acustica, perché è il primo strumento musicale che abbia mai suonato. L'aveva chiamata “Jasey” quand'era bambina, e non le aveva mai cambiato nome, nome che era stato inciso da lei stessa qualche anno prima sul retro del manico dello strumento con un coltellino.
«Chitarra» gli occhi di lei brillano sempre più «e canto!» 
La vecchia lei l'avrebbe spinto leggermente e poi l'avrebbe ripreso per il braccio dicendo “Voglio sentirti cantare!” e ad una sua negazione l'avrebbe pregato ridendo e scuotendogli il braccio come una bimba. Ma la nuova Haley non è così. Non ama il contatto fisico con gli estranei e, anche se per un secondo ha voglia di tornare la ragazzina estroversa che era, si limita a guardarlo a bocca aperta e dire: «Un giorno ti sentirò cantare! E anche io suono la chitarra..»
Nel frattempo sono davanti all'aula di francese e non hanno voglia di entrare. Vogliono continuare a parlare di cose banali e semplici, senza entrare nel personale. Ma le lezioni iniziano e il loro discorso sugli accordi viene spezzato dal suono fastidioso della campanella. Entrano in classe e si siedono uno affianco all'altra.

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my fucking corner: ciao, eccomi qui con un'altra roba (?) sugli All Time Low, che in realtà, come band, ci saranno seriamente solo alla fine (se va come ho in programma u.u). Beh, che dire? Sono molto attaccata al personaggio di Haley per tanti motivi che non sto ad elencarvi ma, insomma, una parte di Haley è una parte di me, quindi di conseguenza questa FF è molto importante per me *-* Spero che vi piaccia come a me piace scriverla e pensarla, spero che capiate tutto quanto (anche se ora non sarà tutto poi così chiaro), spero che tutti i capitoli saranno lunghi come il primo (lol) e soprattutto, spero che non vi annoi. Le critiche sono ben accette: voglio crescere, migliorare e imparare, quindi, se avete qualcosa da dire, sparate! Nessuno si offende  :)
PS: la fanfiction selling your body won't fix your heart andrà avanti normalmente, lasciatemi solo il tempo di rielaborare ciò che voglio scrivere e di scriverlo perché con la scuola e casini vari non ho mai tempo/voglia/volontà/ispirazione per postare (e creo altre robe LOL)!
Grazie a te che stai leggendo, significa tanto per me <3
Halscott
   
 
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