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Autore: L_Fy    07/06/2006    7 recensioni
"...Sto parlando della gelosia, che il diavolo la fulmini! Davanti allo specchio, con la faccia di nuovo corrucciata, finalmente lo ammetto. Sono gelosa. Sono così verde di gelosia che Andrea probabilmente ha ragione, dovrei chiamare un esorcista. Però, analizzando i fatti con calma ed imparzialità, devo convenire che qualche ragione ce l’ho anche io… "
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le dieci di martedì sera ed io sono già a letto. Logico: martedì e giovedì sono serate da coppiette, quindi in giro c’è un mortorio peggio che in Patagonia. Questa storia del martedì e giovedì per coppiette, però, me la devono spiegare: Camillo non si è mai fatto vedere nemmeno di striscio in quei giorni, vorrà farmi capire qualcosa che ha a che fare con “la coppia aperta” o sarà davvero così preso dallo studio? Fino a qualche tempo fa avrei messo la mano sul fuoco sul fattore studio, ma adesso…non lo so più. Non è che non mi fidi più di Camillo: è che, analizzando per bene i fatti, tutto mi porta a pensare che lui stia cercando di scaricarmi…Esaminiamo le prove a sostegno della mia tesi:

Primo punto: è storicamente e scientificamente provato che gli ormoni maschili sono molto più svegli di quelli femminili: è il maschio che fa la prima mossa e la  femmina si schermisce con dei finti “no!no!” che in realtà vogliono dire “sì! sì! E muoviti, perdio!” i quali, in teoria, dovrebbero far ingorillire ancora di più il maschio. Tra me e Camillo, le uniche due volte che siamo rimasti sufficientemente soli per poter pensare a qualche serio sviluppo della situazione, è successo esattamente il contrario. Camillo non si è mai spinto più in là di qualche bacio quando io bruciavo dalla voglia di toccarlo ed essere toccata…e quando, timidamente, gli ho sfiorato la cintura dei jeans, lui è zompato giù dal divano rischiando l’uscita di un’ernia lombare, balbettando che mi portava troppo rispetto per “correre troppo avanti” e per “costringermi a fare qualcosa che non volevo”….testuali parole. Lo ammetto, sono rimasta annichilita dalla sorpresa e dall’imbarazzo. Cioè, non dovevo essere io quella che diceva “non dobbiamo correre troppo”? Questo gioco d’anticipo di Camillo mi ha lasciata basita. E sospettosa: non è normale per un maschio comportarsi così. Certo, nemmeno per una femmina è normale non vedere l’ora di essere concupita in tutte le maniere possibili, ma insomma…non è proprio possibile fare una sorta di media matematica degli ormoni e vivere una normalissima storia d’amore adolescenziale come Dio comanda? Evidentemente no. Comunque, passiamo al

Secondo punto: quando due persone si piacciono, è ovvio che cerchino di passare più tempo possibile insieme. Io e Camillo ci vediamo praticamente tutti i giorni da sempre: siamo vicini di casa, i nostri migliori amici sono i rispettivi fratello e sorella… noi due siamo cresciuti legati a doppio filo. Eppure, da quando ci siamo messi insieme, io e Camillo ci vediamo sempre meno. Quando io vado in casa sua, lui non c’è: quando lui viene in casa mia, sembra sempre che ci sia qualche familiare che deve per forza parcheggiarsi sul mio piloro. Andrea, Alice, Alessio e persino Mariàpi gironzolano per casa entrando e uscendo dalle stanze come se ci fossero le tende invece che le porte, permettendo a me ed a Camillo la stessa intimità che avremmo in piazza di Spagna nell’ora di punta. Oltretutto, Camillo non sembra assolutamente interessato a rimanere solo con me. Da qui, si ritorna all’ovvia conclusione del punto primo.

Terzo, ultimo e fondamentale punto in questione: la francese. E qui si apre un capitolo a parte.

*          *          *

Mai come in questo periodo ho odiato i nostri cugini d’oltralpe: nei miei sogni ho accarezzato più volte con voluttà l’idea dello sterminio di massa. La francese, tale Odette Lefeburne (già il nome suggerisce l’idea di una perfetta zoccola, questo dovete passarmela per buona) è una tizia piombata alla scuola superiore che frequentano Andrea e Camillo in questo loro ultimo anno scolastico, con la giustificazione apparente di voler migliorare il suo italiano ma con l’intento subdolo e malcelato di rovinare la vita a me, Anna Tonelli, normalissima sedicenne italiana. Questa Odette, battezzata Ochette dalla solita Mariàpi, vero segugio nel cogliere al volo l’aspetto nevralgico della situazione, potrebbe anche passare per ragazza simpatica e attraente, in condizioni normali: è piuttosto belloccia con quei capelli biondi e gli occhi verdi, snella e sorridente, sempre pronta a sciorinare quel suo snervante accento moscio in qualsiasi discorso. La combriccola di amici di Andrea e Camillo, ovviamente, le sbava dietro come una muta di cani da caccia all’inseguimento di un fagiano, cosa che fa venire il voltastomaco e che fa rimpiangere di avere la stessa nazionalità di quegli invertebrati sessodipendenti. Lei però tratta tutti con quella maliziosa alterigia tipicamente francese che fa venire voglia di prenderla a sberle in venti lingue diverse: si permette di snobbare le avances di tutti compreso Andrea, il quale, ferito nell’orgoglio di patrio galletto da riproduzione, ha deciso di ignorare lo smacco e di buttarsi sulle italiche studentesse universitarie, tra cui riscuote un insospettato successo. L’unica persona per la quale Odette esprime sincero interesse è nientemeno che Camillo. Già, il povero Camillo, il MIO Camillo. Confesso che dalla prima volta che ho sentito parlare di Odette  avrei dovuto mettermi in allarme. Camillo, l’inesperto e timido Camillo, mi aveva proposto di insegnargli a baciare proprio in vista di un possibile incontro ravvicinato con la francese. In seguito agli sviluppi della situazione (io mi ero innamorata di Camillo proprio durante la nostra sessione di prove su strada, tanto per intenderci) avevo dimenticato completamente la sua esistenza fino a quando non me la sono trovata davanti, un giorno che ero andata ad aspettare Camillo davanti alla sua scuola. Ero appoggiata contro il muretto davanti al parcheggio delle bici e stavo contemplando lo sciame di persone che usciva dal portone, quando vidi Camillo avvicinarsi, ciondolante nella sua solita camminata desertica. Il mio cuore si esibì nella sua solita sequenza di capriole ed avvitamenti (come riesca quella figura dinoccolata e goffa abbinata a quel faccino angelico e stupefatto a scatenarmi tutta una inconfessabile serie di pruriti erotici non riesco a  spiegarmelo, ma è così che va ogni volta che lo vedo). Comunque, ero lì tutta presa dalle mie personalissime vampate di calore quando una figura color pastello veleggiò giù dalla scala, leggiadra come una libellula, e piombò alle spalle di Camillo avviluppandolo in un abbraccio fin troppo entusiastico. Naturalmente, quella figura pastello era la francese: non mi aspettavo che fosse così carina, devo ammetterlo. Avevo in mente l’immagine di una specie di baguette occhialuta dal naso all’insù, mica questo pò pò di Tromp d’oeil.  E non m’aspettavo nemmeno che salutasse con tanto entusiasmo Camillo, il MIO Camillo: se lo abbracciava tutto, ossicini a vista e boccoloni da cherubino compresi, scatenandomi un improvviso attacco di bile come mai mi era successo in vita mia. Rimasi basita sul posto con una specie di smorfia post ictus cerebrale a deformarmi la faccia là dove prima c’era un amorevole sorriso estasiato mentre i due si avvicinavano, mitragliandosi a vicenda con una sequela di vomitevoli cantilene piene di “ù” e “je”. Quando mi arrivarono davanti, poco mancò che saltassi in groppa alla biondina, pronta a strapparle gli incisivi uno per uno con la sola forza del pensiero, ma Camillo mi posò un braccio sulle spalle e, con un sorriso abbagliante d’orgoglio, mi presentò come la sua ragazza. La francese mi radiografò per bene, sempre con quel sorriso furbetto sulla faccia, indugiando trionfale sulle mie odiose ed ingombranti tettone (si vede che le donne francesi  sanno capire subito qual è il punto debole delle avversarie e ci schiaffano immediatamente sopra quei loro ributtanti occhietti alla Gerard Depardieu).

“Ma che piascere conosertì!” aveva trillato poi sbaciucchiandomi sulle guance “Camilò parla sompre di te, Anà: ero davver curiosà di vederti. Mon Dieu, mais elle est très très jolie, mon cher!”

L’ultimo farfuglio era rivolto a Camillo che sorrise a tutte gengive, gonfio come un tacchino.

“Lo so. E’ bellissima, vero?” disse poi raggiante ed io per poco non gli sputai in faccia dal nervoso: odio quando parlano di me in terza persona, come se fossi un’epigrafe di marmo invece che una persona capace di interagire verbalmente.

“Anna, lei è Odette, la studentessa francese.” terminò poi Camillo ed io mi sforzai di sorridere; devo ammettere che la cosa non mi riuscì molto bene.

“Heilà, vecchia, come butta?” mormorai magnanima, ma Odette sembrò non capire: il suo sorriso si raffreddò di un centinaio di gradi mentre sbatteva le ciglia, oltraggiata.

“Vechia?” domandò compunta “Sarais…vieille? E’ uno scherso?” 

“E’ un modo di dire” si affrettò a giustificarmi Camillo “Sai, slang giovanile…”

“Oh. Je comprend.”

Mi guardarono tutti e due come se fossi un reperto d’immondizia metropolitana e, per la vergogna, mi ammutolii del tutto.

“Volio che tu sapia, Anà, che Camilò è davero una person fantastic. Il meliore amico che ho trovato qui in Italie. Sei una ragassà molto fortunatà.”

I suoi occhi verdi, intanto, mi lanciavano un monito di ben altro genere: cocca, stai all’erta, dicevano, perché sto giusto pensando di portartelo via, il tuo povero Camilò. Glielo leggevo chiaramente nelle pupille, con tanto di accento francese e tutto il resto. Parola mia.

Dopo, se ne andò via, salutando con un gran sventolio di mani e tornando a baciare Camillo sulle guance per quattro volte: ad ogni bacio sentivo schiumarmi in bocca la bava e l’avrei probabilmente azzannata come un cane idrofobo se non fosse saltellata via, ostentando quei maledetti capelli biondi come se fosserola Tour Eiffel. Odiosa gallina francese!

*          *          *

Insomma, da quel nostro primo incontro, un tarlo in possesso di dentini acuminati e feroci mi mastica il fegato giorno e notte. L’ho già ammesso e lo ribadisco di nuovo: sono gelosa. Selvaggiamente gelosa, gelosa marcia, gelosa peggio di un siciliano con antenati argentini. Ogni giorno che passa mi abbruttisco in pensieri di morte violenta, ogni notte sogno con gioia di vedere il cervello dell’Ochette spalmato sull’asfalto come foie gras su di un tramezzino.

Possibile che questa sia davvero io? Io, l’Anna tanto dolce e sempre piena di buoni propositi? Non può essere così: non deve essere così! Ma cosa posso fare?

Ho provato a parlarne con Mariàpi, ma Camillo è suo fratello e lei ancora non riesce a coniugare il binomio fratello sfigato/esperienze sessuali della sua migliore amica: la cosa migliore che sia riuscita a consigliarmi è stata riempire lo zaino della francese di esplosivo al plastico…

Eppure, qui urge un consiglio spassionato, adulto e responsabile: escludendo Mariàpi, che non mi sembra sufficientemente posata per propinare consigli spassionati, adulti e responsabili, mi toccherà arrivare alla mia ultima spiaggia.

Insomma, chiederò aiuto alla mamma.

 

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Non poteva mancare il mio personale angolo della posta per dire due parole a :

ReaderNotViewer: Ma daiiii, cosa dici!! Ti avevo notata eccome tra i recensori, eri stata l'unica ad apprezzare la mia versione di mamma (detta anche Mammetor)...è solo che lì per lì non me lo sono ricordato. Come potrei non considerarti? Tu sei così brava a scrivere che mi metti quasi soggezione...in senso buono, non so se mi hai capito. Tu hai una sensibilità particolare nel cogliere quello che scrivo, come il concetto di Famiglia, per esempio. Per capire cosa vorrà mai dire OBF, dovremo aspettare Mariàpi ovviamente: e chi sennò? Sbaciuzzissimi!!

Kira83 : Ebbene sì, un sequel!! Anna, Camillo e soci non ne volevano sapere di finire nel dimenticatoio, e poi questa storia della gelosia mi ronzava in testa da tanto...sono contenta di aver potuto scaricare su carta la mie nevrosi!! Spero di risentirti presto, ciauz!

Nisi Corvonero: Ovviamente, come hai prospettato, il sogno con Johnny Depp è ampiamente biografico, ma le similitudini si fermano molto presto: Anna rinuncia a Jonny per Camillo, io rinuncio a mio marito, alla casa, al alvoro ed alla mia stessa sanità mentale per Johnny. Oltretutto, se mi si presentasse davanti con una rosa rossa in mano, manco avrei il tempo di sentire la sua voce: starei già facendo il carpiato dal comodino, eh...A parte questo!! Sai che ti adoro, vero? Bene. Non vorrei che te lo scordassi. Baci bacick, mio tessssoro!!

  
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