Anime & Manga > Gundam > Gundam SEED/SEED Destiny
Segui la storia  |       
Autore: Atlantislux    27/09/2011    6 recensioni
Sparpagliate storie ambientate nell’universo alternativo di "Irreparabile" e "Nova".
File 04 - Dovevo parlare con Cecilia. Bisognava assolutamente aggiornare il software di quei pazzi scellerati.
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Irreparabile'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Betareading a cura della mia carissima Shainareth <3
Questa volta la storia è tutta dedicata al nostro Miguel, e alla sua nuova vita sulla Terra come mercenario di Serpent Tail. Mi sono sempre chiesta se si divertisse mai durante le missioni... forse dipendeva dalla compagnia ;)
Questa storia è anche dedicata a Sippu, per l'ispirazione!
Messaggio di servizio, la precedente oneshot S.T.O.R.M. è arrivata seconda a pari merito al concorso "Nice to Meet You - Presentaci il tuo personaggio" http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9738311&p=12 Woohoo! :)

Dovevo parlare con Cecilia. Bisognava assolutamente aggiornare il software di quei pazzi scellerati.


Black Op


Tijuana, 3 marzo 76 C.E.


Dal rapporto del supervisore della Squadra A, Miguel Ayman


Cinque anni, due mesi e qualche giorno. Da tanto sono in Serpent Tail e le nostre missioni, anche se nessuno le chiama così, sono sempre 'black ops': black operations. Illegali. Clandestine. Roba che garantirebbe ad ogni mercenario trent'anni di galera, se catturato. O una pallottola in testa. Più facile la seconda, in effetti. Ogni tanto capita però di ricevere dall'alto l'incarico di organizzare una vera black op cioè, nel gergo di Serpent Tail, un lavoro così di merda che i boss non hanno trovato nessun altro fesso a cui rifilarla. E indovina? Essendo il sottoscritto il responsabile di una delle migliori squadre di Serpent Tail, queste grane toccano il più delle volte ai miei ragazzi.
Va bene quando tutto quello che devo fare è pianificare l'attacco e rimanere a sorseggiare tequila nell'attesa che i buzzurri di Cecilia Jesek tornino; va invece molto male quando i vertici chiedono a me di accompagnare i commando nella scampagnata. So che non si fidano totalmente degli STORM ―e niente mi toglie dalla testa che qualcuno dei boss abbia ancora in mano i codici di autodistruzione dei buzzurri― quindi, che io li segua nelle missioni meno impegnative è perfettamente logico, dal punto di vista dei capi, e una gran rottura di palle dal mio.


L'email con i dettagli della black op mi arrivò una soleggiata mattina che avevo deciso di spendere a fare surf nelle acque della Baja California, in compagnia di una hostess mozzafiato della Continental Airlines. Addio ombrellone, surf e bionda; nemmeno due ore dopo averla salutata ero in volo su un aereo privato di Serpent Tail diretto in Sudamerica, e già in contatto con i ragazzi che mi avevano ordinato di coinvolgere. Che non fosse una missione come tutte le altre l'avevo capito dalle convocazioni: Lorran Escobar, Nicol Almark, Alpha Trion. Insieme, il più indegno gruppo di pigne in culo che la storia di Serpent Tail ricordi. Bravissimi singolarmente, ma capaci di lavorare in team come una mangusta con un cobra incantatore.


Sfogliai i file che il gruppo di intelligence e sorveglianza mi aveva inviato, maledicendo l'idiozia di certi buffoni, signori della droga tanto ricchi quanto stupidi. Avevano organizzato un gioioso meeting di tutti capi del cartello della loro regione per spartirsi le zone di influenza e, quando uno di loro aveva rifiutato di presenziare, per ritorsione gli avevano rapito moglie e figlio. Avevano sottovalutato la disperazione di un marito privato della bella moglie o di un padre il cui unico rampollo maschio era in pericolo? Probabilmente entrambi, realizzai ridendo, se il bastardo non era strisciato contrito nel covo delle serpi ma aveva contattato il locale agente di Serpent Tail implorandolo di risolvergli il problema in cambio di un sacco di soldi. E non solo voleva indietro i suoi amati beni, ma anche spedire i colleghi all'altro mondo. Proprio due piccioni con una fava.

Mi versai una vodka allungandola con del succo d'ananas fresco, esaminando la situazione. Il meeting avrebbe avuto luogo su uno yacht di lusso, l'Event Horizon. Centoquindici metri di lunghezza, cinque ponti, due piattaforme di atterraggio per elicotteri o flyers, trenta persone di equipaggio. Tutte conosciute dalla cricca; impossibile infiltrarci uno dei nostri. L'imbarcazione era già in acque internazionali, circondata da una rete di sorveglianza sonar e radar che impediva l'incursione con qualunque tipo di mezzo, troppo estesa perché un subacqueo potesse avvicinarsi. I signori della droga sarebbero partiti il giorno dopo, da differenti località, e qualcuno avrebbe portato con sé gli ostaggi. Erano stati pazzi a rapire la famiglia di uno di loro, ma furbi abbastanza da assicurarsi che con i prigionieri a bordo a nessuno sarebbe venuto in mente di far saltare in aria il loro yacht con un missile antinave. Beh, forse la polizia di quel paese sudamericano ci avrebbe fatto un pensierino pur di mandare all'inferno tutti insieme quei bastardi; era per quello che il padre disperato si era rivolto a noi invece che alle legittime autorità?

Lasciai perdere il succo d'ananas e presi un sorso di vodka pura direttamente dalla bottiglia mentre aprivo il file della missione vera e propria, preparata dai nostri strateghi. Non ci fossi stato dentro fino al collo, mi sarei divertito a leggere cosa i cervelloni avevano architettato per risolverci tutti quei problemi logistici.

Infiltrare Lorran, come sempre, era un gioco da ragazzi. I narcotrafficanti non potevano esimersi dall'avere un harem di baldracche al seguito e, nello stesso momento in cui io sorseggiavo il mio drink, la rossa aveva appuntamento con uno dei boss per un 'colloquio' di lavoro. Non avevo dubbi che le sue capacità le avrebbero garantito di salire a bordo senza problemi. Sentii le labbra piegarsi in una smorfia involontaria. In fondo in fondo sono un gentiluomo con le signore e, nonostante lei stessa dica che è divertente, non riesco a non pensare come tutto questo sia oscenamente sbagliato.
Lasciai perdere il suo file e mi concentrai su quello di Nicol e Alpha. Purtroppo nessuno degli ospiti gradiva la compagnia di un bel ragazzo, e nemmeno era stato possibile inserire Alpha tra i gorilla dei signori della droga, per cui i nostri boss avevano dovuto optare per una soluzione alternativa. Mi raggelai nel leggerla, perché riguardava anche me: avremmo tutti e tre raggiunto il panfilo a nuoto.

Anche considerando di avere me attaccato ad uno di loro, i due buzzurri potevano coprire facilmente la distanza richiesta, e senza propulsori a motore non c'era modo di distinguerci da normali branchi di pesci. In quella zona, si specificava nel file, erano piuttosto comuni quelli di squali bianchi.

Chiusi il portatile, mi versai il resto della vodka in gola e decisi che mi meritavo un pisolino. Avevo letto già abbastanza cazzate.


L'arrivo a destinazione, nell'aeroporto della piccola città sudamericana, fu demotivante. Il cielo era coperto da una cappa di nubi biancastre, e l'umidità disgustosa mi appiccicò la camicia alla pelle appena sceso dalla scaletta dell'aereo. Dovevano esserci più di quaranta gradi. Un SUV nero mi aspettava sulla pista; appoggiato alla fiancata un pelato in hawaiana e bermuda, che sapevo essere il locale coordinatore di Serpent Tail, non mi tolse gli occhi di dosso per tutta la passeggiata.
Accanto a lui Lorran si faceva aria svogliatamente con un ventaglio, i capelli rossi raccolti in uno chignon e addosso il minimo indispensabile per non essere arrestata. Anche se sapevo che erano finte non potei non fissarle le tette; lei mi lanciò un sorrisetto allusivo al quale io risposi con un ghigno noncurante. Il solito teatrino. Prima o poi me la sarei fatta, era certo, ma solo quando avessi avuto la certezza di avere io il coltello dalla parte del manico. Miguel Ayman non è la preda di nessuna puttanella, per quanto tecnologicamente avanzata possa essere.

Il pelato si presentò come Sou Rainwalder, mi fece accomodare nell'auto e partimmo insieme verso la città. Nel tragitto verso l'appartamento che ci avrebbe ospitato per un paio di notti mi guardai in giro. Non che il panorama meritasse. La città era ordinata ma assolutamente anonima, costruita probabilmente con i fondi per la ricostruzione che l'Alleanza Atlantica aveva versato ai suoi ex-alleati dopo la guerra. Era anche piuttosto ricca, a giudicare dal numero di macchine di lusso che sfilavano accanto al nostro veicolo.

Indicai i viali ben tenuti. "Perché è stato scelto questo posto come base delle operazioni? Non era meglio una località più malfamata?"

Rainwalder scosse le spalle. "No. I signori della droga controllano tutto, e qui l'arrivo di tre ricchi Coordinator dà meno nell'occhio. Questo posto è turisticamente abbastanza famoso."

Il pensiero che non mi considerava nel gruppo di Coordinator mi strappò una smorfia annoiata, e mi fece sfiorare con la mano la fronte coperta dalla bandana. La cicatrice che mi sfregiava il volto mi confondeva efficacemente con i Natural, anche se avrei voluto che scomparisse all'istante.

Arrivammo al residence piuttosto in fretta: una costruzione nuova circondata da giardinetti ben curati. Mentre entravamo incrociai nell'ingresso un gruppo di ragazze sorridenti, cariche di borsoni da spiaggia; almeno un paio erano Coordinator. Il mondo era proprio cambiato in soli tre anni.

Alpha in persona ci aprì la porta dell'appartamento, riempiendo tutta la soglia. Aveva in faccia l'espressione di chi avrebbe voluto essere ovunque meno che lì. Odiava il caldo e non gli erano simpatici né Lorran né Nicol. Chi dei boss aveva avuto l'idea di farli lavorare insieme per quella missione doveva avere uno stano senso dell'umorismo.

Nicol, seduto sul divano con i piedi appoggiati ad un basso tavolino, alzò gli occhi per farmi giusto un breve cenno di saluto, preso dal videogioco che assorbiva tutta la sua attenzione. Ultimamente era diventato un patito di RPG sparatutto, come se non gli fosse bastato far fuori la gente anche nella realtà. Quel ragazzo era assolutamente fuori di testa, e mi preoccupava non capire ancora esattamente quanto.


Passammo la serata a sbocconcellare pizza e preparare la missione, il tutto intervallato da un paio di docce da parte mia. Rainwalder non sembrava soffrire il caldo, e nemmeno gli altri tre. Io ringraziai il cielo che la missione sarebbe durata solo una manciata di giorni; quel clima mi stava uccidendo.

Quella notte, nonostante avessi messo il condizionatore ad una temperatura polare, non riuscii a dormire molto. È sempre così prima di un lavoro importante; posso sembrare menefreghista, ma ho imparato da tempo a non sottovalutare i miei avversari. A parte la criticità dell'arrivare a bordo non individuati, quella missione non era per sua natura particolarmente difficile ―eravamo pagati per far fuori i narcotrafficanti nel modo più spettacolare possibile― ma il doverne venire fuori con gli ostaggi intatti incasinava tutto. Avevamo le piante del panfilo e sapevamo quanti sarebbero stati a bordo oltre i dieci boss della droga: trenta membri dell'equipaggio, venti guardie del corpo, sei o sette battone; i gorilla erano già dead men walking, come dicono nella Federazione Atlantica, ma il resto era un fottio di gente da tenere sotto controllo. E sapevo già che Nicol avrebbe fatto storie ad affondare la nave con dei marinai innocenti sopra, anche se erano tizi sul libro paga dei narcotrafficanti. Mi girai nell'ampio letto godendomi il contatto con le lenzuola fresche. Pazienza. Non c'era nulla che gli potessi imporre senza rischiare di farmi spaccare un braccio, meno male che in operazioni come quelle i danni collaterali sono inevitabili.


Il giorno successivo trascorse senza eventi di rilievo; Alpha si allenò e dormì, Nicol continuò ad ammazzare zombie, io e Rainwalder passammo ore al poligono. La mia mira era sempre perfetta e l'uomo di Serpent Tail mi fece i complimenti, aggiungendo che mi sarebbe servita. Non c'era nessuna ironia nelle sue parole.

Lorran invece uscì di casa presto per recarsi ad un eliporto fuori mano, da dove l'avrebbero prelevata per trasportarla sulla nave. Non prese nulla con sé, nemmeno uno spazzolino; così le avevano ordinato di fare. Si chiuse la porta alle spalle senza nemmeno la più labile traccia di imbarazzo sul viso, nonostante stesse praticamente andando a prostituirsi. Ma aveva detto e ripetuto, in altre occasioni, che quello per lei era solo lavoro. A volte mi chiedo se a Nassau le abbiano espiantato anche il cuore e la coscienza, insieme a tutto il resto.


Lasciammo passare ancora trentasei ore prima dell'inizio della missione. Volevamo che tutti quelli a bordo si rilassassero e, constatata la sicurezza del rifugio che avevano scelto, allentassero la sorveglianza. Uno yacht di lusso, calde notte tropicali, alcool e donne di facili costumi costituiscono di solito tentazioni troppo forti anche per soldati addestrati; avevo pochi dubbi che i gorilla dei narcotrafficanti sarebbero cascati come pere cotte.
Mezz'ora dopo il tramonto del terzo giorno dal mio arrivo in Sudamerica, raggiungemmo su una comunissima barca di pescatori il punto dove ci saremmo immersi. Durante il tragitto c'eravamo intanto preparati alla discesa: attrezzatura da sub completa di fucile subacqueo ―tanto per scoraggiare qualunque predatore avesse avuto la cattiva idea di scambiarci per la sua cena―, rebreather, armi infilate in contenitori stagni, esplosivo ad alto potenziale per cancellare la nave dei trafficanti dai registri nautici. Provai un attimo di sgomento quando, affacciatomi alla fiancata del barchino, vidi l'orizzonte sgombro. Non c'era traccia della nostra destinazione, nemmeno un puntino luminoso sulle acque nere. Alpha mi mise una mano sulla spalla, delicato quanto un Caterpillar.

"Non ti preoccupare, capo" mi disse toccandosi la tempia con l'indice. "Tu vieni con me. E io so esattamente dove andare. Il segnale GPS che mi sta inviando Lorran è forte e chiaro e, come da programma, l'Event Horizon è all'ancora su un basso fondale e ci rimarrà fino a domani mattina."

Per qualche ragione il buzzurro sembrava avermi preso in simpatia, ma cercai comunque di non mostrarmi debole; con Alpha poteva essere un errore fatale.

"Perfetto. Ma ricordati di variare un po' la rotta, dobbiamo sembrare pesci, non siluri."

"Lascia fare a me, l'unico problema che potremmo avere è che qualcuno non riesca a starci dietro."

Guardai Nicol, ma l'interpellato si limitò a scuotere le spalle. "Fai quello che vuoi, bestione. Tanto le armi serie le ho tutte io. Anche se tu arrivassi prima, che vuoi fare con il solo fucile subacqueo?" Il ragazzo esibì un'aria sarcastica, indicandosi la testa. "Anzi. Perché non cominci a prendere quei balordi a testate? Tanto ce l'hai dura."

Alpha grugnì in disapprovazione, e io non riuscii a non lanciare a Nicol un sorrisetto divertito. Nonostante l'aspetto quieto aveva un bel caratterino, che l'incidente di cinque anni prima non aveva smorzato.

Ripassato per l'ultima volta il piano salutammo Rainwalder e ci gettammo in acqua ―io legato con cinghie al dorso di Alpha― raggiungendo la profondità di tre metri. Non sarebbe stato necessario scendere oltre. Ci muovemmo subito, e l'accelerazione in avanti mi stupii: sembrava esattamente come essere in groppa ad un propulsore a motore.


Perfettamente in orario, dopo due ore di navigazione io e Alpha arrivammo a toccare lo scafo del grosso panfilo, senza uscire dall'acqua. Mi sganciai dal mio improbabile mulo da soma, e nel frattempo Nicol ci raggiunse. Doveva essere stata dura per lui, meno robusto di Alpha, ma era un professionista e non lo diede a vedere; mi fece subito un cenno di assenso, indicandosi e alzando un pollice.

Io feci lo stesso, seguito da Alpha. Eravamo pronti.

Con imbracciati i fucili subacquei ci muovemmo verso il lato sinistro dello yacht. Da quella parte c'era un portello utilizzato per il carico delle merci. Come da programma, Lorran avrebbe dovuto farcelo trovare aperto, e comunicare l'ok via wireless ad Alpha. In caso contrario avevamo sufficiente esplosivo per risolvere il problema, ma sarebbe stato un pessimo inizio visto che volevamo mantenere un basso profilo, almeno fino al recupero degli ostaggi.

Ci fermammo ai lati del portello, ad una trentina di centimetri sottacqua; dopo qualche secondo, Alpha diede il via libera. Era una gran cosa che i buzzurri di Cecilia riuscissero a comunicare tra loro in quel modo.

Nonostante sapessi che Lorran era una compagna fidata, emersi con una vaga apprensione a chiudermi la bocca dello stomaco. Era il momento più delicato della missione: in quel punto eravamo completamente vulnerabili. Forse i miei compagni potevano sopravvivere ad una pallottola in testa, ma io sicuramente no. Fortunatamente non ci fu nessun incontro ravvicinato con del piombo, anzi, fu un piacere scoprire che la rossa ci aveva fatto anche trovare una comoda scaletta per arrampicarci fino all'apertura, il cui bordo si trovava a circa un metro dalla linea di galleggiamento dello yacht.

Però non era nel piano che Lorran si stesse sporgendo a salutarci, vestita con uno stupido quanto discinto costume da odalisca.

Scoprii il perché una volta salito a bordo con gli altri: sul pavimento del ponte giaceva il cadavere seminudo di un uomo legato in modo bizzarro, un cappio di seta rossa stretto così forte attorno al collo che gli aveva tagliato la pelle.

Lorran sventolò leziosamente una mano in direzione del morto, strappando un tintinnio ai bracciali di campanellini che le decoravano il polso. "Il bondage è pericoloso, non finirò mai di dirlo!"

"Lasciamo perdere" le dissi frettolosamente. "Condizioni dello scenario operativo?"

A dispetto dell'aria rilassata, Lorran passò immediatamente ad un tono più professionale. "Immutate dal briefing" affermò, dandoci poi l'esatta posizione di tutti quelli a bordo. Alpha e Nicol avevano ricevuto i dati anche in altro modo, ma io non potevo fare altro che sentirli a voce e memorizzarli.

"Perfetto. Gli ostaggi?"

"Il bambino è in una delle cabine del ponte inferiore. Ho spedito ad Alpha la localizzazione. La madre è stata portata via da Sanchez. In questo momento è nella sua camera, ponte quattro, quello panoramico. Tre guardie davanti alla porta." Lorran si leccò leggermente le labbra. "Ci penso io. È il capo dei capi, un vero maiale."

L'espressione da gatta in calore mi strappò quasi un sospiro di sopportazione, e giurai sulla testa di mia nonna buonanima che avrei fatto di tutto per non accompagnarli mai più in missione. L'allegro sadismo di questa gente mi irritava. E non perché fossi schizzinoso, ma perché avevo imparato sulla mia pelle che l'eccessiva sicurezza in sé stessi porta a tragici errori.

"Non da sola, attieniti al piano." Indicai Nicol. "Tu, con lei. Liberate i ponti dal quattro al cinque, recuperate l'ostaggio e impadronitevi dell'elicottero. Lasciate perdere l'equipaggio." Fissai il ragazzo dai capelli verdi. "Sai cosa fare con gli esplosivi."

Lui annuì in una maniera fin troppo entusiasta, forse ansioso di provare il nuovo composto che l'esperto di Serpent Tail gli aveva dato da testare. Una schifezza gelatinosa da far circolare nelle tubature, con un potere detonante pari a cinque volte l'equivalente di C4.

"Tranquillo" mi rispose alzando un contenitore che sapevo non essere un normale thermos. "Basta che la butto in un lavandino ed apro l'acqua. Dopo un po' si attiva da sola."

Quel 'dopo un po'' mi preoccupava alquanto. "Aspetta che saliamo dai piani inferiori" grugnii. Dalla smorfia offesa che Nicol fece forse non avrei dovuto specificarlo, ma non mi fidavo completamente di lui.

Nel frattempo Alpha aveva estratto le armi dal contenitore stagno. Mi liberai come gli altri della muta, sotto la quale indossavamo leggere tute in tessuto tecnico nere e giubbotti antiproiettile. Sostituii il fucile subacqueo con un mitra dotato di silenziatore, mi presi una pistola ma mi tenni anche il coltello. Per ultimo mi infilai un visore termico in testa e mi agganciai l'auricolare. Era tempo di andare a spaccare qualche testa.


Tutto sommato, se il resto è stato preparato con attenzione, quella dell'attacco diretto è quasi sempre la parte più facile della missione. Allenamenti su allenamenti per mantenere una forma fisica perfetta ed ore passate ad esercitarsi ad abbattere bersagli in stanze buie, tra sagome che nella vita reale sarebbero stati civili che qualcuno pagava per riavere in un pezzo unico, erano il pane della nostra squadra speciale. Il Team A di Serpent Tail.

Il manuale prevedeva l'utilizzo di granate flashbang da gettare in corridoi zeppi di bersagli, ma in quella operazione dovevamo muoverci il più silenziosamente possibile, quindi mi limitai per tutto il tempo a mandare avanti Alpha, che spostava il corpo gigantesco con una grazia quasi felina. Imbracciava due fucili e sparava solo colpi singoli, precisi e letali in mezzo agli occhi degli obiettivi. L'effetto era quasi comico.

"Non è che li paghi tu i proiettili, puoi anche usare una raffica" gli feci dopo aver liberato il primo ponte.

Mi rispose senza neanche girarsi. "Sono un professionista, io. Credi che Nicol o Fall siano gli unici capaci di fare solo buchi in testa a questi balordi?"

Touché. Il gigante aveva voglia di esercitarsi al tirassegno su soggetti vivi, e chi ero io per impedirglielo? Dopotutto, un bel colpo in testa è il modo migliore per mettere qualcuno in grado di non nuocere. Per sempre.
Ci muovemmo silenziosamente e con cautela, in corridoi abbastanza illuminati, e sparavamo a tutto quello che incontravamo. Lo so, qualcuno non era di certo una delle guardie del corpo, né un narcotrafficante, che sapevamo essere tutti sui ponti superiori, intenti a gozzovigliare. Ma non potevamo rischiare qualche strana reazione. E nessuno ci aveva pagato per salvare anche i marinai e il personale; i sopravvissuti avrebbero semmai dovuto ringraziare che non ci avessero ordinato di ammazzarli tutti per cancellare le prove. Comunque, rimaneva il fatto che stavamo compiendo una fottuta strage per recuperare le uniche due persone importanti per qualcuno su quella nave. Così va il mondo.

Fino a quel punto la missione sembrava una passeggiata, e l'unico problema si presentò davanti alla cabina dell'ostaggio, sorvegliata da tre guardie.

Ne abbattei una e Alpha pensò all'altra, ma il terzo balordo ebbe il tempo di buttasi dentro. Quando ci affacciammo, ci si presentò lo scenario peggiore per una squadra di salvataggio. Il gorilla era addossato alla parete di fondo, reggeva il bambino contro di sé e gli puntava la pistola alla tempia. Mentre l'ostaggio aveva gli occhi spalancati dalla sorpresa, l'uomo non sembrava particolarmente spaventato; da quello capii che era un fottuto professionista. Lo vidi aprire la bocca e seppi cosa stava per dire. Da quella posizione poteva uscirne solo negoziando con noi. Ma, da quella posizione, il bambino poteva uscirne solo morto. Se lasciavamo andare il bastardo, una volta al sicuro, si sarebbe liberato dell'ostaggio. Noi lo sapevamo e lo sapeva anche lui.

Visto che era comunque uno spreco di fiato suo e tempo nostro, non gli consentimmo neppure di cominciare il suo edificante discorso.

Sparammo contemporaneamente. Alpha gli piazzò la consueta palla tra gli occhi, mentre la mia pallottola trapassava all'altezza della nocca dell'indice la mano che reggeva la pistola, spaccando in due il calcio. Frammenti volarono ovunque colpendo l'ostaggio in viso. Ci pensai io a recuperarlo tra le braccia del cadavere, rovinato a terra; il bambino non piangeva ancora, probabilmente a causa dello shock, ma del sangue colava da un paio di brutti tagli sulla fronte e sulla guancia. Gli sarebbero rimaste delle belle cicatrici.
Lo sollevai con la mano sinistra, libera dal mitra; fortunatamente non era così pesante che non potessi trasportarlo.
"Hola niño, qué tal?" gli dissi con un sorriso da squalo, sfoggiando le uniche parole in spagnolo che conoscevo. "Da grande queste ti daranno un'aria da vero macho, lo sai?"
Considerato che avrebbe di certo seguito le orme del padre, non sarebbe stato nemmeno tanto male.

Non so se avesse capito o meno, ma si piantò una mano sulle ferite e nascose il volto nell'incavo del mio collo, senza fare un verso. Cominciava a piacermi, il niño.

Dalla porta, Alpha mi fece segno che la via era sgombra; uscii in corridoio e, correndo, ripercorsi con il mio compagno i corridoi a ritroso verso la parte superiore dello yacht.

La voce di Nicol mi arrivò qualche secondo dopo. "Ponti quattro e cinque liberi. Ostaggio al sicuro. Ok per il botto?"
Degli altri tre ponti ci eravamo occupati noi: lo sterminio era completato, era tempo di rientrare.

"Siamo a otto minuti dalla piattaforma di decollo. Botto affermativo."

"Roger. Otto minuti all'elicottero. Nicol, out."

Era fatta, ora non ci potevamo permettere nemmeno un minuto di ritardo.

Eravamo a livello del ponte tre quando sentimmo l'allarme suonare. Io ed Alpha ci scambiammo un'occhiata. Qualcuno del personale aveva scoperto i cadaveri nei corridoi? La supposizione fu smentita dal successivo messaggio diffuso dagli altoparlanti, scandito dalla morbida voce di Lorran.

"Signore e signori, questa nave si autodistruggerà tra dieci minuti. Tutti quelli ancora vivi sono pregati di procedere verso le scialuppe di salvataggio. Il comandante spera che il vostro soggiorno a bordo sia stato piacevole, e augura a tutti una buona navigazione."

"Che cogliona!" ruggì Alpha, ma a me venne da ridere. Sapevo che Nicol avrebbe fatto evacuare il personale prima di far saltare lo yacht, ed era nel carattere di Lorran diffondere un messaggio così idiota. Scommetto che non vedeva l'ora.


Scansammo giusto un paio di cameriere e marinai che si stavano dirigendo nella direzione opposta, prima di sbucare sulla piattaforma che ospitava l'elicottero. Fischiai in approvazione. Era un birotore militare da dieci posti, con tutta l'autonomia necessaria per raggiungere la costa. Le pale erano già in movimento.

Alpha salì a bordo e io feci lo stesso chiudendomi il portellone alle spalle. Poi mi guardai intorno: i sedili erano quasi tutti occupati da odalische.

Dovevo incazzarmi? Dovevo far finta di niente? Dovevo rallegrarmi per l'esotico gusto dei narcotrafficanti per lo spettacolo gratis che mi avevano offerto? Dovevo ringraziare il 'buon cuore' di Nicol e Lorran che avevano spedito sulle scialuppe di salvataggio l'equipaggio ed offerto un passaggio alle mignotte? Una scelta incontestabile.

Decisi di soprassedere, in quel momento avevo altre priorità. Scaricai il bambino in braccio ad una tizia in accappatoio che mi tendeva le braccia, e andai ad accomodarmi al posto di copilota. Alpha si era sistemato in mezzo a due odalische, che si erano prontamente strette a lui. E poi il bastardo mi veniva a dire che le femmine Natural gli facevano schifo. Oh, come avrei voluto avere il mio palmare per immortalare la sua faccia da maiale pervertito!
Lorran era invece seduta sul fondo, le braccia appoggiate sulle spalle di due prestanti tizi vestiti da ufficiali di marina. Dalle espressioni turbate, avrei scommesso che i due avrebbe preferito trovarsi sulle scialuppe, in quel momento.

Lorran intuì la domanda dal mio sguardo perplesso. "Il comandante e il suo vice. Ehi! Sono stati carini con me, e qui c'era ancora un sacco di posto."

Preferii non indagare oltre, lasciando lei ed Alpha a trastullarsi e girandomi verso Nicol, l'unico serio della combriccola. Se non altro perché era ai comandi.

Il ragazzo fece decollare il mezzo, e lo yacht si allontanò sotto di noi.

Mi aspettavo che ci dirigessimo verso la costa, invece l'elicottero prese a girare come un avvoltoio attorno alla nave. Doveva essere passato più o meno un minuto quando un tender si staccò dalla fiancata dello yacht, distanziandosene il più il fretta possibile.

Lo indicai alzando un sopracciglio. "Ehi, volevi accertarti che tutti se ne andassero?"

"Veramente no, aspettavo…"

In quel momento l'Event Horizon decollò. Il boato fu così forte che superò il rombo delle turbine dell'elicottero mentre la nave, sollevata fuori dall'acqua dalla forza della prima deflagrazione, veniva letteralmente disintegrata da successive esplosioni a catena.

Frammenti che non dovevano essere più grandi di un metro ricaddero in acqua tra macchie di carburante incendiato; che ingloriosa fine per uno degli yacht più belli che mi fosse capitato di vedere in giro.

Sospirai indicando il disastro. "È stato divertente?"

Nicol annuì con la sua solita aria compunta, da primo della classe. "Tantissimo! Ha fatto proprio il botto che speravo."

"Ah sì? Ma non mi avevi detto che l'esplosivo che hai usato era cinque volte più potente del C4? A me sembra un bel po' di più."

Il ragazzo abbassò la voce e mi fece un sorrisetto malandrino. Lo conoscevo bene quel ghigno, all'Accademia di ZAFT lo lanciava sempre ad Yzak, prima di annunciargli che lui o Athrun avevano preso un voto più alto del suo. Avrei dovuto capirlo allora che il soggetto era un bel po' più stronzo di quello che sembrava. "Ti ho detto una palla. Era cinquanta volte. Ma, sai, oggi è il primo di marzo. Il mio vero compleanno. Avevo voglia di vedere i fuochi d'artificio."

Un sorriso tirato fu l'unica risposta che riuscii a generare. Per quello che ne sapevo io gli esplosivi gelatinosi erano sensibili per natura, e di quello usato sulla nave l'esperto mi aveva avvertito che la sua potenza era direttamente proporzionale alla sua instabilità. Ergo, Nicol se ne era andato in giro in mezzo ad una sparatoria con attaccato alla cintura qualcosa che ci poteva sparare tutti sulla Luna.

Fissai lo sguardo sulle stelle in cielo, ringraziando tutti gli dei di cui ricordavo il nome per esserne uscito vivo.

"Beh, non sei contento? È andato tutto bene, no?"

"Sì, certo" bofonchiai. "Ma adesso vedi di stare basso o Alpha dà fuori da matto, sai che odia volare."

"Non ti preoccupare, mi pare sia distratto da altro."

Annuii, non volendo indagare cosa stava tenendo impegnato Alpha. E davanti ad un bambino, per PLANT!
L'elicottero si inclinò leggermente e puntò deciso verso la costa, e io mi trovai a fissare con desiderio il tender che filava veloce sotto di noi. Quasi quasi avrei voluto essere lì.

Dovevo parlare con Cecilia. Bisognava assolutamente aggiornare il software di quei pazzi scellerati. Anche se nessuno poteva negare che era stata una missione ben riuscita!


Miguel Ayman

---------------

Miguel si appoggiò allo schienale della poltroncina, finì la sua vodka e rilesse il rapporto che aveva preparato per i boss di Serpent Tail sull'aereo di linea che lo stava riportando a San Diego. Lo trovò appassionante, ed era davvero un peccato che avrebbe dovuto buttare quasi tutto, perché quello stile da romanzo d'azione non era certo quello che i suoi capi volevano da lui.
"Gradisce un altro drink, signore?"

Il biondo supervisore di Serpent Tail si abbassò gli occhiali per fissare l'assistente di volo, una brunetta niente male.

"Perché no? Sa, volare mi innervosisce un po', e l'alcool mi aiuta a rilassarmi e a lavorare in pace" le disse scoccando uno dei suoi sorrisi migliori. Normalmente nessuna si fermava abbastanza per fare due chiacchiere, ma quel volo era mezzo vuoto, forse sarebbe stato fortunato.

La ragazza, in effetti, si raddrizzò dopo averlo servito, e sembrò ben lieta di trattenersi.

"L'ho vista assorta, in effetti, ha scritto per tutto il tempo."

Miguel annuì, la frottola già pronta. "Purtroppo il mio editore è uno schiavista. Devo consegnare il file del mio ultimo romanzo tra un paio di giorni."

Chissà perché le donne adoravano i romanzieri, l'aveva già sperimentato. Anche in quel caso, gli occhi neri della ragazza brillarono di interesse.

"Che genere?"

Prima di rispondere Miguel si portò il bicchiere alle labbra, e non gli sfuggì come l'attenzione della hostess si fissasse platealmente sul suo bicipite abbronzato e scolpito dagli allenamenti, messo in evidenza dal gesto. Per buona misura, abbassò la voce, da cospiratore. "Azione. Storie vere. Sa… ex-commando operazioni speciali."

Non riusciva a capire se la ragazza fosse Natural o Coordinator, gli pareva troppo bella per la prima cosa ma con qualche piccolo difetto che un umano geneticamente modificato non avrebbe dovuto avere, quindi evitò di fornire la sua affiliazione.

Continuò a sorridere affabile, sicuro di conquistare il numero e l'email dell'hostess prima di scendere.
La sua non era nemmeno troppo una palla, si disse rileggendo per l'ennesima volta quello che aveva scritto. Era bravo, forse avrebbe dovuto considerare una carriera letteraria. Perché amava il suo lavoro ma, chissà perché, dopo una missione di quel genere qualunque cosa che lo portasse lontano dai buzzurri di Cecilia Jesek era molto ben accetta!

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Gundam > Gundam SEED/SEED Destiny / Vai alla pagina dell'autore: Atlantislux