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Autore: Faust_Lee_Gahan    30/09/2011    5 recensioni
Sherlock è "ossessionato dalla perfezione che sonnecchia in ognuno di noi, in ognuno di noi."
Sherlock/John
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Perfezione

Summary: Sherlock è “ossessionato dalla perfezione che sonnecchia in ognuno di noi, in ognuno di noi.”

Pairing: Sherlock/John

Words: 644

Rating: Arancione (ci siamo quasi...)

Desclaimers: Uffà! Piantiamola con questa storia! Ci dovrebbero pagare per tutta sta fatica, e invece no! Pure aggratìss! >_>

Notes: Sul prompt “guanti di pelle” dello Sherlock Fest. ♥ Perché tanto lo sappiamo tutti che Holmes ha il fetish per le mani di Watson, sia nell'ottocento che nel duemila! U.U




Perfezione


Neurotrasmettitori, sinapsi elettrochimiche,

catene sequenziali di acidi nucleici

mi parlano di te.

Ormoni, cromosomi, reazioni cellulari,

fattori neurotrofici di antigeni virali

mi parlano di te.”

(Subsonica)




La perfezione non esiste. E' un fatto. E Sherlock credeva nei fatti.

Fino a che non aveva conosciuto John.

Da allora la perfezione smise di essere un fatto etereo e distante ed entrò nella sua quotidianità.

Aveva ricominciato a pensare alla perfezione quando aveva deciso, nel modo più lucido e razionale possibile, che le mani del suo coinquilino erano la cosa più bella che avesse mai visto. Insieme al suo sorriso e ai suoi occhi. Curioso come John occupasse i primi tre posti nella sua personalissima classifica.

Fu così che Sherlock realizzò un pensiero grandioso. Forse la perfezione non consisteva nel non avere difetti, ma nel fatto che quei difetti si incastrassero nel miglior modo possibile coi propri.

Il momento fulminante era stato una mattina, quando uscendo dalla cucina, aveva beccato John a tentare di infilarsi i suoi guanti di pelle.

«Mi stanno un po' stretti.» aveva detto, con una semplicità disarmante.

Le dita di John erano più corte delle sue – erano della giusta lunghezza, in realtà – ma il palmo era più largo, più grande. Erano mani da medico, calde e rassicuranti, accoglienti.

Sherlock gli si avvicinò e gliele prese.

«Domani magari ne compriamo un paio della giusta misura.» disse, cominciando a sfilarli piano, dito per dito.

Sorridendo, glieli tolse e avvicinò le dita alle labbra, baciandole piano.

«Non la conosci, la giusta misura.» mormorò John, irrigidendole appena sotto quel contatto.

Sherlock alzò lo sguardo verso di lui, alzando un sopracciglio.

«Scommetti?»

Fece aderire il palmo della sua mano al viso e lo baciò ancora. Baci piccoli, misurati, calcolati. John passò il pollice sulle sue labbra e Sherlock glielo prese tra i denti, senza stringere. Poteva distinguere tutto quello che John aveva toccato da quando si era svegliato. Le sue dita sapevano di caffè e di libro nuovo, o forse di giornale. Sapevano di John, e un po' dei guanti di pelle di Sherlock.

John non chiese spiegazioni. Lo tirò a sé e lo baciò.

Non era un bacio come quelli che si vedono nei film, quelli finti, coi visi perfettamente incastrati tra di loro. Era vero, confusionario, improvvisato. L'aria in mezzo a loro era pesante, la milza gli faceva male e le fitte gli mozzavano il fiato, e John lo distraeva, e il suo alito gli entrava direttamente nei polmoni, quasi a voler compensare quello che gli mancava.

Riusciva ad avvertire le sue mani, il loro percorso frenetico tra il viso e la schiena. Voleva elencare mentalmente tutti i processi chimici e biologici che stavano avvenendo in quel preciso istante, nei loro corpi, ma John continuava a distrarlo, e sentiva le sue mani che gli toglievano i vestiti. Ne mancò qualcuno e via via li perse tutti. Rimasero solo le mani di John, e le sue labbra e il suo corpo e le budella contorte in quel modo non sapeva spiegarsele, perché non era possibile scientificamente che si potessero contorcere co-

«Sta' zitto.» sussurrò John all'improvviso

«Non ho detto niente.»

«Stavi pensando. E' fastidioso.»

Sherlock lo guardò, sogghignando, e prese mentalmente nota che erano finiti sul divano. Non che fosse un'informazione particolarmente importante, ma gli serviva a livello logistico.

Quando John riprese a baciarlo – in quel modo, accidenti! - smise semplicemente di pensare.


Quella mattina, Sherlock compì una scoperta straordinaria.

Scoprì che la perfezione era scopare John Watson sul divano di casa. Era entrare dentro di lui e scoprire che non esiste altro posto in cui avrebbe voluto e dovuto essere. Era sentirlo gemere piano nelle proprie orecchie, e respirare forte sulle proprie labbra. Erano le sue mani, che vagavano libere sul proprio corpo. Erano i fuochi d'artificio nello stomaco, quelli che sentiva quando si baciavano, quando sorrideva soltanto o erano nella stessa stanza. Erano i guanti di pelle che gli aveva comprato la mattina dopo.

John era la sua perfezione. Era un fatto. E Sherlock credeva fermamente nei fatti.





Notes, again:

Troppo tardi mi accingo a partecipare allo Sherlock Fest! Che meraviglia! ♥

Comunque... so che questa cosa si chiama Perfezione anche se ne è lontana ANNI LUCE!

Il titolo e la citazione derivano entrambe dalla canzone sonica omonima ♥ (Sì lo so che ho rotto le palle con Samu & co. Ma io li adoro!! Che ci posso fare? XD)

A rosmy90 che ha betato il tutto alla velocità della luce. ♥

A Meredith, sempre.


  
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