“There is nothing left of you
I can see it in your eyes
Sing the anthem of the angels
And say the last goodbye
I keep holding onto you
But I can’t bring you back to life
Sing the anthem of the angels
Then say the last goodbye.”
(Anthem of the angels, Breaking Benjamin)
Il tuo primo bersaglio era stato un vecchio
barattolo arrugginito. Il tuo braccio era rimasto fermo, allora, nonostante la
pistola fosse troppo pesante per un bambino di soli sei anni. E quando il tremendo
colpo era risuonato nell’aria e la lattina era volata via dal muricciolo in
un’epifania di scintille, il tuo cuore aveva avuto un balzo, folle di
eccitazione e di orgoglio.
“Sei stato bravo, Dean” aveva commentato tuo
padre, carezzandoti i capelli, uno strano sorriso sul volto.
E adesso, osservando il corpo di tuo fratello
cadere nel fango, non puoi che chiederti cosa penserebbe di te e dell’ordine
che hai finalmente eseguito. Il suo ultimo ordine: fermalo o uccidilo.
Una splendida luce ti avvolge, straziandoti gli
occhi e l’anima, prima di ritirarsi. È la
grazia di quel figlio di puttana, realizzi.
Ti avvicini a Sam – Lucifer, quello è Lucifer – le gambe ferme, il cuore vuoto. Lacrime
ti solcano il viso, mera reazione fisica a quel bianco tanto incandescente da
restare come un negativo dietro le tue palpebre. Due enormi ali bruciate
incorniciano la figura ai tuoi piedi, appena una sfumatura più scure del
terreno su cui si sono impresse per sempre.
È finita.
Cadi in ginocchio. Dita insicure tracciano quel
viso che fino a pochi istanti fa era stato di una perfezione assoluta, inumana.
Quello era Lucifer, questo è Sam. I suoi occhi spenti riflettono il cielo sopra
di voi, grigi e senza vita. Non sembrano accusarti, non proprio, eppure li
chiudi, incapace di sostenerli.
“Non avrei dovuto lasciarti solo.” Mi dispiace.
A dispetto di ogni sforzo, lo sguardo corre al suo
petto, calamitato da un pigro rivolo rosso. Vi posi il palmo, stupendoti del
suo tepore. Un lento movimento circolare e la linea si trasforma in uno sbuffo,
poi in un alone. Lasci andare la colt e immergi entrambe le mani nella terra.
Foglie, melma e pietrisco macchiano quel detestabile completo. Gli sfili la
giacca dalle spalle e la camicia dai pantaloni, in una rabbiosa esplosione di
stoffa e bottoni. Intrecci dita sporche e tremanti fra i suoi capelli,
scompigliando ciocche che sembravano scolpite nel marmo.
“Meglio, vero?” mormori, la mano che torna
nuovamente alla pistola. La sollevi con esasperata lentezza, gli occhi che mai
abbandonano il suo viso. “Mi dispiace, Sam.”
Porti la canna alla gola e, al gelido tocco del
metallo, un brivido ti solca la schiena. Chiudi gli occhi.
Li riapri qualche istante più tardi, al suono di
passi che si avvicinano. John, uno dei tuoi, o quello che ne resta. Si scaglia
contro di te e il colpo che ti eri riservato finisce nella sua testa. È la
classica secchiata d’acqua.
Scatti in piedi e corri al sanatorio. I tuoi
uomini sono lì dentro. Cas è lì dentro, dove l’hai mandato a morire per avere
la tua occasione contro il Diavolo. Non ti penti della tua scelta, ma non vuoi
che se ne vadano senza sapere della vostra vittoria. Non vuoi che se ne vada da
solo.
In un attimo sei dentro, la via libera come avevi
previsto. Lucifer ha scelto bene il luogo della sua trappola: corridoi lunghi e
stretti, porte su ogni lato, sbarre alle finestre. Non si può certo dire che il
figlio di puttana fosse uno stupido. Sulle scale, l’odore penetrante della
polvere da sparo si mescola a quello più dolce del sangue. Non senti più alcuna
detonazione però. Che sia tutto finito?
Al secondo piano, l’ingresso sicuro che avevi
indicato loro, altri corpi si offrono alla tua vista. Fra essi, quello di Risa.
Le gambe leggermente divaricate, le braccia sopra la testa, era così che ti
aveva accolto dentro di lei, poco meno di qualche giorno fa. Peccato che ora le
sue budella siano sparse sul pavimento, grottesche sostitute del raso che
l’aveva fasciata.
Ti sposti nel corridoio, il mitra levato, ed
eccolo, Cas, vicino quella che doveva essere la stanza delle infermiere, un
croat chino sopra di lui. Levi il braccio, ma prima che tu possa fare fuoco, il
mostro cade all’indietro.
“Sei più in forma di quanto sperassi, se continui
a freddare croat.”
“De-Dean?”
La sorpresa nella sua voce ti avrebbe ferito un
tempo, di certo non ora. Lo raggiungi in poche falcate. “Puoi camminare?”
“Lucifer?”
“Abbiamo vinto.”
“Mi dispiace” risponde, dopo un lungo silenzio.
Provi a rimetterlo in piedi e ti scaccia. “Non mi toccare.”
“Cas, andiamo, non abbiamo tutto il giorno.”
“Non. Mi. Toccare” scandisce, pacato. Definitivo.
Decine di passi in lontananza e un ringhio
crescente però mandano a monte i suoi piani. “Al diavolo” sibili, sollevandolo
da terra. Senti il suo sangue filtrarti fra le dita, il gemito che non riesce a
soffocare. Merda, devi distenderlo da qualche parte, capire quanto è grave.
Un calcio ben assestato e siete nell’infermeria.
“Una sola parola su archi e spose e ti lascio cadere a terra” assicuri,
attraversando l’uscio. Lo poggi contro dei vecchi armadietti arrugginiti e
torni alla porta. La sbarri come meglio puoi: un grosso schedario, qualche
sedia, una panca. Potrebbe reggere per un po’, ma la vostra migliore speranza è
che quegli stupidi figli di puttana non si accorgano di voi.
“Ti sei barricato in una stanza senza uscite con
un drogato più morto che vivo, altre idee geniali?” comincia, caustico.
“Appuntarsi un bersaglio dietro la schiena sarebbe originale, te lo consiglio.”
“Credo che per ora mi limiterò a tapparti la bocca
con una di queste” ribatti, strappando un’uniforme dal gancio su cui pendeva.
Ti chini accanto a lui, rosse gocce che già
decorano il pavimento. Estrai un coltello e fai per tagliargli la maglia. Ti
ferma. “No, è inutile.”
“Non fare il coglione” ordini, scostando la sua
mano. “Ti ho ricucito in condizioni peggiori.”
Scuote la testa, le dita che tornano a fermarti.
Pare proprio che qualcuno abbia scelto il momento peggiore per ammutinarsi. “È
inutile, Dean. Sono infetto.”
“Oh.”
Sorride, senza alcuna allegria. “Già, oh.”
“Magari ci sono ancora anticorpi da ex angelo nel
tuo corpo che ti rendono immune alla cosa” tenti.
“Contaci” ribatte. “Senti, Dean…”
“Non ti lascerò morire come un animale, Cas” urli,
incurante dei croat.
“Perché? Non faceva forse tutto parte del tuo
piano? Non è quello che hai fatto agli altri? A Sam?”
Colpisci il metallo a pochi centimetri dal suo
viso e ti rialzi. Sai cosa sta cercando di fare. “Dovevo salvare il mondo, il
resto sono danni collaterali” mormori, dandogli le spalle. “Avresti fatto lo
stesso.”
No, non a te, lo sapete entrambi.
Una vetrinetta mezzo sfondata attira la tua
attenzione. Forse… Bingo! Al suo interno c’è una confezione di guanti in
lattice. Ne indossi un paio e ti volti nuovamente verso Cas: adesso non potrà
dire che non prendi le tue precauzioni. “Il dottore è qui.”
Resta impassibile, probabilmente negli ultimi anni
non si è messo al passo coi Peanuts. “Che vuoi fare?” domanda.
“A te cosa sembra?”
“Giocare all’allegro chirurgo prima di spararmi?”
prova.
“Ci sei andato vicino. Ora sposta quella mano, se
non vuoi che te la stacchi.”
Sorride ancora, stanco. “Solo perché l’hai chiesto
gentilmente” acconsente, facendoti spazio.
Gli sollevi la maglia, e una piccola smorfia di
sconforto deturpa i suoi lineamenti.
Ti ho ricucito in condizioni peggiori, avevi
detto, ma non è così. Un taglio netto e profondo gli martoria la schiena.
L’emorragia è molto estesa, il rene dev’essere danneggiato. Avrebbe bisogno di un
medico, non di un macellaio in guanti bianchi. Strappi pezzi di stoffa, li
appallottoli e li premi contro la ferita. “Riesci a tenerli?” domandi,
sfilandoti la cinghia.
“Stavo per chiederti se volessi farcire un
tacchino con quelli, ma devi avere altro in mente.”
I suoi occhi si abbassano sul tuo inguine e si
fanno ferini. “Davvero, sono sempre più colpito dalla tua resistenza” concedi.
Gli passi la cintura intorno alla vita, e un brivido lo scuote. “Questo farà
male” mormori, per una volta grato di tutte le anfetamine che ha in corpo.
Quando però stringi il passante, ancorando il tessuto alla ferita, neppure
quelle gli impediscono di gridare. Getta la testa all’indietro, un rivolo di
sangue gli scivola lungo il mento. Il suo sguardo corre alla stretta finestra e
alle sue sbarre. “Sono corrose dalla ruggine, qualche colpo ben piazzato e
verranno via. Poi potrai issarti sul tetto o cercare un’altra via di fuga.”
Gli prendi il viso fra le mani, costringendolo a
guardarti. “Non andrò da nessuna parte, Cas.”
“Devi
andartene. L’idea che potrei… per favore, Dean, vattene e basta.”
I suoi occhi si riempiono di lacrime e l’ultimo
frammento ancora intatto del tuo cuore va in pezzi. L’hai sfruttato per anni,
l’hai corrotto in modi che neppure comprende e per ultimo l’hai usato come
esca, eppure è ancora qui, a supplicarti di abbandonarlo.
Poggi le labbra sulle sue, che si schiudono in un
moto di terrore. Affondi la lingua nella sua bocca, ad accoglierti un trionfo
di adrenalina e sangue, gelo e morte. “Posso restare adesso?” sussurri, senza
fiato, una mano fra i suoi capelli.
“Coglione” sibila. “Stupido, stupido coglione. Che
ho fatto per meritarmi una simile punizione?”
“Andiamo, Cas, non posso baciare così male”
replichi, con un sorriso. “E hai ragione, sono un coglione: avrei dovuto farlo
molto tempo fa.”
Ti siedi accanto a lui, deglutendo rumorosamente.
Cas era infetto, non ci sono dubbi. E adesso lo sei anche tu. Puoi sentire
quella merda farsi strada dentro di te, fredda e velenosa: giù lungo la gola,
fino al petto e alle viscere. Socchiudi le palpebre, incapace di provare vera
paura, e poggi la testa contro la spalla del tuo compagno.
“…e trasparien come festuca in vetro” sospira Cas,
in una lingua che non conosci.
“Come?”
“È Dante, l’Inferno.” L’ennesimo tremito lo
attraversa, lo cingi con un braccio e continua. “Nella parte più bassa
dell’abisso sono puniti i traditori. Essi scontano la loro pena immersi nel
ghiaccio di Cocito, pagliuzze intrappolate eternamente nel vetro.”
“Fantasioso” commenti. “Non voglio immaginare su
cosa si facesse le seghe il nostro Dante.”
“È vero, Dean. Il fondo dell’Inferno è ghiacciato
e vi finiscono peccatori che mai rivedranno la luce, neppure come demoni.
Lucifer era fra questi, come gli angeli che seguendolo hanno ucciso i loro fratelli.
E io sono uno di loro” conclude.
“Tu non sei come loro, Cas.”
Solleva una mano, mettendoti a tacere. “Ho ucciso
i miei fratelli, tanto basta. Non c’è esattamente un tribunale cui appellarsi
di sotto, dovresti saperlo.”
“E così ti sei guadagnato un’anima per farla
marcire all’Inferno, grande.” Chiudi la mano intorno al suo polso, cercando di
comunicargli il calore che ancora senti. “Almeno sarai in buona compagnia,
credo di essere appena entrato nel club.”
“Allora forse valeva la pena iscriversi” ride,
assolutamente sincero, e un accesso di tosse gli toglie il fiato.
Lo prendi fra le braccia, chiedendoti come ti sia
meritato una tale dedizione. È l’aver
tradito te che mi porterà all’Inferno, Cas.
Un verso strozzato gli sfugge dalle labbra. “Dean,
io non…”
Tenta di ritrarsi e l’attrai ancora di più al tuo
corpo. “Ssshh, va bene così” replichi, baciando ciocche che sanno di zolfo e
sangue.
Porta una mano tremante al tuo collo e una preghiera silenziosa ti sale alle labbra. Preghi che quelle dita che mai hanno lasciato le tue ti stringano un’ultima volta, con forza, prima di ricadere per sempre sul tuo grembo.
Note:
Dedicata alla
mia France. Sei la fan migliore che
potessi desiderare, davvero. E non ti ringrazierò mai abbastanza. Uno special thanks anche alle due beta di questo giro: Kae e la sempre secchioncina Giulia.
Spero che la fic vi piaccia. Ho deciso di
aggiungere almeno altre due storie a questo ‘verse ^^