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Autore: mortuaary    01/10/2011    3 recensioni
- Come si può soffrire e gioire dello stesso istante ?
La realtà in cui vive Katelynn si frantuma davanti ai suoi occhi senza che lei possa reagire. A sua insaputa, ciò che più desidera, l’attende dietro l’angolo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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I sogni si avverano.

    Se non esistesse questa possibilità
la natura non ci spingerebbe a sognare.”

–  J.Updike
 

 



Tutto ciò che è stato scritto è frutto della mia immaginazione, pertanto, ogni riferimento a cose e/o persone
    realmenti esistenti -oltre a quelle citate- è puramente casuale e privo di qualsiasi intenzione.

    Tutti i diritti di questo racconto e dei suoi personaggi appartengono a me.

Mortuary Princess © 2010 - 2013





Una lieve brezza s’impossessa delle tende, le quali, leggere, svolazzano non curanti dei primi raggi di sole che l’alba offre agli occhi più curiosi.
 
Rabbrividisco. Detesto quando il mio sonno, seppur non sempre tranquillo, viene rovinato dagli agenti atmosferici o da altre cause inutili.
Schiudo le palpebre e istintivamente la mia attenzione viene attratta dal via vai di auto che sostano, a veloci intervalli, al di sotto della finestra della camera d’albergo dove ho alloggiato nelle ultime due settimane. Per colpa dei vari fusi orari, non ho più la cognizione del tempo.
 
Mi giro sull’altro lato del letto, notando, con mia sorpresa, che è vuoto. Non ci do molta importanza finché guardando l’ora sul display del mio cellulare non noto che sono appena le sette meno un quarto del mattino.
 
Come può essere già uscito, di prima mattina?
 
Nel mentre, mi reco nel lussuoso bagno adiacente alla stanza e apro l’acqua in modo che si scaldi velocemente; dopodiché, una volta scelta la biancheria da indossare, mi dedico ad una rigenerante doccia mattutina, per iniziare bene la giornata.
Assaporo a piene narici il profumo di vaniglia che avvolge ogni centimetro della mia pelle, espandendosi anche negli ambienti.
 
Terminata la doccia, prendo l’accappatoio e lo annodo in vita, pettinando i capelli. Sento un rumore provenire dall’altro vano, ed è senz’altro la porta della camera.
E’ tornato.
Con passi quasi impercettibili – penserà che stia ancora dormendo – varca leggero la soglia, facendosi strada sino al letto. Silenzio.
 
Mi vesto velocemente cercando di evitare anche il minimo rumore. Non gli permetto di avvicinarsi ancora di un centimetro – giusto quella decina che gli sarebbero serviti a capire che era vuoto - ed appaio dalla porta del bagno cogliendolo di sorpresa.
 
-         Volevi spaventarmi? - Finge indifferenza, anche se è sussultato di mezzo metro.
Nasconde entrambe le mani dietro la schiena, sono sicura che ha qualcosa per me.
-         No, so che il profumo del mio bagnoschiuma ha invaso l’intero pianerottolo, perciò sapevi già che ero sveglia sin da quando hai messo piede fuori dall’ascensore. – Rispondo tutto d’un fiato, dalla frenesia di scoprire che cosa mi nasconde.
Riesco a percepire il gusto della mia brioche preferita quasi la stessi mangiando in questo istante.
-         Inutile negare. – Sospira, mentre i suoi occhi bruciano su ogni centimetro rimasto scoperto dalla sottoveste che indosso.
 
Tendo di stuzzicarlo mentre, con la scusa di strappargli un bacio, cerco di afferrare quel che cela. Devo ammetterlo: alla mattina non sono esattamente al top dell’agilità, perciò riesce a divincolarsi senza molti sforzi, senza darmela vinta.
 
-         Mh, quanto sei curiosa. Sai come si dice: la pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce. – Sogghigna, evidenziando quelle fossette che tanto adoro quanto odio. 
-         La pazienza non fa per me.  – Il mio stomaco per tutta risposta reclama, solidale alla mia risposta.
 
Per quanto la mia vita sia spasmodica, dovrei ricordarmi più spesso che resto un essere umano, preoccupandomi dei miei bisogni primari.
 
-         Chiudi gli occhi… - Sussurra a un centimetro dalla mia bocca, mentre il mio olfatto sente sempre più vicina l’adorata brioche - …e anche le narici, che mi hanno già rovinato metà del lavoro! – Esclama, mentre a me scappa un sorriso accusatorio.
 
Mi prende le mani svelando finalmente la sorpresa: oltre alla mio cornetto preferito -rigorosamente con crema di latte e pasta sfoglia di ottima qualità, spolverata di zucchero a velo-  vi è anche un piccolo pacchetto regalo che accompagna una splendida rosa blu.
 
Rimango basita.
 
-         Devi spiegarmi come tenevi tutto e soprattutto come diavolo facevi in modo che da davanti non si vedesse nulla. – Strabuzzo gli occhi, incredula.
 
Non gli do modo di rispondere alla mia domanda e gli stampo un bacio sulle labbra.
 
-         Grazie, davvero. Adoro quando fai così. – Gli sorrido, sincera.
-         Ma io non ho fatto nulla! – Ride, spensierato.
Mi solleva per le cosce facendomi sulle sue, che si sono appoggiate al letto. Lo guardo dritta negli occhi, laddove mi son persa e ritrovata così tante volte.
Nei suoi occhi dalle mille parole, che non si stancano mai. Quelli che quando incrociano il mio sguardo mi fanno sentire completa, esattamente al mio posto nell’universo. Quelli che hanno mentito, che sono rimasti perplessi, quelli che danno peso ai silenzi, quelli che sanno il fatto loro.
 
I suoi occhi, quelli di Nathan. Il mio ragazzo.
 
Gli stessi che ora ricambiano lo sguardo, svelando emozioni che le parole non potranno mai eguagliare.
 
 

-

 
Odio gli orologi. Odio pensare che l’essere umano debba essere schiavo del tempo.
Odio il fatto che debba adattarmi ad esso e rispettarlo, per non rallentare i miei impegni e non astenermi dalle mie responsabilità.
 
Sono le undici e un quarto: fra meno di due ore dovrò esser presente all’ultima sfilata italiana alla quale, però, parteciperò da spettatrice anziché sfilando.
Un piacere che raramente mi capita di avere. Si tratta di un evento che attendo da molto: due stilisti che, con la loro percezione della moda -un po’ anticonformista e fuori da ogni canone, proprio come me- hanno saputo  conquistarmi. Adoro i loro capi, adoro i miei maestri.
 
Non posso assolutamente mancare.
 
Prima che riesca ad uscire dal film mentale in onda nel mio cervello e realizzare che mi stiano cercando, bussano per due volte alla porta. Detto fra noi, l’ultima cosa che sono in grado di fare quando il sonno ha ancora la meglio su di me, è andare a rispondere comunicando orari e/o azionando il cervello.
Sbadiglio, per nulla intenzionata a smuovermi.
 
-         Vado io, pigrona. – Mi tira un cuscino alzandosi dal letto.
Recupera la sua maglietta giacente in qualche angolo sul pavimento e arriva alla porta ancora in preda ad infilarsela. Avendo avuto la mia stessa supposizione, risponde sicuro al cameriere che si trova davanti.
-          Dica al nostro autista che lasceremo l’hotel fra  mezzora, secondo i comodi della signorina. -
Il fattorino, rimasto sull’attenti come un soldato, resta ammutolito e, per un attimo, cerca di riassumere la giusta compostezza.
- Con permesso. – Si congeda timidamente.
 
Nathan chiude la porta e io non trattengo più la mia risata: alcuni camerieri non dovrebbero scegliere questo lavoro, se si spaventano per ogni cosa.
-         Dovevi vedere come mi ha squadrato gli addominali. –
-         Ho immaginato. Mh, opto per questo rosso oppure questo grigio melange? –
Gli propongo due scelte d’abito, come se realmente poi gli interessasse qualcosa. Il rosso è di Dior e l’altro è di Prada. La mia indecisione è dovuta alla meravigliadi entrambi gli outfits, regalatomi in occasione dell’ultima sfilata che avevo fatto per loro. Dopotutto, erano stati fatti su misura per me.
-         Rosso! – Esclama quasi senza dare importanza all’altro capo.
-         Okay. Corro a cambiarmi, tu spegni quella sigaretta e vai a farti una doccia. –
 
Quando termino la frase sono già davanti al maestoso specchio, intenzionata a provare l’abito a tubino -con dettaglio sul decolleté a V- che mette in mostra le mie curve in modo equilibrato. Lo abbino ai nuovi arrivati della mia -ormai celebre- collezione: sandali tacco quindici centimetri a spillo impreziosito da diamanti, con allacciatura di raso alla caviglia. Diciamo una cosina alquanto soft e del tutto inosservata.
 
Finisco di prepararmi e libero il bagno, approfittando della doccia di Nathan come scusa per concedermi un altro mio piccolo vizio.
 
-         Ho voglia di Martini. Un Royale Rosato per favore, con una fetta d’arancia rossa. – Ordino al telefono. Il tempo di portarmelo che è già nel mio stomaco.
 
-         Ehi, ti manca molto? – Appena in tempo.
Appare in accappatoio dalla porta del bagno, ed i suoi occhi lasciano trasparire una certa impazienza, quasi avesse premura di abbandonare l’hotel.
-         No, ho finito. Vai di fretta? –
-         Voglio solo evitare di rimanere intrappolato nel traffico milanese, è uno dei punti a sfavore di questa città: lo sai. – Istantaneamente cambia impressione, è una di quelle cose che non sarò mai in grado di fare così bene.
Ma non me la bevo.
Spengo la sigaretta, afferro la borsa e ritiro il pacchetto di Marlboro Light, dopodiché con un cenno gli chiedo di seguirmi. Lasciamo la stanza e, preferendo le scale -a causa della mia claustrofobia- raggiungiamo la hall.
 
Mi avvicino alla reception munita di carta di credito e attendo che l’inserviente verifichi l’importo da saldare.
Sospiro allo sguardo offeso di Nate, che per una volta avrebbe voluto pagare i miei costosi vizi.
Sbuffa anche lui e mi diverte, grazie al cielo non sono quel tipo di donna che deve dipendere dal suo uomo.
La fattorina sorride –quasi mi stesse leggendo nel pensiero e concordasse- mentre mi restituisce la carta.
 
Con il solito atteggiamento misto a fretta e distacco, ci dirigiamo alla limousine che ci attende davanti all’entrata del Palace Hotel. Prima di entrare, mi volto.
-         E’ il mio hotel preferito, non ci posso far nulla. Ormai sono di casa. –
 

-

 
A mia totale insaputa, la limousine era colma di palloncini rossi e petali di rose sparsi sui sedili e sulla moquette interna: sono quel tipo di cose che non ti aspetti, soprattutto da un uomo che si serve di queste attenzioni solo se ha qualcosa da farsi perdonare. E Nathan ne avrebbe tante, sul serio.
 
Non so bene cosa dire: al contrario di quel che penserete, non amo quelle dimostrazioni d’affetto grandi quanto le menzogne che nascondono, bensì le piccole cose, concrete e sincere. Resto allibita ad ammirare questo straordinario panorama sfarzoso.
 
Mi è inevitabile pensare che da quando abbiamo avuto l’ultimo litigio -non meno pesante dei precedenti- dovuto, come sempre, alla scoperta di una delle sue scappatelle con donne che con soli due drink lo hanno mandato fuori di testa (a suo dire, ma l’unica verità resta la sua solenne infedeltà, oltre alla totale antipatia per l’alcool) e/o in mia mancanza per impegni di lavoro, sembra essersi regolarizzato dopo aver ricevuto “l’ultimatum”.
 
In due anni di “tira e molla” non si è mai mostrato così presente come in quest’ultimo periodo.
Oh, ora che ci penso, sono due anni giusto oggi!
Mentre quest’ultima riflessione mi balena nella mente, davanti ai miei occhi appare l’oggetto più bello che i miei occhi abbiano mai visto nel corso della mia intera vita.
 
-         Felice anniversario, amore. –
 
Apro la bocca per rispondere, ma non emetto alcun suono. Sembro una bambina che, dal tanto che è felice, non sa dove incettare le parole adatte per esprimersi.
 
Non provavo tante emozioni contemporaneamente da troppo tempo, ed era tanto che lui non mi faceva provare tutto questo. Da quando la mia apatia si era attaccata come petrolio alle mie ali, tenendomi legata a uno scoglio per non affondare nel dolore.
 
-         Non so che cosa dire. E’ tutto… bellissimo.  -Sono le uniche parole che, tentennanti, escono dalla mia bocca.
 
Ammiro quel ciondolo di diamante azzurro -tagliato a forma di cuore- incastonato nella scatoletta di velluto.
Della stessa tonalità di azzurro dei suoi occhi.
 
-         Vieni qua. – Mi raccoglie i capelli, un piccolo gesto che mi fa intenerire, mentre aggancia la collana al mio collo.
Gioco nervosamente con il ciondolo.
-         Non so che cosa dire. Nessuna parola avrebbe il giusto valore. –
-         Non devi dire niente. Sono qui, di fronte a te, conoscendoti abbastanza per capire ogni tua reazione, per quanto indiretta essa possa essere. Ti amo Katelynn, e non ho alcuna intenzione di perderti. Né ora né mai più. –
 
Cerco di frenare le mie paranoie e lo bacio, con amore sincero, stringendo quel diamante della grandezza del mio palmo.
 
-         Dovunque andrai, non saremo più divisi. Mi avrai sempre con te. Vicino al cuore. – Mi bacia la fronte, altro piccolo gesto che per una volta mi fa sentire realmente importante, realmente alla sua altezza.
 
Ed è lì, vicino al cuore, che ora giace il prezioso diamante.  
           
   
 
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