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Autore: Yvaine0    01/10/2011    6 recensioni
Angelina ha sempre adorato i gemelli Weasley. Non era innamorata di nessuno dei due, ma se doveva pensare di mettersi con uno, quello era Fred.
"Ciò che Angelina cercava, però, era un ragazzo maturo e serio, che le desse sicurezza, che la facesse sentire importante, indispensabile. E a Hogwarts non aveva mai incontrato un ragazzo del genere."
La storia di come i due, dopo tanto tempo, si rincontrano e finiscono per essere legati da un filo invisibile ma indissolubile.
Breve, ma -spero- intensa.
"George non era più lo stesso da quel 2 Maggio 1998. Quel giorno i gemelli Weasley erano morti."
(Non segnalo l'OOC perché non penso che George, dopo la morte del fratello, sia mai più stato quello di prima. Penso sia piuttosto IC, ma se pensate opportuno che lo inserisca, ditemelo.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angelina Johnson, George Weasley | Coppie: Angelina/George
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Angelina J.

A lei Fred Weasley era sempre piaciuto. Fin dal primo anno aveva sempre avuto una predilezione per quel ragazzo. Lui e George formavano una coppia formidabile, erano una piccola grande forza della natura, ma Fred era sempre stato la parte più furba e ingegnosa della coppia. Le piaceva, sì. Ma non ne era innamorata. Non aveva mai visto nessuno dei gemelli come qualcosa più che un amico, ma  se avesse dovuto essere qualcosa in più per uno dei due, avrebbe preferito che quello fosse Fred. Era stata felice che al sesto anno lui l’avesse invitata al Ballo del Ceppo, infatti.
Ciò che Angelina cercava, però, era un ragazzo maturo e serio, che le desse sicurezza, che la facesse sentire importante, indispensabile. E a Hogwarts non aveva mai incontrato un ragazzo del genere.
Si divertiva con i gemelli. La facevano ridere. E la facevano dannare -come quando George si era fatto sospendere dal Quidditch, all’ultimo anno. Avevano riempito le sue giornate per sette lunghi e meravigliosi anni, e per questo sarebbe sempre stata loro grata.
Poi era arrivata la guerra, erano tutti tornati per combattere. Era successo ciò che era successo e Angelina non aveva più avuto il coraggio di contattare nessuno dei Weasley. Vedere il corpo senza vita di Fred Weasley giacere a terra, nella Sala Grande, l’aveva segnata profondamente. L’aveva scioccata. Per settimane si era chiesta come la vita potesse essere così ingiusta, come poteva quel ragazzo non esserci più. Una costante dei suoi sette anni di vita a Hogwarts era scomparsa e questo aveva cambiato qualcosa in lei.
Due anni dopo la battaglia, a Diagon Alley, Angelina lo aveva incontrato di nuovo. In un primo momento aveva pensato di avere le allucinazioni, pensando di essersi trovata davanti Fred Weasley. Ma era morto e non era possibile. Poi però lui aveva accennato un sorriso spento ma cortese e in un attimo lei aveva capito di non conoscere quel ragazzo.
George non era più lo stesso da quel 2 Maggio 1998. Quel giorno i gemelli Weasley erano morti.
Ed era stato quasi per caso, come si erano incontrati, che si erano ritrovati seduti ad un tavolino al Paiolo Magico, due bicchieri di Whiskey Incendiario tra loro a sciogliere le lingue, abbattere i muri, a spianar loro la strada verso il riscoprirsi di nuovo, da capo.
Si erano salutati che era ormai sera, con un timido e cortese sorriso sulle labbra e il passato nel cuore più vivo che mai.
Erano passati giorni e Angelina si ritrovava a non riuscire a togliersi dalla testa quel nuovo George Weasley maturo e disilluso. Continuava a paragonarlo al ragazzo che aveva conosciuto a scuola, con cui aveva condiviso gli anni migliori della sua vita,  senza riuscire a trovare che qualche piccola e rara coincidenza tra loro. Poi una mattina si era ritrovata davanti a ‘Tiri Vispi Weasley’, all’alba ad attenderlo. George fu sorpreso di trovarla lì, quando giunse per aprire il negozio. 
Che ci faceva lì?
Angelina non lo sapeva, aveva solo voglia di vederlo.
Lui l’aveva scrutata a lungo, in silenzio, poi aveva iniziato a raccontare. Detestava quel negozio. Lo teneva aperto solo per Fred, che tra quegli scaffali viveva ancora. Ron lavorava con lui per tenerlo d’occhio, perchè non facesse sciocchezze, e questo lo irritava. Non era un bambino. Se avesse voluto uccidersi –se avesse avuto la forza per volere qualcosa- non sarebbe stato di certo il piccolo Ronnie ad impedirglielo.
Angelina fu scossa da quelle parole. Fred cos’avrebbe detto, sentendolo parlare così?
Fred non c’era più, aveva risposto George. Fred se ne era andato e non avrebbe potuto dire più un bel niente, aveva urlato battendo i pugni sullo stesso stesso tavolino al Paiolo Magico di qualche giorno prima.
Lei non aveva replicato,  e George aveva gettato la testa fra le braccia abbandonandosi ai singhiozzi.
Angelina era forte, altera, razionale, lo era sempre stata. Ma Angelina fu toccata nel profondo da quell’immagine e rimase con lui, senza dire nulla, limitandosi a prendergli una mano. Mano che, con sorpresa di entrambi, lui non ritrasse.
Angelina si sentiva partecipe di quell’immenso dolore.  Lo sentiva affluire in lei attraverso le loro mani. Lo percepiva come se fosse suo. Soffriva. Soffriva per Fred, per sé, e per George. Per la prima volta nella sua vita scopriva cosa significasse soffrire per il dolore di qualcun altro.
C’era qualcosa in quella situazione che stava facendo impazzire Angelina. Un qualcosa che la stava scuotendo dentro, che non riusciva ad identificare, ma che le stava facendo battere il cuore. In modo diverso, in modo nuovo. Per la paura, per l’emozione, per la sofferenza e la preoccupazione. Ma anche per un moto di rinnovata energia che attraverso quella mano stretta nella sua mandava in sovraccarico il suo cuore e in tilt il suo cervello.
Quando tornò a casa quella sera, i postumi di quella sensazione ancora le facevano fremere lo stomaco. C’era chi diceva si chiamasse ‘avere le farfalle nello stomaco’, ma Angelina non era un tipo così frivolo da usare quel termine. Senza contare che le sembrava ingiusto. Ingiusto paragonare qualcosa di così leggero e frizzante all’intensità della condivisione di un dolore così grande e profondo.
Quando George, al momento dei saluti, l’aveva stretta forte a sé sussurrandole quel significativo e sentito ‘grazie’, Angelina si era sentita importante. Si era sentita indispensabile. Si era sentita viva.
Si era sentita allo stesso tempo malissimo. Come poteva provare emozioni così belle quando qualcuno stava sfogando il suo più viscerale dolore? Si era rimproverata mentalmente tutto il pomeriggio, e la sera era andata a dormire pensando di dover andare a scusarsi con George il giorno seguente. Non sapeva esattamente come glielo avrebbe spiegato, ma aveva bisogno di farsi perdonare da lui per la propria felicità in quei momenti in sua compagnia, mentre lui raccontava dolore e malinconia.
Il mattino seguente non si era ancora cambiata che avevano suonato al campanello. Era andata ad aprire, con ancora addosso il grigio e troppo grande pigiama dei Cannoni di Chudley che le aveva regalato Lee il Natale del loro ultimo anno ad Hogwarts, e si era trovata davanti George Weasley con un mazzo di fiori di un timido color pervinca sottobraccio, e un vassoio con caffè e brioches per due. Poteva entrare?
Ad Angelina per poco non venne un colpo, trovandolo lì, conscia di essersi appena alzata ed essere un totale disastro. Arrossì e lo fece accomodare in salotto, chiedendo poi di scusarla per qualche secondo. Si era fiondata in bagno e si era sistemata come meglio poteva, il vento provocato dallo sbattere delle ali di quelle stupide farfalle nel suo stomaco a gonfiarle le vele e donarle velocità.
Lo aveva trovato ad osservare una vecchia fotografia sopra al caminetto, un triste sorriso in volto.
Era quella scattata da Colin Canon all’ultima riunione dell’ES prima delle vacanze di Natale.
Un altro innocente che la guerra si era portato via, aveva commentato George.
Angelina aveva annuito, poi gli aveva chiesto cosa ci facesse lì.
George l’aveva guardata e aveva sorriso, la tristezza ancora negli occhi, accompagnata tuttavia da qualcos’altro che Angelina non seppe identificare. Avrebbe voluto dirle che era capitato da quelle parti per caso, ma sarebbe stato sciocco che un uomo capitasse sotto casa di una donna con caffè e brioches alle sette di mattina, per caso. La verità, ammise, era che voleva ringraziarla per tutto ciò che stava facendo per lui.
Non stava facendo nulla, obiettò lei con un sorriso mesto.
George scosse il capo. Stava facendo tanto, tantissimo. Erano mesi che non sorrideva così tanto, erano mesi che non riusciva a parlare in quel modo con qualcuno. Forse non l’aveva mai fatto, a dire il vero, se non con Fred. Si erano visti un paio di volte, dopo tanto tempo, e lei stava riportando un po’ di vita nel suo esistere.
Angelina sentiva il cuore riempirsi di emozioni: solidarietà, orgoglio, affetto, tanto affetto. Sorrise di cuore e gli disse che in realtà lei avrebbe dovuto scusarsi con lui. Lei si sentiva sempre così terribilmente bene, quando lui si sfogava con lei. Si sentiva in colpa per questo. Era un po’ come rallegrarsi dell’altrui dolore, sussurrò, abbassando il capo.
Un rumore che Angelina pensava di non poter più sentire la riscosse dal suo momento di pentimento. George stava ridendo. I suoi occhi non brillavano come avevano fatto un tempo, la sua risata per più bassa e molto meno contagiosa e frizzante, ma era la risata di George Weasley e in quel momento la ragazza sentì il cuore gonfiarsi di meraviglia.
Che sciocca era, esclamò il ragazzo. Un barlume di quel vecchio e giovane spirito mascalzone gli balenò sul volto per la prima volta dopo tantissimo tempo. Non era che si stava innamorando di lui?, la prese in giro.
Angelina ridacchiò, poi però lo guardò, pensierosa. Era probabile, ammise sottovoce.
George la osservò distogliere lo sguardo, in silenzio, ora di nuovo serio. Lasciò che un debole sorriso tornasse sul suo volto. Per lui era certo invece, rispose.
I loro sguardi si erano incrociati di nuovo e mentre il cuore di Angelina prendeva a correre come un matto e quegli stupidi insetti nel suo stomaco iniziavano a scatenare uragani con il loro battere d’ali, un largo, sincero e felice sorriso si spalancò sul suo volto. Si sedette sul divano e prese il primo bicchiere di caffè, invitandolo a raggiungerla.
Quella era stata la prima di una serie lunghissima di colazioni consumate insieme, la prima di una nuova lunga vita piena di affetto e speranze per entrambi
  
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