Cause I knew that that was the last time
Parodo
“Dove diavolo stai andando?”
Ino si
voltò di tre quarti, lasciando che la pioggia le bagnasse i capelli corti e
impregnasse i suoi vestiti, rendendoli pesanti e scomodi. Era una fredda sera
invernale, e da dove si trovava in quell’istante poteva chiaramente udire il
ciarlare continuo degli amici, lasciati solamente pochi istanti prima all’interno
dell’Ichiraku.
Immaginò
Naruto e Sakura seduti ad un tavolo leggermente adombrato, distante da tutti
gli altri, che si baciavano e cercavano di tenere le mani nei posti giusti,
lontano dalla pelle, lontano dal proibito.
“Sono
stanca. Non mi stavo divertendo, torno a casa mia,” spiegò semplicemente
calciando un sasso a terra, mentre Shikamaru le si avvicinava lento.
Se lo
ritrovò a pochi centimetri dalla sua faccia e pensò che dovesse essere stanco.
Era tornato due ore prima da Suna - come sempre, d’altronde - e Kiba l’aveva
trascinato a quella stupida festa di alcolizzati. Ino avrebbe preferito non
esserci, ma non le avevano lasciato scelta.
Aveva
ignorato ogni singola bottiglia che le era passata sotto il naso, così come le
avances di Sai e quelle più sottili di altri uomini presenti nella sala,
facendo capire che i pantaloni lunghi che aveva indossato quella sera non
fossero stati scelti per puro caso, aprendo l’armadio. Il tutto sotto gli occhi
attenti di Shikamaru, che aveva fumato una sigaretta, poi due, poi tre, come
non faceva da tempo.
“Ultimamente
sei strana.” Non le chiese cosa avesse, o se le fosse accaduto qualcosa, si
limitò a rimanere con lei sotto la pioggia, con i corpi troppo vicini e troppo
smaniosi.
Ino si
morse un labbro e cercò di sfuggirgli con lo sguardo, ma gli occhi neri di
Shikamaru erano anche più magnetici di quelli di Sasuke, e tornava ogni due
secondi di incertezza a guardarlo, a cercarlo.
Era
ansiosa, si torturava le mani, odiava sentire i vestiti appiccicati al suo
corpo, aderirle addosso come una seconda pelle, come se la stessero possedendo
o, invece, supplicandola di spogliarsi.
“Ultimamente?”
“Da
quando Temari ed io ci siamo fidanzati.”
Ino
piegò le labbra in un sorriso forzato, mentre Shikamaru gettava a terra la
cicca bagnata. Le sembrò una scena già vista quella, quando lui si chinò sulla
sua bocca per baciarla, senza un motivo apparente - solo desiderio, la trovava
troppo bella e starla solamente a guardare era impensabile.
Chiuse
gli occhi e si lasciò baciare, lasciò che Shikamaru l’afferrasse per la vita,
che le succhiasse la giugulare, gli permise persino di infilare una mano sotto
la sua maglietta, sollevandosi sulle punte e cercando di approfondire quell’incontro,
seppur già i corpi stessero vibrando l’uno contro l’altro.
“Ora
sei tu quello strano,” sussurrò prima di baciarlo ancora, mentre lo scrosciare
della pioggia aumentava ed il vociare alto degli amici andava via, via a
confondersi con i ripetuti ammonimenti nella testa di Shikamaru.
Si
staccò da lei secco, fissando le sue labbra leggermente gonfie e desiderando
baciarle ancora, morderle, succhiarle, sentirle piegare in un sorriso contro di
sé. Tuttavia si trattenne, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
“Probabilmente
per il tuo stesso motivo, Ino,” e l’attirò a sé, un abbraccio umido e quasi
goffo, contro il quale Ino si ribellò.
Lo
cacciò via con uno spintone, poggiando una mano al suo fianco.
“E
quale sarebbe?”
Shikamaru
la fissò in silenzio, pensando a quanto fosse lontana da lui e desiderò
avvicinarsi. Desiderò cancellarle ancora quell’espressione da Yamanaka dalla
faccia, desiderò tutto di lei.
“Non
sei una stupida, Ino.”
E la
ragazza se lo fece bastare, permettendogli nuovamente di intrufolarsi dentro di
sé, lasciando che i suoi occhi azzurri fissassero per tutto il tempo le
palpebre chiuse di Shikamaru.
I
Stasimo
Le
guance di Hinata si tinsero di un tenue color pesco, colorando la pelle
solitamente bianca del viso e rendendola particolarmente graziosa. Ino sorrise,
sorrise e afferrò un biscotto dal piatto, pensando a quanto la rendesse bella
il vero amore.
“Chissà
se Temari ha il tuo stesso sorriso,” era una domanda lasciata in sospeso, e gli
occhi azzurri di Ino nemmeno guardavano la ragazza di fronte a sé quando la
porse. Semplicemente, puntava a qualcosa di lontano, di ignoto, che Hinata non
poteva comprendere.
Tesa,
di fronte ad un roseto, Ino risentiva l’eco di un gemito rauco nelle sue
orecchie, che si era ripetuto fino a farle chiudere gli occhi, una nenia che l’accompagnava
come una ninna nanna in quelle notti primaverili. Leccò il labbro superiore,
mentre Hinata le stringeva la mano sopra il tavolino di ceramica, e quasi non
la sentì tanto fu delicata.
“Non so
se Temari sorride come me, Ino-chan,” disse piano, le labbra incurvate di
tenerezza, “ma tu lo fai.”
Naturalmente
una “o” di stupore avrebbe fatto capolino sul su viso, invece quella volta Ino
si limitò a pensare che, forse, dopotutto, Hinata avesse ragione. Più volte si
era ritrovata di fronte ad uno specchio con un sorriso di gioia, le labbra
piene ed il volto colorito. Più volte, in quegli istanti, la figura di
Shikamaru l’aveva sorpresa alle spalle, baciandole il collo, mordendole la
carne della schiena, stringendole i fianchi e annusando il profumo dei suoi
capelli bagnati.
“Immaginavo
sarebbe accaduto,” sbatté le ciglia lunghe più volte mentre Hinata annuiva, ed
Ino capì che non era stata la sola a credere in quelle parole. Probabilmente,
come lei, anche Hinata durante gli allenamenti aveva notato come Ino ormai si
accanisse contro Shikamaru, in una sorta di muta disperazione che nascondeva
tutt’altro. Un “tutt’altro” che ancora Ino non riusciva a pronunciare, codarda,
spaventata dalla prominente figura di Temari sopra di sé.
“Tutto è
confuso,” continuò Ino, accarezzandosi una ciocca di capelli, arrotolandola
intorno ad un dito e lasciandola di colpo, leggermente riccia, ora. “Non so se
sia giusto, sbagliato, se devo fermarmi o andare avanti. Non so se forse
sarebbe meglio barricarmi in camera e non farmi più trovare. Non so cosa prova
Shikamaru - non so se sia il caso di parlargli - e non so nemmeno se sarò
felice, domani.”
Hinata
sbatté le palpebre un paio di volte, prima di alzarsi e raggiungerla. Si
inginocchiò al suo fianco, prendendole nuovamente la mano e portandogliela al
cuore: Ino si stupì di quanto battesse forte, in quell’istante.
Sapeva
che Hinata fosse in grado di guardarle dentro, di notare il flusso agitato del
suo chakra e che, quindi, capisse il suo stato d’animo. Forse, era per quel
motivo che era corsa da lei e non da Sakura.
“Quando
sei con lui non pensi a nulla. Ti svuoti, sei serena. In quei momenti hai il
sorriso più bello, non ti servono trucchi per essere splendida o vestiti
appariscenti.” Le spiegò con calma studiata, rimembrando dentro di sé tutte le
visioni di Ino al fianco di Shikamaru, con le mani che sfioravano, gli sguardi
che si incatenavano, i desideri nascosti malamente. “Sei innamorata, Ino-chan,
e non credi che forse anche Shikamaru dovrebbe saperlo?”
Ino non
si preoccupò di dirle che, sicuramente, Shikamaru già lo sapeva.
I
Episodio
Ino
tolse l’elastico, librando così i corti capelli biondi al vento della finestra,
mentre Shikamaru borbottava qualcosa su quanto fosse stata crudele con lui, su
quanto le ferite gli facessero male, su quanto fosse seccante quell’idiota di
un Uchiha con manie di protagonismo.
“Tieni
le bende sulla ferita per qualche giorno, Nara, e non farmi pentire di non
averti mandato in ospedale da Sakura.” Gli disse con le mani sui fianchi,
facendogli sollevare gli occhi al cielo.
Guardò
la figura armoniosa di Ino tendersi verso di lui, sentì le sue dita vicine al
collo massaggiarlo, lievi, amorevoli. Chiuse gli occhi, sperando che quel
cambiamento d’umore portasse a qualcosa di buono…
“Non
farmi più preoccupare arrivando a casa mia insanguinato a quel modo,” ordinò
imperiosa, gli occhi chiusi in due fessure.
“Sono
un ninja sai?”
La sentì
sbuffare e gli venne da sorridere. La immaginò dietro di sé con le guance
piene, rosse e l’espressione arrabbiata come una bambina, proprio come faceva
sempre quando lui la prendeva in giro. Sollevò il collo e per un puro caso
fortuito, la baciò. Un incastro di labbra perfetto, un aprirsi e chiudersi
lento e studiato, mentre Ino cambiava posizione senza staccarsi da lui,
sedendogli a cavalcioni sulle gambe.
Rise
contro la sua bocca quando lo sentì mugugnare di dolore, “Ops, scusa.”
Continuò
a baciarlo contro i suoi borbottii, contro le sue mani sulla pelle della
pancia, oltre la stoffa leggera della maglietta viola. Sentì una mano
accarezzarle i capelli, e in quel momento lui si allontanò dalla sua bocca.
“Perché
hai deciso di tagliarli, Ino?”
La
ragazza lo guardò come se stesse scherzando, mentre Shikamaru le mordeva il
collo e dalla sua posizione la fissava, in attesa. Leggeva un’ombra di curiosità
non sua su quel viso, e gli sorrise divertita.
“Non ti
piaccio, Nara? Eppure non si…”
“Non ho
detto questo. Ti ho chiesto il perché.”
“Quindi
ti piaccio.”
“Yamanaka,
non essere seccante e rispondi.”
Le
venne naturale sorridere. Sorridere e basta, con occhi e bocca, anche con i
gesti, con le carezze al viso di Shikamaru, al suo petto, a tutto di lui.
Seguì
la linea del suo collo con il naso mentre lui baciava la sua fronte, teneva
saldamente ancorato a sé il suo corpo e chiudeva gli occhi. Già sapeva che Ino
non gli avrebbe risposto, che avrebbe sorvolato sulla domanda, facendolo
distrarre, eccitare, godere, venire come solamente lei ne era davvero
capace.
La
bocca di Ino scendeva, non la teneva più sopra di sé, e quando percepì le sue
labbra e la sua lingua chiuse gli occhi, afferrandole senza troppa violenza i
capelli.
Boccheggiò
nel vuoto della stanza, gli occhi neri che guardavano obbligatoriamente al
soffitto mentre Ino lo mandava fuori di testa, sporca e stronza come diventava
sempre in quei momenti.
Il
soffitto d’un tratto scomparve, sostituito dal cielo. Shikamaru la costrinse a
baciarlo con violenza, desiderio, urgenza.
“Ehi,
Shikamaru, non qui. Andiamo sul letto…aspetta, aspetta!”
Fu
inutile quella preghiera, quel desiderio. Sentì il pavimento freddo sotto di sé,
e Shikamaru penetrarla, mentre i suoi occhi la scrutavano.
Era
sempre così, ogni volta che finivano a fare sesso dove si trovavano, senza che
lui si curasse delle sue proteste; Shikamaru la guardava sempre, mangiava ogni
singolo mutamento della sua espressione, ammirando la bocca che si apriva ad
ogni gemito, o gli occhi diventare vacui a causa del piacere.
Spinse
contro di lei, sollevandole di poco la maglia: in quel momento, pensò che non l’aveva
mai vista nuda, mai nemmeno una volta, per un istante. Per quanto l’avesse
desiderato, quegli incontri lunghi massimo un’ora non gli avevano mai concesso
di potersi innamorare di ogni singolo lembo della sua pelle, di vedere
eventuali nei in punti nascosti, di trovare smagliature delle pelle su quel
corpo apparentemente perfetto. Seppur desiderasse conoscere ogni centimetro del
corpo di Ino, non gli era mai stato concesso quel privilegio.
“Qualcosa
non va?” La domanda di Ino arrivò mentre si riallacciava i pantaloni, una
sigaretta stretta tra le labbra e gli occhi fissi sulle nuvole al di là della
finestra. La scrutò di sbieco negando con il capo, e sorpassandola con due
falcate.
“Nulla,
non preoccuparti, Yamanaka.”
Poggiò
una mano sul pomello della porta, fermandosi e illuminato da un pensiero.
“Per un
po’ non potremo vederci, Temari viene a Konoha.”
E Ino
sentì le lacrime, in quell’istante, desiderando tornare ad averlo sopra di sé.
II
Stasimo
Sakura
la sorresse prontamente quando rischiò di cadere dal marciapiedi, sotto gli
occhi ridenti di TenTen.
Aveva
le guance rosse, rossissime, ed era bella. Più bella di Temari, come le aveva
urlato due ore prima, più bella di ogni altra, come le aveva sussurrato Sai
alle orecchie.
“Avrei
voluto picchiarla,” esclamò buttandosi con forza a terra, trascinando Sakura
con sé e finendo per sporcare i vestiti di entrambe. Rise gutturale e
mascolina, leggermente rozza come era sempre stata, prima che TenTen tirasse
fuori un kunai dagli stivali.
“Se lo
volessi fare davvero, hai ciò che ti occorre.”
La
risata di Ino continuò per qualche manciata di secondi, mentre il vento
leggermente fischiava tra le fronde degli alberi.
Rimase
con il sorriso ancora aperto sul volto, lo stomaco che gorgogliava, si
arrotolava, doleva al ricordo delle mani di Temari sul viso di Shikamaru. Delle
loro labbra unite. Del suo corpo a cavalcioni su di lui.
Chiuse
gli occhi, coprendosi le palpebre con un braccio. Sakura, al suo fianco, si
voltò a guardarla in attesa.
“Credo
che lo lascerò, domani,” sussurrò con un singhiozzo, e TenTen le corse a
fianco, materna, imprecando sotto voce contro Shikamaru e la razza maschile,
Neji incluso.
Ino
lasciò che la coccolasse, che cancellasse le braccia di Shikamaru dal suo
corpo, lasciò anche cadere le lacrime senza remore, senza vergognarsi, senza
pensare che una kunoichi non dovrebbe mai mostrare le proprie emozioni.
Ma che diavolo voleva dire, poi, quella frase? Come se un ninja non avesse un
cuore, ma Ino ce l’aveva. E tutti i suoi amici, a partire da Sakura fin ad
arrivare a Shino possedevano un cuore. Era impossibile non mostrare il proprio
vero volto, quando il tumulto interiore minacciava in maniera così visibile di
sgorgare fuori. Di essere lasciato libero.
“Senza
di lui sarà difficile, non amerò nessun altro fino a dilaniarmi l’anima. Nessun
altro. Ma non sono nata per essere l’altra,” singhiozzò contro le spalle di
TenTen, mentre Sakura annuiva.
Si alzò
senza curarsi dell’erba che le sporcava il vestito, passandosi le dita tra i
lunghi capelli color pesco. “Hai ragione. Non sei mai stata una che adora
nascondersi, Ino. Non vuoi essere seconda a nessuno, non vuoi dividere le tue
cose con nessuno, e ami in maniera troppo evidente perché tu possa continuare
così.” Le regalò uno sguardo, prima di buttarsi sopra di lei, in un goffo gesto
di affetto. Ino arrossì, continuando a piangere ed ignorando il trucco che
colava. “Sarà una frase da amica, ma tu sei troppo bella per Shikamaru. Troppo.
Beh, in effetti, sei un po’ troppo bella per tutti.”
Ino
sgranò gli occhi, sentendosi quasi ferita da quelle parole. Sembrò quasi che
Sakura la stesse accusando che lì, tra loro, non ci fosse spazio per i suoi
capelli biondi o per la sua bocca da bambolina, nonostante stesse semplicemente
tentando di consolarla.
Tuttavia,
Ino si era sentita bella abbastanza in quei mesi, quando Shikamaru la guardava.
Si era sentita bella, solamente perché aveva i suoi occhi addosso, occhi che
quella sera l’avevano scrutata nell’ombra, e che ora guardavano un’altra, ma
desideravano solo di poter osservare le espressioni del viso di Ino.
II
Episodio
Shikamaru
le afferrò con forza le spalle, baciandole prepotentemente le labbra, contro i
mugugni forzati di Ino, contro le sue mani che cercavano di spingerlo lontano,
contro le sue guance bagnate dalle lacrime.
“Lasciami
andare,” le uscì un gemito strozzato, una preghiera che Shikamaru non si curò
di esaudire, mentre le sue mani cercavano la sua pelle oltre la camicia nera
che lei indossava. Non si era mai vestita così, mai. Avrebbe dovuto percepire che
qualcosa non andava quando Ino era entrata nella sua stanza così scura, così
poco appariscente.
“Dammi
un motivo.” Le ringhiò contro le labbra, gli occhi neri che la penetravano, che
la scrutavano a fondo, che la desideravano, nonostante tutto.
Ino deglutì
con forza, spingendolo lontano da sé. Lo voleva distante, non doveva percepire
su di sé quel desiderio bruciante, o tutto sarebbe andato a farsi benedire, e
nulla sarebbe cambiato.
Si
asciugò le lacrime, graffiandosi con un bottone della manica, ma ignorando il
bruciore. “Guardare te e Temari mi fa vomitare.”
Lo
disse sprezzante, sentendo però di essersi liberata da un macigno che da troppo
le gravava sullo stomaco. Ora, seppur fastidiose, le farfalle ricominciavano a
volare più liberamente con Shikamaru nella stanza. Era quasi sollevata, Ino,
nonostante gli stesse dicendo addio.
“Non
posso sopportare il pensiero che vola ad un’altra mentre facciamo l’amore. Non
posso amarti,” Shikamaru sussultò a quel verbo, “sapendo che anche un’altra lo
fa - che un’altra può esprimertelo di fronte a tutti. Mi fa schifo questa
situazione, Shikamaru, e mi fa schifo la mia posizione, così come a te dovrebbe
fare schifo la tua.”
Lo vide
chinare il capo e capì di aver toccato un punto scoperto. La cosa stupida a cui
pensava, mentre diceva quelle parole, era che lui la fermasse, che le dicesse
di amarla e che aveva lasciato Temari, ma i preservativi sul comodino vicino al
letto dimostravano che quella notte non l’aveva passata da solo.
“Dovresti
saperlo, Shikamaru: sono fatta per riempire la testa della gente ogni ora, ogni
minuto, ogni secondo. Non per essere presa quando si ha semplicemente bisogno
di un corpo.”
E seppe
di avergli fatto male, in quel preciso istante, quando Shikamaru sollevò gli
occhi. Lucidi.
Sarebbe
fuggita, scappata lontana, se lui non le avesse afferrato la mano e buttata sul
letto con forza, sovrastandola con il proprio corpo.
“Pensi
davvero di essere solo questo, Ino?!” Gridò contro di lei la sua rabbia,
sbattendo le mani ai lati del suo viso. Ino pianse, forte, coprendosi il volto
con le mani. “Davvero sei convinta che non ti pensi ogni ora, ogni minuti, ogni
fottuto secondo? Sei sempre stata e sarai sempre la seccatura più grande della
mia vita, stupida, quindi non venirmi a parlare di cose che non sai!”
Ino
fece per aprir bocca, quando Shikaku sbatté la porta e piombò nella stanza,
trafelato.
I due
ragazzi lo videro boccheggiare, incerto. Sarebbe stato divertente e buffo
probabilmente per chiunque, in quell’istante, ma Ino lo vide solo come una possibilità
di fuga.
Sgusciò
via dalle braccia di Shikamaru, spintonando l’uomo sulla soglia della porta e
correndo veloce giù dalle scale.
“Porco
cazzo,” disse Shikamaru alzandosi dal letto, e facendo per correrle dietro. Le
mani di Shikaku, però, lo fermarono decise.
Guardò
il padre con astio, prima di ricacciare la rabbia in gola.
“Non
credo sia il caso, Shikamaru.”
Ino
sbatté la porta di casa con forza, Inoichi che bussava ripetutamente e le
urlava contro, chiedendole cosa fosse successo, chi doveva picchiare, chi fosse
il bastardo.
Non lo
udiva, c’era solamente l’eco delle parole di Shikamaru e la consapevolezza che
non poteva credere a nulla. Nulla.
III
Stasimo
Shikamaru
non sorrideva, non giocava a shoji, non trovava nulla una seccatura. Non si
sollevava dal letto ai richiami di sua madre, e quando Shikaku entrò nella
stanza non trovò nemmeno la forza di lamentarsi.
“Parlamene.”
Shikamaru
si sedette incrociando le gambe, accendendo una sigaretta e ringraziando
mentalmente chi avesse inventato la nicotina.
“Penso
che non seccherà mai più la mia vita.” Iniziò incerto, o forse anche sicuro, ma
con l’espressione che non era delle migliori. Shikaku lo trovò cambiato, più
grande e distrutto, ma non completamente. “Non dovrai più sgridarci perché ride
troppo forte di notte - ah, la maggior parte del tempo ridevamo per altro, papà
- e non porterà più i biscotti la domenica pomeriggio.”
Si
ributtò nuovamente sul letto, le mani a coprire il viso. Era un fiume in piena,
non parlava da giorni con nessuno, Choji aveva faticato non poco a strappargli
le parole dalla bocca.
Shikaku
sorrise, quasi intenerito nonostante tutto, nonostante quelle confessioni,
nonostante Shikamaru stesse da cani.
“E
Temari?”
Shikamaru
abbassò le palpebre, prendendosi il capo tra le mani.
“C’è solo Ino.”
III
Episodio
Shikamaru
aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri di Ino, e gli venne spontaneo
domandarsi da quando non la vedesse - da quanto non la toccasse.
Si
sollevò appena, giusto i centimetri che le permettessero di togliergli qualche
stelo d’erba dalla schiena, premurosa, con un sorriso che non le apparteneva
sul volto. Era bella, dannatamente bella anche distrutta. Dannatamente bella
anche nel dolore, Ino, proprio come anni prima quando l’aveva raggiunta per un
abbraccio, la notte della morte di Asuma. E ogni anniversario, sempre
richiedeva conforto a quelle braccia e lasciava che le lacrime di Ino
bagnassero il suo collo.
“Cosa
ci fai qui?” Le chiese ed Ino scrollò le spalle; Shikamaru notò che non si era
seduta al suo fianco, era solamente di passaggio, probabilmente aveva pensato
che sarebbe stato maleducato non salutarlo - in realtà, Ino semplicemente non
aveva potuto andare oltre, senza fermarsi. Rischiava di farsi male
guardando il viso stravolto dalla stanchezza di Shikamaru, ma quarantasette
giorni senza parlare, senza toccarsi, senza guardarlo erano stati troppo.
Troppo, un peso elevato, insopportabile che lei, le sue spalle, le sue
ginocchia non potevano sopportare. Aveva ceduto, pronta ad altre schegge nel
cuore.
“Torno
da casa di Hinata. Avevo…delle cose di cui parlarle,” spiegò pratica,
torturandosi i capelli con un dito. Le erano cresciuti, notò Shikamaru, e
avrebbe voluto accarezzarli.
Tornò a
sdraiarsi silenzioso, convinto che Ino se ne sarebbe andata. Aveva notato l’agitazione
sul suo viso quando si era sollevato, aveva notato le borse sotto gli occhi
azzurri, aveva notato quante volte avesse deglutito durante quel breve
incontro.
Invece,
stupendolo, Ino gli si sedette affianco. Sentì di non conoscerla come pensava
in quel momento, ma poi gli fu chiaro che Ino Yamanaka per lui era sempre stata
un mistero: poteva conoscere ogni sua singola sfumatura durante l’amore, capire
per cosa fosse ogni lacrima che versava, comprendere a cosa fossero dovute le
sue risate rozze, ma mai - mai - lei avrebbe smesso di sorprenderlo. E a
volte, l’aveva trovata seccante, perché combatteva, quasi, qualcosa di
completamente inaspettato.
“Ho
saputo di Temari. Mi disp…”
“Non
dire cazzate, Ino.”
Sbatté
le palpebre e poi annuì, sorridendo
accondiscendente. “Hai ragione, in realtà ne ero quasi felice. Però poi no.” Lo
sorprese ancora, ridendo senza allegria. “Poi no, perché ti ho aspettato ma tu
non sei mai arrivato, Shikamaru. Mai. E io ho sperato, ho pregato, ho anche
pianto, poi ho capito.”
Lui
rimase silenzioso a guardare le nuvole sopra di sé, in attesa. Forse Ino aveva
capito qualcosa che nemmeno lui aveva compreso, in quei giorni in cui aveva
pensato a come farla nuovamente sua, a come farle capire quanto l’amasse,
quanto volesse vederla felice.
“In
realtà noi due cosa siamo? Amici, dicono tutti. Ma non ti sei mai confidato con
me, non hai mai voluto il mio appoggio, o un sostegno. Non hai mai…”
“Quant’è
seccante quando la gente pensa di aver capito ogni cosa.” La bloccò, sollevandosi
a sedere, per poterla guardare meglio negli occhi. Occhi che preannunciavano
una tempesta, pioggia - lacrime. “Non avevo bisogno di cercarti, Ino. Tu, la
tua voce, la tua maledettissima voce, il tuo corpo, ci siete sempre stati.”
Un
soffio di vento la portò a coprirsi gli occhi con le mani, e Shikamaru le
afferrò un polso con forza - le sembrò un gesto disperato, non da lui.
“Sei la
persona più insopportabile che conosca. Ed è così fin da quando da bambini mi
obbligavi a vestirmi da donna e non volevo, allora mi picchiavi e mi facevi un
male cane.” Le sfuggì un sorriso, e forse anche una lacrima.
“E ti
costringevo a sciogliere i capelli.”
Shikamaru
sorrise ed annuì, era il primo bagliore di allegria che lasciava uscire,
quello, e solamente perché Ino era al suo fianco.
“Capisci?
Tu…io, io sono pazzo. Temari era una sicurezza, prepotente, ma una sicurezza.
Però c’eri tu. Mi preoccupavo più della tua felicità che della sua, mi ha fatto
più male vedere il tuo dolore.”
Ino
abbassò il capo, silenziosa. E Shikamaru aspettò, aspettò ed aspettò. Nient’altro.
Quando
lei parlò, gli strinse le mani tra le proprie, una lacrima solitaria ed un
sorriso.
“Perché
hai aspettato che fossi io a correre da te, Nara?”
Ancora
una volta, l’aveva colto di sorpresa. Certo sapeva che non
sarebbe stato semplice riaverla, ma Ino sembrava del tutto contraria all’idea
di riprendere anche un solo lembo dell’amore che aveva chiuso in un cassetto.
“Volevo…”
“Temevi
ti avrei sbattuto la porta in faccia? Oh, no.” Ino si alzò, il sorriso ancora
sul suo volto. “Sei semplicemente troppo pigro. Perché tuo padre me l’ha detto,
mi amavi già quando sono scappata da casa tua. Cosa può averti frenato?”
E la
vide andarsene, i capelli più lunghi di quanto ricordasse, la gonna corta che
svolazzava. Shikamaru si sentì morire.
Esodo
Seppe
che era lui ancor prima di sollevare il viso dal libro che stava leggendo.
Trafelato,
sudato, stropicciato, stravolto, Shikamaru era più bello che mai. Le venne da
sorridere, un sorriso malizioso, aperto, sincero che gli fece tremare le
ginocchia - perché era sicuro che quell’effetto fosse dovuto a lei, non alla
stanchezza.
“Perché
sei qui?”
Shikamaru
si buttò a sedere sul pavimento, imprecando a bassa voce e cercando le
sigarette nelle tasche dei pantaloni. Ino, nel frattempo, rimase ferma al suo
posto, in attesa.
“Perché
è dove devo stare.”
Inarcò
un sopracciglio albino, incrociando le braccia al petto. “Devi?”
“Devo,
voglio, desidero, morirò, mi arrabbierò, litigherò a morte con te e
probabilmente vorrò andarmene più di una volta. Ma tu nonostante tutto questo,
mi rincorrerai sempre, Ino. Come hai sempre fatto.”
“E se
mi stancassi?”
Era in
ginocchio di fronte a lui, la testa inclinata di lato e la bocca leggermente
socchiusa.
Le
accarezzò una guancia, e in quel momento gli venne da piangere. Aveva capito
come fosse la vita senza Ino: vuota. Non aveva nessuno che lo sgridasse per
qualsiasi cosa, nessuno che gemesse il suo nome, nessuno che gli dicesse ti amo
con le guance arrossate, coperte da un desiderio crescente.
Non
aveva più lividi da quando lei se n’era andata, né segni di morsi. Non rideva
più, e aveva capito che la cosa più seccante di tutte, era continuare a pensare
che sarebbe passato tutto.
Ma loro
non potevano passare. Erano qualcosa di statico, di stupido, di triste, di
raro, quasi quanto i loro momenti di dolcezza.
Le
afferrò la nuca, facendo cozzare duramente le loro labbra. L’incastro era
ancora perfetto.
“Farò
in modo che non accada.”
Non
bastava forse a farle capire che l’amava, da morire, ma i suoi occhi gli
sorrisero finalmente.
Lasciò
che le sue braccia magre lo stringessero e Shikamaru le circondò la vita. Il
profumo di Ino avrebbe impregnato nuovamente i suoi vestiti, le sue lenzuola,
tutto.
Come
aveva potuto rischiare di rimanere senza di lei, come?
Dedicata
a chi è innamorato.
E alla
Gin. Perché è una piattola rompipalle.
N/a
Per
qualsiasi insulto, rivolgetevi a Elpis: è lei che ha commissionato questa
fanfic, io non c’entro (quasi) nulla. Per il resto, è deprimente, lo so.
Ed è anche lunga. Sì, lo so che lo sapete, ma dovrò pur dir qualcosa.
Bah,
niente. Ho odiato Shikamaru. Spero possiate farlo anche voi, per una volta. (L)
A
presto, guys.