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Autore: Mimi18    02/10/2011    7 recensioni
“Qualcosa non va?” La domanda di Ino arrivò mentre si riallacciava i pantaloni, una sigaretta stretta tra le labbra e gli occhi fissi sulle nuvole al di là della finestra. La scrutò di sbieco negando con il capo, e sorpassandola con due falcate.
“Nulla, non preoccuparti, Yamanaka.”
Poggiò una mano sul pomello della porta, fermandosi e illuminato da un pensiero.
“Per un po’ non potremo vederci, Temari viene a Konoha.”
E Ino sentì le lacrime, in quell’istante, desiderando tornare ad averlo sopra di sé.
{ShikaIno}
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sakura Haruno | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Cause I knew that that was the last time

 

 

 

Parodo

“Dove diavolo stai andando?”

Ino si voltò di tre quarti, lasciando che la pioggia le bagnasse i capelli corti e impregnasse i suoi vestiti, rendendoli pesanti e scomodi. Era una fredda sera invernale, e da dove si trovava in quell’istante poteva chiaramente udire il ciarlare continuo degli amici, lasciati solamente pochi istanti prima all’interno dell’Ichiraku.

Immaginò Naruto e Sakura seduti ad un tavolo leggermente adombrato, distante da tutti gli altri, che si baciavano e cercavano di tenere le mani nei posti giusti, lontano dalla pelle, lontano dal proibito.

“Sono stanca. Non mi stavo divertendo, torno a casa mia,” spiegò semplicemente calciando un sasso a terra, mentre Shikamaru le si avvicinava lento.

Se lo ritrovò a pochi centimetri dalla sua faccia e pensò che dovesse essere stanco. Era tornato due ore prima da Suna - come sempre, d’altronde - e Kiba l’aveva trascinato a quella stupida festa di alcolizzati. Ino avrebbe preferito non esserci, ma non le avevano lasciato scelta.

Aveva ignorato ogni singola bottiglia che le era passata sotto il naso, così come le avances di Sai e quelle più sottili di altri uomini presenti nella sala, facendo capire che i pantaloni lunghi che aveva indossato quella sera non fossero stati scelti per puro caso, aprendo l’armadio. Il tutto sotto gli occhi attenti di Shikamaru, che aveva fumato una sigaretta, poi due, poi tre, come non faceva da tempo.

“Ultimamente sei strana.” Non le chiese cosa avesse, o se le fosse accaduto qualcosa, si limitò a rimanere con lei sotto la pioggia, con i corpi troppo vicini e troppo smaniosi.

Ino si morse un labbro e cercò di sfuggirgli con lo sguardo, ma gli occhi neri di Shikamaru erano anche più magnetici di quelli di Sasuke, e tornava ogni due secondi di incertezza a guardarlo, a cercarlo.

Era ansiosa, si torturava le mani, odiava sentire i vestiti appiccicati al suo corpo, aderirle addosso come una seconda pelle, come se la stessero possedendo o, invece, supplicandola di spogliarsi.

“Ultimamente?”

“Da quando Temari ed io ci siamo fidanzati.”

Ino piegò le labbra in un sorriso forzato, mentre Shikamaru gettava a terra la cicca bagnata. Le sembrò una scena già vista quella, quando lui si chinò sulla sua bocca per baciarla, senza un motivo apparente - solo desiderio, la trovava troppo bella e starla solamente a guardare era impensabile.

Chiuse gli occhi e si lasciò baciare, lasciò che Shikamaru l’afferrasse per la vita, che le succhiasse la giugulare, gli permise persino di infilare una mano sotto la sua maglietta, sollevandosi sulle punte e cercando di approfondire quell’incontro, seppur già i corpi stessero vibrando l’uno contro l’altro.

“Ora sei tu quello strano,” sussurrò prima di baciarlo ancora, mentre lo scrosciare della pioggia aumentava ed il vociare alto degli amici andava via, via a confondersi con i ripetuti ammonimenti nella testa di Shikamaru.

Si staccò da lei secco, fissando le sue labbra leggermente gonfie e desiderando baciarle ancora, morderle, succhiarle, sentirle piegare in un sorriso contro di sé. Tuttavia si trattenne, scostandole una ciocca di capelli dal viso.

“Probabilmente per il tuo stesso motivo, Ino,” e l’attirò a sé, un abbraccio umido e quasi goffo, contro il quale Ino si ribellò.

Lo cacciò via con uno spintone, poggiando una mano al suo fianco.

“E quale sarebbe?”

Shikamaru la fissò in silenzio, pensando a quanto fosse lontana da lui e desiderò avvicinarsi. Desiderò cancellarle ancora quell’espressione da Yamanaka dalla faccia, desiderò tutto di lei.

“Non sei una stupida, Ino.”

E la ragazza se lo fece bastare, permettendogli nuovamente di intrufolarsi dentro di sé, lasciando che i suoi occhi azzurri fissassero per tutto il tempo le palpebre chiuse di Shikamaru.

 

 

I Stasimo

Le guance di Hinata si tinsero di un tenue color pesco, colorando la pelle solitamente bianca del viso e rendendola particolarmente graziosa. Ino sorrise, sorrise e afferrò un biscotto dal piatto, pensando a quanto la rendesse bella il vero amore.

“Chissà se Temari ha il tuo stesso sorriso,” era una domanda lasciata in sospeso, e gli occhi azzurri di Ino nemmeno guardavano la ragazza di fronte a sé quando la porse. Semplicemente, puntava a qualcosa di lontano, di ignoto, che Hinata non poteva comprendere.

Tesa, di fronte ad un roseto, Ino risentiva l’eco di un gemito rauco nelle sue orecchie, che si era ripetuto fino a farle chiudere gli occhi, una nenia che l’accompagnava come una ninna nanna in quelle notti primaverili. Leccò il labbro superiore, mentre Hinata le stringeva la mano sopra il tavolino di ceramica, e quasi non la sentì tanto fu delicata.

“Non so se Temari sorride come me, Ino-chan,” disse piano, le labbra incurvate di tenerezza, “ma tu lo fai.”

Naturalmente una “o” di stupore avrebbe fatto capolino sul su viso, invece quella volta Ino si limitò a pensare che, forse, dopotutto, Hinata avesse ragione. Più volte si era ritrovata di fronte ad uno specchio con un sorriso di gioia, le labbra piene ed il volto colorito. Più volte, in quegli istanti, la figura di Shikamaru l’aveva sorpresa alle spalle, baciandole il collo, mordendole la carne della schiena, stringendole i fianchi e annusando il profumo dei suoi capelli bagnati.

“Immaginavo sarebbe accaduto,” sbatté le ciglia lunghe più volte mentre Hinata annuiva, ed Ino capì che non era stata la sola a credere in quelle parole. Probabilmente, come lei, anche Hinata durante gli allenamenti aveva notato come Ino ormai si accanisse contro Shikamaru, in una sorta di muta disperazione che nascondeva tutt’altro. Un “tutt’altro” che ancora Ino non riusciva a pronunciare, codarda, spaventata dalla prominente figura di Temari sopra di sé.

“Tutto è confuso,” continuò Ino, accarezzandosi una ciocca di capelli, arrotolandola intorno ad un dito e lasciandola di colpo, leggermente riccia, ora. “Non so se sia giusto, sbagliato, se devo fermarmi o andare avanti. Non so se forse sarebbe meglio barricarmi in camera e non farmi più trovare. Non so cosa prova Shikamaru - non so se sia il caso di parlargli - e non so nemmeno se sarò felice, domani.”

Hinata sbatté le palpebre un paio di volte, prima di alzarsi e raggiungerla. Si inginocchiò al suo fianco, prendendole nuovamente la mano e portandogliela al cuore: Ino si stupì di quanto battesse forte, in quell’istante.

Sapeva che Hinata fosse in grado di guardarle dentro, di notare il flusso agitato del suo chakra e che, quindi, capisse il suo stato d’animo. Forse, era per quel motivo che era corsa da lei e non da Sakura.

“Quando sei con lui non pensi a nulla. Ti svuoti, sei serena. In quei momenti hai il sorriso più bello, non ti servono trucchi per essere splendida o vestiti appariscenti.” Le spiegò con calma studiata, rimembrando dentro di sé tutte le visioni di Ino al fianco di Shikamaru, con le mani che sfioravano, gli sguardi che si incatenavano, i desideri nascosti malamente. “Sei innamorata, Ino-chan, e non credi che forse anche Shikamaru dovrebbe saperlo?”

Ino non si preoccupò di dirle che, sicuramente, Shikamaru già lo sapeva.

 

 

I Episodio

Ino tolse l’elastico, librando così i corti capelli biondi al vento della finestra, mentre Shikamaru borbottava qualcosa su quanto fosse stata crudele con lui, su quanto le ferite gli facessero male, su quanto fosse seccante quell’idiota di un Uchiha con manie di protagonismo.

“Tieni le bende sulla ferita per qualche giorno, Nara, e non farmi pentire di non averti mandato in ospedale da Sakura.” Gli disse con le mani sui fianchi, facendogli sollevare gli occhi al cielo.

Guardò la figura armoniosa di Ino tendersi verso di lui, sentì le sue dita vicine al collo massaggiarlo, lievi, amorevoli. Chiuse gli occhi, sperando che quel cambiamento d’umore portasse a qualcosa di buono…

“Non farmi più preoccupare arrivando a casa mia insanguinato a quel modo,” ordinò imperiosa, gli occhi chiusi in due fessure.

“Sono un ninja sai?”

La sentì sbuffare e gli venne da sorridere. La immaginò dietro di sé con le guance piene, rosse e l’espressione arrabbiata come una bambina, proprio come faceva sempre quando lui la prendeva in giro. Sollevò il collo e per un puro caso fortuito, la baciò. Un incastro di labbra perfetto, un aprirsi e chiudersi lento e studiato, mentre Ino cambiava posizione senza staccarsi da lui, sedendogli a cavalcioni sulle gambe.

Rise contro la sua bocca quando lo sentì mugugnare di dolore, “Ops, scusa.”

Continuò a baciarlo contro i suoi borbottii, contro le sue mani sulla pelle della pancia, oltre la stoffa leggera della maglietta viola. Sentì una mano accarezzarle i capelli, e in quel momento lui si allontanò dalla sua bocca.

“Perché hai deciso di tagliarli, Ino?”

La ragazza lo guardò come se stesse scherzando, mentre Shikamaru le mordeva il collo e dalla sua posizione la fissava, in attesa. Leggeva un’ombra di curiosità non sua su quel viso, e gli sorrise divertita.

“Non ti piaccio, Nara? Eppure non si…”

“Non ho detto questo. Ti ho chiesto il perché.”

“Quindi ti piaccio.”

“Yamanaka, non essere seccante e rispondi.”

Le venne naturale sorridere. Sorridere e basta, con occhi e bocca, anche con i gesti, con le carezze al viso di Shikamaru, al suo petto, a tutto di lui.

Seguì la linea del suo collo con il naso mentre lui baciava la sua fronte, teneva saldamente ancorato a sé il suo corpo e chiudeva gli occhi. Già sapeva che Ino non gli avrebbe risposto, che avrebbe sorvolato sulla domanda, facendolo distrarre, eccitare, godere, venire come solamente lei ne era davvero capace.

La bocca di Ino scendeva, non la teneva più sopra di sé, e quando percepì le sue labbra e la sua lingua chiuse gli occhi, afferrandole senza troppa violenza i capelli.

Boccheggiò nel vuoto della stanza, gli occhi neri che guardavano obbligatoriamente al soffitto mentre Ino lo mandava fuori di testa, sporca e stronza come diventava sempre in quei momenti.

Il soffitto d’un tratto scomparve, sostituito dal cielo. Shikamaru la costrinse a baciarlo con violenza, desiderio, urgenza.

“Ehi, Shikamaru, non qui. Andiamo sul letto…aspetta, aspetta!”

Fu inutile quella preghiera, quel desiderio. Sentì il pavimento freddo sotto di sé, e Shikamaru penetrarla, mentre i suoi occhi la scrutavano.

Era sempre così, ogni volta che finivano a fare sesso dove si trovavano, senza che lui si curasse delle sue proteste; Shikamaru la guardava sempre, mangiava ogni singolo mutamento della sua espressione, ammirando la bocca che si apriva ad ogni gemito, o gli occhi diventare vacui a causa del piacere.

Spinse contro di lei, sollevandole di poco la maglia: in quel momento, pensò che non l’aveva mai vista nuda, mai nemmeno una volta, per un istante. Per quanto l’avesse desiderato, quegli incontri lunghi massimo un’ora non gli avevano mai concesso di potersi innamorare di ogni singolo lembo della sua pelle, di vedere eventuali nei in punti nascosti, di trovare smagliature delle pelle su quel corpo apparentemente perfetto. Seppur desiderasse conoscere ogni centimetro del corpo di Ino, non gli era mai stato concesso quel privilegio.

 

“Qualcosa non va?” La domanda di Ino arrivò mentre si riallacciava i pantaloni, una sigaretta stretta tra le labbra e gli occhi fissi sulle nuvole al di là della finestra. La scrutò di sbieco negando con il capo, e sorpassandola con due falcate.

“Nulla, non preoccuparti, Yamanaka.”

Poggiò una mano sul pomello della porta, fermandosi e illuminato da un pensiero.

“Per un po’ non potremo vederci, Temari viene a Konoha.”

E Ino sentì le lacrime, in quell’istante, desiderando tornare ad averlo sopra di sé.

 

 

II Stasimo

Sakura la sorresse prontamente quando rischiò di cadere dal marciapiedi, sotto gli occhi ridenti di TenTen.

Aveva le guance rosse, rossissime, ed era bella. Più bella di Temari, come le aveva urlato due ore prima, più bella di ogni altra, come le aveva sussurrato Sai alle orecchie.

“Avrei voluto picchiarla,” esclamò buttandosi con forza a terra, trascinando Sakura con sé e finendo per sporcare i vestiti di entrambe. Rise gutturale e mascolina, leggermente rozza come era sempre stata, prima che TenTen tirasse fuori un kunai dagli stivali.

“Se lo volessi fare davvero, hai ciò che ti occorre.”

La risata di Ino continuò per qualche manciata di secondi, mentre il vento leggermente fischiava tra le fronde degli alberi.

Rimase con il sorriso ancora aperto sul volto, lo stomaco che gorgogliava, si arrotolava, doleva al ricordo delle mani di Temari sul viso di Shikamaru. Delle loro labbra unite. Del suo corpo a cavalcioni su di lui.

Chiuse gli occhi, coprendosi le palpebre con un braccio. Sakura, al suo fianco, si voltò a guardarla in attesa.

“Credo che lo lascerò, domani,” sussurrò con un singhiozzo, e TenTen le corse a fianco, materna, imprecando sotto voce contro Shikamaru e la razza maschile, Neji incluso.

Ino lasciò che la coccolasse, che cancellasse le braccia di Shikamaru dal suo corpo, lasciò anche cadere le lacrime senza remore, senza vergognarsi, senza pensare che una kunoichi non dovrebbe mai mostrare le proprie emozioni. Ma che diavolo voleva dire, poi, quella frase? Come se un ninja non avesse un cuore, ma Ino ce l’aveva. E tutti i suoi amici, a partire da Sakura fin ad arrivare a Shino possedevano un cuore. Era impossibile non mostrare il proprio vero volto, quando il tumulto interiore minacciava in maniera così visibile di sgorgare fuori. Di essere lasciato libero.

“Senza di lui sarà difficile, non amerò nessun altro fino a dilaniarmi l’anima. Nessun altro. Ma non sono nata per essere l’altra,” singhiozzò contro le spalle di TenTen, mentre Sakura annuiva.

Si alzò senza curarsi dell’erba che le sporcava il vestito, passandosi le dita tra i lunghi capelli color pesco. “Hai ragione. Non sei mai stata una che adora nascondersi, Ino. Non vuoi essere seconda a nessuno, non vuoi dividere le tue cose con nessuno, e ami in maniera troppo evidente perché tu possa continuare così.” Le regalò uno sguardo, prima di buttarsi sopra di lei, in un goffo gesto di affetto. Ino arrossì, continuando a piangere ed ignorando il trucco che colava. “Sarà una frase da amica, ma tu sei troppo bella per Shikamaru. Troppo. Beh, in effetti, sei un po’ troppo bella per tutti.”

Ino sgranò gli occhi, sentendosi quasi ferita da quelle parole. Sembrò quasi che Sakura la stesse accusando che lì, tra loro, non ci fosse spazio per i suoi capelli biondi o per la sua bocca da bambolina, nonostante stesse semplicemente tentando di consolarla.

Tuttavia, Ino si era sentita bella abbastanza in quei mesi, quando Shikamaru la guardava. Si era sentita bella, solamente perché aveva i suoi occhi addosso, occhi che quella sera l’avevano scrutata nell’ombra, e che ora guardavano un’altra, ma desideravano solo di poter osservare le espressioni del viso di Ino.

 

 

II Episodio

Shikamaru le afferrò con forza le spalle, baciandole prepotentemente le labbra, contro i mugugni forzati di Ino, contro le sue mani che cercavano di spingerlo lontano, contro le sue guance bagnate dalle lacrime.

“Lasciami andare,” le uscì un gemito strozzato, una preghiera che Shikamaru non si curò di esaudire, mentre le sue mani cercavano la sua pelle oltre la camicia nera che lei indossava. Non si era mai vestita così, mai. Avrebbe dovuto percepire che qualcosa non andava quando Ino era entrata nella sua stanza così scura, così poco appariscente.

“Dammi un motivo.” Le ringhiò contro le labbra, gli occhi neri che la penetravano, che la scrutavano a fondo, che la desideravano, nonostante tutto.

Ino deglutì con forza, spingendolo lontano da sé. Lo voleva distante, non doveva percepire su di sé quel desiderio bruciante, o tutto sarebbe andato a farsi benedire, e nulla sarebbe cambiato.

Si asciugò le lacrime, graffiandosi con un bottone della manica, ma ignorando il bruciore. “Guardare te e Temari mi fa vomitare.”

Lo disse sprezzante, sentendo però di essersi liberata da un macigno che da troppo le gravava sullo stomaco. Ora, seppur fastidiose, le farfalle ricominciavano a volare più liberamente con Shikamaru nella stanza. Era quasi sollevata, Ino, nonostante gli stesse dicendo addio.

“Non posso sopportare il pensiero che vola ad un’altra mentre facciamo l’amore. Non posso amarti,” Shikamaru sussultò a quel verbo, “sapendo che anche un’altra lo fa - che un’altra può esprimertelo di fronte a tutti. Mi fa schifo questa situazione, Shikamaru, e mi fa schifo la mia posizione, così come a te dovrebbe fare schifo la tua.”

Lo vide chinare il capo e capì di aver toccato un punto scoperto. La cosa stupida a cui pensava, mentre diceva quelle parole, era che lui la fermasse, che le dicesse di amarla e che aveva lasciato Temari, ma i preservativi sul comodino vicino al letto dimostravano che quella notte non l’aveva passata da solo.

“Dovresti saperlo, Shikamaru: sono fatta per riempire la testa della gente ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Non per essere presa quando si ha semplicemente bisogno di un corpo.”

E seppe di avergli fatto male, in quel preciso istante, quando Shikamaru sollevò gli occhi. Lucidi.

Sarebbe fuggita, scappata lontana, se lui non le avesse afferrato la mano e buttata sul letto con forza, sovrastandola con il proprio corpo.

“Pensi davvero di essere solo questo, Ino?!” Gridò contro di lei la sua rabbia, sbattendo le mani ai lati del suo viso. Ino pianse, forte, coprendosi il volto con le mani. “Davvero sei convinta che non ti pensi ogni ora, ogni minuti, ogni fottuto secondo? Sei sempre stata e sarai sempre la seccatura più grande della mia vita, stupida, quindi non venirmi a parlare di cose che non sai!”

Ino fece per aprir bocca, quando Shikaku sbatté la porta e piombò nella stanza, trafelato.

I due ragazzi lo videro boccheggiare, incerto. Sarebbe stato divertente e buffo probabilmente per chiunque, in quell’istante, ma Ino lo vide solo come una possibilità di fuga.

Sgusciò via dalle braccia di Shikamaru, spintonando l’uomo sulla soglia della porta e correndo veloce giù dalle scale.

“Porco cazzo,” disse Shikamaru alzandosi dal letto, e facendo per correrle dietro. Le mani di Shikaku, però, lo fermarono decise.

Guardò il padre con astio, prima di ricacciare la rabbia in gola.

“Non credo sia il caso, Shikamaru.”

 

Ino sbatté la porta di casa con forza, Inoichi che bussava ripetutamente e le urlava contro, chiedendole cosa fosse successo, chi doveva picchiare, chi fosse il bastardo.

Non lo udiva, c’era solamente l’eco delle parole di Shikamaru e la consapevolezza che non poteva credere a nulla. Nulla.

 

 

III Stasimo

Shikamaru non sorrideva, non giocava a shoji, non trovava nulla una seccatura. Non si sollevava dal letto ai richiami di sua madre, e quando Shikaku entrò nella stanza non trovò nemmeno la forza di lamentarsi.

“Parlamene.”

Shikamaru si sedette incrociando le gambe, accendendo una sigaretta e ringraziando mentalmente chi avesse inventato la nicotina.

“Penso che non seccherà mai più la mia vita.” Iniziò incerto, o forse anche sicuro, ma con l’espressione che non era delle migliori. Shikaku lo trovò cambiato, più grande e distrutto, ma non completamente. “Non dovrai più sgridarci perché ride troppo forte di notte - ah, la maggior parte del tempo ridevamo per altro, papà - e non porterà più i biscotti la domenica pomeriggio.”

Si ributtò nuovamente sul letto, le mani a coprire il viso. Era un fiume in piena, non parlava da giorni con nessuno, Choji aveva faticato non poco a strappargli le parole dalla bocca.

Shikaku sorrise, quasi intenerito nonostante tutto, nonostante quelle confessioni, nonostante Shikamaru stesse da cani.

“E Temari?”

Shikamaru abbassò le palpebre, prendendosi il capo tra le mani.

Cè solo Ino.

 

 

III Episodio

Shikamaru aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri di Ino, e gli venne spontaneo domandarsi da quando non la vedesse - da quanto non la toccasse.

Si sollevò appena, giusto i centimetri che le permettessero di togliergli qualche stelo d’erba dalla schiena, premurosa, con un sorriso che non le apparteneva sul volto. Era bella, dannatamente bella anche distrutta. Dannatamente bella anche nel dolore, Ino, proprio come anni prima quando l’aveva raggiunta per un abbraccio, la notte della morte di Asuma. E ogni anniversario, sempre richiedeva conforto a quelle braccia e lasciava che le lacrime di Ino bagnassero il suo collo.

“Cosa ci fai qui?” Le chiese ed Ino scrollò le spalle; Shikamaru notò che non si era seduta al suo fianco, era solamente di passaggio, probabilmente aveva pensato che sarebbe stato maleducato non salutarlo - in realtà, Ino semplicemente non aveva potuto andare oltre, senza fermarsi. Rischiava di farsi male guardando il viso stravolto dalla stanchezza di Shikamaru, ma quarantasette giorni senza parlare, senza toccarsi, senza guardarlo erano stati troppo. Troppo, un peso elevato, insopportabile che lei, le sue spalle, le sue ginocchia non potevano sopportare. Aveva ceduto, pronta ad altre schegge nel cuore.

“Torno da casa di Hinata. Avevo…delle cose di cui parlarle,” spiegò pratica, torturandosi i capelli con un dito. Le erano cresciuti, notò Shikamaru, e avrebbe voluto accarezzarli.

Tornò a sdraiarsi silenzioso, convinto che Ino se ne sarebbe andata. Aveva notato l’agitazione sul suo viso quando si era sollevato, aveva notato le borse sotto gli occhi azzurri, aveva notato quante volte avesse deglutito durante quel breve incontro.

Invece, stupendolo, Ino gli si sedette affianco. Sentì di non conoscerla come pensava in quel momento, ma poi gli fu chiaro che Ino Yamanaka per lui era sempre stata un mistero: poteva conoscere ogni sua singola sfumatura durante l’amore, capire per cosa fosse ogni lacrima che versava, comprendere a cosa fossero dovute le sue risate rozze, ma mai - mai - lei avrebbe smesso di sorprenderlo. E a volte, l’aveva trovata seccante, perché combatteva, quasi, qualcosa di completamente inaspettato.

“Ho saputo di Temari. Mi disp…”

“Non dire cazzate, Ino.”

Sbatté le palpebre e poi annuì, sorridendo accondiscendente. “Hai ragione, in realtà ne ero quasi felice. Però poi no.” Lo sorprese ancora, ridendo senza allegria. “Poi no, perché ti ho aspettato ma tu non sei mai arrivato, Shikamaru. Mai. E io ho sperato, ho pregato, ho anche pianto, poi ho capito.”

Lui rimase silenzioso a guardare le nuvole sopra di sé, in attesa. Forse Ino aveva capito qualcosa che nemmeno lui aveva compreso, in quei giorni in cui aveva pensato a come farla nuovamente sua, a come farle capire quanto l’amasse, quanto volesse vederla felice.

“In realtà noi due cosa siamo? Amici, dicono tutti. Ma non ti sei mai confidato con me, non hai mai voluto il mio appoggio, o un sostegno. Non hai mai…”

“Quant’è seccante quando la gente pensa di aver capito ogni cosa.” La bloccò, sollevandosi a sedere, per poterla guardare meglio negli occhi. Occhi che preannunciavano una tempesta, pioggia - lacrime. “Non avevo bisogno di cercarti, Ino. Tu, la tua voce, la tua maledettissima voce, il tuo corpo, ci siete sempre stati.”

Un soffio di vento la portò a coprirsi gli occhi con le mani, e Shikamaru le afferrò un polso con forza - le sembrò un gesto disperato, non da lui.

“Sei la persona più insopportabile che conosca. Ed è così fin da quando da bambini mi obbligavi a vestirmi da donna e non volevo, allora mi picchiavi e mi facevi un male cane.” Le sfuggì un sorriso, e forse anche una lacrima.

“E ti costringevo a sciogliere i capelli.”

Shikamaru sorrise ed annuì, era il primo bagliore di allegria che lasciava uscire, quello, e solamente perché Ino era al suo fianco.

“Capisci? Tu…io, io sono pazzo. Temari era una sicurezza, prepotente, ma una sicurezza. Però c’eri tu. Mi preoccupavo più della tua felicità che della sua, mi ha fatto più male vedere il tuo dolore.”

Ino abbassò il capo, silenziosa. E Shikamaru aspettò, aspettò ed aspettò. Nient’altro.

Quando lei parlò, gli strinse le mani tra le proprie, una lacrima solitaria ed un sorriso.

“Perché hai aspettato che fossi io a correre da te, Nara?”

Ancora una volta, l’aveva colto di sorpresa. Certo sapeva che non sarebbe stato semplice riaverla, ma Ino sembrava del tutto contraria all’idea di riprendere anche un solo lembo dell’amore che aveva chiuso in un cassetto.

“Volevo…”

“Temevi ti avrei sbattuto la porta in faccia? Oh, no.” Ino si alzò, il sorriso ancora sul suo volto. “Sei semplicemente troppo pigro. Perché tuo padre me l’ha detto, mi amavi già quando sono scappata da casa tua. Cosa può averti frenato?”

E la vide andarsene, i capelli più lunghi di quanto ricordasse, la gonna corta che svolazzava. Shikamaru si sentì morire.

 

 

Esodo

Seppe che era lui ancor prima di sollevare il viso dal libro che stava leggendo.

Trafelato, sudato, stropicciato, stravolto, Shikamaru era più bello che mai. Le venne da sorridere, un sorriso malizioso, aperto, sincero che gli fece tremare le ginocchia - perché era sicuro che quell’effetto fosse dovuto a lei, non alla stanchezza.

“Perché sei qui?”

Shikamaru si buttò a sedere sul pavimento, imprecando a bassa voce e cercando le sigarette nelle tasche dei pantaloni. Ino, nel frattempo, rimase ferma al suo posto, in attesa.

“Perché è dove devo stare.”

Inarcò un sopracciglio albino, incrociando le braccia al petto. “Devi?”

“Devo, voglio, desidero, morirò, mi arrabbierò, litigherò a morte con te e probabilmente vorrò andarmene più di una volta. Ma tu nonostante tutto questo, mi rincorrerai sempre, Ino. Come hai sempre fatto.”

“E se mi stancassi?”

Era in ginocchio di fronte a lui, la testa inclinata di lato e la bocca leggermente socchiusa.

Le accarezzò una guancia, e in quel momento gli venne da piangere. Aveva capito come fosse la vita senza Ino: vuota. Non aveva nessuno che lo sgridasse per qualsiasi cosa, nessuno che gemesse il suo nome, nessuno che gli dicesse ti amo con le guance arrossate, coperte da un desiderio crescente.

Non aveva più lividi da quando lei se n’era andata, né segni di morsi. Non rideva più, e aveva capito che la cosa più seccante di tutte, era continuare a pensare che sarebbe passato tutto.

Ma loro non potevano passare. Erano qualcosa di statico, di stupido, di triste, di raro, quasi quanto i loro momenti di dolcezza.

Le afferrò la nuca, facendo cozzare duramente le loro labbra. L’incastro era ancora perfetto.

“Farò in modo che non accada.”

Non bastava forse a farle capire che l’amava, da morire, ma i suoi occhi gli sorrisero finalmente.

Lasciò che le sue braccia magre lo stringessero e Shikamaru le circondò la vita. Il profumo di Ino avrebbe impregnato nuovamente i suoi vestiti, le sue lenzuola, tutto.

Come aveva potuto rischiare di rimanere senza di lei, come?

 

 

Dedicata a chi è innamorato.

E alla Gin. Perché è una piattola rompipalle.

 

 

N/a

Per qualsiasi insulto, rivolgetevi a Elpis: è lei che ha commissionato questa fanfic, io non c’entro (quasi) nulla. Per il resto, è deprimente, lo so. Ed è anche lunga. Sì, lo so che lo sapete, ma dovrò pur dir qualcosa.

Bah, niente. Ho odiato Shikamaru. Spero possiate farlo anche voi, per una volta. (L)

A presto, guys.

 

 

   
 
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