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Autore: Bel Riose    02/10/2011    1 recensioni
Fanfic ambientata nel mondo di Fallout 3 dopo lo svolgimento della quest principale, integrato con il mod "Mothership Zeta Crew".
In un mondo devastato da un'antica guerra nucleare, una nuova luce di speranza illumina il genere umano: si tratta del Terran Starship Command, una potente organizzazione militare, dotata di tecnologie avanzatissime di provenienza non terrestre, che aspira alla riunificazione dell'umanità e alla restaurazione della civiltà. Ma quando il comandante del TSC viene colpito da alcune strane radiazioni, tutte le risorse dell'organizzazione vengono deviate su di una pericolosissima missione apparentemente senza senso. Finchè la comparsa di una ragazza senza nome non sconvolge nuovamente le carte in gioco.
Chi è? Qual è il suo collegamento con la misteriosa Cheryl che tanto ossessiona il comandante del TSC? E fin dove può spingersi un uomo per raggiungere un passato ormai scomparso?
Genere: Guerra, Malinconico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Nell’anno 2277, circa due secoli dopo che la Grande Guerra Nucleare ebbe devastato la gran parte della Terra, Alexis, un giovane eroe della Zona Contaminata della Capitale, già veterano di molte battaglie, si trovò nell’incredibile situazione di essere vittima di un rapimento alieno. Come riuscì a scoprire in seguito, durante la sua rocambolesca fuga, egli non era l’unico prigioniero: centinaia di persone erano state rapite nel corso dei secoli, studiate, analizzate e sottoposte a crudeli esperimenti da parte degli alieni. Messosi a capo di un gruppo di prigionieri, egli si impegnò in una durissima battaglia a bordo del vascello alieno, ed infine riuscì a sconfiggere i suoi aguzzini. Poco dopo, di nuovo sulla Terra, rispondendo ad una chiamata di soccorso, incontrò un piccolo contingente di soldati disertori dell’Enclave. Insieme ad essi, ed al loro comandante Harkin, Alexis fondò il primo nucleo della vasta organizzazione che venne poi chiamata Terran Starship Command. Da allora, il TSC si è espanso, e annovera centinaia di soldati, ingegneri, scienziati…Le migliori menti, le migliori attrezzature, le migliori armi, e l’immenso potere della tecnologia extraterrestre sono i pilastri su cui il TSC conta per portare a termine la propria missione: riunificare l’umanità nella pace e nella prosperità.”
 
Questo era il breve testo propagandistico scritto sul foglietto che l’Ammiraglio Supremo Alexis teneva in quel momento in mano, seduto sulla sua poltrona, all’interno del suo studio personale a bordo della Olympus.
Si lasciò sfuggire un sorriso, sul viso quasi pallido, che appariva segnato da un alone di tristezza:- Ammetto pure che laggiù ci sono molti creduloni….ma i rapimenti alieni non sono esattamente il massimo della verosimiglianza.-
Harkin, di fronte a lui, non nascose la perplessità:- Ma è solo la verità, Ammiraglio. Questo è quanto accaduto…-
- Lo so, lo so, Harkin.- il sorriso sul volto di Alexis si ampliò:- Solo immagino come la gente recepirà questa propaganda. Forse è meglio darle qualche altra occhiata.-
- Come vuole, signore.-
Si alzarono entrambi.
- La nostra ospite?-
- Si è ripresa pienamente, e sta già iniziando a imparare i primi rudimenti su questa nave. Ma, mi dica signore- improvvisamente il tono di voce di Harkin si era fatto preoccupato:- E’ sicuro introdurla così nel TSC?-
Alexis fissò i suoi occhi grigi sul suo primo ufficiale: - Non c’è nessun pericolo, Harkin.-
- Non sappiamo neppure chi è…..lei crede che possa essere….-
- Cheryl?- l’interruppe l’Ammiraglio.
Harkin non rispose. Deglutì.
Per tutta risposta l’Ammiraglio si mise a guardare oltre il finestrone cui la sua scrivania dava le spalle, osservando il pianeta Terra in tutto il suo desolante splendore: del “Pianeta Blu” ormai non restava nulla; quasi tutto era coperto da grigie nubi perenni, che nascondevano alla vista una superficie devastata dalla follia dell’uomo.
- No, non è Cheryl.- disse infine:- Non ho idea di chi sia, ma sento che la sua comparsa improvvisa, ora, non è una coincidenza.-
- Cosa intende dire?-
Alexis scosse il capo:- Non lo so, Harkin. E’ una sensazione, solo una sensazione. Comunque sia le parlerò io personalmente. Nel frattempo, verranno riprese le spedizioni di ricerca.-
Harkin sospirò:- Signore, gli uomini sono stanchi, e iniziano a farsi delle domande…-
L’Ammiraglio si voltò di scatto, lo sguardo ora glaciale:- Che se le facciano pure. Hanno una missione, e devono portarla a compimento.-
- Ma, signore, questa missione….-
- Ne abbiamo già discusso, Harkin. Questa missione è importante, fondamentale. Quindi deve essere eseguita al più presto.-
Il primo ufficiale abbassò appena il capo, lasciandosi sfuggire un altro sospiro:- Certo, signore. Preparerò immediatamente una nuova squadra di ricerca.-
- Bene. Può andare.-
Harkin salutò militarmente ed uscì, quasi di fretta, dallo studio.
L’Ammiraglio si sedette nuovamente sulla sua poltrona, quasi gettandovisi sopra.
Reclinando appena il capo, socchiuse gli occhi.
Era stanco.
L’ultima spedizione nella Zona Contaminata lo aveva spossato.
Alexis poteva ancora rievocare, nitidi, i ricordi di quando, solitario viaggiatore, capitò per Washington la prima volta.
La maestosità di quelle rovine lo aveva colpito fin da subito.
Improvvisamente, nei suoi pensieri balenò anche un altro ricordo, più recente, più vivido.
Tanto vivido, da sembrare reale.
Tutt’attorno a lui l’aria sembrò impregnarsi di un odore acre, mentre la vista gli si annebbiava, e la stanza e le cose all’interno di essa assumevano uno strano colorito giallastro.
Alexis iniziò a sentire dei dolori lancinanti al petto. Si aggrappò con entrambe le mani alle scrivania, respirando affannosamente.
Con un disperato sforzo mentale, tentò di ricacciare le immagini che iniziavano ad assalirlo, e di fare mente locale.
Il tutto durò pochi attimi, ma per lui furono interminabili. Il dolore cessò, improvvisamente com’era venuto, e tutto tornò alla normalità.
Alexis trasse un profondo respiro:- Un’altra volta….- disse tra sé sottovoce, scuotendo il capo.
“Forse” pensò “sarebbe meglio andare in infermeria per un controllo.”
Ma ricacciò subito quest’idea. Non aveva bisogno di controlli: lui sapeva esattamente di cosa si trattava.
Invece dell’infermeria, la sua prossima destinazione sarebbe stata un’altra.
 
- Valkyrie?- ripeté a mo’ di domanda  la ragazza.
Il Comandante Mallore fece cenno di si con il capo:- Esatto: Valkyrie. Nome azzeccato non trovi?- le sorrise.
La ragazza per tutta risposta lo guardò con sguardo perplesso, al che il comandante si sentì leggermente imbarazzato, ed il sorriso scomparve.
- Le valchirie nell’antica mitologia nordica portavano i guerrieri morti sul campo di battaglia in paradiso. E’ sicuro che sia un nome veramente indovinato?-
Mallore tossicchiò, distogliendo lo sguardo:- Non sono stato io a sceglierlo…- sussurrò, quasi a scusarsi.
Un battere di mani alle sue spalle distolse la ragazza dall’imbarazzato ufficiale.
- Molto bene, signorina. Vedo che la sua cultura è decisamente di buon livello.-
Mallore si fece immediatamente sull’attenti mentre il Supremo Comandante si faceva avanti verso di loro.
- Signore, stavo spiegando alla nostra ospite il ruolo svolto dai nostri mezzi.-
Alexis annuì:- Buona idea, comandante. Ma ora si prenda pure una pausa. E veda di preparare un Valkyrie al più presto. Entro due giorni torneremo sulla superficie.-
Mallore annuì, salutò militarmente il superiore, lanciò un fugace sguardo alla fanciulla, quindi sparì su di una passerella dietro lo strano velivolo.
- Spero si trovi bene, qui a bordo.- disse poi Alexis alla ragazza.
Lei annuì:- E’ tutto così straordinario….stare su questa nave è un viaggio nel Paese delle Meraviglie, e poi…..- fece una pausa:- Mi avete salvato la vita. -
Alexis sorrise:- E’ stato nostro dovere. Non potevamo certo abbandonarla in mano a quei mostri.-
Con una mano, le indicò la porta che conduceva all’altra sezione degli hangar. Lei si incamminò, seguita a ruota dal comandante.
Mentre si avviavano per gli stretti corridoi, Alexis non poté fare a meno di posare lo sguardo su di lei, e notare quanto fosse diversa rispetto a quando l’aveva fortunosamente salvata dalle grinfie dei supermutanti.
Gran parte delle ferite erano guarite, con solo una o due cicatrici a malapena visibili subito sotto il collo. I capelli, tornati al loro colore naturale, quasi splendevano, allungatisi di qualche centimetro tanto da coprirle tutta la nuca; gli occhi rilucevano, su di un viso che finalmente mostrava tutta la bellezza di una giovanissima donna.
Lei sembrò accorgersi dello sguardo di Alexis, e improvvisamente si girò verso di lui, fissandosi sui suoi occhi grigi:- Lei quindi è il Supremo Comandante?-
Alexis le sorrise, per nulla imbarazzato dallo sguardo della ragazza:- Alexis. Non c’è bisogno di usare questi titoli magniloquenti.- disse, accennando un inchino:- E il tuo nome? Mi sembra che tu non l’abbia detto ancora a nessuno.-
Ora fu lei a sembrare imbarazzata. Abbassò gli occhi, fissandoli sul freddo pavimento metallico mentre si avvicinavano alla sezione della Sala Motori.
- Io…..non lo ricordo…..-
- Non ricordi nulla di prima che ti abbiamo trovata?-
Scosse il capo:- Nulla. Cerco di sforzarmi, giorno e notte, ma non mi viene mai nulla. L’unica cosa che riesco a ricordare è la mia corsa tra le rovine, ed un pensiero che era fisso in me mentre correvo.-
- Quale?-
Si fermarono.
- Rivet City. -
Alexis aspettò qualche secondo prima di incalzare, cauto:- Dovevi raggiungere la città?-
Lei annuì.
- Sai il perché?-
Cenno negativo.
Alexis sospirò:- Il nostro medico afferma che non soffri di alcun tipo di amnesia. Nessuna lesione, tra quelle che hai subito, è compatibile con essa. Quindi, ci sono due casi: o stai mentendo, o stai dicendo la verità.-
Lei alzò di scatto lo sguardo verso di lui:- Io non sto mentendo.- disse, con voce ferma.
- Ed io voglio crederti. Ma allora bisogna scoprire cosa si cela dietro questo mistero.-
- Perché mi credi?- fece lei, mantenendo il tono fermo.
Il Supremo Comandante non rispose subito.
- Non lo so. - disse poi:- Ho una sensazione che mi dice di farlo, dentro di me. -
- E ti fidi così delle tue sensazioni?-
- Sempre. Tu no?-
La ragazza rimase perplessa:- Come posso saperlo?-
- Non hai nessuna sensazione in questo momento?-
-Una.-
-Quale?-
Gli occhi grigi erano fermi su di lei.
- Se vorrete, resterò in questa organizzazione.-
Alexis accennò una smorfia:- Non è così semplice: tutti i membri del TSC sono sottoposti a rigorosi test, e ad un addestramento completo di alto livello.-
- Farò ciò che devo.-
Il comandante rimase colpito dalla determinazione che traspariva da quella ragazza, ma non rimase a rifletterci sopra a lungo.
- Affare fatto. Ma avrai bisogno di un nome….-
- Helmwige.-
- Helmwige?- ripeté Alexis, visibilmente stupefatto.
- Wagner, lo conosci?-
Alexis sospirò:- Non ricordi nulla del tuo passato ma possiedi una cultura stupefacente. Questo come lo spieghi?-
- Non lo spiego, infatti.- ribatté secca la ragazza:- Allora?-
- Vada per Helmwige, anche se avrei preferito un nome più semplice.- Alexis sorrise.
- Puoi sempre chiamarmi Helm, per abbreviazione.-
L’Ammiraglio annuì.
 
- Dunque l’ha accettata nel TSC, comandante?-
Archangel scrutava il volto del suo superiore attraverso le lenti dall’aspetto tanto antiquato quanto il resto dell’abbigliamento del loro proprietario.
Alexis si era sempre chiesto se il vecchio, sgualcito impermeabile beige d’anteguerra, il cappello ad ampia falda e quelle lenti fossero semplice vestiario o parte integrante del suo ufficiale capo dell’intelligence.
- Ho fatto quello che ho ritenuto giusto, Archangel.-
- Non voglio mettere in discussione il suo giudizio, signore. Ma ci sono molti elementi da considerare: per iniziare, da dove viene? E perché dice di non ricordare nulla del suo passato?-
Mentre poneva queste domande con il suo consueto tono enfatico, si sedette sulla poltrona (anch’essa decisamente retro) che fronteggiava quella dov’era seduto Alexis, all’interno del suo alloggio: un piccolo, bel museo dell’era prebellica.
- Lo scopriremo. Ma il punto non è questo….-
- E qual è, ammiraglio?-
Archangel assunse un’aria inquisitoria.
Un brutto vizio, che non probabilmente l’avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni, pensò Alexis.
- C’è un collegamento tra lei e Cheryl?-
Archangel trasse un profondo respiro:- Cosa le fa pensare che ci sia un collegamento?-
- Lo sento.-
- Non sempre le sensazioni hanno ragione, signore.-
Ci fu una breve pausa, in cui Alexis sembrò per un attimo preso nel vortice dei sui pensieri.
Ma riemerse subito.
- Anche tu non sei d’accordo con la mia decisione?-
- Mi chiedo se sia saggio fare quello che stiamo facendo.-
Alexis si fece cupo, come sempre, quando si toccava quell’argomento:- La saggezza c’entra poco. Molte altre volte abbiamo dovuto seguire linee d’azione tutt’altro che sagge. Come quando Shadow entrò nel TSC. -
- La situazione non era affatto simile…-
- Lo era.- il tono di Alexis non lasciò adito a dubbi: la discussione era terminata.
Archangel non volle tastare oltre il terreno:- A proposito, signore, l’agente Shadow tornerà domani a bordo della Olympus, come da routine.-
L’Ammiraglio non rispose subito.
- Dovrò farlo venire a rapporto da lei?- incalzò Archangel.
- Ovviamente. Nella sua ultima comunicazione ha segnalato qualcosa di interessante?- il tono dell’Ammiraglio era più cupo che mai.
- In effetti si, signore.- rispose il capo dei servizi segreti, cauto ora nella voce. Provocare ulteriormente l’Ammiraglio in quella situazione sarebbe stato a dir poco imprudente.
- Ebbene, di che si tratta?-
- Pensa di aver localizzato un altro tumulo, signore.-
Al sentire questa notizia, Alexis sembrò improvvisamente riprendersi, in una maniera tutt’altro che naturale:- Un tumulo? E dove?-
- Stava ancora cercando di localizzarne la posizione esatta quando ce lo ha comunicato. Ma sono sicuro che le riferirà tutto personalmente.-
Ora l’Ammiraglio assunse un tono assente (come il suo sguardo):- Si….lo farà. -
Fissò un punto poco oltre il cappello di Archangel.
Poi si alzò, e senza dire nulla, si avviò verso l’uscita della stanza.
Archangel non disse nulla. Sapeva che era inutile, e che avrebbe destato solo fastidio nel comandante. Quando Alexis si perdeva in quella maniera, bisognava solo lasciarlo fare.
L’Ammiraglio uscì dalla stanza e si avviò per il corridoio, senza una meta.
Quando la porta automatica si richiuse alle sue spalle, Archangel scosse il capo, mesto.
 
Il Supremo Ammiraglio del TSC Alexis continuò a camminare per un po’, completamente immerso nel turbine della sua mente, incurante di dove andasse, o di chi incontrasse.
Solo una cosa occupava i suoi pensieri: l’agente Shadow aveva trovato un altro tumulo.
Un altro.
L’Ammiraglio avanzava nel corridoio della sezione riservata agli ufficiali degli alloggi della nave, in direzione delle sue camere.
Un altro tumulo.
Mentalmente, cercò di ricordare quanti ne avessero già trovati. Tre, o quattro forse.
Tutti membri di una stessa spedizione. Tutti morti mentre cercavano di ritrovare Cheryl.
Cheryl.
Questo nome non abbandonava mai la mente dell’Ammiraglio. Di giorno, come di notte. Quando era sveglio, come quando dormiva.
Era Cheryl il punto fisso di ogni cosa, ormai.
Un paio di ufficiali lo incrociarono nel corridoio. Salutarono militarmente, come da procedura, senza ottenere repliche, e procedettero avanti.
Per un attimo, un’altra delle sue fitte al cuore impedì ad Alexis di proseguire.
Mentre si fermava, appoggiandosi con un braccio ad una paratia, la vista gli si oscurò.
Cheryl.
Frammenti di immagini gli balenarono dinanzi, veloci, come un film che venisse bruscamente riavvolto.
Rovine, macerie, rottami. La Zona Contaminata, il suo grigio cielo. I tumuli.
E poi un cielo stellato, in una notte senza nuvole. Delle luci, in lontananza, fioche. Un suono di grilli.
Le immagini scomparvero.
Alexis respirò profondamente.
Quelle improvvisi visioni gli lasciavano sempre un senso di vertigine.
Cosa fossero, o cosa rappresentassero, non lo aveva mai capito.
Riprese a camminare, lentamente.
Che quello trovato da Shadow fosse il tumulo di Cheryl?
Scosse il capo. No, non poteva essere.
Ma da dove gli veniva quella certezza?
E perché stava facendo tutto quello?
In un raro momento di lucidità, questa domanda gli saltò in mente quasi come se qualcun’altro gliel’avesse posta in quel preciso istante.
E, lucido, Alexis non poté rispondere.
  
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