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Autore: Clovely    04/10/2011    3 recensioni
Gli occhi di Elena sono azzurri come il cielo. Quelli di Damon neri come la notte. E come si dice, gli occhi sono lo specchio dell'anima... Elena e Damon sono tanto diversi, ma nel profondo, sono molto simili. Una fan fiction su questi personaggi, e su una storia d'amore per niente sempilce, ostacolata da vampiri millenari e legami indissolubili. Tra amore e odio, la mia storia sul malvagio vampiro Damon, e la bellissima umana Elena. Vi prego, leggete e commentate!
Genere: Romantico, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Light and Darkness

Capitolo 17

~



Passò qualche giorno di calma piatta a villa Salvatore. Elena non sapeva dire perché, ma l’unica frase che le veniva in mente per descrivere quei giorni era
la quiete prima della tempesta.

Si odiava per questo. Avrebbe voluto essere rilassata, se fosse stata più tranquilla forse avrebbe potuto aiutare Damon. Invece no. L’ansia era quasi palpabile in casa, come se l’aria fosse diventata pesante e di fuoco, quasi volesse spingerli furori di casa, tanto era soffocante.
Elena gironzolava da sola per l’enorme tenuta Salvatore, quel mattino. Damon, Stefan e Kassy erano da qualche parte nella villa, a fare chissà-che-cosa. Ma c’era sempre qualcosa da scoprire in quel posto. C’era così tanta storia, così tanto passato.
Elena cercò di immaginarsi un piccolo Damon che correva per quei corridoi, spensierato allora, con i soli pensieri che un bambino può avere. Provava a creare quelle immagini nella mente, ma non ci riusciva proprio!
Senza quasi rendersene conto si ritrovò nella cantina. Essa si estendeva per tutto il perimetro della villa, e questo era tutto dire, considerando quanto fosse enorme l’intera struttura. Mastodontica, pensò Elena. Si sentiva l’odore di umidità tipico delle cantine. Laggiù non vi erano finestre e l’estetica delle stanze non era curata come nei piani superiori. Chissà per cosa erano usate quelle cantine, una volta. Forse per tenere i vini o per far stagionare formaggi e salumi. O forse erano gli alloggi della servitù. O magari erano sale di tortura.
Elena sogghignò di fronte alle mille possibilità che poteva trovare. Camminava lentamente sotto le luci tremule, sfiorando con le dita i muri grigi in mattoni.
Fu allora che sentì un rumore.
- Saranno dei topi. - le comunicò il suo cervello immediatamente. Ma, non richiesto, il suo sesto senso si fece sentire. Qualsiasi cosa fosse, doveva uscire da quel posto, subito.
Elena si voltò, tornando sui suoi passi. Ora che il suo cuore accelerava i battiti e la consueta sensazione di ansia e pericolo tornavano a farsi sentire, la ragazza maledì le luci tremolanti e il silenzio assoluto di quel posto. Se si fossero spente le luci, era perduta.
Improvvisamente la cantina perse il fascino che aveva esercitato su di lei. Ora sembrava una prigione. Una buia trappola dove avrebbe rischiato di perdersi.
Elena allungò il passo. Poi si fermò.
Erano passi quelli che aveva sentito? Il panico montò dentro di lei. La ragazza iniziò a correre. Oddio, c’era qualcosa laggiù. Qualcosa, o forse qualcuno, la stava inseguendo! O forse si trovava proprio davanti a lei, pronto a prenderla e ad ucciderla. La ragazza iniziò a correre veloce, svoltando nei vicoli soffocanti della cantina, cercando di ricordarsi il percorso che aveva compiuto poco prima.
Era la sua immaginazione oppure le luci iniziavano a farsi più soffuse? Più opache?
- Dannazione, no! -
Poi, quando finalmente la ragazza si ritrovò di fronte al lungo corridoio che portava al piano di sopra, le luci si spensero del tutto. Elena sentì freddo.
La, di fronte a lei, c’erano i pochi gradini che conducevano all’uscita. Poteva vedere il rettangolo di luce della porta che aveva lasciato aperta... la ragazza corse a perdifiato, salì i gradini ma...
Ma la porta le si chiuse in faccia. Subito si mise a scuoterla, presa dal terrore. Normalmente Elena non perdeva il controllo, cercava di restare fredda e calcolatrice ma... ma quella parte riusciva meglio a Meredith.
Elena iniziò a battere i pugni contro la spessa porta di legno.
«Damon!» Urlò con tutto il fiato che aveva in gola. «DAMON!»
Improvvisamente la porta si aprì, cigolando. Elena non sapeva come o chi l’avesse aperta, tutto ciò che sapeva era che voleva uscire da li. Si sentiva soffocare.
Mosse qualche passo nel corridoio, immersa nel silenzio. Sembrava deserto.
Possibile che si fosse immaginata tutto?
Forse erano davvero degli animali, dei topi quelli che aveva sentito. E forse le luci, che parevano essere già instabili da prima, avevano esalato il loro ultimo respiro. E forse la chiusura della porta era dovuta a della semplice corrente... Forse Elena era troppo ansiosa. Si sentiva tirata come una corda di violino e...
Le parve di sentire di nuovo un rumore. - Stai calma... Calma Elena... - Si disse prendendo un profondo respiro.
Ma... credeva davvero di sentire qualcosa. Era... era forse una risata?

***

Damon passeggiava avanti e indietro nello studio della mansarda, pensando, pensando... La soluzione era vicina, lo sapeva. Lo poteva sentire.
Dopo tutti quegli sforzi, stavano per arrivarci. Solo che...
Damon sentì un suono in lontananza. Non un suono, una voce. Una voce che urlava.
«Elena.» Sussurrò quando finalmente la sentì nitidamente: la sua Elena urlava il suo nome. Damon si fiondò contro la porta, spalancandola con forza. Corse giù per le scale, saltando parecchi gradini. In lontananza, credette di sentire una porta sbattere. Era al piano terra, era da li che veniva la voce.
Damon arrivò davanti al portone d’ingresso. Era chiuso.
Poi sentì un sospiro. Si voltò di scatto, in allerta, ma subito si rilassò. Elena era la, davanti alla porta che dava sulla cantina. Respirava affannosamente e lo fissava, ma sembrava stare bene.
Il vampiro si avvicinò con aria guardinga.
«Elena, stai bene?»
La ragazza sembrava avere il fiatone. «Sì...» sussurrò con voce bassa. «Ma c’è qualcosa in casa. C’è qualcuno qui. L’ho sentito. Qualcuno mi stava seguendo.»
Damon la fissò in silenzio, mentre Stefan e Kassy lo raggiungevano.
«Che succede?» Chiese suo fratello.
«Presto,» rispose Damon, con voce fredda e determinata, senza perdere di vista Elena. «C’è qualcuno in casa. Dobbiamo trovarlo.» Stefan lanciò uno sguardo d’intesa al fratello, prima di partire come un missile.
«Kassy, tu resterai con Elena, chiaro?» La ragazza annuì, sapendo che era inutile contestare con lui, soprattutto quando si trattava della sua Elena. Kassy si avvicinò alla ragazza, allungando una mano con l’intenzione di prenderla per un braccio, ma quella indietreggiò, come se Kassy avesse cercato di bruciarla con una fiammifero. Kassy la guardò con espressione interrogativa.
«Che ti prende?» Chiese.
Elena scrollò le spalle. Forse si era spaventata.
Le due ragazze si incamminarono all’esterno della villa, con aria circospetta, cercando di notare qualcosa che non fosse al proprio posto. Qualcosa di sospetto.
Ma tutto sembrava normale la fuori.
Kassy si rilassò.
«Sicura che ci fosse qualcuno?» Osservò Elena, i quali occhi erano inespressivi, mentre fissavano da tutt’altra parte. Non rispose. «Ti senti bene?»
«Mai stata meglio.» Elena sorrise.

***

Damon e Stefan perquisirono ogni millimetro della villa, ma non trovarono assolutamente nulla. Controllarono più volte la cantina, ma tutto ciò che trovarono furono delle lampadine bruciate.
I due fratelli tornarono al piano superiore. La porta d’ingresso era aperta ed Elena era li davanti, da sola.
«Dov’è quella Kassy?» Chiese Damon, spazientito. «Le avevo detto di stare con te.»
Elena si strinse nelle spalle. «E’ andata a controllare il giardino.»
Il vampiro sbuffò, spazientito. «Abbiamo controllato la casa. Non c’era nessuno. Stefan.» Disse Damon con voce da perfetto comandante, rivolgendosi al fratello. «Resta con lei. Torno tra poco.»
Damon lanciò un ultimo sguardo ad Elena, uno sguardo molto più dolce che pareva dire ‘‘mi dispiace per tutto questo. Sistemerò ogni cosa.’’
Un istante dopo, era scomparso.
«Forza, vieni dentro.»
Stefan fece passare Elena, chiudendole la porta alle spalle. La ragazza si diresse in salotto e iniziò ad osservare i mobili di mogano che contenevano migliaia di libri.
«Credi che fosse un vampiro?»
«Probabile.» Rispose Elena con una voce bassa e appena udibile. Stefan la osservò: si era raccolta i lunghi capelli biondi ed indossava dei semplici jeans e una maglietta nera. Sembrava strana, ma come poteva sentirsi un’umana perseguitata da dei vampiri sanguinari che volevano ucciderla? Stefan la capiva perfettamente.
Elena continuò a passeggiare per la sala, sfiorando con le dita i dorsi dei vecchi tomi impolverati. Stefan non disse nulla, incapace di interrompere quella visione. Perché anche se Elena era la ragazza di suo fratello, anche se Kassy era la sua ragazza... non poteva impedire a se stesso di provare qualcosa per lei. Gli riportava alla mente così tanti ricordi... tanti sentimenti.
Anche se, Stefan lo sapeva bene, la ragazza non era realmente collegata a tutto ciò che stava riaffiorando nella sua mente. Lei era diversa, era qualcosa a parte... ma era meravigliosa e lui non riusciva a smettere di guardarla, anche ora, mentre prendeva un libro dallo scaffale, le dita sottili che si posavano sulla rilegatura in pelle marrone rovinata dal tempo, lo apriva e ne sfogliava le pagine ingiallite con delicatezza. Si fermò guardando intensamente una pagina, poi un sorriso si dipinse sulle sue labbra rosee. Rimase così per qualche istante, poi chiuse il libro di scatto, riponendolo al suo posto.
Improvvisamente parve accorgersi che Stefan la stava fissando. Il vampiro distolse immediatamente lo sguardo, imbarazzato. Pochi istanti dopo Elena era di fronte a lui.
«Stefan.» Lo chiamò.
Il vampiro alzò lentamente gli occhi, lasciando che si incatenassero a quelli azzurri di lei. Non avrebbe dovuto farlo, perché i suoi occhi erano come una prigione per lui. Sapeva che i sentimenti che stava provando erano del tutto proibiti e che presto si sarebbe sentito in colpa per Kassy. Per Damon.
«I tuoi occhi... sono sempre così tristi, Stefan. Come se fossero privi della loro luce vitale.» La mano candida di Elena si poggiò sotto il suo mento. «Come se non fossi felice. Tu sei felice, Stefan?»
Il vampiro provò ad allontanarsi, ma Elena non glielo consentì, tenendolo imprigionato in quei suoi occhi lapislazzuli. «Elena... che ti succede? Stai bene?»
«Non rispondere con un altra domanda. Tu sei felice, Stefan? Sei soddisfatto della tua vita? Così tanti anni da vivere, così tante possibilità che si aprono davanti a te... ma sei comunque infelice.»
Stefan non rispose, colpito da quelle parole. Come poteva dire così? Come poteva comprendere così profondamente la sua anima? Aveva sempre saputo che Elena era una ragazza speciale. Ma in quel modo lo stava torturando.
«Non mi rispondi. Vuol dire che è vero. Perché passi la tua vita con una donna che non ami? Vedo come la guardi, come ti comporti con lei. Tu non la ami.»
Stefan fece un passo indietro, allontanandosi da quell’Elena che lo spaventava. «Basta così, Elena. Dovresti...»
Ma la ragazza lo raggiunse di nuovo, incalzandolo con nuove parole affilate come coltelli. «So che non la ami. Perché io so cosa vuol dire amare. Vedo come Damon mi guarda, come i suoi occhi brillano quando si incrociano con i miei. I tuoi occhi sono sempre spenti e lontani. Perché tu ami un’altra donna.»
«No... smettila...»
«Chi è, Stefan?»
Il vampiro cercò di indietreggiare ma ogni volta che lo faceva, Elena avanzava. «Era quella vampira, vero? Quella uguale a me. Quella che è morta a causa tua e di Damon, non è così? Tu la ami ancora, e quando guardi me, vedi lei. E ti struggi.»
«No!» Urlò Stefan. «Elena, lascia perdere!»
Ma la ragazza gli posò una mano sulla spalla, avvicinandosi troppo. «Dimmi Stefan... ti piacerebbe baciare di nuovo la tua amata? Sarebbe come se stessi baciando davvero lei...»
Le labbra di Elena si avvicinarono lentamente alle sue, e Stefan non poteva scappare, perché i suoi occhi erano ancora intrappolati in quello scorcio di cielo azzurro e non riuscivano a fuggire.
Riuscì solo a sussurrare un flebile no, prima che le labbra di Elena si posassero sulle sue. Poi tutto non ebbe più senso. Il tempo parve fermarsi e scorrere all’indietro. C’erano solo loro due. Non c’erano più né Kassy, né Damon, né il senso di colpa. Solo loro due e dei sentimenti che non potevano essere descritti.
Tutto rimase così, fino a quando una voce non lo riportò alla realtà.
«Allontanati da lei.»
Stefan sobbalzò, preso alla sprovvista.
«Mi hai sentito? Ho detto allontanati da lei, prima che ti strappi il cuore
Il paradiso che si era formato dentro e attorno a lui prese repentinamente fuoco, trasformandosi in un inferno di fiamme e disperazione. Non si era mai sentito peggio di così, non c’erano giustificazioni per quello che aveva appena fatto. Lanciò uno sguardo ad Elena, che guardava Damon con espressione apparentemente impassibile.
«Mi... mi dispiace.» E un secondo dopo, non era più li, ma correva. Correva veloce lasciando che il senso di colpa e il dolore, suo fidati compagni nel corso dei secoli, lo invadessero. D’altronde era giusto così.
Era quello che meritava.

***

Quando Elena aprì gli occhi, sentì una dolorosa fitta alla testa. Non vedeva nulla, solo oscurità e puntini di luce confusa. La seconda cosa che notò era quella di avere i polsi legati.
Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco qualcosa, realizzò di trovarsi al chiuso in una stanza. Si trovava per terra in un angolo, poteva sentire il pavimento freddo anche attraverso i vestiti. Di fronte a lei distinse un tappeto e una poltrona. La parve di sentire il rumore del legno che bruciava quindi suppose che la poltrona si trovasse di fronte ad un camino acceso.
Dalla finestra filtrava solo qualche debole raggio di luce, essendo oscurata per metà da delle pesanti tende in velluto rosso.
«Finalmente vi siete svegliata, signorina.»
La voce la prese talmente alla sprovvista da farla sobbalzare. Poi ricordò. Si trovava a casa Salvatore, questo le diceva il suo ultimo ricordo. Stava fuggendo... da qualcosa. In cantina. Era riuscita ad uscire e aveva creduto che si fosse trattato solo della sua immaginazione, invece...
Invece aveva sentito una voce. Una voce che rideva. Poi c’era stato il buio.
La voce che aveva parlato era di una donna, ma Elena non seppe dire altro.
«D-dove mi trovo?» Chiese cercando di alzarsi.
«Questo non ha importanza.» Disse la voce. Elena intravide la testa della donna che aveva parlato e realizzò che quella si stava alzando lentamente dalla poltrona.
«Chi è lei?» La paura le gelò il sangue. Era sola, li dentro? Dov’era Damon?
La donna iniziò a muovere qualche passo verso Elena. Indossava qualcosa di lungo, una specie di grembiule da lavoro grigio e i suoi capelli, notò la ragazza cercando di distinguere dettagli nel buio, erano scuri ed acconciati in una capigliatura elaborata.
«Non sei tenuta a sapere nemmeno questo». Disse la donna, che ormai l’aveva raggiunta. La guardò un’istante prima di chinarsi verso di lei. Improvvisamente il suo viso occupò tutto il campo visivo della ragazza, che si trovò costretta a sbattere le palpebre.
Elena vide due dita accompagnate da lunghe unghie smaltate di rosso che le si poggiavano sotto il mento, costringendola ad alzare il viso.
Gli occhi azzurri di Elena, arrossati e lacrimanti, si fissarono in quelli della donna, che erano invece di un colore verde scuro. Il viso non era giovane, si poteva vedere qualche piccola ruga ai bordi delle labbra eccessivamente rosse o attorno agli occhi magnetici.
Le labbra sottili si incurvarono in un sorriso che avrebbe potuto sembrare dolce, ma che invece la fece tremare. Quella donna era cattiva, Elena lo sentiva.
«Interessante» disse quella esaminando con molta attenzione il volto stanco e impaurito di Elena. «Davvero interessante»
«C-cos’è interessante?» Chiese la ragazza con voce ferma e coraggiosa. Molto più di quanto si sentisse in realtà.
«Oh, ma la vostra somiglianza, ovviamente! Oserei dire che siete identiche
Un campanello d’allarme si accese nel cervello di Elena, echeggiando in tutto il corpo.
«Chi siete voi?» Chiese stringendo gli occhi e guardando la donna con sospetto. Quella le lasciò il mento, ma continuò ad osservarla da vicino.
«Dunque,» disse rimettendosi dritta e ignorando la domanda di Elena. «Siete voi che avete fatto innamorare il mio Damon, è così?» La donna le diede le spalle. Sotto al grembiule, notò distrattamente Elena, indossava un vestito lungo dal quale spuntavano scarpe eleganti.
Non sapeva chi fosse quella donna. Cosa volesse da lei. Perché l’avesse rapita e dove l’avesse portata. Non sapeva cosa c’entrasse Damon con tutto ciò.
Sapeva solo che non era nulla di buono e che qualcosa di terribile stava per accadere. O forse stava già accadendo. Aveva paura per Damon.
«Interessante.» Ripeté la donna, facendo baluginare nel buio un sorriso tutto denti.


SPAZIO AUTORE

Saaaalve! So che ormai quelli che seguono la storia mi odieranno. Ci ho messo di nuovo mesi e mesi per aggiornare! Solo che l’ispirazione per il finale stava praticamente svanendo e le idee che mi venivano erano prevedibili e non mi soddisfacevano... poi invece, improvvisamente, mi è venuto un flash. Ed ecco che un’idea ha preso spazio nella mia mente...
Spero solo che abbiate gradito il capitolo e che questa idea fulminea possa piacervi!!! xD Allora, questo è un capitolo un poco misterioso, nel senso che si capisce quello che accade, anche se non viene effettivamente detto!
Perché voi avete capito quello che è successo ad Elena, non è così? Sono sicura si sì! xD
Anche se... vi chiederete chi è la donna... eh... è un bel mistero, non è così? Bene, la smetto di parlare prima di farmi scappare qualcosa di troppo! Spero solo che il capitolo sia stato di vostro gradimento e di riuscir a scrivere al più presto il prossimo!!! ^^
Inoltre, vorrei ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo: AriaSolis, stellina_pallina, xbrokenarrow e soprattutto grazie a Ericuzza che mi sollecita in continuazione per farmi proseguire questa storia! Grazie cara! ;)
Vi saluto e alla prossima!!!


   
 
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