Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
Ricorda la storia  |       
Autore: IlMalee    05/10/2011    5 recensioni
veri Sabbat fanno irruzione nel covo di un anziano... che non è molto contento di ricevere visite! Doveva essere un lavoretto facile e invece...
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
(every time i die- we'rewolf)

"Spegni quella merda di musica."
"Ma a me piace"
"Spegnila ho detto.Non so nemmeno come cazzo fai a definirla musica, quella merda. "


Doveva essere un lavoretto facile. Così gli avevano detto, un lavoretto facile facile. Uno stronzo di nome Bruno, Bruno Medici, Veronesi o qualche merda di cognome da sfigato. Un Nosferatu che aveva osato alzare troppo la testa e i capoccia di Milano, Vescovo compreso, lo volevano morto.
Quello che non gli avevano detto, era che Bruno  aveva più di 400 anni alle spalle e se la cavava piuttosto bene con la spada. Ed ora erano lì in macchina,imbrattati di sangue e con un corpo senza vita nel bagagliaio.
 A dire la verità quel corpo era senza vita anche prima, ma vai te a spiegare la differenza tra un non morto in torpore e un non morto attivo ad un diligente carabiniere del cazzo.
"Ho fame, ho fame."
"Stà zitto, idiota. Fra un pò mangiamo. Intanto metti via quel fucile, e vedi di non attirare l'attenzione. Porca troia, giriamo già in una macchina che sembra un mattatoio, ti pare il caso di sollevare quel cannone fuori dal finestrino?"
Non gli piaceva, Enrico. Non gli era mai piaciuto, ma era nel branco ormai da troppo tempo. Lunatico schizzato del cazzo. Avrebbe comunque dovuto farci l'abitudine dato che lui e Gabriella erano gli unici superstiti del gruppo. Per Gabriella il discorso era diverso. Lei era come lui. A parte gli occhi rossi, quelli gli mettevano i brividi. E non aiutava di certo il fatto che al posto della normale pelle umana avesse del pelo, come di cane, ciuffi che spuntavano qua e là a chiazze. Raramente le aveva visto il volto o il corpo, girava sempre avvolta in abiti sporchi e gonne lunghe come le zingare della metro.
"Fermati al prossimo autogrill." sussurrò da dietro la gangrel. Pareva che un cane rabbioso avesse appena ringhiato.
"Va bene."
Lo Tzimisce e il Lasombra che li avevano accompagnati quella sera erano morti.
Uno era un sacerdote di alto rango, e difatti aveva celebrato lui tutti i preparativi prima della caccia. Renzo, Renato... Bah, tanto quello stronzo era cenere ormai.
Era stato tra i primi a morire, e nemmeno in maniera troppo elegante. Quel vecchio stronzo di Bruno gli aveva staccato di netto la testa dal collo e in pochi secondi dello Tzimisce erano rimasti solo un mucchietto di polvere e qualche vestito sadomaso sul pavimento. Non se lo aspettavano, proprio non se lo aspettavano.
La villa non prometteva nulla di buono, un'abitazione enorme fuori Varese e probabilmente ben sorvegliata, forse da qualche ghoul. La avevano sorvegliata da giorni, e avevano concluso che al caro Bruno non piaceva avere compagnia nè ricevere visite, inoltre aveva installato un antifurto così patetico che perfino una vacca da due soldi sarebbe stata in grado di disattivarlo.
Così il terzo giorno decisero di agire. Enrico e Gabriele avevano tirato fuori l'armamentario pesante, e poco prima la truppa aveva fatto il pieno con una ignara coppetta che aveva deciso di appartarsi al momento sbagliato in un parco lì vicino.
Disattivato l'antifurto erano entrati nell'atrio da una finestra. Buio totale, chiaramente (si erano già muniti di torce), e un silenzio di tomba.  Solo quando avevano iniziato a salire su per le  scale Bruno aveva fatto la sua comparsa.
Era sbucato dal nulla quel figlio di puttana, e aveva tranciato di netto la testa al Dragone brandendo una spadone più grande di lui, di quelli che si vedono solo nei film del cazzo di Conan il barbaro.
"Cristo santo!" aveva urlato, e  assieme a lui avevano imprecato gli altri del branco. Enrico era stato il primo a scattare, e aveva pensato bene di riempire il culo di Bruno di piombo. Peccato che dopo una fucilata in pieno petto Bruno non si fosse scomposto nemmeno un pò e avesse mandato a gambe all'aria il malkavian, scaraventandolo dall'altra parte della sala con un calcio.
Nello stesso istante dello sparo, era riuscito a vedere Bruno in faccia. Ne aveva visti anche all'interno del sabbat di Topi, ma ogni volta che ne vedeva uno nuovo non poteva fare a meno di pensare che era ancora più ributtante del precedente, la sua faccia sembrava un opera di picasso vomitata da un cazzo di ratto radioattivo. Un lebbroso o qualcosa del genere.
Il resto se lo ricordava confuso, avevano iniziato a combattere ma non era sicuro sulla esatta scaletta degli eventi. Sapeva di certo che la troietta Lasombra (Sara? Mara? Bah) ad un certo punto aveva iniziato a fare i suoi giochetti con le ombre, spuntavano tentacoli neri dal pavimento e lei li scagliava contro Bruno. Chiaramente l'anziano non aveva gradito la cosa, e dopo essersi divincolato dalla morsa di quei "cosi" d'ombra le aveva trapassato il petto da parte a parte con la spada. Lei aveva sputacchiato un pò di sangue e poi si era accasciata al suolo, mormorando qualcosa del tipo"Gloria alla spada di Caino".
La cosa lo aveva scosso, davvero. Lo aveva costretto a pensare seriamente al perché facevano tutto ciò che stavano facendo. Che poi non è che lui era rimasto lì immobile per tutto quel tempo.
Stava sforacchiando (o almeno così credeva) quello stronzo da parte a parte da almeno due minuti buoni, ma senza apparente risultato. Ricordava che ad un certo punto aveva spezzato la lama del machete nel costato di quel bastardo ma non si era fermato nemmeno per un attimo, e aveva iniziato  a colpirlo violentemente con l'elsa, poi con pugni alla testa. Sembrava che i colpi non sortissero alcun effetto, e dopo un pò infatti le sue nocche erano del tutto sbucciate e sanguinanti. Gabriella gli si era avvinghiata  e tentava di morderlo e di graffiarlo in faccia, Enrico continuava a sparare, ma quel figlio di puttana non accennava a cedere, anzi, lottava con sempre maggior furore, liberandosi dalla presa di Gabriella. Il loro Ductus, Alessio, era morto. Bruno lo aveva colpito alla vita con la spada, tranciandolo a metà come  l'ananas della pubblicità del Miracle Blade . Allora avevano cominciato ad avere paura. Ci aveva provato Stefano, per ultimo, ad un assalto frontale. Lui aveva sempre rispettato e temuto Stefano all'interno del branco. Un cazzo di armadio, un negro enorme e cattivo, pieno di tatuaggi piercing e cicatrici. Aveva portato la sua arma preferita, una grossa mazza chiodata dotata anche di lame. Era riuscito a colpire Bruno alla spalla, ma anche quel colpo sembrava non avergli fatto un cazzo. Un istante dopo, Stefano si ritrovava senza un braccio: Bruno gliel'aveva staccato. C'era sangue ovunque, ed erano tutti sporchi. Stefano si era messo a urlare, e loro erano rimasti sconvolti ad assistere a quella scena: non avevano mai visto Stefano avere paura.
Il loro compagno aveva provato a scappare, ma nello stesso istante in cui aveva girato le spalle a Bruno, lui gli aveva mozzato entrambe le gambe in un sol colpo. In quel preciso momento, lui e Gabriella si erano guardati negli occhi e avevano iniziato a correre.
Correre a più non posso, sfruttando tutta la velocità soprannaturale di cui le loro gambe erano capaci. Avevano sfondato la finestra ed erano schizzati via più veloci del vento. Dietro di loro, sentivano ancora le urla disperate di Stefano provenire dalla casa, urla disumane di una bestia sofferente, ma non si erano fermati.
Si erano fermati solo più tardi, all'uscita dell'autostrada. Nei loro occhi si leggeva la paura, una paura che anche i mostri possono sperimentare. Ad un certo punto era ricomparso Enrico, e con lui aveva il cadavere della Lasombra. Sembrava sconvolto anche lui. Diceva che comunque non voleva abbandonare una sua "sorella" a quel mostro, e che la avrebbe salvata.
Poi avevano rubato quella macchina, il suo proprietario giaceva col collo spezzato tra i cespugli ai lati della strada. Non ci avevano giocato, e non avevano nemmeno pensato di nutrirsi con lui. Erano ancora sotto shock.

Nessuno aveva ancora aperto bocca, fino a quel momento. Non si guardavano neppure negli occhi.
"Allora mi fermo" disse Michele, imboccando al strada per l'autogrill.
Enrico sbuffò:
"Dovremo pulirci, le vacche potrebbero giustamente insospettirsi se ci presentiamo così. Sembriamo usciti da un cazzo di film di Saw."
"Cretino, mica entriamo dentro e ordiniamo un caffè. Michele, accosta dietro quel camion lì in fondo, dove è più buio."
 Gabriella lo stava facendo arrabbiare. Chi aveva stabilito che era lei a dare gli ordini, ora? Il ductus era morto, ma sarebbe stato lui d'ora in poi a comandare  quello che rimaneva del branco. Stupida troia con gli occhi rossi.
Dopo aver accostato, scesero dalla macchina e si incamminarono verso un boschetto ai lati della strada. Dovevano nutrirsi e discutere.
"Enrico, portaci da mangiare, e alla svelta. Vedi di non combinar casini, ne abbiamo passate abbastanza per questa notte."
"Da quando sei tu a dare ordini qui, Michele?" Gabriella si era seduta su un tronco caduto. La luce dei lampioni in lontananza bastava a rischiarare quel piccolo spiazzo.
"Da quando Alessio è morto, e per diritto di anzianità sono io ad essere il ductus ora."
"Diritto di anzianità?"
Gabriella ora era in piedi, e i suoi occhi rossi luccicavano nel buio.
"Non mi pare di aver mai sentito stronzate del genere all'interno della spada di Caino, e penso proprio che la crociata che stiamo portando avanti sia per andar contro puttanate come il diritto di anzianità. Parli come una spia della camarilla ."
"Già..." Michele si era fatto avanti, per nulla timoroso, e si era sistemato la giacca di pelle, accarezzandosi i lunghi capelli neri. Sorrideva.
"Hai ragione, e credo ci sia solo un  modo per risolvere la cosa da veri sabbat."
Rimasero in silenzio.
Enrico per tutto quel tempo era rimasto in silenzio ad osservare ora uno, ora l'altro, con crescente preoccupazione. Poi era scattato in avanti, frapponendosi fra i due.Aveva i grandi occhioni blu spalancati, come un bambino spaventato.
"Hei, ehi ! Vi sembra il momento di litigare e mettersi a discutere su queste stronzate? Volete saltarvi alla gola proprio ora? Non capite che è proprio ciò che LORO vogliono? Vogliono metterci l'uno contro l'altro, e farci uccidere!"
"Stà zitto idiota, e levati di torno. Questa faccenda non ti riguarda."
"Ma..."
Uno squillo di cellulare ruppe la tensione.
Enrico senza muoversi tirò fuori di tasca il telefono. Prima di rispondere, si rivolse ai due sabbat pronti ad azzannarsi.
"Ne riparliamo dopo, non fate cazzate. Questo dev'essere Ettore, vorrà sapere come è andata. Non fate cazzate." Enrico fece qualche passo e si allontanò.
Michele e Gabriella ora erano soli, e sul volto di entrambi era dipinto un ghigno animalesco, minaccioso.
"Allora, come lo vuoi fare? Con un'arma? Mani nude?"
"Direi mani nude, almeno per me. Usa pure tutti i giochetti che conosci coi tuoi coltelli, non ti serviranno a molto."
"Lo vedremo."

"FERMI!"

Era stato Enrico ad urlare. Spinse i due contendenti dividendoli ulteriormente.
"Insomma, si può sapere che cazzo ti prende? per caso vuoi finire anche tu a pezzi?"
"Milano è caduta."

"Cosa?"
"Milano è caduta. Gian Galeazzo ci ha traditi. La Camarilla ha preso la città."
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade / Vai alla pagina dell'autore: IlMalee