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Autore: Nenredhel    07/10/2011    3 recensioni
La compagnia è partita, seguendo il consiglio dei piccolo hobbit si è diretta a Moria, in cerca della leggendaria spada di Colt, ma fra le imponenti sale delle sue miniere qualcosa di più oscuro li aspetta per sbarrare la strada per il trono al future Re…
Crossover Il Signore degli Anelli/Supernatural, Terra di Mezzo!AU, Elf!Cas/Wanderer!Dean
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Middle Earth'
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DISCLAIMER: Non mi appartiene niente, nè Dean, nè Castiel nè nessuno dei parti della mente diabolicamente geniale di Erik Kripke, e neppure, sfortunatamente, la Terra di Mezzo e il meraviglioso mondo nato dal genio di Tolkien...

DEDICA: A Sepherim, che è una grande fan di questa fanfiction/saga e che attendendo con impazienza i nuovi capitoli, mi sprona a dare il meglio di me! Ma soprattutto, che ha compiuto gli anni pochi giorni fa e quindi si merita un bel regalo, un bacione forte e un grande abbraccio! AUGURI CARA! (Ti avviso che questa è solo la prima parte del mio regalo ritardatario! Abbi fede e presto arriveranno anche le altre due. Tutta questa “riga” della poesia è dedicata a te!)


 

Lend ath i Maur (Un Viaggio nell’Oscurità)1

 

1 Il titolo è esattamente lo stesso del capitolo dedicato a Moria nel Signore degli Anelli… ci sono un po’ di citazioni (liberamente) tratte dai libri disseminate qui, chissà chi le riconosce tutte ;P

* Solo attraverso l’oscurità, puoi giungere al mattino

 “You can only come to the morning through the shadows”*
[J.R.R. Tolkien]

 

Dean lanciò un’ultima occhiata attraverso lo spiraglio sempre più stretto delle pesanti porte di pietra, mentre queste si richiudevano lentamente sotto la spinta di chissà quale meccanismo o magia. La sua espressione era corrucciata mentre indirizzava i propri occhi verdi, ancora una volta, verso la superficie nera e terribilmente immobile delle acque del lago sul quale erano stati accampati fino a pochi momenti prima.

Man presta le? (Cosa ti turba?)” chiese la voce pacata di Castiel, accanto a lui, mentre i suoi occhi, quasi neri nell’ombra fitta delle miniere, lo guardavano con la fissità intenta degli Eldar.

“Si raccontano strane cose, cose oscure, riguardo alle acque di quel lago” replicò Dean nella lingua corrente, distogliendo finalmente lo sguardo dalla porta ormai chiusa per portarlo a cercare di fendere l’oscurità davanti a lui, che ancora ammantava il sentiero sotterraneo delle miniere di Moria.

“Molte leggende corrono sulle strade della Terra di Mezzo, ma non è saggio temere tutte le vecchie parole dei viaggiatori” lo redarguì Rufus, superandolo con passo deciso per andare a tastare i muri intorno a loro, in evidente ricerca di qualche cosa per illuminare la strada.

“Non è saggio nemmeno ignorarle tutte, Rufus, ma ancor meno saggio è preoccuparsi di ciò che è alle nostre spalle quando c’è ancora tanta strada di fronte a noi” ribatté Bobby con il suo consueto tono burbero, battendo il bastone in terra finché la pietra sulla sua punta non si fu illuminata di un’intensa ma discreta luce candida “questa ci servirà meglio di una vecchia torcia consumata, ora andiamo” proseguì il vecchio stregone, senza più degnare nessuno di uno sguardo, ma indirizzando la propria luce verso la scala che dipartiva dalla piccola sala in cui si trovavano, prima di salire i primi gradini.

Rufus si limitò a grugnire una risposta inintelligibile ma discretamente infastidita, prima di fare un gesto al resto della compagnia, attendendo che fossero tutti sulle scale, prima di chiudere il gruppo.

Sam fu il primo a seguire i passi dello stregone, non prima di avere indirizzato uno sguardo divertito a Dean, che rispose con una scrollata di spalle, seguendolo poi insieme a Castiel. Non sapeva da quanto il ramingo e Bobby si conoscessero, ma ogni volta che li aveva visti insieme, aveva avuto l’impressione che fossero amici dall’inizio del mondo stesso: nessuno, a parte Rufus, si rivolgeva allo stregone con lo stesso tono ironico ed affettuosamente insofferente. Il giovane uomo fissò per alcuni secondi lo sguardo sull’ampia schiena di Sam, davanti a sé: Castiel non era stato il primo né l’unico a dire che quella era esattamente la stessa cosa che accadeva fra lui e il principe di Gran Burrone.

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto bruscamente, quando gli sconnessi gradini della scala che stavano percorrendo si interruppero bruscamente, finendo su di uno stretto ma solido sentiero, scavato in quella che sembrava una scura parete granitica, che si gettava per decine di metri in un ampio ed imponente strapiombo. Esili e malridotte impalcature di legno erano incastrate qui e là nella parete rocciosa, abbarbicate come ragni alle pietre scure, con funi che pendevano come tentacoli morti dalle loro piattaforme, spesso inclinate e marcescenti, protendendosi verso lo stesso baratro da cui parevano volersi sottrarre con tutte le loro forze. C’era un’aria di desolazione e di stantio abbandono nell’aria immobile e fredda dell’enorme caverna in cui si trovavano, e allo stesso tempo, Dean non avrebbe saputo immaginare nulla di più grandioso di quella nera voragine, sfidata con tanta alacre sollecitudine dalle costruzioni dei nani, o di più magnifico delle intricate trame di splendenti venature di limpido argento che attraversavano, come linfa pulsante di vita, la volgare pietra scura.

Mentre seguivano con attenzione i passi di Bobby, giù per il sentiero, stretto ma non abbastanza da rendere opprimente il vuoto che li accompagnava, Dean stese la mano per percorrere con le dita la scabra superficie fredda di uno di quegli esili e preziosi rigagnoli d’argento.

“Mithril” gli sussurrò la voce di Castiel all’orecchio, e il ramingo trasalì appena, sentendo un brivido scendere per la spina dorsale nel sentire all’improvviso il respiro dell’Elfo accanto all’orecchio. Il desiderio impellente di voltarsi e spingerlo contro quello stesso muro striato di splendore antico, e divorare le sue labbra, gli fu mozzato d’improvviso nel petto dallo sguardo penetrante di Bobby.

“Esatto, Mithril” annunciò la sua voce secca, e le sue note più gravi rimbombarono fra le pareti della miniera come se i suoi mille anfratti volessero rispondere e ripetere quelle prole all’infinito “L’oro dei Nani. Leggero come una piuma, splendente come l’argento più puro, e duro come le scaglie di drago. Molti Signori degli Elfi del passato si rivestirono di questo metallo, prima che sciocche dispute dividessero i popoli degli Eldar e Nani, indossando vesti che avevano il valore di intere città di uomini” spiegò Bobby, avvicinando la luce del suo bastone alla parete rocciosa per mostrare le piccole venature argentate, che catturarono il tenue bagliore, riflettendolo in mille fulgori candidi, come la superficie di un lago inondato dalla luce della luna.

“E allora perché questo tesoro è abbandonato?” domandò Sam cupamente, prima che lo stregone potesse finire di voltarsi per riprendere il cammino.

“E’ vero. Questo luogo è privo di vita, sembra abbandonato da decenni. Dove sono i cugini di cui ha parlato Ronald della Montagna Solitaria al consiglio di John?” aggiunse subito Dean, portando uno sguardo inquieto sulla vuota solitudine intorno a lui.

“I Nani hanno scavato troppo a fondo e troppo a lungo” replicò lo stregone, e mentre il palmo della sua mano si poggiava alla parete rocciosa, parve d’un tratto che tutti i suoi lunghi anni fossero giunti in un solo momento a gravare finalmente sulle sue spalle “Chi sa cosa hanno risvegliato nelle profondità della terra?” proseguì, riscuotendosi e drizzando la schiena “Ma ora basta chiacchiere, o non usciremo più di qui! Abbiamo ancora molte sale, e ben più imponenti di questo luogo, da attraversare” veloce com’era venuta, quella strana aura di stanchezza era scivolata via dallo stregone come l’acqua di un torrente, e la sua voce era tornata quella brusca e decisa di Bobby il Grigio.

“Le parole di Bobby non mi hanno affatto tranquillizzato” commentò Sam in tono preoccupato, sfiorando il lungo pugnale elfico che portava alla cintura, mentre riprendeva lentamente il cammino.

“Hai passato troppo poco tempo con lui, altrimenti avresti imparato che fare una domanda a Bobby il Grigio è il modo migliore per pentirsene pochi secondi dopo” replicò Dean con una vena di amara ironia, abbassando lo sguardo sul fodero vuoto della propria spada e cercando quindi di sopprimere il sospiro che arrivò ugualmente a gonfiargli il petto.

 

~~~

 

Bobby passò una mano sulla pietra appuntita incastonata sulla cima del suo lungo bastone di legno, e la luce bianca aumentò prontamente di intensità, inondando le altissime arcate e gli imponenti pilastri di pietra grigia, mentre la sua voce rimbalzava in mille eco solenni fra le pareti dell’immensa sala in cui erano finalmente sbucati.

“Ammirate le sale di Durin, signore di Moria”

Dean si ritrovò con lo sguardo che si perdeva all’insù e la bocca semiaperta dallo stupore, prima che si fosse effettivamente reso conto di cosa stesse facendo. Aveva perso il conto dei giorni che avevano trascorso negli scuri corridoi di Moria, perché nelle gallerie scavate negli abissi della terra il sole non giungeva mai, e non avevano che la loro stanchezza a misurare il tempo che avevano trascorso a camminare sui gradini di pietra delle miniere. Avevano percorso corridoi interminabili e sceso scale che sembravano finire nei visceri stessi della terra, avevano camminato sugli stretti sentieri dei minatori illuminati dai bagliori del Mithril, e attraversato le sale dove la vita dei Nani trascorreva tra pinte di birra e maiale salato, ma quando la luce di Bobby si espanse nel salone dove li aveva infine condotti, Dean fu sicuro che qualche magia dovesse avere scavato quella grotta, raddrizzato le sue pareti e posto pietra su pietra quegli immensi pilastri, perché né mano umana né Elfica, né tanto meno le tozze mani dei Nani potevano avere costruito qualcosa di così immensamente grandioso.

Forse più di venti uomini uno sull’altro potevano trovare spazio sotto le volte della sala, e nemmeno l’intensa luce del bastone di Bobby riusciva a strappare completamente all’oscurità le pietre scolpite degli immensi pilastri compositi, né tanto meno riusciva ad indagare la liscia superficie grigia delle pareti di fondo della sala. Il ramingo poteva solo immaginare quanto dovesse essere vasta, perché l’altro capo della stanza era ancora avvolta completamente nel buio, mentre avanzavano i primi passi, ascoltando il loro sordo rimbombare in quell’interminabile vuoto di pietra.

“Le risate e le musiche si elevavano alte, fra il clangore di boccali di birra Nanica e il bagliore di monili di Mithril, riempivano questa sala fino alle sue volte, quando Durin regnava su Moria” spiegò la voce di Bobby, e i suoi compagni potevano indovinarvi una nota di nostalgia e forse una vaga venatura di timore “C’è solo un luogo dove gli eredi di Durin possono avere ritenuto di conservare le vestigia della spada di Colt, ed è insieme alle spoglie del più grande fra i loro sovrani” proseguì lo stregone, indicando con la punta illuminata del proprio bastone, una piccola porta aperta sul muro più vicino dell’immensa sala “Vai a rendere i tuoi omaggi al signore dei Nani, Dean. Sarà dalle mani di un grande Re che dovrai prendere la tua eredità regale” concluse bruscamente, voltando gli occhi chiari sul ramingo, che sentì il proprio cuore balzargli improvvisamente in gola, mentre si rendeva conto che il suo destino lo stava aspettando proprio lì, in quella sala che, ironicamente, lo faceva apparire ancora più minuscolo di quanto già non fosse.

Quando mosse il primo passo in direzione della porta, gli parve che i suoi piedi fossero diventati di piombo, per poi fondersi con gli enormi lastroni del pavimento di pietra della sala: a quanto pareva la strada per il destino era una salita tanto ripida da apparire insormontabile. Il breve tragitto fino ai battenti spalancati della porta, che appariva molto più imponente da vicino di quanto non fosse sembrata quando era incorniciata dai mastodontici pilastri, gli sembrò interminabile, come se in tutti i suoi viaggi non avesse mai percorso una strada così lunga con le proprie gambe. E quando finalmente si trovò sormontato dal grande architrave, fiocamente illuminato dal raggio di luce solare che penetrava da una fenditura nel soffitto, i suoi passi si bloccarono, come se una forza invisibile gli avesse sbarrato la strada.

Alla poca luce che filtrava da metri e metri di solida roccia, poteva già intravedere il profilo, splendente e ancora affilato nonostante l’età, di ciò che stavano cercando: giaceva su di un panno che doveva essere stato prezioso e raffinato un tempo, di un rosso reso scuro dalla polvere e dal tempo, sopra a quello che solo ad un primo momento aveva scambiato per un altare. C’era qualcosa di sinistro nel fatto che quella lama fosse stata conservata in una tomba.

Dean strinse i pugni e sfiorò con la sinistra il fodero vuoto della sua spada, l’elegante guaina di cuoio che lady Lisa aveva fatto fare per lui e gli aveva consegnato in dono, con un sorriso appena bagnato di lacrime, prima di partire, e fu proprio in quel momento che sentì la mano di Castiel lambire appena la sua e, simultaneamente, quella di Sam posarsi sicura sulla sua spalla. Il ramingo si voltò prima da una parte e poi dall’altra: i loro volti erano seri, ma nei loro occhi c’era una fiducia incrollabile, oltre ad un affetto incondizionato. Solo allora il giovane uomo tornò a percepire anche la presenza rassicurante di Rufus e Bobby alle sue spalle: malgrado le bugie e le incomprensioni, malgrado non ci fosse una sola goccia di sangue condiviso fra di loro, lui non era solo, non lo era mai stato. La sua famiglia era con lui.

Le dita delle sue mani si aprirono: non c’era in lui nessuna nuova certezza di poter davvero diventare un Re, ma sapeva di poter contare sui suoi amici, e forse questo poteva bastare per arrivare in fondo a quella strada. Dean si mosse, e nonostante le mani di Sam e Castiel scivolassero via da lui mentre procedeva incontro al destino, poteva ancora sentire la loro presenza al suo fianco.

In due lunghi passi lenti fu davanti alla massiccia tomba, e prima di allungare la mano a sfiorare l’elsa, finemente lavorata ed ancora perfetta, della spada che fu spezzata, si fermò ad osservare gli spigolosi caratteri incisi nella tomba di Durin. Non ricordava la storia dei Nani, conosceva a malapena quella degli uomini, e solo vaghi stralci della millenaria storia elfica rimanevano nella sua mente, non molto portata per lo studio, ma il monumento alla grandezza che erano le miniere stesse su cui questo Nano aveva regnato, gli rendevano giustizia più di quanto potessero fare le parole di qualsiasi libro. E questo grande Re aveva custodito quella spada per lui per tutto questo tempo, per lui che avrebbe dovuto ringraziare gli dei per il resto della sua vita, se fosse riuscito a diventare degno anche solo dell’ombra su cui aveva camminato Durin di Moria.

Allungò titubante la mano verso l’elsa da cui si allungava il moncherino della lama che aveva sconfitto Lilith all’alba dei tempi, ed ebbe l’impulso di voltarsi, per chiedere ancora una volta se non ci fosse stato un errore, se quella lama leggendaria fosse davvero lì per lui. Solo che sapeva perfettamente che non c’erano errori o vie d’uscita: sua era la decisione di impugnare il suo destino per il futuro dei popoli della Terra di Mezzo, sua e solo sua. E per quanto potesse pensare di essere ben poca cosa a cospetto dell’ombra che si stava ergendo contro di loro, se qualcuno aveva deciso di affidare a lui questo compito, non era suo diritto voltarvi le spalle e lasciare che qualcun altro morisse al posto suo.

La sua mano coprì il resto della distanza in un gesto deciso, e le sue dita si strinsero con forza intorno all’elsa scura, sollevando il metallo leggero e lucente nel chiaro fascio di luce solare. Dean vi vide riflessi per un secondo i propri occhi verdi, e in quell’attimo si chiese se sarebbero mai più stati gli occhi del ragazzo che aveva visto riflessi nell’acqua di Gran Burrone mille e mille volte, mentre attendeva con la trepidazione di un bambino il proprio futuro.

Nel momento in cui la lama fu sollevata dalla sede che l’aveva ospitata per tutti quei lunghi anni, un secco rumore di pietra contro pietra fece tremare per un secondo le pareti della stanza, subito seguito da un colpo sordo, come quello di un gigantesco tamburo, nelle viscere della terra.

Preso di sorpresa, Rufus si voltò di scatto, estraendo rapido la spada dal suo fodero e guardandosi intorno, sulla difensiva: fu proprio quello il movimento che fece oscillare lo scheletro coperto di ragnatele, che era rimasto per tutto quel tempo a guardia del sovrano e del suo tesoro. La sua testa coronata dal pesante elmo nanesco colpì le pareti del pozzo sul quale il Nano era rimasto in bilico fino ad allora con un assordante rumore metallico che risuonò di mille eco nelle profondità delle grotte di Moria, prima di spegnersi nel nero di quel baratro che pareva interminabile.

Un silenzio carico di tensione avvolse la piccola compagnia non appena l’ultima eco morì in lontananza, mentre una ragnatela di sguardi sospesi nel terrore si intesseva fra i loro occhi tanto immobili quanto frementi d’attesa.

“Gettati tu la prossima volta, Rufus, e liberaci della tua goffaggine!” sbraitò Bobby, colpendo il ramingo dritto sulla testa con il suo lungo bastone, quando il silenzio si fu allungato abbastanza a lungo da aver stemperato almeno in superficie la paura.

Fu allora che il secondo colpo di tamburo riempì con il suo cupo annuncio di guerra il vuoto funereo delle miniere di Moria.
   
 
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