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Autore: Blackbutterfly1994    08/10/2011    4 recensioni
Tutti dicevano che Niki era pesante, saccente, noioso, uno che si sentiva sempre una spanna sopra gli altri e li guardava dal suo trono di finta superiorità.
Dicevano che Niki non sapeva divertirsi con tutti quei congiuntivi perfetti e la sua ossessione per la scrittura ed i bei libri.
Sussurravano che secondo loro Niki, a quasi diciassette anni, era ancora vergine, perché chi mai avrebbe potuto volere uno come lui, uno che credeva addirittura che il dolore fosse qualcosa di poetico?
E' un mezzo depresso, ecco cosa mormoravano di Niki, una specie di emo delle parole, uno che sa fare i conti solo con la sofferenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di una vita puttana'
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Niki - Cronache di una vita puttana -

Niki

- Cronache di una vita puttana -



- Allora? -

- Accolta -


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Per come la vedeva lui, quella storia era pressoché inutile,

oltre che ridicola.


Quando erano venuti a dirgli che avevano trovato una famiglia disponibile ad adottarlo, Alexander aveva perplessamente aggrottato le sopracciglia:

che senso aveva mandarlo a casa di estranei ad ormai diciassette anni, quando mancava solo un anno alla sospirata maggiore età?


Una volta esposti i propri dubbi, l'assistente sociale di fronte a lui aveva sospirato:

- I coniugi che hanno chiesto di te hanno motivato la loro scelta bizzarra dicendo che loro figlio è scomparso alla tua stessa età - spiegò.

- Quindi sarei una specie di rimpiazzo di un altro? -


L'unica cosa a frenarlo dal sorridere con cinico scherno era stata l'educazione che sua madre era riuscita ad impartirgli prima di diventare un'alcolizzata.


- Io non lo chiamerei così - rispose lei - Sei la loro seconda possibilità: vedila così, ok? -


Alexander si chiese se aveva davvero altra scelta se non quella di rassegnarsi, e si rispose di no:

dopotutto, mal che fosse andata, sarebbe dovuto rimanere con loro solo per un anno.


- Ho capito - si arrese infine - Va bene, andrò con loro -


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La casa era enorme.


Alex si disse che probabilmente erano dei ricconi,

per poi riflettere che importava poco visto che, nonostante i soldi a palate, loro figlio aveva deciso di tagliare la corda lo stesso.


Non potè fare a meno di sghignazzare malignamente:

quel Niki, così gli avevano detto si chiamava il disperso, doveva proprio essere un cretino.


Alex ricordava quanto avesse desiderato essere ricco, da piccolo;

in questo modo sua madre non avrebbe mai rubato per ottenere i soldi da spendere in alcolici, e lui sarebbe potuto rimanere con lei.


Sì, quel Niki doveva essere proprio un idiota.


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Quando era arrivato, la mattina del primo febbraio, ad accoglierlo c'era stata solo una donna dall'aspetto un po' trascurato e dagli occhi tristi.


- Alexander! - l'aveva chiamato - Che bello che tu sia qui! Mio marito voleva salutarti, ma l'hanno chiamato dal lavoro e non è potuto esserci -

Scrollò le spalle - Non è un problema -


Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio.

- Vieni, ti mostro la tua camera -


Alex non sapeva bene come inquadrare l'intera situazione:

quella specie di mamma in affitto non gli era sembrata male,

ma ovviamente non se la sentiva di giudicare solamente rispetto a quella prima conversazione.


Nonostante questo,

non riusciva a togliersi dalla mente il suo sguardo spento e la forza disperata con cui l'aveva abbracciato non appena varcata la soglia.


, si disse, quel Niki dev'essere proprio un idiota per far soffrire così sua madre.


- Era la stanza di mio figlio - gli disse una volta saliti al piano superiore, indicandogli una porta.

Lui non mancò di notare l'incrinarsi della sua voce a quelle parole, e inconsciamente insultò ancora Niki.

- Sono felice che venga riusata - disse dopo un po', sforzandosi di sorridere - Non è giusto che divenga una sorta di mausoleo, perché Niki non è morto, lo so -


Sembrava che stesse dicendo qualcosa di già ripetuto mentalmente un milione di volte,

una sorta di mantra di cui convincere per prima sé stessa.


Alex si morse le labbra e sorrise - Grazie - rispose soltanto, poi superò l'uscio e si chiuse la porta alle spalle,

chiedendosi se avrebbe mai sentito quella stanza come davvero sua.


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Avevano pranzato in silenzio,

e lui aveva apprezzato il fatto che Julia, il nome della sua "matrigna", gli avesse lasciato i suoi spazi senza inondarlo di domande.


Il marito, gli aveva detto, sarebbe tornato nel tardo pomeriggio.


Verso le tre, dopo aver schiacciato un breve pisolino,

Alex si era deciso a disfare i bagagli:


sparpagliando i suoi oggetti per la camera aveva la sgradevole sensazione di invadere lo spazio privato di un altro,

ma d'altronde non poteva vivere con i propri averi impacchettati per un anno intero.


Quando fece per riporre i libri scolastici nel primo cassetto della scrivania,

un foglio attirò la sua attenzione.


Era vergato in una grafia fitta e scomposta, che Alex trovava particolarmente interessante.


Senza pensarci un attimo si sedette sul letto,

lasciando da parte i suoi averi,

e si mise a leggere...





Niki non era mai stato un ragazzo come gli altri, e aveva sempre contato sul suo carattere testardo ed orgoglioso per non sprofondare nel baratro di solitudine che il suo modo di vedere la vita gli aveva scavato attorno.

solitudine mitigata da un unico amico,

una sorta di fratello a cui aveva aperto il suo cuore complesso.


Tutti dicevano che Niki era pesante, saccente, noioso, uno che si sentiva sempre una spanna sopra gli altri e li guardava dal suo trono di finta superiorità.

Dicevano che Niki non sapeva divertirsi con tutti quei congiuntivi perfetti e la sua ossessione per la scrittura ed i bei libri.

Sussurravano che secondo loro Niki, a quasi diciassette anni, era ancora vergine, perché chi mai avrebbe potuto volere uno come lui, uno che credeva addirittura che il dolore fosse qualcosa di poetico?


E' un mezzo depresso, ecco cosa mormoravano di Niki, una specie di emo delle parole, uno che sa fare i conti solo con la sofferenza.



Niki non aveva avuto una vita facile:

i suoi genitori, persi nel loro dramma di un matrimonio fatto di poco amore e troppo rancore, avevano passato la loro vita cercando di rimettere a posto i cocci di un rapporto che non era mai davvero iniziato.


Niki ricordava le liti furiose,

rievocava le numerose volte in cui suo padre era andato via di casa e anche quelle in cui era tornato solo per ricominciare a litigare, facendo stringere dolorosamente, nell'eco della loro rabbia, il suo cuore di bambino inerme.


Rammentava l'angosciante attesa di un bacio della buonanotte che avrebbe potuto,

da un momento all'altro,

trasformarsi in quello suggellante un addio troppo doloroso per il suo piccolo animo incapace di capire il perché delle cose.


Niki era cresciuto in mezzo alla sofferenza e alla rabbia,

e aveva capito molto presto che,

sebbene i suoi genitori l'amassero alla follia,

essi erano troppo impegnati a schermare loro stessi dal dolore di un'unione fallita per poter proteggere lui dall'amaro dalla vita.


Niki era stato costretto a crescere in fretta per poter bastare a sé stesso:

nonostante in casa facesse tutto sua madre e lui non sapesse nemmeno scaldare il latte, Niki aveva dovuto cominciare prestissimo a nascondere il dolore e a soffocare rabbia e lacrime.


Perché nella sua casa risuonavano già troppi singhiozzi per poterci aggiungere anche i suoi.


Seppur Niki, a quasi diciassette anni, non avesse ancora dato nemmeno un bacio,

aveva perso gran parte della sua innocenza fin troppo presto:

a tredici anni aveva già capito che ci sono cose che bisogna tacere, dolori che devono rimanere celati agli occhi di chiunque.


Niki, a circa quindici anni, era caduto in depressione:

come al solito, aveva dovuto raccogliere la sua forza di ragazzino dallo sguardo fin troppo serio e aveva dovuto recarsi da solo da uno psicologo,

lottando contro i suoi familiari che non volevano andasse e contro sé stesso per scacciare quei fantasmi che nella sua mente parlavano solo di morte.


Niki aveva capito immediatamente che un libro è l'unica cosa che non potrà tradirti mai;

quando questo concetto gli era entrato davvero dentro, aveva cominciato a scrivere anche lui, riversando dentro ogni storia i suoi sogni e le sue paure.


Niki aveva desiderato morire più di una volta, e si era ritrovato a raccontare solo di dolore perché la felicità non sapeva nemmeno cosa fosse.

Niki aveva bestemmiato contro Dio e l'aveva maledetto più volte, durante quelle notti estive maledettamente eterne, nel silenzio di un bagno buio.



Niki a scuola era bravissimo, lo era sempre stato.

Il suo bisogno smodato di essere in grado di controllare almeno qualcosa nella sua vita aveva fatto sì che tutti lo lodassero per quella sua sete di conoscenza che non sembrava esaurirsi mai.


Niki non era mai stato in discoteca: a lui piaceva parlare a bassa voce e confidare in un sussurro i suoi pensieri al suo migliore amico,

l'unico che non lo trovasse strano,

ma a volte si sentiva quasi un alieno nella sua classe, quasi si trovasse in mezzo a gente che parlava un'altra lingua.


Niki, nonostante la sofferenza, il dolore e la depressione, aveva sempre creduto nell'Amore e nell'Amicizia:

aveva pensato in continuazione che ci fosse qualcuno,

al di là del suo sguardo,

intento a soffrire quanto lui per quella solitudine lacerante che la vita impone a tutti, qualcuno che versasse ogni sera le sue stesse lacrime in attesa di incontrarlo.


Aspettami, fratello sconosciuto, pensava allora. Un giorno ti incontrerò, te lo prometto.



Niki, nella sua vita, aveva sempre fatto tutto da solo:

dagli altri non aveva mai ricevuto nulla di nulla, solo abbandono e delusioni.


"Sono cambiato: tu vuoi la morte, io la vita", gli aveva detto all'improvviso il suo migliore amico,

lo stesso che lui aveva considerato come un fratello,

l'unico a cui avesse confidato il suo dolore e la sua sofferenza, donandogli così la parte più segreta di sé solo per vederla disprezzata e rifiutata.


Niki non aveva risposto nulla.

Si era limitato ad abbassare lo sguardo.


Perché era colpa sua e della sua stupida voglia di fidarsi, lo sapeva.

Perché lui era Niki il pesante ed il noioso, ed era stato stupido aver pensato che qualcuno potesse sopportare di stargli vicino.



Dopo quell'ultima, tremenda delusione Niki aveva smesso di credere nel prossimo,

capendo che non importa chi sei e cosa meriti, perché tanto la vita se ne frega sempre.


Niki da quel momento aveva smesso di credere nell'Amore e nel suo fratello sconosciuto,

ridendo di sé stesso per aver passato diciassette anni della sua vita ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato.


Niki aveva deciso che non avrebbe mai più pianto,

che le lacrime versate su quell'unica Amicizia perduta sarebbero state le ultime della sua vita:

avrebbe imparato a chiudere fuori il mondo e a contare solo su di sé,

avrebbe imparato a ridere e parlare di cose futili con gli altri e a fingere di essere uno del gruppo, uno come loro.


Niki aveva giurato che avrebbe imparato a proteggere sé stesso da ogni cosa,

rinchiudendosi nel suo mondo di parole quando fosse stato sul punto di crollare.


Niki aveva quasi potuto sentire gli ultimi barlumi della sua innocenza scivolare via dai suoi occhi,

quasi ondeggiando su tacchi a spillo di cui rimaneva solo un'eco lontana.



Dopo quelle parole Niki aveva capito di essere solo.

Solo come non era mai stato.




Quelle ultime parole si spezzarono in bocca ad Alexander Graham.


- Niki... - sussurrò senza quasi accorgersene.


Rimase immobile per un tempo che gli parve infinito,

quindi sorrise quasi dolcemente:


perché la vita era una fottuta bastarda, è vero, una puttana che si vendeva al migliore offerente e non guardava in faccia nessuno,

ma adesso era sicuro anche lui che da qualche parte in quell'universo Niki ci stesse ancora facendo i conti.


E desiderò poterlo aiutare a non affogare,

desiderò proteggerlo e togliere dalle sue spalle tutto il dolore che impregnava quelle lettere.


Desiderò abbracciarlo, dirgli che non era strano e che andava bene così com'era;

desiderò urlargli che il mondo aveva bisogno di gente come lui,

gente che la vita la guardava dritta negli occhi.


Bramò di potergli sussurrare all'orecchio di non smettere mai d'innamorarsi dell'Amore, perché la poesia del mondo era cantata da quelli che,

come lui,

sapevano leggere attraverso il grigiore dei giorni per cogliere l'essenza dell'Infinito.


Pregò di potergli sorridere mentre gli svelava che l'unica cosa capace di muovere la cattiveria della gente era l'invidia nei confronti di chi aveva capito il Segreto dell'esistenza stessa.




E poi si alzò, Alex,

si alzò e si diresse verso il comodino su cui campeggiava la foto di un ragazzino sorridente e dagli occhi adulti.

Senza pensarci, allungò la mano e ne accarezzò il vetro freddo.


- Io ti aspetto, sai... fratello sconosciuto -















N/A


Dirò poco, quasi niente:

gli inviti a recensire servono ad un bel cavolo, quindi faccio prima e me li risparmio.


Questa storia è un pezzo della mia anima,

vomitata con fatica e scritta con il sangue.


Forse non è la più bella,

forse poteva essere strutturata meglio o sviluppata in altro modo,

ma sinceramente non mi interessa.


Se volete recensire siete ben accetti, altrimenti alla prossima. Sopravvivrò.


Alla prossima.


Blackbutterfly.

   
 
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