Serie TV > Bones
Segui la storia  |       
Autore: xNewYorker__    08/10/2011    0 recensioni
«Tra tutte le persone di questo mondo, perché a lui?» Chiese Booth, dando un peso assurdo a tutte quelle lacrime riversate sulla camicia. «Conosco i rischi del mio lavoro, ma non pensavo arrivassero a tanto.» Brennan lo guardò. «Pensi che l'abbiano guardato in faccia? Svegliati, Booth!»
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Parker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Bones'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
S’immerse in quel mare d’incertezze che mai, mai più avrebbe voluto attraversare. I suoi sentimenti mutarono come il mare in tempesta, il suo cuore si ribaltò tra mille giravolte, sentì la sua testa non reggere e si vide in terra, seppur fosse ancora perfettamente in piedi, ad osservare quel letto vuoto, le cui coperte si trovavano malamente gettate sul marmoreo pavimento bianco. Uno strano presentimento le avvolse la bocca dello stomaco, annodandosi intorno ad essa e bloccandole il respiro del tutto. Crollò, infine, in avanti. Trovando il supporto del letto. A braccia incrociate, rimase lì chissà per quanto tempo, mentre uno strano calore proveniente dall’esterno avvolse l’intera stanza, ponendo fine al ciclo di pensieri che le invadeva il cervello. Si voltò di scatto, perplessa, coi riflessi pronti più di quelli d’una tigre in attacco. Sull’attenti.
Si alzò sulle ginocchia per poi rimettersi in piedi come meglio poté all’istante. Una canzone conosciuta le arrivò alle orecchie dall’interno, quando si rese conto di starci riflettendo, di starci costruendo una storia intorno. Booth fu il volto che vide all’interno delle parole descritte dal brano, così melodioso e struggente da togliere il fiato per poi lanciare in un baratro d’angoscia chiunque l’ascolti con una certa attenzione. Fu fuori immediatamente, mentre non venne accesa nessuna luce all’interno dell’intero edificio. Il buio regnava sovrano, mentre cercava a tentoni di trovare un punto comune, possibilmente un punto d’incontro con i suoi colleghi. I suoi piedi toccarono qualcosa, un foglietto probabilmente, dal rumore che produsse nello strisciare tra la suola dello stivale e il pavimento.
Lo raccolse e lo infilò in tasca senza farci troppa attenzione, aveva ben altro a cui pensare.
Avvertì un tocco alla spalla sinistra, e voltandosi diede una gomitata in pancia a Camille, che gemette facendosi sentire chiaramente dalla collega che, imbarazzata e preoccupata allo stesso tempo, si scusò senza però dire una parola, trascinandosela per un braccio lungo il labirinto infinito di corridoi presenti solo in quell’ala del piano. All’angolo le voci di Hodgins ed Angela si distinsero, e grazie a queste anche i due le seguirono, addentrandosi di più nell’ospedale. Il personale sembrava esser andato a farsi benedire, non si sentivano più dottori, né allarmi, né inservienti, né pazienti, e non c’erano neppure telecamere o luci di sicurezza. Sembrava di essere in chissà quale sperduto luogo della profondità del Bronx, nonostante si trovassero in uno dei migliori (a quanto si diceva) ospedali del centro di Washington.
Il caldo iniziò a farsi sempre più insopportabile man mano che s’avvicinavano, scendendo le scale, al piano sottostante.
Così otto piedi calpestavano il marmo, verso quella che probabilmente era nient’altro che la stanza adibita a magazzino, che si trovava sotto il seminterrato. Una specie di cantina, insomma. Vi si trovavano le più svariate medicine, macchinari non più funzionanti e non ancora stati smaltiti, e talvolta anche qualche galeotto intento a scappare dal proprio lavoro. Però al momento era stata svuotata. Niente più medicine, e nessun galeotto. Solo qualche macchinario a cui mancavano tubi, ventole e meccanismi interni. Camille fece per parlare, ma fu Angela a zittirla con un semplice «Shh» e un eloquente gesto della mano.
Tesero l’orecchio, attaccandosi al muro. Sembrò a tutti una nuova esplosione, ma avevano sbagliato piano: si trovava pressappoco in cima alle scale. A capo della fila, sempre la Brennan, la quale riprese a correre con una foga che non aveva avuto prima, ripensando a Booth e a dove potesse essere andato a finire. Ci voleva sangue freddo, in queste situazioni. Lui le aveva salvato la vita così tante volte che si sentiva decisamente in dovere di ricambiare.
Hodgins stava per inciampare, ma fortunatamente Angela riuscì a sorreggerlo appena in tempo per proseguire. Temperance non avrebbe tollerato un errore in un momento simile, mentre il calore avvolgeva tutti quanti, e l’ossigeno sembrava stare per terminare, probabilmente si sarebbero potuti ritrovare a terra da un momento all’altro, l’ambiente non le piaceva affatto, e avrebbe messo in atto qualunque piano “alla Bones” (come era solito dirle Booth) per uscirne.
Salite le scale e superato un primo momento di terrore nel non vedere nessuno, ma nel vedersi solamente circondata da fiamme in circolo,  sospirò, guardandosi intorno e scrutando la zona fin troppo accuratamente, per poi fare segno agli amici di muoversi a seguirla.
«Di là!» Esclamò Angela, una volta trovato un passaggio dalla porta del quale venivano rumori sospetti. La Brennan non esitò a sfondare la porta con un calcio, vedendosi di fronte un uomo intento a trafficare con la caldaia, il quale la urtò, scaraventandola a terra, nella fuga.
Riuscì appena ad uscire e a seguirlo, per lanciarsi dietro di lui e afferrargli le caviglie, facendolo inevitabilmente cadere a terra, in avanti, mentre Camille gli metteva le manette ai polsi e provava a costringerlo a confessare. «Dov’è Booth?» Chiese la dottoressa, provando a mantenere la calma.
«Chi?» Chiese l’uomo, con un sorriso beffardo in viso.
Gli premette la guancia sinistra contro il pavimento, sul quale ben presto sarebbero arrivate delle fiamme. «DOV’E’ BOOTH?» Si sentì un gemito. «Al piano di sopra!»
Prima di recarsi al piano superiore gli diede un calcio nelle costole, senza risparmiare quel po’ di forza in più per via della rabbia.
«BOOTH!?» Urlò, mentre si aggirava per i corridoi. Niente, non c’era nessuno, neppure i possibili complici di quell’uomo, probabilmente tenuto fermo dai tre colleghi, ma di questo non le importava granché, sul momento.
Si sedette, quindi, dove le capitò. Infilò una mano in tasca, ripescando il foglietto che aveva trovato, inevitabilmente stropicciato e mediamente leggibile, che inizialmente aveva giudicato futile, di marginale ruolo. Senza prestare cura, lo aprì, prima di accorgersi di quello che in realtà fosse.
 
Ferma di fronte alla porta di una stanza d’ospedale che va fuoco attorno a lei, la dottoressa strinse forte quel foglio disegnato di pallini in trasparenza, segno d’un pianto, l’intreccio di due occhi che non sarebbe mai più avvenuto. Quell’intreccio di cielo e terra che non si sarebbe ripetuto, quell’intreccio d’elementi così sbagliato e così giusto allo stesso tempo, le sarebbe mancato. Rivide il suo sguardo, perfettamente incastonato in quegl’occhi pieni di speranza e allo stesso tempo velati di malinconia.
Rivide il suo sorriso, ancora vivido nella mente di chi gliel’aveva donato più volte, e riuscì a sentire nuovamente il suono delle sue parole leggere come una piuma che fa il suo ingresso da una finestra. Da dietro quel cielo appannato d’acqua riuscì a leggere quelle poche frasi che sarebbero rimaste incise nel suo cuore, per sempre.
“Al momento in cui leggerai queste parole, Bones, potrei non essere qui. Chiudo gli occhi e ti rivedo sempre vicino a me, pronta ad aiutarmi nei momenti più duri della mia vita. Ho affrontato la morte di mio figlio, grazie a te. Promettimi che non resterai al buio, promettimi che non ti richiuderai dentro la scatola che hai aperto quando ci siamo incontrati. Promettimi che amerai di nuovo e soprattutto promettimi che ti farai una famiglia e che troverai degli amici, magari migliori di come, facendo del mio meglio, sono riuscito ad essere io. Grazie, Bones, per avermi fatto tornare a vivere.”

Angolo autrice:

Anche questa storia è finita, mi dispiace avervi fatto aspettare tanto, ma mi ci è
voluto per decidere come concluderla, e come avrete notato non si è esattamente
conclusa nel migliore dei modi. Mi auguro che vi sia piaciuta.
Un grazie a tutti quelli che mi hanno seguita, chi dall'inizio e chi non, chi ha
inserito la mia storia tra "preferite", "ricordate", "seguite", chi ha recensito, chi ha
speso un po' di tempo a leggere ma ha deciso di non esprimersi, chi non ha trovato
le parole adatte, chi mi ha fatto ridere o commuovere con le sue recensioni, chi
ha pianto o riso insieme ai "miei" personaggi, e chi mi ha detto di continuare a scrivere, 
ma soprattutto chi ha passato un po' del suo tempo a leggere quello che io ho scritto,
chi ha speso qualche minuto per me. Grazie di cuore.
-xNewYorker__
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Bones / Vai alla pagina dell'autore: xNewYorker__