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Autore: Echelena    08/10/2011    6 recensioni
Questa storia mi è venuta in mente guardando Jared alle sfilate Parigine. E se invece di fare la Divah con Terry, fosse incappato nel bel mezzo di indagini con traffici di droga e il Commissario di Polizia fosse donna , affascinante e per giunta Italiana?E lui ci resta impantanato senza volerlo. Un Jared ovviamente inventato dalla mia fantasia che alla fine ne esce anche eroe! Una specie di Distretto dei...Mars!!Buona lettura!
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 cap  My sweet Paris...
 
Era il primo di ottobre ’11 e a Parigi c’era fermento. La settimana delle sfilate parigine era iniziata.
Sarebbero sfilati sulle passerelle moltissimi nomi noti a tutto il pubblico;  Richas, Lanvin, Mugler, Westwood, Yamamoto, Gaultier, Kenzo accompagnati anche da stilisti magari meno noti, ma non meno capaci di sbalordire con le loro arditissime sperimentazioni. Purtroppo per me e la mia squadra, tutto questo fermento coincideva con le nostre indagini su dei narco – trafficanti, che seguivamo da oltre un anno. Io ero il Commissario che dirigeva le operazioni ed eravamo arrivati a stringere le indagini proprio in quella settimana mondana. In pratica quell’evento avrebbe fatto da copertura per un traffico ingente di cocaina ed eroina proveniente dai Paesi del Sud-America. Il fermento parigino avrebbe coperto riunioni e arrivi di partite di droga,distraendo l’opinione pubblica dai loschi traffici. Noi avevamo cominciato le indagini con infiltrati che ci facevano da spie e cercavamo  dall’Italia  cooperazione con i  colleghi Transalpini, sperando in una proficua collaborazione.  La nostra base era vicinissima alla Stazione della Police Nationale, ma la  collaborazione doveva essere diretta dalla nostra Squadra, in quanto le indagini ci appartenevano da molto tempo. Così prima di arrivare a Parigi, da circa un mese avevamo stretto gli accordi necessari con il Capo della Polizia, Jean Martin. Devo  dire che si era dimostrato collaborativo al massimo nel coordinare le sue squadre, anche se notavo in lui un pizzico di gelosia , soprattutto nei miei confronti, in quanto giovane donna a capo di un Commissariato. Ero laureata in Giurisprudenza e anche  in Scienze Politiche, quindi mi potevo considerare un piccolo genio senza false modestie! A soli 33 anni mi avevano affidato un ruolo, Commissario Capo, che molti miei colleghi mi invidiavano e di gelosi e invidiosi nel mio lavoro ce n’erano tantissimi! Non tutti erano dotati di abnegazione e amore per la giustizia come me! Perché, credetemi, il salario era così basso, che a volte qualcuno ci faceva notare se era il caso di rischiare la vita per così poco. Ma io avevo sempre amato tutto ciò che riguardava la giustizia e la legalità. Così da due anni e mezzo avevamo concluso delle indagini molto difficili, di cui il mio Distretto era molto orgoglioso.
Ora  un caso  nuovo ci portava a questi trafficanti, i quali senza tanti preamboli si servivano di una vasta rete di spacciatori tra Francia, Italia , Svizzera e Germania e noi dovevamo assicurarli alla giustizia.
I nostri infiltrati da un anno non avevano vita propria,vivevano ormai come dei criminali, cosa necessaria per far si che i Capi si fidassero completamente di loro. Eravamo tutti impazienti di coglierli con le mani nel sacco e concludere l’indagine  con degli arresti esemplari, smantellando una fitta rete di spacciatori.
Era autunno , ma a Parigi come in Italia, faceva caldo. Per cui eravamo in una situazione a volte anche di sofferenza fisica, a causa di un caldo fuori stagione che ci faceva sudare  come se fossimo a luglio.
Le nostre postazioni erano sotto il sole, i tecnici operavano dentro dei furgoni da dove spiavano tutto ciò che avveniva nelle passerelle e dentro le stanze dei nostri indagati. Il caldo li opprimeva e a volte qualcuno era costretto a rifornirli di bevande fresche col rischio di far cadere la copertura necessaria.
Io ero sempre in contatto radiofonico con le cuffie, con gli agenti che spiavano e i miei stretti collaboratori, l’Ispettore capo Andreis e il Sovraintendente Bonanno. Ma per me dopo tre anni di collaborazione erano semplicemente Paolo e Giulia. Ormai eravamo amici affiatati, non semplici colleghi. La fortuna era anche questa, avere nell’ambiente di lavoro, delle persone di cui fidarsi e una stima di amicizia nei loro confronti. Ovviamente ricambiata anche da parte mia.
Quella mattina si stavano preparando gli stilisti per le  sfilate sulle passerelle serali e si preparavano anche i trafficanti che avrebbero concluso i loro loschi affari proprio dietro le quinte. Eravamo tutti nervosi e in apprensione. Bastava un nulla per far saltare tutto, mesi e mesi di duro lavoro,per cui  eravamo tutti sull’attenti. Dovevamo anche stare molto attenti a non far sorgere sospetti sui trafficanti che avevano la polizia alle calcagna, in quanto c’era troppa gente intorno e le sparatorie erano assolutamente da evitare. Bisognava agire spediti e con coerenza.
I miei ragazzi erano tutti ai loro posti, chi spiava dentro le camere d’albergo, chi intercettava le telefonate e c’erano anche dei tecnici abilissimi che spiavano i loro computer direttamente dai furgoni-spia. Ogni volta che qualcuno di loro navigava nella rete, veniva intercettato dai nostri uomini. Eravamo in attesa di far saltare tutta la loro organizzazione criminale.
Io mi informavo su tutto. Cosa stavano intercettando in quel momento, di cosa parlavano e come agire  in base a ciò che decidevano i criminali. Il loro  Capo era un brasiliano che si occupava di traffici illeciti da parecchi anni ed era noto  per la durezza e crudeltà. Non si fermava di fronte a nulla pur di portare a termine i suoi traffici, persino utilizzare dei ragazzi per trasportare la droga. A volte con mezzi disumani. Ma i criminali non sono mai teneri, si sa. Affidare alla giustizia un tipo del genere mi avrebbe procurato diverse soddisfazioni.” Flagelo”, così lo chiamavano in gergo, doveva incontrarsi con degli spacciatori italiani e francesi ed era lì con l’intento di vendere delle partite ingenti di droga, per poi tornarsene pulito in Brasile.
O godersi le spiagge incantate del Messico o delle Hawaii. Il suo soprannome , in portoghese, era tutto un programma, flagello, appunto. Assicurare quella gente alla giustizia era della massima priorità. Doveva succedere a momenti, prima o poi avrebbero fatto il passo falso e ci avrebbero portato loro stessi alle quantità di droga arrivate fresche fresche  dal Brasile.
Così, persa nei miei pensieri e cercando di non sentire il caldo opprimente di questo autunno  parigino, Paolo mi chiamò.
-        Carlà!-
-        Come mi hai chiamato , scusa?- dissi un po’ sorpresa da quell’accento sulla “A” finale del mio nome.
-        Ti ho chiamata Carlà. Non siamo a Parigi qui?E allora se Carla Bruni la chiamano Carlà, tu qui sei Carlà!-
-        Ma vedi di annartene....-Stavo per farmi una sonora risata. Il mio lato romanesco stava per uscire fuori. Il fatto era che anche durante le indagini a volte si scherzava per rendere i momenti di tensione più sopportabili.
-        Senti Paolò- dissi allora io per prenderlo in giro- che ne dici se mi allontano 10 minuti per prendermi un caffè? Ne ho bisogno, tu ne vuoi? Te ne porto uno?-
-        Innanzitutto se devi chiamarmi in francese, mi devi dire Paul! Erudisciti cara! E poi no, grazie  per il caffè, sennò divento isterico, ne ho già presi tre in due ore!
-        Ok, visto che tu stai qui, vado a farmi un caffè di lusso al Cafè Flore, sta qua vicino!
Il Cafè Flore era un bar molto famoso, perché frequentato da intellettuali del calibro di Camus, Sartre, Simone de Beauvoir, oltre ai tanti turisti che affollavano la caotica Boulevard  Saint Germain de Pres. Così mi recai per prendermi una breve pausa, a volte sentivo il bisogno fisico e mentale di staccare, visto che l’indagine ci impegnava praticamente 24 ore, ovviamente coi turni notturni per potere riposare tranquillamente le nostre canoniche 8 ore.
Ero seduta a sorseggiare tranquillamente il mio caffè, quando qualcuno mi urtò e il liquido bruno mi cadde inesorabilmente sulla camicia immacolata.
-        Ops...Excusez-moi madame !- disse in un francese orribile.
-        Fa niente – risposi io in inglese. Capì che il tizio non era francese.
-        Vorrei chiederle veramente scusa, sono imperdonabile e ho combinato un disastro!.- Mi guardò la camicetta che ormai era di un bel colore marroncino. Tra l’altro la tazzina era ancora piena , non avevo bevuto il mio caffè, ma lo avevo rovesciato tutto addosso, bollente. Il che, col caldo era una cosa molto fastidiosa.
-        Mi permette di rimediare?- Insisteva, sapendosi colpevole.
Lo guardai, aveva degli occhiali scuri che gli coprivano metà viso, alto e magro, molto pallido, magari era un modello delle sfilate, pensai.
-        Ma no, non si preoccupi, non è niente, veramente!...- Cercai di allontanarlo perché capì che non lo avrei congedato tanto facilmente. Col caso aperto, con le indagini in corso, ci mancava pure il marpione che mi ronzava dietro! Certo non era male il tipo, ma non era il caso di fare avventure in quel momento.
-        Insisto!- Si tolse gli occhiali e  restai fulminata!
I suoi occhi erano di un azzurro molto intenso, un blu così blu, che più blu non si può. Ma si può dire poi una cosa del genere? No, perché io rimasi abbagliata letteralmente da quegli occhi!Poi cercai di fare mente locale dove lo avevo visto..sicuramente era famoso, ma dove lo avevo visto? Cominciai a far girare le mie rotelle della memoria...Forse era un attore, ma non ricordavo nessun film in particolare.
-        Devo rimediare e le compro una camicetta nuova. Non può andare in giro conciata così!- disse con enfasi. – La prego, mi permetta di rimediare.-
Io già mi immaginavo andare per shopping a Parigi con lui e togliere la camicia con sotto la mia pistola! Ero anche piena di fili, per via della ricetrasmittente. Anzi mi ricordai di avere il microfono aperto e quindi i miei collaboratori mi stavano ascoltando!
Lo guardai ancora per capire dove lo avevo visto. E lui mi anticipò.
-        Sono Jared – mi porse la mano – Jared Leto, piacere.
Ricambiai la stretta.
-        Sono Carla. Ma non sono la Bruni, anche se sono italiana. Mi chiamo Carla Andreoli e non mi chiami, per favore, con l’accento finale! –
Lui rise della mia battuta. Che denti bianchissimi aveva, mi incantò con la sua risata.
-        Perdonami Jared – passai disinvoltamente al “tu”. –mi sembri un volto noto. Sei per caso un modello
delle sfilate di questi giorni?-
-        Oh no! Sono troppo vecchio per sfilare in passerella- disse ridendo ancora.
Si certo, troppo vecchio per le sfilate. I modelli già a 30 anni erano in pensione, pensai tra me e me.
-        Sono un musicista e canto in una Band, i 30 seconds to Mars, mai sentiti?Poi sono anche attore e ho girato diversi film. Faccio anche il regista, dirigo i miei video. Insomma faccio di tutto , ma non sfilo in passerella!- disse molto sicuro di sé.
Lo guardai incantata. Era un uomo con molto fascino e determinato, si capiva da come parlava.
-        Senti Carla, insisto per la tua camicetta. Non puoi andare in giro così a Parigi, davvero!
E indicò la  macchia, che nel frattempo, si era allargata molto.
-        Oh no, non fa niente, davvero! Non ho tempo di andare in giro per negozi, adesso! Piuttosto vado a cambiarmi.- dissi d’istinto, ricordando il mio ruolo lì .Incontrare Jared mi aveva distratta dai miei doveri.
Poi mi ricordai di mia sorella, della sua passione per quella band. E per il cantante che era bellissimo. Lui appunto.
Ecco dove lo avevo visto! Col mio lavoro, impegnata giorno e notte, perdevo il senso della realtà, a volte.
-        Ma certo che vi conosco – dissi a un tratto. Lui sorrise.
-        Mia sorella più piccola vi adora. I vostri fans li chiamate Echelon, giusto? Quando abitavo ancora dai miei, lei metteva la vostra musica a tutto volume. Ora sono due anni che sto per conto mio e ho perdite di memoria!
-        E a te piace la nostra musica? – mi chiese.
-        -Si, mi piace. Ma io non ascolto e non seguo granchè, perché il mio lavoro assorbe gran parte  del mio tempo libero... – risposi con un pizzico di malinconia.
-        Di cosa ti occupi? – Mi chiese di conseguenza lui.
-        Di... – pensai un attimo – franchising. Sono qui per guardare  e acquistare i modelli da importare in Italia. – Mentì spudoratamente. Come se in Italia avevamo bisogno dei modelli francesi, con i grandi stilisti che ci ritrovavamo!
-        Ti prego, fai in modo di farmi avere la tua camicetta, per rimediare con il lavaggio, almeno! –
Cambiò discorso, insistendo ancora sull’incidente del caffè. E meno male perché mentire su cosa facevo lì mi costava sforzi, non ero molto capace a imbrogliare, nonostante il mio mestiere di sbirro!
-        Ok Jared, va bene, dove alloggi? –
Lui per tutta risposta disse :- Andiamo al tuo albergo, ti cambi e mi fai avere la tua camicetta. Ora.-
Ma che faceva , mi dava gli ordini? Sembrava abituato a fare il comandino. Mi prese sottobraccio e mi portò fuori. Rimise i suoi occhiali da sole e camminava trascinandomi con sé.
-        Ehi, aspetta! – mi ribellai. – Io adesso non posso. Che fai , mi trascini? Non mi hai chiesto se potevo... –
-        Oh, scusa! Pensavo era sottinteso –
Si fermò di botto, visto che anche io mi fermai sciogliendomi dalla sua stretta. Mi sembrava troppo sicuro di sé.
Ma non aveva fatto i conti con me. Che per lavoro ero abituata a comandare, forse più di lui!
-        Senti, allora facciamo così – cambiò strategia e tono – ci vediamo a pranzo e mi faccio carico delle spese della lavanderia per la tua camicetta. E ti offro il pranzo, per farmi perdonare.
Mi fece un sorriso così incantatore, che per un fottuto secondo mi dimenticai chi ero e cosa facevo lì! Ma come potevo cascarci io, Commissario di Polizia?
 
 
 
In occasione della settimana modaiola di Parigi a cui  noi Echelon abbiamo assistito con tutte quelle foto di Terry, mi è venuta l’idea di un Jared diverso dal solito. Invece di una settimana trascorsa col suo amico a fare lo scemo con foto e sfilate, io lo vedo così. E vi posso anticipare che gliene succedono di tutti i colori. Un Commissaio donna con gli attributi che lo farà prima impazzire e dopo cuocere per benino! E ci vuole, caro Jared che ogni tanto perdi il tuo essere Divah, che ne dite? Mi farebbe piacere se lasciate un segno del vostro passaggio. Accetto anche le critiche , perché sono costruttive. Ovvio che ci saranno molti errori, poiché non sono una scrittrice. Vi ringrazio per la vostra attenzione e il seguito è quasi pronto! Il titolo , ovviamente è tratto da un Twitter di Jared, non amo così tanto Parigi, io! Stay tuned!
   
 
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