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Autore: _camus_    09/10/2011    7 recensioni
Ogni stagione è legata all'altra, incontri e addii formano il cerchio, il sacro centro è la nostra armatura, dove tutto cambia, tutto è eguale.
[Marion Zimmer Bradley]

Un ricordo a stagione; uno per personaggio.
Memorie incancellabili fissate per sempre dallo scorrere ciclico di Primavera, Estate, Autunno e Inverno – comprese le mezze stagioni.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Scorpion Milo, Virgo Shaka
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I. Primavera

Le quattro stagioni

 

 

 

 

 

 1. Primavera

   



La tempesta di neve infuriava ancora, fuori dalla finestra: un uragano bianco di fiocchi gelidi, taglienti e monotoni che pareva non volersi arrestare mai.

Era arrivato circa tre settimane addietro e, da allora, il ghiaccio non aveva smesso nemmeno un secondo di scendere giù, come se avesse voluto cancellare via quell'angolo sperduto di mondo fra i monti dello Jamir che lui da sempre chiamava “casa”.

Se durante gli anni di addestramento era valsa la pena sopportare tante ore di viaggio solo al fine di respirarne la pace per una misera manciata di giorni, questa volta non si era potuto dire lo stesso.

Che il motivo della sua visita non sarebbe stato sereno lo sapeva anche prima di partire; scorta la grafia troppo disordinata del monaco Avgan, aveva intuito subito che quel dispaccio consegnatogli in tutta fretta non portava buone notizie.

Aveva continuato a percepire il disastro imminente anche mentre si recava velocemente a informare il Gran Sacerdote, per poi correre fuori dal Santuario sino a raggiungere il punto in cui avrebbe potuto accomiatarsi dall'assolata Grecia con un semplice battito di ciglia; l’aveva palpato nell'aria non appena si era materializzato sulla soglia della sua dimora, satura di un silenzio minaccioso.

Nonostante tutto questo, si era comunque trovato impreparato dinanzi alla verità: sua madre non aveva retto alla fatica del parto e, dopo aver dato alla luce il bambino, era spirata.

Mu non era giunto in tempo.

Per colpa del ritardo della lettera che annunciava complicazioni, forse, o per colpa sua… oppure per colpa di nessuno, dopo tutto. Sempre troppo tardi era stato.

«Grande Mu! Grande Mu!»  l'aveva chiamato con tono contrito la levatrice, una volta accortasi del suo arrivo; sentendo quell’appellativo, la parte irrazionale del suo cervello si era inorgoglita per un millesimo di secondo – aveva ottenuto l'armatura d'oro da poco, e a tali deferenze forse non ci si sarebbe mai abituato davvero.

Ma la soddisfazione era durata giusto un attimo, lasciando subito posto al dolore e alla rabbia; avevano cercato di consolarlo mettendogli in braccio quella creaturina indifesa che, ai suoi occhi, altro non era che un piccolo, crudele assassino.

Quell'essere l'aveva privato della sua venerata madre, tanto semplice quanto saggia, tanto minuta quanto forte: la calma, la pazienza e la costanza che lo contraddistinguevano Mu li aveva appresi da lei – da Karma. La prima stella della sua vita.

Aveva cresciuto il figlio da sola, riuscendo per amor suo a sopravvivere in quelle terre inospitali; tuttavia, quando si era fatto evidente come Mu fosse destinato a qualcosa di grande, aveva saputo mettere da parte l'egoismo materno senza esitare.

Non si era abbandonata al pianto nemmeno dinanzi al delegato di Atene, salito fin lassù per condurre il bambino in Grecia – migliaia di kilometri lontano da lei.

Di tale grande donna ora non rimaneva che quel pupattolo, minuscolo fra le braccia muscolose di Aries.

«Kiki in giapponese significa “terrificante”: senza volerlo, gli si addice perfettamente» aveva pensato lui, nel momento in cui gli avevano comunicato il nome scelto per suo fratello.

Ora, a sette giorni di distanza, comprendeva quanto i sentimenti astiosi che l'avevano animato all'inizio si addicessero più a un bimbo che non a un cavaliere del suo rango; a dispetto di ciò, tuttavia, non riusciva ancora a trovare dentro di sé la forza del perdono – facoltà invece importantissima, per un saint d'Atena.

Si alzò dalla poltrona accanto al fuoco su cui era rimasto seduto per ore con un sospiro, diretto nella stanza dove si trovava il neonato.

«Ciandra, andate a riposarvi un poco: resto io con Kiki» disse gentilmente alla vecchia balia a cui l'infante era stato affidato, la quale si congedò in fretta con un piccolo inchino.

Rimasto solo, fece qualche passo verso la culla, guardando l'occupante che si agitava debolmente al suo interno.

«Cosa dovrei farne di te?» chiese al fratellino, senza aspettarsi risposta «Fra poco il periodo di pausa che mi è stato concesso terminerà, e dovrò rientrare ad Atene: sono l'unico legame parentale rimastoti. Chi si occuperà della tua educazione, quando io non ci sarò? Chi ti darà l'affetto che ti spetta? Non so se sarò capace di adempiere a questo compito».

A dispetto del suo poco tempo, il bambino lo stava fissando concentrato, quasi capisse le sue parole.

Era troppo presto per dire con certezza di quale colore avesse gli occhi, ma Mu aveva l'impressione che sarebbero stati azzurri come i suoi – e come quelli di Karma.

Incapace di rimanere ancora lì fece per richiamare Ciandra, quando qualcosa lo trattenne.

Si voltò lentamente, con cautela; era stata questione di un attimo, ma aveva avuto la netta impressione che da Kiki fosse partito un tenue bagliore di cosmo.

«No, non è possibile!» si disse, sconcertato «Sono notti che non dormo bene: sarà stato un abbaglio dettato dalla stanchezza».

Capitava assai di rado che due persone dello stesso sangue manifestassero il medesimo potere: da quanto ne sapeva, gli unici due fratelli che erano divenuti entrambi cavalieri erano Aiolos ed Aiolia.

Aveva appunto terminato di formulare il pensiero, che di nuovo avvertì la sensazione di qualche attimo prima, stavolta più chiaramente: un debolissimo filo di cosmo – tenue, quasi impercettibile – aveva toccato il suo.

Senza pensarci ritornò velocemente alla culla, prese in braccio il piccolo e istintivamente cominciò a cullarlo, all’improvviso ebbro di gioia.

«Perdonami, Kiki. Non avevo capito nulla, sono stato uno sciocco. Avrei dovuto da subito essere grato alle stelle per il dono che mi hanno fatto permettendoti di nascere. Il sacrificio di nostra madre non andrà sprecato: mi prenderò cura io di te. Ti insegnerò a divenire prima uomo, poi cavaliere. Ti condurrò per mano lungo la strada più nobile che ci sia: la strada della giustizia, della fedeltà alla dèa Atena – quella dèa che, nonostante non me lo meriti, mi ha regalato un motivo in più per lottare».

All’improvviso, il ricordo delle proprie fatiche adombrò i pensieri di Mu: la via della Giustizia era sì la più nobile, ma anche la più difficile da percorrere.

Lui ricordava bene i propri anni di sangue, sudore e rinunce, durati un’infanzia che non era mai stata tale; augurava davvero il medesimo destino a quella creatura, che ora gli sembrava così indifesa?

«Sì» ammise a voce alta.

Perché Mu aveva provato sulla sua stessa pelle cosa implicasse essere cavaliere e, benché ancora giovane, già sapeva che nessun’altra vita più di quella meritava di essere vissuta.

«E poi ci sarò io al tuo fianco» sorrise infine, rincuorato dal pensiero che, con lui accanto, Kiki non sarebbe mai stato solo.

Sempre dondolando il fratello, Aries dette uno sguardo oltre il vetro della finestra: la neve aveva cessato di cadere. Dietro le nubi si intravedevano i primi timidi raggi di sole.

Il vento stava spazzando via la neve più superficiale, permettendo ai pochi fiori sopravvissuti alla tormenta di fare capolino da sotto la coltre bianca.

I ghiacciai eterni, tutto intorno, brillavano di luce nuova – i primi segni della primavera che quell'anno tanto aveva tardato ad arrivare.

«La vita genera morte, così come la morte genera vita... » sussurrò, recitando un antico detto che gli pareva di aver sentito pronunciare a Shaka.

«… nello stesso modo, l'inverno genera la primavera» aggiunse poi, pensando a sua madre e al bambino che gli si era addormentato sul petto.

Non avrebbe mai dimenticato quel giorno.




 

 .

 


Note dell’autore

Salve a tutti!

L'ispirazione per questa piccola raccolta di spaccati di vita mi è venuta una mattina in treno, ascoltando le “Quattro stagioni” di Vivaldi: viste e considerate le idee strampalate che mi vengono di prima mattina, non garantisco nulla!

Come è facilmente intuibile, la Primavera è dedicata al ricordo di Aries; per questo capitolo mi sono rifatta alla serie italiana – l'unica che consideri Kiki quale fratello di Mu.

Karma significa "Stella".

 

 

   
 
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