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Autore: venusia    09/10/2011    4 recensioni
Prima parte - POV Bella (cap.1-19)
Siamo alla vigilia del matrimonio di Bella ed Edward quando Alice ha una visione: i Volturi piomberanno a Forks il giorno della cerimonia! Perché? Qualcuno ha violato le regole dei signori di Volterra? E come mai Alice non riesce a prevedere l'arrivo di Tanya?
Seconda Parte - POV Rosalie (cap.20-49) POV Bella (cap.50-59)
Desirèe, la figlia adottiva di Tanya, è stata dichiarata fuorilegge dai Volturi, e così pure Bella che le ha dato rifugio. Come si comporteranno i Cullen, tutti, tranne Rosalie, indifferenti alle vicissitudini di Desirèe? E il branco, che anch'esso ha voltato le spalle a Desirèe, pur essendo per metà umana e oggetto dell'imprinting di Seth?
Terza parte - POV Jacob (cap.60-epilogo)
L'inaspettata decisione di Bella di lasciare Edward aveva spalancato le porte del paradiso a Jacob, ma il combattimento con Demetri gliel'ha strappata, forse, per sempre. Mentre i Volturi si preparano alla battaglia finale per eliminare i ribelli, Jacob raccoglierà il difficile ruolo di Alfa del branco e capirà finalmente che il sole e la luna non sono poi così distanti.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Rosalie Hale
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
Capitoli:
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Ciao a tutti. Questa è la mia prima Fan fiction. L'ho scritta in quanto insoddisfatta del finale di Breaking Dawn, pur attingendo da quest'ultimo per le idee che ho trovato più interessanti. Le lettrici più attente non potranno non notare i cambiamenti di alcuni legami fra i vari personaggi e, soprattutto, di alcune qualità dei vampiri. Una su tutte: possono piangere! Se possono avere figli, allora possono anche piangere, secondo me! E altre differenze le troverete lungo la lettura. I primi capitoli saranno introduttivi. Posterò una volta a settimana in quanto l'ho già scritta tutta. I primi capitoli sono scritti secondo il punto di vista di Bella, vi aggiornerò quando cambia il punto di vista.
Ah, ultimo punto: come avrete modo di notare se procederete nella lettura, io sono una fan di Jacob, quindi gran parte delle scene riguarderanno lui, anche se troverà largo posto anche Edward!!!
E ora si comincia. Scusate se mi sono dilungata.

'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stephenie Meyer; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.





Era mattina da un pezzo ormai e io stavo perdendo tempo in bagno. La voglia calava ogni istante se pensavo a ciò che mi attendeva.
Una giornata di shopping con Alice. Che depressione!
Non era proprio per me ma purtroppo questa volta non avrei potuto sottrarmi. Alice si era messa in testa di prepararmi il corredo per il viaggio di nozze. Io, in realtà, non mi ero minimamente posta il problema, ma per la sorella del mio futuro marito sembrava essere l’inconveniente principale. Il matrimonio era imminente e cercavo di pensarci il meno possibile, dato che l’idea mi terrorizzava. Ma l’avevo promesso a Edward e non potevo più tirarmi indietro, anche perché era l’unica condizione che aveva posto alla mia entrata nella famiglia Cullen. Dovevamo prima sposarci e poi avrei potuto diventare come loro. Un vampiro…
Penso che la prospettiva avrebbe sconvolto chiunque, ma non me. Non potevo invecchiare e perdere Edward. Volevo a tutti i costi restare giovane e vivere in eterno con lui. Non vedevo l’ora. Ma l’idea del matrimonio… No, quella non mi andava proprio a genio. Forse perché i miei genitori avevano divorziato poco dopo la mia nascita, o forse no. Sta di fatto che avevo sempre criticato tutti quelli che avevano l’ardire di prendere quella decisione, pensando che mai avrei commesso un errore del genere e ora io facevo la stessa cosa! Anche se per me era diverso. Io sapevo che sarebbe durato in eterno. E anche Edward.
Nonostante questa consapevolezza, avrei preferito una convivenza, ma lui era all’antica. E voleva fare le cose per bene.
In fondo non potevo biasimarlo. Aveva più di 100 anni. Agli inizi del 1900 le cose si facevano così.
“Bella!!!!” urlò mio padre dal piano terra. “Io vado al lavoro. Ci vediamo stasera”.
Sentii sbattere la porta e pochi istanti dopo il motore della macchina della polizia mettersi in moto e partire.
Charlie non era molto felice di questo matrimonio. Aveva detto di sì a malincuore, sperando che fosse la mamma ad opporsi, in modo tale da trovare un’alleata e poter fermare tutto. Ma così non era stato. E aveva accolto di malavoglia tutto questo.
I miei genitori quindi avevano più o meno accettato la situazione. Alice, la mia futura cognata, aveva già spedito gli inviti per la cerimonia che si sarebbe svolta fra una settimana, il 10 settembre, poco prima del mio compleanno. Tutti i miei amici avevano già chiamato per farmi le congratulazioni e confermarmi la presenza al matrimonio.
Tutti tranne uno.
Il più importante di tutti.
Il “mio” Jacob.
Era sparito. Nessuno sapeva dove fosse finito. Ma a differenza di Charlie che aveva disseminato, in quanto capo della polizia, volantini per l’intera provincia e fatto affiggere in tutti i commissariati dello stato una sua foto, suo padre e i suoi amici non si preoccupavano. Sapevano che stava bene. Da qualche parte.
Aveva preso le sembianze di un lupo ed era fuggito. Tra loro erano in contatto tramite telepatia. Quindi loro sapevano come stava, ma io no.
Lui era scappato da me, da me che lo stavo facendo soffrire.
E aveva fatto bene. Mi amava e io non avevo fatto altro che torturarlo. Ero stata tremendamente egoista e ingiusta con lui. Avevo pensato solo a me stessa in tutto questo tempo. La mia felicità con Edward era sempre stata al centro dei miei pensieri mentre Jake aveva sofferto in silenzio accanto a me. Era stato lui a consolarmi, rallegrarmi e a riportare un po’ di gioia nella mia vita quando Edward aveva deciso di lasciarmi, pensando che la sua presenza mi arrecasse solo danno. Aveva continuato a essermi amico e a vegliare su di me anche dopo il ritorno di Edward. Mi aveva difeso insieme a tutto il branco da Victoria e dai suoi vampiri Neonati quando avevano cercato di uccidermi, quel giorno aveva rischiato di morire e io cosa avevo fatto dopo? Non avevo trovato niente di meglio che invitarlo al mio matrimonio, chiedendogli addirittura di farmi da testimone! Sì, okay, l’idea era stata sua, ma dovevo capire io per prima che questa sua proposta era stata fatta solo per cercare di mettersi in testa che con me era finita, che non avrebbe mai potuto esserci niente fra noi. E io, da vera stupida, avevo continuato a trattarlo come il mio migliore amico, quello a cui confidare tutto. Fino a quando Seth, il più giovane del branco, non mi aveva detto che era andato via e non sapeva quando sarebbe tornato.
Era passato poco più di un mese e mezzo da quel giorno.
Chiamavo tutti i giorni casa Clearwater per avere notizie ma la risposta era la stessa tutte le volte: nessun ritorno in vista.
Guardai l’ora: erano quasi le 11. Mancavano 10 minuti. Facevo ancora in tempo. Alice era sempre puntuale come un orologio svizzero, ma potevo farcela. In fondo ero già pronta. Mi guardai allo specchio e per l’ennesima volta contemplai la mia totale insignificanza. Capelli lunghi, castano scuro, dritti senza nemmeno un’onda che potesse renderli meno anonimi; viso ovale e magro, dal colorito pallido; occhi marroni e labbra naturalmente color amaranto. Non avevo proprio niente di attraente. Eh sì che mia madre da giovane era stata una bella ragazza. Non avevo preso da lei…
Ok, non avevo tempo per compatirmi. Corsi giù per le scale come una furia. Quasi inciampai ma riuscii a restare in piedi (strano! Di solito cadevo sistematicamente!). Andai al telefono e composi in fretta il numero: ormai lo avevo imparato a memoria, data la frequenza con cui chiamavo.
“Pronto?” rispose una voce femminile dall’altro capo del telefono.
Oh no! Era Leah!
La sorella di Seth, licantropo anch’ella, mi odiava. Non c’era mai stato molto feeling fra di noi, anche se non ne avevo mai capito il motivo.
Fui tentata di buttare giù il telefono. Ma in fondo non ero più una bambina, dovevo andare avanti senza imbarazzo, né disagio.
“Ciao Leah. Sono Bella. C’è Seth in casa?” domandai.
“Sì. Adesso te lo chiamo”.
Il mio coraggio era stato premiato. Non so perché avessi tanta paura di lei: era una ragazza più o meno della mia età e non mi aveva mai fatto delle scenate. Non per telefono almeno.
“Pronto, Bella? Ehi ciao! Come stai?” esclamò Seth appena impugnò l’apparecchio.
Seth era un’iniezione di energia. Così gioioso e pieno di vita! Andavamo molto d’accordo lui ed io. E poi era l’unico del branco che non odiasse i vampiri. Anzi, dopo la vicenda di Victoria e dei suoi Neonati, lui e Edward avevano addirittura stretto amicizia.
“Ciao Seth, io tutto bene”.
“Ti ho già detto che noi veniamo al tuo matrimonio, vero?”.
“Sì, sì. Non ti preoccupare. Me lo avevi già confermato. Non ti chiamo per questo, ma per la solita cosa”.
“Ah, sì, certo. L’ho già sentito. Tutto ok”.
“E quando…?”.
“Non lo ha detto, Bella. Mi dispiace. Per ora non ha programmato nessun rientro”.
“Capisco…” il mio tono di voce a questo punto della telefonata diventava sempre triste tutte le volte. “Va bene. Io continuo a chiamarti se per te non è un problema…”.
“No, anzi. Figurati. A me fa piacere sentirti. Piuttosto mi dispiace perché ogni volta non ho mai buone notizie da darti” mi rincuorò Seth sinceramente affranto.
“Non ti preoccupare. Per il momento va benissimo sentire che sta bene. Però Seth promettimi che se dovesse succedergli qualcosa o decidesse di tornare, me lo dirai subito, senza aspettare le mie petulanti chiamate quotidiane. Ok?”.
“Ma certo, Bella. Non ti preoccupare. Ti avviserò immediatamente”.
Dopo i saluti del caso, la telefonata terminò.
Ma perché? Perché non tornava? Lo avevo ferito così profondamente? Sospirai: non avevo potuto fare diversamente. Ero divisa fra due parti che si odiavano ferocemente. I vampiri Cullen da una parte e i licantropi Quileute dall’altra. E avevo scelto i primi.
Sentii suonare il clacson.
Era Alice.
Afferrai la borsa e corsi fuori.
La mia adorata futura cognata era nel vialetto di casa mia che mi salutava a bracciate da una Mercedes decappottabile. Non riuscivo a capire. Io facevo di tutto per nascondermi e mettere cose poco appariscenti e lei invece amava tutto ciò che era fashion, glamour e… costoso! Vabbé, con tutti i soldi che i Cullen guadagnavano grazie alle previsioni sull’andamento delle borse mondiali di Alice, potevano permetterselo, però io non li avrei ugualmente spesi in macchine.
Un momento! La Mercedes non era sua! Quindi…
Mi sporsi a guardare meglio.
Alice era al posto del passeggero. Alla guida c’era… Rosalie?!
Magnifico!!! Di bene in meglio!
Già la giornata di shopping non mi entusiasmava neanche un po’. In più c’era anche Rose con noi… Avrei voluto spararmi!
Mi avvicinai alla macchina.
“Ehi ciao, Bella! Siamo in orario, vero?” esclamò la voce argentina di Alice, supportata da un sorriso cristallino come l’acqua di una fontana.
“Perfette, come al solito” le dissi, cercando di mostrare un po’ di entusiasmo.
“E’ venuta anche Rose, spero non ti dispiaccia”.
“Certo che no. Anzi almeno sarete in due a divertirvi visto che per me sarà solo una gran sofferenza” soffiai.
“Andiamo, Bella, non fare storie. Vedrai che sarà divertentissimo” mi sorrise, alzandosi e facendomi accomodare sul sedile posteriore.
Partimmo in sgommata.
Alice per me era al pari di una sorella. Amavo tutta la famiglia Cullen, ma lei in modo particolare. Forse perché era stata la prima ad accogliermi nella loro casa, quasi come fossi una di loro, o forse semplicemente perché era impossibile non volerle bene! Era così gioviale, allegra e coinvolgente in qualsiasi cosa. Era diventata in breve la mia migliore amica, anche se a volte la sua capacità di prevedere il futuro mi aveva creato non pochi problemi. Tuttavia l’avevo amata fin dal principio.
Al contrario di Rose.
Rose non aveva mai fatto mistero della sua antipatia nei miei confronti, che forse era solo invidia della mia umanità. Anche se tutto sommato, non poteva certo lamentarsi!
Dire che fosse splendida era riduttivo della sua reale situazione. Bionda, con i capelli inanellati in lunghi boccoli, labbra carnose che non avevano certo bisogno di rossetto per attirare gli sguardi altrui, lineamenti delicati. Era alta, molto più alta della norma, snella ma con tutte le curve al posto giusto. Sembrava una Barbie in carne e ossa. In più era fidanzata (o sposata, come si definivano loro) con Emmett che a sua volta si poteva definire il Ken della situazione: alto, nerboruto e dal carattere d’oro. D’altra parte per sopportare i suoi scatti di nervi non poteva che essere così. Nonostante questa indubbia fortuna, avrebbe dato un braccio, pur di tornare umana. Odiava la sua condizione di vampira, anche se ormai ci aveva fatto il callo. L’essere umano secondo lei aveva dei lati positivi che il vampiro non avrebbe mai avuto: ad esempio, procreare. I vampiri non potevano avere figli e lei invece li avrebbe disperatamente voluti. Mi ero convinta che proprio per questo avrebbe fatto di tutto pur di riavere quel briciolo di umanità a cui tanto teneva e che le era stata strappata nella maniera più crudele: era stata brutalmente violentata e picchiata da un gruppo di giovinastri. L’avevano lasciata morente sul ciglio della strada. Se non fosse intervenuto Carlisle, il capostipite della famiglia Cullen e colui che aveva trasformato anche Edward, sarebbe morta.
Pur essendo molto grata a Carlisle per la sua salvezza, rimpiangeva ciò che aveva perso, e non si capacitava del perché io volessi diventare vampira. Secondo lei, io stavo gettando la mia vita: da ciò era evidente che nemmeno lei capiva me. Ultimamente era diventata ancora più fredda e scostante, non solo nei miei confronti ma anche verso tutta la sua famiglia.
E oggi doveva essere una delle sue ennesime giornate no.
Lo capivo da come rispondeva ai tentativi di Alice di instaurare un discorso. Tanto che la mia chiaroveggente preferita si girò verso di me e iniziò una conversazione, ovviamente basata su decorazioni per il giardino, vestiti per le damigelle, e pettinatura dei capelli della sposa.
Argomenti veramente interessanti per me!
Povera Alice! Oggi aveva due interlocutrici che non avevano molta voglia di discorrere!
Il viaggio fu abbastanza breve: Rosalie aveva il piedino un po’ pesante in macchina.
Arrivammo a Seattle e iniziò subito il giro per negozi. Ovviamente Alice mi portò in tutti quelli che frequentava lei e dove potevo trovare i vestiti più costosi e alla moda. Mi disse di non preoccuparmi perché tanto avrebbe pagato lei, in quanto l’idea era stata sua e io quindi dovevo solo provare quello che mi passava.
Alice era una ragazza dedita a tutto ciò che era moda. Il suo guardaroba era immenso e comprendeva abiti di tutti i generi, dai più eleganti a quelli più sportivi, da quelli firmati a quelli da grande magazzino. Ma tutti avevano un denominatore comune, che anche io inesperta qual ero, potevo riconoscere: la classe e la finezza. E sicuramente, affidandole il mio matrimonio, sapevo di avere fatto centro, anche se lei amava le cerimonie e le feste in grande stile. Esattamente come sua sorella. Come lei, Rosalie amava lo shopping e comprare vestiti e accessori era il suo passatempo preferito, ma prediligeva sempre tutto ciò che era firmato. Questo era qualcosa che le era stato inculcato fin da piccola: lei infatti era figlia naturale degli Hale, una delle famiglie borghesi più in vista di tutta Boston a cavallo fra ottocento e novecento. E  immaginavo che, fin da piccola, fosse stata solita vestirsi con abiti creati dai sarti più famosi dell’epoca. Le diedi una rapida occhiata: non aveva qualcosa addosso che non portasse una firma. Persino gli occhiali da sole. Adesso Alice mi aveva detto che aveva perso la testa per uno stilista italiano, un nome strampalato tipo Cavalli, e comprava solo suoi prodotti. Questa era un’altra cosa che ci allontanava, anziché avvicinarci.
Durante quella giornata Alice mi fece provare scarpe di tutti i tipi: coi tacchi, senza, di vernice e di tela, scure e colorate. Io mi prestavo come una bambola, agghindata dalla ragazzina di turno.
Poi fu la volta degli abiti.
Passammo mille negozi dove in ognuno Alice riusciva a trovare qualcosa da comprare.
Infine arrivò il momento più terribile: la biancheria intima.
Entrammo in un negozio molto grande dove c’erano parecchie altre persone. Tirai un sospiro di sollievo: le commesse non avrebbero seguito tutti i nostri movimenti, come invece era successo negli altri.
Alice cominciò a spulciare in ogni angolo. Io la seguivo come un cagnolino, ma senza alcun entusiasmo. Eravamo piene di sporte, che ovviamente le mie due accompagnatrici riuscivano a portare senza alcuna fatica. Di tutto quello che avevamo acquistato non c’era una sola cosa che mi andasse a genio completamente. Mi chiedevo se ad Edward sarei piaciuta con quei vestiti addosso. Finora mi aveva sempre visto vestita in maniera molto semplice e non sapevo che effetto gli avrei fatto con quegli abiti così eleganti e costosi.
Mi girai per guardarmi attorno. Rosalie stava osservando la merce esposta. In tutti gli altri negozi dove eravamo entrate era sempre stata attaccata a noi senza mai pronunciare parola. Forse la biancheria intima le interessava di più. E allora colsi l’occasione al volo per parlare con Alice.
“Cosa ha fatto Rose? Non ha detto una parola in tutto il giorno…” sussurrai, tentando goffamente di non farmi sentire.
“E’ un po’ giù” rispose laconica Alice, continuando a frugare tra i completini appesi alla parete del negozio.
“Come mai?”.
“Mah… E’ sempre stata un po’ strana, lo sai. E poi adesso sono saltati fuori dei problemini con Emmett”.
“Con Emmett?! Come mai? Quei due si amano alla follia. Hanno litigato?”.
Alice mi guardò di traverso. Forse stava ponderando se dirmelo oppure no. “Beh, non si tratta di un vero e proprio litigio. Credo solo che sia… Come posso definirla… una crisetta…”.
Sgranai gli occhi. Una crisi?! Lei ed Emmett?! Assurdo! Passavano tutto il tempo attaccati l’uno all’altra e ogni volta che erano da soli non perdevano tempo per baciarsi o fare altro. Almeno questo era quello che mi raccontava Edward.
“Mi stai prendendo in giro, Alice?” le domandai incredula.
“Certo che no, Bella. Pensi che noi vampiri non possiamo avere crisi come voi esseri umani? In una vita lunga un’eternità credi che siamo sempre felici e contenti?” mi rispose, quasi irritata dalla mia ingenuità.
“Non intendevo questo. Volevo solo dire che Rose ed Emmett sono sempre stati, perlomeno da quando li conosco io, la passione fatta persona, amore con la A maiuscola, insomma” mi affrettai a chiarire.
“Beh, si amano alla follia da 70 anni! Direi che una crisetta ci può stare… E poi, sai, quando una passione è così bruciante, come la loro, si consuma in fretta. Intendo dire cioè che può essere più soggetta a crisi di altre che magari sono apparentemente più tranquille” mi spiegò Alice.
“Ma quindi credi che sia passeggera?”.
“Direi di sì. Vedi, Rosalie è molto passionale, mette l’amore al primo posto in tutto e pretende che anche per Emmett sia la stessa cosa… sempre…” continuò la mia interlocutrice.
“Cosa intendi dire?”.
“Beh, in questo Rose ha ragione”disse Alice alzando le spalle. “Emmett è proprio uno stupido. Lei a volte invidia molto me e te perché Jasper e Edward sono presenti nelle nostre vite in maniera costante”.
“Ma perché? Emmett non lo fa?” chiesi. “Mi sembra che anche lui sia sempre presente”.
“Beh… Ecco ti faccio un esempio per farti capire meglio. E’ da 2 giorni che Rosalie vorrebbe fare una gitarella, oltre confine, con me e Jasper, ma non si può. Non si può perché Emmett è incollato al televisore a guardare un torneo, o come cavolo si chiama, di baseball!”.
Ora che ci pensavo le ultime due volte che ero stata a casa Cullen avevo visto Emmett attaccato al televisore. E ripensandoci bene, non solo negli ultimi giorni. Accadeva ogni volta che andavo là.
“Credo di capire cosa intendi dire. Direi che Rose ha ragione” conclusi.
Continuammo ad aggirarci per il negozio.
Era pieno di begli articoli ma io mi sentivo così inopportuna lì dentro! Alice invece saltava da un attaccapanni all’altro. Aveva le mani piene di biancheria intima, che nella sua mente forse immaginava di farmi provare. Ma ormai ero esausta. Non ne potevo più. Odiavo le giornate di shopping feroce e questa, dedicata solo a me, era diventata la più lunga e terrificante della mia vita.
Ad un tratto Alice si girò di scatto verso di me:“Rosalie mi ha chiamato. Andiamo a vederla”.
Io non l’avevo udita affatto. Probabilmente si era limitata a sussurrare ma i sensi dei vampiri erano così sviluppati che Alice aveva sentito perfettamente la sua voce.
La seguii e ci avvicinammo verso un camerino. Alice aprì la tendina e vidi qualcosa che, se necessario, mi avvilì ancora di più.
Rosalie si stava provando un completino intimo di pizzo. Era molto semplice. Il reggiseno era nero, con elementi di raso rosso che ne decoravano le coppe. Le mutandine erano culotte.
In sé non era niente di che, ma quello che lo rendeva eccezionale era il corpo di Rosalie. Era perfetto. Non aveva certo bisogno di push up per evidenziare un seno tonico e prosperoso. Anche i glutei, rotondi e sodi, non mostravano il minimo segno di smagliature e cellulite. Il girovita era quello di una libellula.
Feci un paragone e la mia autostima crollò ai minimi storici.
Cielo, com’era bella! Io non potevo competere neanche lontanamente.
Si girava e rigirava davanti allo specchio. Si alzava i capelli, come se dovesse fare un servizio di moda. Era stupenda e lo sapeva. Sapeva che tutti gli uomini la guardavano ammirati. Che tutti l’avrebbero voluta, anche solo per una notte. Al liceo era stata la ragazza più ammirata. Quando passava, tutti i maschi la contemplavano con desiderio. E lei, nonostante fosse già impegnata con Emmett, rispondeva a ogni sguardo con espressione ammiccante. Ad alcuni sorrideva, ad altri strizzava l’occhio. Ma nessuno si era mai avvicinato per paura del suo muscolosissimo fidanzato.
Ma non avrebbero comunque ottenuto nulla. Per quel poco che la conoscevo, lei era molto innamorata di Emmett. Si divertiva soltanto a giocare col suo corpo, a riscuotere consensi, a vedere le donne invidiare il suo aspetto e gli uomini in imbarazzo di fronte alla sua bellezza.
“Cosa ne pensi, Alice? Mi sta bene?” le chiese, continuando a rimirare la propria immagine riflessa.
Alice era una vera esperta di moda. Aveva indubbiamente un gusto particolare e molto fine. In qualsiasi cosa, dalla scelta delle macchine ai vestiti, dalle organizzazioni delle feste alle pettinature. Avere un suo parere positivo era fondamentale se volevi essere una ragazza alla moda. E Rosalie lo era di sicuro, al contrario di me.
“Beh, che dire Rose… Sei semplicemente stupenda! Il modello è molto semplice ma ti sta d’incanto” le rispose la sua “sorellina”.
Rose sorrise compiaciuta.
“Credi che riuscirò a distogliere Emmett dal televisore?” le domandò con un ghigno.
Alice scrollò le spalle:“Se non ci riesci neanche con questo, dovrò pensare che abbia cambiato sponda!”.
Tutte e due risero di gusto.
Erano complici in tutto quello che facevano. Sembravano davvero sorelle. Due sorelle affettuose, anche se Alice era quella che comunicava l’impressione di tenere di più a questo rapporto. Rosalie le voleva bene, però non faceva molto per dimostrarlo, mentre Alice si lasciava andare ad abbracci e spesso arrivava a casa con regali solo per Rose.
Alice era più equilibrata all’interno della famiglia Cullen, rispetto a Rosalie. Era affezionata a tutti i membri della famiglia. Ovviamente aveva un occhio di riguardo per Jasper, suo marito, ma voleva molto bene a tutti e lo dimostrava ampiamente. Adorava letteralmente Edward con cui aveva un’intesa profonda; amava Carlisle ed Esme come se fossero i suoi veri genitori, anche se non era neppure stata creata da loro perché lei e Jasper si erano uniti alla famiglia Cullen solo in un secondo momento.
Rosalie invece, a parte la complicità con Alice, sembrava spesso avere occhi solo per Emmett, come se loro due fossero un’isola a sé stante. Certo, per come impostavano l’amore, non potevano fare altro che passare molto tempo insieme e da soli. Edward mi aveva detto che nei primi anni del loro matrimonio, avevano distrutto, a causa di rapporti sessuali un po’ “passionali”, 7 case costruite appositamente per loro. Non osavo neanche immaginare che cosa avessero fatto. I vampiri avevano un rapporto diverso col proprio corpo rispetto agli umani: non sentivano il dolore e tutti i sentimenti che provavano erano portati all’estremo, tuttavia i racconti di Edward avevano destato la mia curiosità.
Chissà che cosa avremmo fatto Edward ed io? Avremmo passato i primi 20 anni di matrimonio, come loro, in camera da letto?
Il pensiero mi fece arrossire violentemente…
“Dove l’hai preso? Bella, ti va di provarlo anche tu? Sono sicura che ti starà benissimo!”. La proposta di Alice mi fece tornare bruscamente alla realtà.
Provarlo anch’io? A confronto con Rosalie? Mai e poi mai!
Ma Alice si stava già dirigendo verso l’angolo che Rosalie le aveva indicato e fui costretta a rincorrerla.
“No, Alice, ti prego no!” la scongiurai.
“Perché? E’ carino e semplice. E’ di tuo gusto, no?”.
Di tutta la roba che mi aveva fatto provare, quello sarebbe stato sicuramente l’unico articolo che mi piaceva. Ma non potevo provarlo, non dopo averlo visto indosso a Rosalie. Non poteva starmi bene come a lei. Sarei sembrata sicuramente uno spaventapasseri. Non avevo neanche una vaga rassomiglianza col suo corpo. Mi sarei sentita troppo umiliata.
“Sì, è carino, ma sono esausta. Ti prego, basta provare. Non ne posso più” le dissi stremata.
Alice sbuffò. Poi alzando gli occhi al cielo mi disse:”E va bene. In fondo sei ancora un’umana. Capisco che ti possa stancare. Abbiamo preso abbastanza per oggi. Finiremo un’altra volta”.
Finalmente avevamo terminato quella giornata d’inferno.
Rosalie comprò il suo completino e uscimmo dal negozio. Andammo alla macchina con mia grande soddisfazione e tornammo verso Forks.
Ero davvero stanca. Fare cose che mi annoiavano profondamente mi faceva venire sonno, lo shopping  era una di quelle. Non proferii parola per tutto il ritorno mentre Alice e Rosalie non fecero altro che parlare di questo e quel completo. Mamma mia, che pizza!
Alla velocità a cui Rosalie conduceva la macchina, arrivammo in pochissimo tempo e fu una benedizione.
Quando scesi dall’autovettura, Alice mi disse:”Dobbiamo fare un’altra giornata come questa. Abbiamo preso pochissimo oggi!”.
Oh mio Dio! La prospettiva mi ghiacciò il sangue. Non c’era niente di peggio. Non ce l’avrei fatta a resistere ancora. Dovevo liberarmene assolutamente. E così decisi di puntare sulla sua comprensione.
“Oh Alice, non penso proprio di riuscire a trovare ancora il tempo. Tra una settimana c’è il matrimonio,  ho un sacco di giri da fare e poi voglio passare più tempo con papà. Sai com’è, dopo la trasformazione, io non potrò più vederlo. Voglio stare con lui il più possibile…”.
Il volto di Alice si accigliò. Non sembrava affatto soddisfatta della mia risposta, però sapeva anche quanto tenevo a mio padre. E dopo la mia trasformazione non avrei potuto più vederlo. Sia perché probabilmente la mia iniziale e insaziabile fame da vampira Neonata avrebbe portato a desiderare di berne il sangue, sia perché, una volta passata quella, mio padre si sarebbe posto delle domande sul perché non invecchiavo e non potevo permetterlo.
La legge dei Volturi era chiara in questo: ogni essere umano che avesse scoperto l’esistenza dei vampiri avrebbe dovuto essere ucciso o trasformato a sua volta. Il segreto non poteva trapelare in nessun modo. Andava difeso ad ogni costo. E io non volevo assolutamente mettere in pericolo la sua vita.
Alice mi capì perfettamente.
“D’accordo, Bella. Ci penserò io a finirti il corredo. Ok?”.
Non riuscii a trattenermi dall’abbracciarla. “Oh grazie, Alice. Grazie. Sei davvero gentile. D’altra parte tu hai un gusto fantastico in fatto di vestiti. Sono sicura che ciò che sceglierai sarà molto meglio di quanto potrei fare io stessa” le dissi felicissima.
Alice mi sorrise. La sua autostima doveva essere andata ai massimi livelli. Sapevo come prenderla, ormai.
Salutai lei e Rosalie e mi affrettai in casa.
Papà era già lì, seduto in poltrona. Lo salutai, poi corsi a mettermi il grembiule e a darmi da fare tra i fornelli. Ogni tanto, quando cucinavo, gli facevo dei corsi accelerati di cucina. Lui era assolutamente negato e non volevo che patisse troppo la mia assenza. Ma oggi ero in ritardissimo e non potevo perdere tempo anche con lezioni di cucina.
Preparai una pietanza in fretta e nel giro di 15 minuti eravamo già a tavola.
“Com’è andata la giornata oggi?” mi domandò distrattamente.
“Sai com’è, papà… Lo shopping non mi piace molto. E’ stata una tortura. Alice e Rosalie invece si sono divertite alla follia” risposi, mettendo a caso la forchetta in qualche pezzetto di carne. Non avevo nemmeno molta fame.
“C’era anche Rosalie? Com’è andata? Avete bisticciato?”.
Questo sembrò un argomento che destava il suo interesse.
“No. Io e lei non litighiamo mai. Semplicemente non ci rivolgiamo la parola più dello stretto necessario”.
La conversazione sembrò arenarsi in questo punto. Decisi allora di chiedergli del suo lavoro.
Questo fu un argomento più interessante, perlomeno per mio padre. Mi raccontò dell’arresto di un criminale che aveva scippato una vecchietta (wow! Questi erano i massimi crimini che potevano esserci qui a Forks. A parte la catena di omicidi che aveva turbato il circondario qualche mese fa e che era semplicemente imputabile a Victoria e ai suoi amichetti. Ma questo mio padre certo non lo sapeva) e delle ricerche ancora senza esito di Jacob. Charlie era molto preoccupato per lui: forse perché lo aveva visto crescere, forse perché mi aveva aiutato molto quando Edward mi aveva lasciato o forse semplicemente perché era figlio di una persona a lui molto cara. Lo cercava tutti i giorni instancabilmente, senza ovviamente ottenere risultati.
Ma perché non torna, dannazione?!pensai.
Questo argomento mi irritò e cominciai a sparecchiare la mia parte, ancora prima che mio padre finisse di mangiare.
“Hai fretta Bella? Devi uscire?” chiese, mentre si puliva la bocca col tovagliolo.
“No, è solo che sono molto stanca e voglio andare a letto”.
Si alzò dal tavolo, andò a prendersi una birra dal frigo e si sedette davanti alla tv.
Lavai in fretta i piatti, gli diedi la buonanotte e poi salii in camera, dove finalmente avrei trovato il premio di quella orrenda giornata.
Edward era sdraiato sul mio letto. Stava leggendo un libro. Alzò lo sguardo quando mi sentì chiudere la porta.
Quello era il nostro appuntamento fisso: a fine giornata entrava dalla finestra della mia camera, agilmente come tutti i vampiri, e passava la notte con me. Nella più assoluta castità, con mio profondo rammarico.
Lo guardai senza dire nulla. Le parole non riuscivano ad uscirmi di bocca. Era così sfacciatamente bello. Sembrava un angelo. Sentii il cuore accelerare di colpo. Ogni volta che lo vedevo succedeva. Non riuscivo ad abituarmi ad uno spettacolo così magnifico, ad un viso così perfetto, a occhi così limpidi e lucenti.
Gli corsi incontro e lui mi abbracciò teneramente.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto poi cercai avidamente le sue labbra. I minuti successivi furono allietati solo dal battito eccessivo del mio cuore, che non riusciva a smettere di martellare ogni volta che lo baciavo.
Socchiusi gli occhi e incontrai il suo sorriso. Mi guardava rapito, in estasi. E io mi sentivo così dannatamente fortunata. Avevo tra le braccia l’essere più bello e più speciale dell’intero universo. La natura non avrebbe potuto generare niente di meglio.
“Com’è andata la giornata, amore? Ho letto i pensieri di Alice e non credo che ti sia divertita molto” mi chiese, mentre le sue mani fredde mi accarezzavano le guance.
Sbuffai. “Lo sai che non mi piacciono queste giornate. Ma almeno Alice si è messa tranquilla. L’ho accontentata, anche se non abbiamo concluso granché” risposi. Non avevo molta voglia di perdermi in chiacchiere. Volevo solo che mi abbracciasse, che mi baciasse. Volevo sentire le sue labbra a contatto con le mie. Adesso erano fredde come il marmo ma, una volta trasformata, non avrei più sentito la differenza di temperatura.
Quando le nostre labbra si staccarono per consentirmi di respirare (ogni volta che lo baciavo l’emozione aveva il sopravvento e sentivo il respiro mancare), i nostri sguardi si incrociarono di nuovo: i suoi occhi dorati erano così profondi che immaginai di potermici immergere.
“Tra una settimana saremo marito e moglie” mi disse. E sembrò rapito da questa visione.
“Già. E dopo sarò tua. Solo tua per l’eternità” sussurrai.
Intrecciai le dita nei capelli, appoggiando il viso sul suo petto marmoreo.
Restai a lungo in quella posizione, fino a che non sentii un brivido corrermi lungo la spina dorsale. Cominciavo a sentire freddo. Il suo corpo era troppo gelido per restare così a lungo a contatto col mio. Presi il plaid che giaceva sempre sul mio letto e mi avvolsi, come in un bozzolo.
Avrei voluto continuare a dare e ricevere coccole ma la giornata era stata molto più che stressante e non riuscivo a tenere gli occhi aperti. E in fondo mancava davvero poco perché potessi avere la mia luna di miele. In quell’occasione Edward non avrebbe potuto ritrarsi, come invece accadeva quando, secondo il suo giudizio, ci spingevamo troppo oltre. I patti andavano rispettati.
Continuò ad accarezzarmi e io pian piano mi assopii. Ero fra le sue braccia. E non potevo desiderare niente di più.


   
 
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