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Autore: Miki_TR    09/10/2011    0 recensioni
Dodici anni dopo la guerra, non è semplice ritrovarsi cambiati.
"E' come essere di nuovo ad Hogwarts, la sera in dormitorio, quando parlavate e sognavate, come tutti i bambini, le grandi imprese che avreste compiuto girando tutto il mondo, a patto di passare l'ultimo test di Trasfigurazione."
Questa fic si è classificata prima nel contest Only Slash sul Forum, indetto da Only_Me e giudicato da Joey Potter.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Thomas, Seamus Finnigan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Fiaba al contrario

Epilogo
I ribelli morono sempre a vent'anni, pure quanno nun morono.
(dal film: In nome del Papa Re, 1977, Regia di Luigi Magni)

All'inizio quasi non l'hai riconosciuto.
Sarà che non l'hai mai visto vestito così; sono dodici anni che non lo incontri, ma non lo immaginavi con altro che la divisa di Hogwarts, o al massimo con gli abiti babbani che ha sempre indossato in ogni momento libero. Invece è vestito perfettamente da mago, intabarrato nel mantello azzurro allacciato stretto sotto il collo, neanche fosse vecchio come Silente il vostro primo giorno di scuola.
Nemmeno tu ti vesti così, nonostante tua madre abbia sempre insistito su quello che chiama "l'abbigliamento appropriato per un giovane mago". Dean? Quasi non lo riconosci.
Ma forse la colpa è tua; sei diventato miope a furia di leggere scartoffie in ufficio, e ancora non ti sei abituato agli occhiali abbastanza per ricordarti di indossarli sempre, come dovresti.
Dunque Dean è vagamente sfocato, mentre ti si avvicina sorridendo e tendendoti una mano. Gliela stringi con calore e ti chiedi, non per la prima volta, come sia possibile che sia passato tanto tempo dall'ultima volta che vi siete visti.

E' stato nell'inverno che ha seguito la Battaglia di Hogwarts.
Ti ricordi pochi dettagli, perché allora di certo non pensavi sarebbe stato il vostro ultimo incontro; siete andati a bervi una burrobirra al Paiolo Magico, come tante altre sere dopo la caduta di Voldemort. Ricordi che il pub era incredibilmente pieno, che l'euforia della fine della guerra permeava ancora l'aria e che brindisi ad alta voce ed allegria si sprecavano.
Decine di maghi che si erano rintanati nelle loro case per oltre un anno, o che erano fuggiti all'estero, festeggiavano la morte di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e la libertà dell'Inghilterra dal suo regime degli ultimi mesi.
Voi due quella sera vi eravate rintanati in un angolo appartato, incapaci come sempre di prendere parte ai festeggiamenti generali: era difficile per chi aveva combattuto e si era ribellato ad un regime, per chi aveva visto gli amici caduti, tornare alla normalità e festeggiare.
Ricordi che avete parlato, ancora ossessionati entrambi dalla guerra, come se fosse ancora necessario tenerla al centro dei vostri pensieri.
-Forse ne abbiamo persino nostalgia- ha detto a fine serata Dean con un mezzo sorriso, e quella frase assurdamente saggia ti ha colpito. Perché era così che ti sentivi allora, ed è così che ti senti ancora adesso, ricordando la battaglia e persino l'orrore del tuo ultimo anno di scuola: come se l'evento più grande della tua vita si fosse irrimediabilmente concluso quando avevi appena diciotto anni, lasciandoti con un pugno di ricordi che a trenta ancora ti svegliano la notte, e con una vita mediocre, dopo aver assaggiato tanto di più.
Ma quell'ultima sera Dean ti ha raccontato di avere altri piani, diversi dal tuo metterti seduto ed lasciar scivolare via gli anni, guardando al passato come alla più grande avventura.
Dean non ha mai sofferto come te dell'amore per la vita semplice; lui già dodici anni fa aveva scelto un'altra impresa da tentare.
-Voglio trovare mio padre- ti ha detto, e l'hai sentito a malapena tra uno scoppio di risa assurdo al tavolo di fianco, e la canzone dell'ubriaco al bancone del bar.
-Tuo padre?- gli hai chiesto, stupito.
Dean ha annuito. -Il mio vero padre, intendo. Quello che se ne è andato quando non avevo ancora un anno, e ha lasciato mia madre ad arrangiarsi finché non ha incontrato Samuel- ti ha spiegato.
Ricordi che l'hai incoraggiato, quella sera. Che l'hai preso poco sul serio, pensando che avrebbe al massimo scovato qualche vecchio zio a cui fare qualche domanda; e che forse l'hai anche invidiato, per essere capace di trovare di nuovo qualcosa di utile ed interessante da fare.
Vi siete salutati quando Tom il barista vi ha invitati ad andarvene, per permettergli di chiudere finalmente il pub.
E poi vi siete semplicemente persi di vista.

Dopo la stretta di mano, incurante della stazione gremita di gente, Dean ti tira verso di sé e ti abbraccia forte. Un poco ti imbarazza la sua spontaneità; non siete più ragazzini. Un po' però ti colpisce il suo odore; pensavi che l'avresti trovato cambiato in tanti anni, invece è lo stesso, legna ed inchiostro, come quando le sue dita erano sempre impegnate con la piuma o con il manico di una scopa.
Non sembra invecchiato come tu ti senti; eppure è cambiato più di te.
-Seamus!- ti saluta dopo un attimo, lasciandoti allontanare della lunghezza delle sue braccia e tenendoti per i gomiti, per poterti osservare meglio. -Grazie per aver risposto alla mia lettera!-
Scuoti la testa, concedendoti un piccolo sorriso come a dire che non c'è bisogno di ringraziarti.
-E' il minimo- rispondi. -Eri il mio migliore amico, no?-
Ti daresti un pugno da solo per quella frase da perfetto idiota. Sembra che adesso non siate amici; e non è quello che vuoi che pensi.
-Spero di riconquistare quella posizione- ti risponde Dean, sogghignando. Ti viene spontaneo sorridergli: sembra che sappia ancora quando non prendere del tutto sul serio te e la tua boccaccia.
-Ti offro un caffè- gli dici, per spezzare il leggero imbarazzo che si è creato. -Così mi spieghi bene cosa stai combinando-.

Al caffè babbano fuori dalla Stazione Great Victoria sei costretto a tirar fuori di tasca gli occhiali, perché l'unico menù è scritto con i gessetti colorati sulla lavagna appesa alla parete.
-Non sapevo portassi gli occhiali- ti dice Dean.
-Non dirmi anche tu che sembro più vecchio, ti prego- gli rispondi con una smorfia volutamente esagerata. -Mia madre non fa che ripetermelo...-
Dean ridacchia, ed improvvisamente sei a tuo agio, come se scherzare di nuovo con lui su tua madre vi riportasse addirittura ad un tempo precedente la guerra, quando eravate ragazzini, prima di diventare eroi.
-Stavo per dirti che ti stanno bene- dice Dean, sorridendoti.
Arrossisci un poco, e speri che non si noti.
-Allora, come posso esserti utile?- farfugli, cercando di riportare la conversazione su un terreno meno pericoloso.
-Veramente ho bisogno di un aiuto dal tuo ufficio- ti risponde lui, sorridendo alla cameriera che vi posa davanti due caffè e un bricco di panna.
-Dal mio ufficio?- chiedi, perplesso. Lavori ormai dai sei anni per l'Ufficio per i Rapporti con i Babbani, distaccamento dell'Ulster. Non vedi cosa possa servire a Dean, a meno che non sia intenzionato a sposare una Babbana del nord Irlanda, e in questo caso non sei certo di volerlo sapere.
Dean annuisce.
-Cosa cerchi, di preciso?- gli chiedi.
Dean si stringe nelle spalle.
-Informazioni su mio padre- risponde. -Mi ci sono voluti più di dieci anni, ma l'ho trovato, Seamus- aggiunge, con gli occhi che gli brillano di emozione.
Per quel che ne sapevate l'ultima volta che ne avete parlato, suo padre è un Babbano nato e cresciuto a Londra, e non ha nulla a che fare con il tuo lavoro. Ma vedi che Dean non sta nella pelle all'idea di parlartene, e devi ammettere che sei davvero curioso di ascoltarlo. Così prendi un sorso del tuo caffè, scottandoti la lingua, e slacci il colletto della camicia babbana per stare più comodo.
-Raccontami tutto- gli dici, e d'improvviso, è come se dodici anni non fossero mai passati.

E' come essere di nuovo ad Hogwarts, la sera in dormitorio, quando parlavate e sognavate, come tutti i bambini, le grandi imprese che avreste compiuto girando tutto il mondo, a patto di passare l'ultimo test di Trasfigurazione.
C'erano storie fantastiche di draghi e feroci maghi oscuri, tanto diverse da come sarebbe stata poi la resistenza sfinita di una scuola controllata da pazzi, o mesi in fuga per i boschi.
Spesso parlavate delle vostre case e delle vostre vite al di fuori di Hogwarts; e c'era sempre una piccola parte di Dean che sperava di scoprire un giorno che suo padre non era la canaglia fuggita alle responsabilità della famiglia, ma un qualche tipo di eroe incompreso.
Tanti anni dopo, davanti ad un caffè che si fredda, scopri con grande sorpresa che quella piccola parte infantile e sognatrice di Dean aveva ragione da vendere.
-All'inizio sono andato in Africa- ti racconta Dean, e già pendi dalle sue labbra, tu che sei stato al massimo in Scozia, allontanandoti da casa. -Non sapevo da dove partire; mia madre non sapeva nulla di mio padre. Ho pensato di poter avere degli antenati laggiù. E mamma una volta mi ha raccontato che mio padre aveva uno strano modo di parlare. Ma era una falsa pista, l'ho capito solo dopo. Comunque, è stato dall'Africa che ho smesso di scriverti: ho viaggiato come Babbano, perché credevo, capisci, di dover cercare tra i Babbani... Ero completamente fuori strada-.
Ti sei sempre chiesto dove fossero sparite d'improvviso le sue lettere, qualche settimana dopo il vostro ultimo incontro. Quindi è all'Africa che devi il vostro allontanamento, benissimo. Almeno lo sai.
-Quindi tuo padre era un mago?- chiedi.
Dean annuisce. -Ci ho messo così tanto ad arrivarci, ed era così semplice. E' sparito proprio quando Voldemort era al potere, no? Ma solo sei anni fa ho pensato che potesse essere così. E pensa, è stato merito tuo- dice, tutto d'un fiato.
-Mio?- chiedi, sbalordito.
-Tuo- ti conferma. -Ho viaggiato per l'Europa, dopo l'Africa, cercando notizie di cronaca risalenti al periodo in cui se ne andò. Un tentativo disperato; ma mia madre diceva che era spesso all'estero per lavoro, anche se non sapeva dove, e pensavo che potesse esserci stato un incidente. Sei anni fa sono tornato in Inghilterra-.
Improvvisamente colleghi. -Quando è morto tuo padre?- chiedi. -Ero al funerale, ma tu non c'eri-.
-Quando è morto Samuel- dice, e noti che anche se adesso chiama il suo patrigno per nome, lo dice con l'affetto di quando era ragazzo e lo chiamava "papà". -Sono arrivato un giorno troppo tardi. Comunque ho incontrato Luna, te la ricordi?-
Annuisci. Chi mai, avendo fatto parte dell'E.S., poteva dimenticarsi "Lunatica" Lovegood?
-Be', lei mi ha detto che Neville aveva appena iniziato ad insegnare ad Hogwarts, e ho deciso di andarlo a trovare. E ho rivisto la Sala Grande, dopo tanti anni. E mi sono ricordato di quel che mi hai detto la notte che siamo stati Smistati-.
Ti sembra incredibile che dopo tutte quelle avventure lui se lo ricordi ancora.
-Che tuo padre non sapeva che tua madre fosse una strega fino a dopo il matrimonio, ricordi?-
-Io sì, ma non credevo che lo ricordassi tu...- bisbigli.
Dean ti sorride. -Io mi ricordo tutto quello che mi hai raccontato- dice, e tu per la terza volta arrossisci. Dannazione, perché Dean deve ancora farti questo effetto?
-Continua- dici, per mascherare l'imbarazzo.
-Ho pensato che mio padre potesse aver fatto la stessa cosa. Non credevo fosse possibile, ma ho cercato nei vecchi annuari di Hogwarts, e l'ho trovato-.
Dalla tasca del mantello Dean tira fuori una fotografia piuttosto datata di un ragazzino in divisa da Grifondoro, che gli somiglia incredibilmente, dal modo nervoso in cui tamburella le dita sulla cornice della foto ai grandi occhi scuri. Sul suo petto scintilla una spilla da Prefetto.
-Mio padre era un mago- continua Dean, come se gli piacesse dirlo ad alta voce. -Pian piano ho ricostruito la sua storia. Aveva diciotto anni quando conobbe mia madre, diciannove quando sono nato io. A vent'anni, i Mangiamorte cercarono di reclutarlo tramite un suo amico che avevano corrotto. Lui fuggì per proteggere me e mia madre, e non tornò mai più-.
Sei allibito da quella scoperta.
-Se penso che sei stato in fuga per tutto il nostro ultimo anno, pensando di essere Nato Babbano...- borbotti, senza riflettere.
-Già- commenta lui. -Mi sarebbe piaciuto risparmiarmi il disturbo e tornare ad Hogwarts a darti una mano- dice, asciutto.
Lo guardi, sorpreso dal suo tono, cercando di capire se l'hai offeso, ma la sua espressione è pensierosa.
-Scusa- ti senti in dovere di dire, ma lui scuote la testa.
-Guarda che dicevo davvero- ti risponde. Merlino, non è cambiato per niente, a sentirlo parlare così.
-Quindi cosa ti serve dal mio ufficio?- chiedi, cambiando velocemente argomento prima che il discorso diventi troppo personale in tutt'altro senso.
-So che mio padre fuggì a Belfast. Penso che avesse degli amici, qui, ma se anche sono ancora vivi, non sono riuscito a trovarli. Io credo che sia stato ucciso dai Mangiamorte, e credo che sia successo qui. Puoi aiutarmi a scoprire di più, Seamus?-
Non sai bene cosa rispondergli. Una parte di te sa che è normale la distanza che si è creata tra di voi negli anni, che dopo la scuola gli amici si perdono e che persino certi episodi che non ti escono dalla testa vanno dimenticati, una volta finita l'adolescenza. Però vorresti che fosse tornato per vedere te, e non per inseguire le sue avventure; non sei certo di volergli dare le informazioni che cerca e guardarlo ripartire a costruirsi una vita altrove, magari per mandarti un gufo qualche volta, a Natale, dimenticando di nuovo l'amicizia che vi legava.
-Non so a cosa possa servirti il mio aiuto- temporeggi. -Mi occupo di relazioni con i Babbani, non sono un Auror-.
-La competenza sarebbe degli Auror se si fosse trattato di un mago ucciso dai Mangiamorte- ti dice, -ma se avessero scoperto la sua identità, avrebbero avvisato mia madre. Io credo che non sia mai stato identificato; e penso sia possibile che cercasse di mimetizzarsi tra i Babbani, considerando che ormai da oltre un anno non viveva nel mondo magico-.
Devi ammettere che ha ragione; e naturalmente, nel caso di un Babbano rimasto ucciso in un incontro con i Mangiamorte, la competenza è del tuo ufficio per quanto riguarda le scartoffie da archivio.
-Mi aiuterai?- ti chiede Dean, prendendoti una mano su tavolo, e costringendoti con quel semplice, antico gesto a guardarlo negli occhi.
E' importante; per lui è assolutamente vitale arrivare in fondo a quel mistero, e scopri d'improvviso che, come tanti anni fa, questo lo rende fondamentale anche per te.
-E' il mio lavoro- gli dici, sorridendogli sinceramente, forse per la prima volta oggi. -E sarà un piacere- aggiungi, -tranne per le ore che passeremo a riempirci gli occhi della polvere dell'archivio, ovviamente- scherzi.
Quando uscite dal bar, dopo aver finito e pagato il vostro caffè, Dean ancora ridacchia e tu ti senti improvvisamente pronto ad affrontare una nuova avventura come non ti capitava da quando avevi diciott'anni.

Prologo
Un mantello e un paio di occhiali sono solo un mantello e un paio di occhiali.

Ci mettete quindici giorni a scoprire qualcosa su tuo padre.
Ti colpisce più di ogni altra cosa l'efficienza di Seamus, in tutta quella situazione. Come se fosse una cosa da nulla ti ha procurato un pass per l'enorme archivio che contiene tutti i rapporti degli ultimi duecentocinquant'anni di relazioni Maghi-Babbani nel Nord dell'Irlanda. Ti ha presentato ai suoi colleghi come quello di cui racconta sempre, quando si parla di vecchi ricordi scolastici, e senza batter ciglio ti ha introdotto alle meraviglie dell'archivistica magica, che consiste in scaffali confusionari, pile e pile di rotoli di pergamena divisi rigorosamente per autore del rapporto, ordine alfabetico della prima parola o umore del responsabile dell'archivio quando li ha riposti.
Un incubo disordinato in cui Seamus si muove straordinariamente bene, in effetti.
-Lascia perdere quello scaffale, lì ci sono tutte le pergamene che contengono le parole Quidditch e draghi- ti dice, ed appoggi il grosso rotolo che avevi appena preso in mano, chiedendoti come accidenti faccia a ricordarsi una cosa del genere.
Quando glielo chiedi, la spiegazione è piuttosto semplice, però.
-Non sapevo cosa fare, finita Hogwarts- ti racconta, rabbuiandosi un po'. -Ancora meno quando te ne sei andato. Non ho mai avuto una materia preferita, o qualcosa che mi piacesse fare più che tutto il resto. E mia madre continuava ad insistere che trovassi un lavoro, che non potevo vivere solo dei ricordi della guerra, e che diciotto anni erano pochi per sentirmi un veterano-.
Sorridi, immaginando precisamente il modo in cui la Signora Finnigan può aver detto quelle esatte parole, limandosi le unghie con cura e guardando il suo adorato bambino con un misto imbarazzante di cipiglio severo ed affetto materno.
-Così,- continua a raccontare Seamus, -ho preso il primo lavoro che mi hanno offerto, e mi sono ritrovato a sgobbare qua dentro per un anno, cercando di capirci qualcosa. Gli scaffali sono opera mia: prima c'erano delle grosse ceste che contenevano due o tre argomenti diversi ciascuna. Adesso è tutto altrettanto incasinato, ma almeno su uno scaffale vedi quello che fai. E finito l'anno di lavoro in archivio, ho scoperto che mi piace molto lavorare con i Babbani: li capisco bene, e come potrebbe essere diversamente, con un padre Babbano ed un miglior amico...-
Seamus si interrompe, e lo guardi mordersi un labbro ed arrossire un pochino.
-Lieto di esserti stato utile- dici, inchinandoti scherzosamente; e per una volta Seamus non teme che tu lo stia prendendo in giro, e ridacchia.
Vi rimettete al lavoro, tu che guardi in tutti i posti sbagliati, e Seamus che ti lascia fare mentre mette da parte ad una ad una un buon numero di pergamene, fino ad accumularne un bel mucchio. Lo osservi mentre si muove nell'archivio del tutto a suo agio, con la coda dell'occhio per non farti scoprire. Ti sembra tutto così strano.
Sei stato via dodici anni, dopo tutto; è normale che lui non sia la stessa persona che hai lasciato quando sei partito. Eppure una parte di te sperava, con tutto l'egoismo di cui sei capace, di non trovarlo cambiato, al tuo ritorno. Che tutto fosse ancora com'era, che lui semplicemente fosse rimasto ad aspettarti.
E' una sciocchezza grande come una casa; ovviamente Seamus è cambiato. Non sono solo gli occhiali, anche se contribuiscono a renderlo più evidente. E' il modo in cui si muove a suo agio in un ambiente che tu non conosci per nulla, e il modo in cui sembra cauto con te, quasi se non sapesse più cosa è lecito e cosa no. Eri il suo migliore amico, ed ora...
-Ho trovato qualcosa- dice Seamus improvvisamente, e ti riscuoti dai tuoi pensieri abbastanza per renderti conto che stai stringendo in mano come un cretino il rapporto su un'infestazione di doxy, tanto eri distratto. Lo appoggi su uno scaffale qualsiasi, senza far caso al fatto che stai di nuovo mettendo disordine nelle cose di Seamus, e ti avvicini.
Seamus tiene in mano una pergamena che contiene un elenco di date. Curioso, lo osservi picchiettarla con la bacchetta, ed improvvisamente una trentina di altri rotoli si sollevano dai loro scaffali e volano verso di voi, tutti insieme. Seamus si abbassa, come se se lo fosse aspettato, ma tu non fai in tempo; ne schivi qualcuno, ma quello che probabilmente è il più grosso di tutti ti colpisce proprio sulla testa, e prima che tu te ne renda conto, tutto si fa nero attorno a te.

-... Mi dispiace, davvero, Dean? Svegliati, per favore!-
Qualcuno sta implorando, vicino alla tua testa. E' un suono familiare. -Seam?- chiedi, ricorrendo al vecchio nomignolo senza pensarci.
-Dean? Merlino, meno male, sei sveglio!-
Apri gli occhi con circospezione. Sei in una stanza che non conosci; sembra una specie di ufficio, ma c'è troppa confusione perché sia un luogo di lavoro, a meno che...
-E' qui che lavori?- chiedi a Seamus, mettendoti seduto. Lui ti guarda come se pensasse che stai delirando.
-Ti fa molto male la testa?- ti chiede. -Avrei dovuto avvisarti delle pergamene, sono stato un idiota. Mi sembrava...-
-Assurdo che io non lo sapessi già?- concludi per lui, con un sorriso. Seamus sembra sorpreso, ma annuisce. -Mi faceva lo stesso effetto raccontarti dei miei viaggi- gli spieghi. -Continuavo a guardare i tuoi occhiali, per ricordarmi che sei cambiato, che è passato del tempo, e non siamo più come una volta-. Sei partito un po' per la tangente con quel discorso, ma Seamus si limita a sorridere, come se ci fosse ancora abituato. Poi annuisce.
-Lo stesso è successo a me, mentre ti parlavo del mio lavoro- ammette. -Infatti quando ti sei tolto il mantello mi sono subito dimenticato, e guarda cosa ho combinato- dice, amaro.
Scuoti la testa. -Nessun danno- lo rassicuri. -Perché il mantello?- chiedi poi. Non ci vedi nulla di strano.
-Perché sei cambiato- dice Seamus. -Ti vestivi sempre da Babbano, ti ricordi? Dicevi che non volevi sembrare uno che si vergogna delle proprie origini-.
-Te lo ricordi?- chiedi, un po' stupito. L'hai detto un pomeriggio, mentre gironzolavate a tempo perso per Hogsmeade, talmente tanto tempo fa che in realtà è passata una vita.
-Mi ricordo tutto quello che mi hai detto- risponde Seamus, serio.
E' bello pensare che sia così, ancora dopo tanto tempo.
Ti è mancato, Seamus. Ti è mancata la sua amicizia, anche se allontanarti ti era sembrata la cosa giusta da fare per salvarla. Quando te ne sei andato, pensavi di dover rimediare ai tuoi tre errori.
Li rivedi adesso, mentre lo guardi seduto di fianco a te, diverso, ma ancora lui.
Il primo errore è successo una sera d'estate, prima della tua fuga, quando eravate ancora ragazzini e siete sgattaiolati fuori da casa sua con una scusa per ubriacarvi di birra babbana in un pub. Il secondo qualche giorno dopo, quando Seamus era così in imbarazzo da non riuscire a guardarti in faccia, e tu hai pensato di far capire a quella testa di legno che andava tutto bene infilandoti nel suo letto. Il terzo non ti era sembrato un errore, ma qualcosa di cui entrambi avevate bisogno, poche ore prima che tu fuggissi nei boschi senza sapere se l'avresti rivisto.
Ma poi un anno di guerra ha semplicemente cambiato tutto, e con la pace Seamus sembrava una persona diversa, perso e confuso. Hai pensato che fosse colpa tua, hai temuto di aver oltrepassato un confine necessario per la vostra amicizia. Te ne sei andato anche per evitare di doverti scontrare con le conseguenze di quello che era successo, e di rovinare tutto.
Adesso non sei più così sicuro che fosse necessario. Perché la confusione che provavi non si è schiarita, ma si è trasformata nella consapevolezza che è Seamus che vuoi, al di là di ogni sperimentazione adolescenziale. E soprattutto perché sei cresciuto un bel po', e non sei nemmeno più così certo che lui non ti ricambiasse.
Lo guardi mordersi le labbra; lo faceva sempre, quando si sentiva troppo osservato. Ti chiedi se sia il momento di fare un passo in un'altra direzione, molto lontana dall'incontro di due vecchi amici che non si vedono da anni.
Poi Seamus parla. -Vuoi vedere cosa ho trovato?- ti chiede, con l'aria soddisfatta di quando ha fatto un bel lavoro.
Ti rendi conto che lui non sa davvero cosa ti ha portato lì. Non gli hai detto che la pista che stai seguendo è vaga, ad essere ottimisti, che hai solo trovato il nome di tuo padre in alcuni vecchi rapporti di Gazza, e che in uno solo di quei fogli compariva anche il nome di un suo amico, nato a Belfast. Troppo poco per cercarlo in quella città; hai abbandonato la speranza di saperne di più mesi fa, in effetti. La ricerca dall'inizio non era che una scusa per vedere di nuovo Seamus.
-Dean?- ti richiama lui. -Credo di aver trovato qualcosa, davvero- dice, strappandoti alle tue riflessioni.
Indica la scrivania ingombra di carte e ninnoli mentre lo dice. Uno dei rotoli di pergamena, forse proprio quello che ti ha colpito nell'archivio, fa bella mostra di se in cima ad un mucchio di scartoffie.
Ti alzi e la guardi, senza osare toccarla.
-E' l'unico babbano di colore ucciso dai Mangiamorte nel periodo in cui sparì tuo padre- dice Seamus. Non ti eri accorto che si fosse alzato, ma gli sei grato quando ti posa una mano sulla spalla.
Prendi la pergamena. Ti tremano un po' le dita mentre sciogli il laccio che la tiene chiusa, indugiando un istante. Poi la srotoli, quel tanto che basta a scoprire il titolo e la fotografia di tuo padre immobile, morto. Tuo padre. Avevi perso ogni speranza.
Seamus guarda da sopra la tua spalla, e te la stringe un po' più forte quando si rende conto che sei rimasto immobile, perché capisce al volo come ha sempre capito. Intontito, srotoli un po' di più la pergamena, e ti trovi di fronte una serie di sigle e numeri che non capisci.
Seamus raccatta gli occhiali dalla scrivania e li indossa, prima di mettersi a tradurre quei dati per te.
-Ha dato loro del filo da torcere- dice, indicando un codice che per te non significa nulla. -C'era un Mangiamorte morto vicino a dove hanno trovato il corpo- ti spiega.
Annuisci. Improvvisamente hai le due cose che volevi, la storia di tuo padre tra le mani e il tuo miglior amico con cui condividerla, e non sai bene che fartene.
-Vuoi vedere le sue cose?- chiede Seamus, indicando un altro paragrafo. -Questa sigla significa che aveva con sé una foto di un bambino sconosciuto- aggiunge.
-Pensi che…?- chiedi.
Seamus picchietta la riga con la bacchetta, e quella scompare, coperta dalla riproduzione di una piccola foto tascabile.
-Sono io- dici, sorpreso. La foto è uguale a diverse altre che sono da sempre in casa dei tuoi, hai persino lo stesso pigiama che indossi in quella che tua madre tiene sul comodino. -E' davvero lui- sussurri.
-Mi dispiace- dice Seamus, ancora alle tue spalle, prima di spostare la mano attorno alla tua vita e di abbracciarti, stringendo la tua schiena contro il suo petto, confortandoti in silenzio.
Chiudi gli occhi per un istante. E' troppo.
E' perfetto. E' quello che desideravi quando eri un ragazzo. Un padre di cui andare fiero e un migliore amico disposto a diventare qualcosa di più.
Ti giri e baci Seamus sulla bocca. Non ti chiedi se sia quello che vuole, se stai rischiando di rovinare tutto; non hai più i dubbi che ti avevano messo in fuga. Vi siete sempre capiti.
Sei stato sciocco a pensare che su questo dettaglio non foste in sintonia; quando Seamus risponde al tuo bacio, e muove le mani sulla tua schiena come se stesse chiedendoti di non fuggire di nuovo, sai cosa significa.
Che è quello che significava allora, perché non siete poi cambiati così tanto. Non in quello che conta.
Un mantello e un paio di occhiali sono solo un mantello e un paio di occhiali.

... E vissero per sempre felici e contenti

Parlate tutta la notte, perché avete tanti anni di separazione da colmare, tante cose di cui discutere. Tanto da recuperare.
Il vostro passato si dispiega come una strana fiaba per bambini, ed incredibilmente, come solo nelle fiabe succede, tutti i fili sembrano tornare ad unirsi, come se ogni strada vi avesse portato a quel punto. E forse è proprio così che è stato, o forse sembra solo possibile, mentre vi guardate in modo sempre uguale e nuovo insieme.
Poi ci sarà tempo per i progetti; non mancheranno nuovi dubbi e decisioni difficili, e tutte le cose che in fondo separano le fiabe dalla realtà di ogni giorno, dal caffè della mattina, dai calzini da lavare, dalla polvere degli archivi e dall'odore dei colori ad olio. Siete sempre gli stessi ragazzi; dovete scoprire che uomini siete diventati.
E tutto il resto comincia da qui.

 


Note Noiose:
1) La storia del padre di Dean è stata raccontata dalla Rowling, la si può trovare sul sito ufficiale nella sezione Extra.
2) La stazione di Great Victoria è una delle principali stazioni ferroviarie di Belfast. Ho immaginato che Seamus fosse tornato a vivere in Irlanda; non sappiamo se sia originario dell'Irlanda del Nord o dell'Eire, ma visto che alla Coppa del Mondo di Quidditch sembra un accanito tifoso della squadra irlandese, e che questa viene citata in associazione con quelle dell'Inghilterra, della Scozia e del Galles, penso sia plausibile che ci stiamo riferendo, di fatto, all'Irlanda del Nord in quanto quarto stato della Gran Bretagna. (Calice di fuoco, pag. 59)

 


Questa fic ha partecipato al contest "Only Slash", indetto sul Forum da Only_Me, ma giudicato da Joey Potter, classificandosi prima, con questo giudizio:

Prima classificata

Fiaba al contrario; di Miki_ tr

• Grammatica: 20/20
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità: 5/5
• Gradimento personale: 15/15
• Inserimento della citazione e dei prompt scelti: 10/10;
• Eventuali punti bonus: 3/3;

Totale: 63/63

Dean e Seamus sono due personaggi marginali, spesso ignorati o relegati a mere comparse anche dal fandom; grazie a te hanno acquistato tutto un loro splendido carattere: sono ricchi, vivi, reali e forti.
Sulla grammatica, come hai visto, niente da segnalare, il che è sempre cosa buona e più che giusta; il tuo stile e corretto e fluido, sempre adatto a quello che racconti.
Mi sono sentita una grandissima ignorante, perché non ero assolutamente a conoscenza della storia del padre di Dean, quindi devo ringraziarti per avermi aperto al bel mondo degli “extra” della Rowling! Il punteggio massimo nell’originalità è dato soprattutto dall’aver cercato qualcosa di così inflazionato di cui, scommetto, in pochi sanno l’esistenza.
I prompt sono inseriti perfettamente amalgamati con il testo: ho amato particolarmente il significato , per niente banale, che hai dato a “occhiali”: sono il segno del tempo passato, della distanza, del cambiamento.
La storia è davvero piacevole e succede sempre così: davanti a cose così belle non so mai commentare degnamente.
Hai fatto uno splendido lavoro, Miki.

  
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