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Autore: LadyTargaryen    09/10/2011    6 recensioni
E' appena passata la luna piena, e Remus torna a casa a Grimmauld Place, stanco e ferito. Ad aspettarlo alzata c'è Tonks...E molte cose non dette. Cose che i due potrebbero decidere di chiarire...Perchè il loro è sempre stato un amore molto "in forse", ma a volte la vita basta viverla giorno per giorno per risolvere tutto...o quasi.
Dedicata ad una sorellona lupesca di FF molto speciale :)
Genere: Erotico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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After the full moon
 

 
 
 
Remus si trascinò a fatica oltre la porta di Grimmauld Place 13, ansimando.
 
La gamba destra gli faceva un male indicibile, credeva che gli si sarebbe staccata da un momento all’altro; sanguinava copiosamente, ed ormai il tessuto dei pantaloni che copriva la ferita, all’altezza del ginocchio, era completamente impregnato di sangue.
 
Appena superato l’ingresso, si lasciò cadere pesantemente sul pavimento, cercando di calmare il proprio respiro affannato che gli faceva alzare e abbassare il petto in maniera convulsa.
 
Reclinò il capo appoggiandolo al legno della porta, senza neppure un briciolo di forza rimasta, esausto come non mai.
 
Anche per quel mese la sua eterna battaglia con la luna piena e la sua maledizione era stata superata, seppur a caro prezzo.
 
Non sapeva cosa fosse successo, né cos’avesse fatto di preciso quella notte; sapeva solo di essersi svegliato nudo in una radura in mezzo al bosco dove si era recato prima che la luna giungesse nel punto più alto nel cielo.
 
Forse era stato un altro animale, magari un orso, ma in un modo o nell’altro si era ritrovato con uno squarcio sulla gamba profondo fino all’osso.
 
Fortunatamente era riuscito ad arrancare strisciando fino al punto dove aveva riposto dei vestiti di ricambio prima che avvenisse la trasformazione, e trattenendosi dall’ urlare dal dolore li aveva indossati a fatica.
 
Poi, stringendo i denti, si era Smaterializzato fino al Quartier Generale, praticamente disabitato escludendo i Weasley, Sirius e pochi altri, dove avrebbe potuto attendere il mattino per farsi medicare la ferita, dato che lui oltre ad averla pulita dalla terra non era riuscito a fare molto altro.    
 
Aspettare il mattino ? Per farsi medicare ?
 
Certo, e per farsi guardare con quegli sguardi di compassione che sempre gli altri gli buttavano addosso ogni volta che si parlava della sua condizione.
 
Preferiva farsela andare in cancrena, a quella prospettiva.
 
Non che non fosse grato a Molly, che con la pazienza di una seconda mamma lo aiutava ogni volta a curare i tagli e le abrasioni che si ritrovava sul corpo dopo le notti di plenilunio, o a Sirius, che cercava sempre di alleggerire il peso che portava ironizzando come faceva James sul suo “ piccolo problema peloso “…
 
Eppure, dopo quelle notti passate a lasciare libera la parte peggiore di sé, continuava a preferire la solitudine alla compagnia degli altri.
 
Non lo capivano, non l’avrebbero mai capito.
 
Apprezzava i loro tentativi di farlo sentire meno diverso, più uguale a loro, ma purtroppo lui non lo era.
 
Non era come loro, non era...normale.
 
E non lo sarebbe mai stato.
 
Ricordava ancora quando sua madre da bambino, tanti anni prima, gli diceva di non vergognarsi di essere un lupo mannaro, che non era l’aspetto esteriore che contava.
 
Che era meglio, essere unici e diversi.
 
Il mago sorrise amaramente tra sé e sé, scuotendo la testa.
 
Peccato che al mondo ci fossero diversità terribili, e che lui la sua se la portasse proprio all’interno. 
 
Si alzò stancamente in piedi, mentre la ferita gli provocava fitte di un dolore lancinante, e arrancò verso il tappeto davanti al camino ormai spento trascinandosi dietro la gamba.
 
Si stese per terra, cercando di ignorare il dolore che quel semplice spostamento gli aveva causato.
 
Inspirò a pieni polmoni l’aria viziata che permeava la stanza, ogni molecola d’ossigeno gli sembrava una stilettata al costato.
 
Si tirò su a fatica e  - una volta sollevato il tessuto zuppo di sangue -  prese ad esaminarsi la ferita alla gamba.
 
Quando ebbe scoperto il taglio che si allungava dal ginocchio alla caviglia, fece una smorfia.
 
Era tutta slabbrata, il sangue non era ancora coagulato e gli scorreva viscido sulla pelle.
 
Provò a tamponarlo con la magia, ma non vi riuscì, dopo ogni luna piena era sempre completamente spossato, già l’essersi riuscito a trascinare fin lì era di per sé un miracolo.
 
Sospirò frustrato, e una volta estratta dal mantello la bacchetta provò allora ad accendere il fuoco nel caminetto, ma non successe nulla.
 
- E dai, accenditi.
 
Ripeté l’incantesimo trattenendosi dall’urlare dall’esasperazione, ma non comparve nessuna fiamma.
 
- Accenditi.
 
Ancora nulla. Con un ringhio animalesco l’uomo sferrò un pugno al pavimento.
 
- Accenditi maledizione!!
- Sei tu Remus ?
 
Lupin si voltò e vide Tonks dietro di lui, con un’espressione preoccupata sul volto.
 
Le rivolse un mezzo sorriso.
 
Sapeva benissimo che quella notte non aveva chiuso occhio, che l'aveva aspettato alzata mentre tutti gli altri dormivano, e non potè evitare di gioirne intimamente.
 
Eppure, come sempre quando si trovava faccia a faccia con lei, assieme a quel sentimento tenero ed appassionato, assieme a quel desiderio spasmodico che provava nei suoi confronti, compariva il senso di colpa.
 
Cosa poteva offrirle lui, un vecchio lupo mannaro che non possedeva nulla se non quei quattro stracci rammendati fino all'esasperazione che aveva ancora il coraggio di chiamare  vestiti ?
 
Non aveva rassicurazioni da darle, tutt'altro.
 
Al suo fianco sarebbe stata perennemente in pericolo, e se c'era una cosa che la vita gli aveva insegnato era che chi lo amava in un modo o nell'altro finiva sempre per soffrire.
 
Era successo ai suoi genitori, che aveva abbandonato una volta divenuto adulto.
 
Era successo ai suoi amici, a cui per una vita intera si era attaccato per difendersi dal mondo.
 
Non voleva che anche Tonks, la sua piccola, pazza e meravigliosa Tonks, che gli illuminava l'esistenza con un semplice sorriso, semplicemente standogli accanto, dovesse subire la stessa sorte.
 
Lei gli si avvicinò di un passo, e Remus avvertì il suo penetrante profumo, che sapeva di buono, di pace...
 
Di casa.
 
- Non dovresti essere a letto ?
- Non sei mica mio padre che puoi dirmi cosa devo o non devo fare.
 
Replicò la ragazza, con uno sberleffo impertinente.
 
L’uomo sorrise scuotendo la testa: ne aveva sempre una per tutti.
 
- Non era nelle mie intenzioni, credimi. E’ solo che faresti meglio ad andartene a dormire anziché metterti a girare per ca…
- Cos’hai fatto alla gamba ?!
 
Dora si precipitò affianco a lui, ad esaminare la ferita ancora sanguinante sulla gamba di lui.
 
- Niente stai tranquilla…
 
Disse Remus provando a scostarsi.
 
- E’ solo un taglio, niente di più…
- Solo un taglio ? Remus ti rendi conto che sarà profonda almeno fino all’osso ??
- Ma no, stai tranquilla
 
Minimizzò lui, cercando di ricoprire la ferita.
 
- Una buona dormita e tornerà tutto a posto.
- Una buona dormita un corno! Ma lo sai che se non ci fai nulla può fare infezione ?
- Esagerata…
- Nient’affatto caro mio! Sei un autolesionista ecco cosa sei ! Ora aspettami che vado a prendere del Dittamo.
 
S’alzò in piedi in fretta e furia e corse in cucina, dove il mago la sentì aprire numerose ante e trafficare con boccette e boccettine.
 
- Non ce n’è bisogno, sul serio…
- Tu stai zitto e fermo e lascia fare a me!
 
L'uomo non protestò ulteriormente, sapendo che qualunque cosa avrebbe detto sarebbe caduta nel vuoto.
 
Era felice di vederla preoccuparsi per lui, felice che almeno lei non lo guardasse con quella pietà velata di paura e sgomento che lo feriva quasi più delle occhiate di odio e disgusto che da una vita era abituato a ricevere...
 
Ma allo stesso tempo la sua vicinanza gli faceva un male indescrivibile, perchè sapeva che non avrebbe mai potuto averla.
 
Non sarebbe mai potuto rincasare dopo ogni luna piena per trovarla in piedi ad aspettarlo, con un sorriso ed un caldo abbraccio solo per lui.
 
Non l'avrebbe mai potuta stringere durante quelle notti in cui il mostro dentro di sè faceva capolino nel suo animo e lo teneva sveglio con i sensi all'erta fino all'alba.
 
Non avrebbe mai potuto sfiorare le sue labbra o il suo corpo, non avrebbe mai potuto ridere assieme a lei, non avrebbe mai potuto stringerla fra le proprie braccia.
 
Non poteva perchè il suo posto non era con lei.
 
Proprio allora Dora spuntò fuori dalla cucina con in mano un gran numero d ampolline tutte colme di un liquido che il mago riconobbe immediatamente come Estratto di Dittamo.
 
Lei l'agitò tutta soddisfatta, con un gran sorriso in volto.
 
- Eccolo quà ! Ho fatto in fretta, visto ?
 
Lupin non stette a ricordarle che per trovare quattro boccette aveva impiegato la bellezza di cinque minuti, e si limitò ad un sospiro di finta rassegnazione.
 
- Mi toccherà proprio farmi medicare, allora...
- Si mi sa proprio di sì.
 
Rise Tonks sedendosi al suo fianco sul logoro tappeto.
 
Ormai tra loro quella era una commedia collaudata, ma che li divertiva ogni volta entrambi.
 
Lupin non sapeva spiegarsene il motivo, ma quando era con lei sentiva di poter tornare, anche se per pochi attimi, quel ragazzo allegro e spensierato che era stato un tempo.
 
Quando anche la luna piena non faceva paura.
 
Quando ogni giorno non era una battaglia tra lui e la vita ma una nuova avventura con i Malandrini.
 
- Cominciamo dalla gamba d'accordo?
- D'accordo.
 
L'uomo arrotolò meglio la gamba del pantalone impregnato di sangue e si tolse le scarpe scalcagnate, ancora coperte di fango.
 
Dora stappò la prima boccetta e gliene versò alcune gocce sul ginocchio, dove cominciava la ferita.
 
Subito la pelle cominciò a cicatrizzare, con uno sfrigolio che pizzicava fastidiosamente.
 
Remus strinse i denti per non urlare: quella pozione oltre che pizzicare bruciava anche maledettamente.
 
Lei lo fissò lievemente preoccupata:
 
- Fa molto male ?
- No no, stai tranquilla
 
Rispose lui con un sorriso tirato.
 
- Niente che non si possa sopportare.
 
La strega sorrise sollevata e continuò a versare la pozione su tutta la ferita, finchè l'ampollina non fu praticamente vuota.
 
L'uomo si lasciò cadere sul tappeto con un sospiro, mentre il formicolio alla gamba pian piano svaniva.
 
Tonks ritappò il Dittamo e gli posò una mano su un ginocchio sorridendo.
 
- Stai tranquillo Remus, il peggio è passato! Dove sei ferito ancora ?
 
Remus si rialzò a fatica e si sforzò di rispondere al suo sorriso.
 
- Sul torace credo...Non ne sono sicuro, ma sento un bruciore pazzesco. Sempre che non ti dispiaccia...
- Oh no, no...Non c'è problema.
 
Arrossirono entrambi senza sapere il perchè, e distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.
 
Poi lui si schiarì la voce per rompere quel silenzio imbarazzato quanto improvviso.
 
- Allora mi...Mi tolgo la camicia.
- S-Sì, certo...Fai pure.
 
Remus rispose con un sorriso timido e fece per slacciarsene i bottoni, ma non appena vi mise mano rimase bloccato dal dolore.
 
Tonks si preoccupò.
 
- Remus tutto a posto ?
 
Il lupo mannaro mugugnò una risposta a denti stretti.
 
- Quando l'ho indossata, dopo essere tornato normale...Devo essermela messa senza controllare le ferite...
- Quindi...Si sono praticamente appiccicate al tessuto della camicia, giusto ?
 
Lui annuì, il viso contratto in una smorfia: aveva la sensazione che quell'indumento fosse diventato una sorta di sua seconda pelle.
 
La ragazza sorrise con timidezza, e si avvicinò di più al mago, prendendo a slacciargli i bottoni a suo posto.
 
Al contatto con le mani calde e delicate di lei, Lupin rabbrividì di piacere.
 
I suoi capelli rosa acceso gli lambivano il viso solleticandogli le labbra e le guancie, coperte da un'incolta barba castano chiaro, mentre le mani di lei - bottone dopo bottone - gli levavano di dosso la camicia.
 
Non sentiva più il dolore degli sfregi sul petto, nè il male della ferita alla gamba.
 
C'erano solo lui e Tonks, con il profumo di lei che lo inebriava non facendogli capire più nulla, mentre tutto il resto del mondo, semplicemente...
 
Scompariva.
 
La scrutò di sottecchi sbottonargli con delicatezza l'indumento sporco e più di una volta rammendato, desiderando con tutto sè stesso di strapparselo di dosso, di prenderla tra le sue braccia e di baciarla fino ad ubriacarsi di lei,del suo sapore, della sua essenza.
 
Di distenderla su quel tappeto, lì, in quel preciso momento, e fare l'amore con lei per tutto quel che restava della notte.
 
Non senza un vago senso di colpa, permise al proprio sguardo di vagare sul corpo dela strega, ai suoi occhi di posarsi sullo scollo della maglietta bianca aderente che indossava lasciando scoperta una spalla, ai jeans attillati neri che le fasciavano le gambe...
 
Sentì qualcosa fremere nel cavallo dei propri pantaloni, mentre le mani di Tonks terminavano di sbottonargli sul ventre la camicia.
 
Deglutì, cercando di non pensarci.
 
- Ecco fatto.
 
Mormorò finalmente lei, aiutandolo a levarsela del tutto.
 
Lui fece per dire qualcosa, ma non gli riuscì: guardava Ninfadora fissare con sgomento il proprio petto martoriato.
 
Lei sollevò gli occhi per fissarli in quelli di Remus, e l'uomo non riuscì a fare altro che risponderle con un triste sorriso.
 
Sapeva che non c'era bisogno di parole, non con lei.
 
Sapeva che le bastava guardarlo negli occhi per vedere tutto quelo che aveva passato quelle notti, il dolore della trasformazione, la muta rassegnazione di quando la luna s'era alzata nel cielo, le rabbia che - non trovando nessuno contro cui rivolgerla - aveva scatenato contrò se stesso, mordendosi e graffiandosi come a volersi punire per ciò che era.
 
O meglio, per ciò che era obbligato ad essere. 
 
La ragazza gli posò le mani sul torace, accarezzando con delicatezza quei muscoli sfregiati, coperti da un'ispida peluria biondiccia.
 
Sfiorando le sue spalle larghe e robuste.
 
Passando i polpastrelli sull'addome, segnato da diverse cicatrici parallele.
 
Sulla pelle pallida di quel fisico dinoccolato solcata da morsi e unghiate.
 
Remus la guardava toccarlo senza riuscire a dir nulla, trattenendo il fiato, beandosi di quelle carezze che lenivano ogni dolore, curando ogni ferita e ricucendo ogni cicatrice sul proprio corpo.
 
La Metamorfomagus alzò gli occhi su di lui, con un sorriso timido e allo stesso tempo malizioso.
 
Gli sfiorò il viso, segnato anch'esso dalle cicatrici, passò le mani tra i suoi capelli ingrigiti e spettinati, sulla sua barba lunga che da tempo non si radeva.
 
Infine su quelle labbra coperte dai baffi che le solleticarono le dita.
 
L'uomo non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lei, immergendosi in quelle meravigliose perle scure della donna che amava alla follia.
 
Tonks avvicinò al suo ancora di più e posò la bocca sopra quella di Remus, mettendogli un braccio dietro la schiena e una mano sulla nuca, in un bacio focoso e passionale.
 
L'uomo rispose con la medesima intensità, mentre con una mano le cingeva i fianchi e con l'altra l'attirava a sè.
 
Si lasciarono entrambi andare a quell'abbraccio, che per tanto tempo avevano ardentemente desiderato, e caddero rotolando sul tappeto sotto di loro, l'uno nelle braccia dell'altro.
 
La baciò con furia, facendo scorrere mani e labbra su ogni centimetro di pelle disponibile, insinuandole sotto i vestiti di lei.
 
La ragazza in risposta gli accarezzò la schiena, massaggiando i dorsali, premendo la testa dell'uomo contro di sè.
 
Remus non pensò più a nulla, mentre le sue mani e le sue labbra si facevano sempre più avide di lei.
 
Con un ringhio le sollevò la maglietta, strappandole un gemito quando la morse sul collo.
 
" Cosa sto facendo ?! "
 
D'improvviso si bloccò, rimanendo immobile sopra di lei.
 
Tonks gli morse scherzosa un orecchio, per invitarlo a concentrarsi su di lei...
 
Ma l'uomo non rispose.
 
- Remus, che succede ? Perchè ti sei fermato ?
 
Lupin non rispose, mentre nella sua mente si facevano largo la coscienza e, soppratutto, il suo senso di colpa.
 
- Remus ?
 
Finalmente la fissò negli occhi, sgomento.
 
- Scusami
 
Riuscì solo a dire, poi si alzò in fretta da lei e si mise in piedi, prendendosi la testa tra le mani.
 
Anche Tonks si alzò, e gli fu subito accanto.
 
- Remus che ti succede...?
- Ti prego lasciami stare.
 
Gemette l'uomo allontanando le mani di lei dal proprio viso.
 
- Lasciami stare, te ne supplico.
- Remus cosa sta succedendo me vuoi lo spiegare ?
 
Lui scosse la testa, senza riuscire ad articolare una singola parola.
 
- Remus ti prego...
- Io...Io non avrei dovuto baciarti, avrei dovuto controllarmi, e invece...
 
Si scosse violentemente il capo con le mani.
 
- E invece ho ceduto, non ho saputo resistere...Ti prego, perdonami...
- Io non capisco...
 
Lei lo guardava stupita, senza riuscire a comprendere.
 
- Tu hai risposto ai miei baci, hai risposto alle mie carezze...Perchè l'hai fatto se non... 
- Io non voglio illuderti, lo vuoi capire ? Non voglio!!
 
Gridò l'uomo, con gli occhi colmi di disperazione.
 
- Non voglio che tu creda che potrebbe esserci un futuro per noi quando invece non è così!
- Ma perchè ? Perchè non potremmo ? Cosa c'è di sbagliato ?
- Cosa c'è di sbagliato ? Cosa c'è di sbagliato ?!
 
Ripetè Lupin alzando la voce.
 
- C'è che io sono un lupo mannaro! C'è che non ho un soldo in tasca e neppure un lavoro! Che razza di futuro potrei darti, me lo dici?
 
Si passò le mani sugli occhi, come a voler lavare via un brutto pensiero; alzò gli occhi su di lei, ancora immobile davanti a sè.
 
- Ora lo capisci perchè non posso stare con te ? Capisci che se ti respingo lo faccio per il tuo bene ?
- No.
 
Quella parola lo colpì come un pugno, lasciandolo senza fiato.
 
La fissò ad occhi sgranati, mentre i lineamenti di lei s'indurivano sempre di più.
 
- No, Remus. Non è che non puoi. La verità è che non vuoi. Che hai paura.
- No Tonks, non è vero. Ti giuro che se fosse per me...
- Sta' zitto, una volta tanto. 
 
Lo interruppe lei con rabbia.
 
- Tu hai paura. Hai paura di amarmi, ancora più di farmi soffrire. Hai paura ad affidarti completamente a qualcuno per la prima volta dopo una vita. Hai paura che anche io un giorno me ne vada così come sono arrivata. Che il nostro amore si dimostri l'ennesima delusione. Non è così ?
 
Remus la fissava, senza parole.
 
Era vero.
 
Era tutto vero.
 
Tutto spaventosamente, maledettamente vero.
 
- Tonks, io...
- No Remus, non ti credo. Non ti voglio credere. Puoi dire o fare quello che ti pare, ma io non ti crederò mai. Il problema non è la luna piena, non sono i soldi! Il tuo problema sei tu.  
 
Tirò su col naso, le lacrime ormai prossime a sgorgarle dagli occhi.
 
- Pensavo che dopo una vita d'inferno avresti creduto nel nostro amore, che avresti creduto in noi. E invece da brava stupida mi sbagliavo.  
 
Lui la guardava senza riuscire a controbattere alcunchè, senza riuscire a dir nulla che potesse consolarla...
 
Che potesse consolare entrambi.
 
Senza sapere nè come nè perchè, le si avvicinò fino a prenderle il viso tra le mani.
 
Lei provò a sottrarsi, ma la presa dell'uomo fu più forte.
 
La guardò i quegli occhi che aveva adorato sin dal primo momento che l'aveva vista, scostandole alcune ciocche di capelli dal viso.
 
Sorrise: le lacrime che le rigavano il volto somigliavano a piccole perle.
 
Le trovò bellissima anche così, la trovò più bella che mai.
 
Posò la fronte a quella di lei e le disse in un sussurro:
 
- Io non voglio allontanarti Dora...Non lo vorrei per nulla al mondo...
 
Le sue labbra erano ad un niente da quelle della ragazza, poteva avvertire il suo respiro sulle guance.
 
Le sorrise, e lei gli rispose tra le lacrime:
 
- E allora non farlo...
 
E le loro labbra si unirono di nuovo indissolubilmente, come attratte da una forza magnetica.
 
Tonks gli mise le braccia attorno al collo, stringendosi forte a lui, e Remus le circondò i fianchi per stringerla ancora di più a sè.
 
Lei ancorò le proprie gambe alla vita dell'uomo, senza staccarsi un momento dalle sue labbra, mentre quello la prendeva tra le proprie braccia per adagiarla nuovamente per terra.
 
Dora lo strinse con disperata passione, aggrappandosi alle sue spalle.
 
Remus la baciava frenetico, sul collo, sul viso, sulle spalle nude, sui seni, facendola rabbrividire di piacere.
 
Forse c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò, forse stava commettendo l'errore più grosso della sua vita...
 
Ma non riusciva a fermarsi, a dire basta a quel momento a lungo desiderato.
 
Non riusciva ad immaginarsi in nessun altro posto che non fosse quello, tra le braccia della donna che amava, con le labbra sulle sue e le loro lingue impegnate in una danza che assomigliava ad battaglia, e che non avrebbe visto nè vinti nè vincitori.
 
Forse il giorno dopo si sarebbe pentito di quella notte, forse avrebbe fatto meglio a fermarsi ora, prima che succedesse l'irreparabile, prima di illuderla del tutto...
 
Forse, tanti forse.
 
E, come sempre, nessuna certezza.
 
Ma si sbagliava.
 
Una certezza ora ce l'aveva: la sua Dora, e l'amore che provavano l'uno per l'altro.
 
Se fosse stato tutto una follia, se ne ogni cosa detta o fatta avesse avuto senso, lo avrebbe scoperto poi.
 
Ora, in quel momento, c'era solo un incerto presente con loro due  e un futuro oscuro ancora tutto da vedere.
 
Ma a lui, in quel momento, bastava. 
 
 
 
 
 
Fine
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'autrice: Ciao gente :) ! Che ne dite ? V'è piaciuta ? O siete corsi a cercare un sacchetto per il vomito :P? Come vedete, è simile all'altra shot su loro due che ho pubblicato tempo fa, "Just a night", ma in questa ho violuto aggiungere quel pizzico di speranza e di ottimismo che nell'altra mancava ( in effetti nell'altra c'era proprio da tagliarsi allegramente le vene ^^" ). In ogni caso, spero vivamente che lascerete una recensione, seppur piccina, perchè mi fareste davvero felice XD ! Alla prossima belli/e :D! Ciao!
 
Nota lupesca special: Dedicata alla mia neo-sorellona lupesca DoraremusLupin, come me grande fan di questa coppia e del nostro bel lupacchiotto *-*, che mi supporta ( e sopporta :B ) nei miei pastrocchi che mi permetto di chiamare FF e che puntualmente recensisce qualunque cosa io abbia il coraggio ^^ di pubblicare.  Auguri sorellona ^-< !
 
 
Raky
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
     
 
 
 
 
 
 
    
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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