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Autore: Elos    09/10/2011    11 recensioni
- Vieni con me. - gli aveva detto lei. - Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
E il Drago l'aveva saputo anche in quel momento, sì, che lei aveva ragione: solo, era stato troppo vigliacco per poterlo ammettere. [...]

Prima Classificata al concorso "The Indoors Fantasy" indetto da schwarzlight.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Vieni con me. - gli aveva detto lei. - Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
E il Drago l'aveva saputo anche in quel momento, sì, che lei aveva ragione: solo, era stato troppo vigliacco per poterlo ammettere.


Chiama l'aurora




. uno



Non aveva provato veramente paura, il giorno in cui aveva trovato il Drago nella grotta: perché per avere paura servivano energie che a lei mancavano, tutta una gamma di emozioni per le quali non era stata creata.
Aveva guardato negli occhi il Drago, e nessuno dei due aveva abbassato lo sguardo.
Il Drago aveva piegato la testa da una parte.
- Ho intenzione di mangiarti. - aveva detto.
Aveva la voce fonda del cielo arrabbiato, una voce da rocce cadute e nuvole crepate. Nella grotta buia si vedevano i suoi enormi occhi, gialli come quelli dei gatti, le zanne scintillanti anche in penombra: la più piccola era più grossa del palmo della mano di lei.
- Con le patate. - aveva specificato dopo un attimo di silenzio il Drago. - E molto rosmarino.
Lei si era guardata intorno con lieve interesse e si era informata:
- Hai delle patate?
Il Drago era rimasto in silenzio per un lungo istante, prima di schiarirsi la voce:
- Forse ti è sfuggita la parte relativa all'ora ti mangio, ragazzina.
- Sì, be', se mi fai ingrassare un po', poi sono più buona. Più morbida. Hai davvero delle patate?
- No che non ho delle patate! - aveva sbottato il Drago, irritato. Aveva mosso la coda da una parte all'altra e dalle pareti della grotta era venuta giù una frana di polvere, schegge di pietra e ragnatele. - Ti pare posto per far crescere delle patate, questo?
- Però hai del rosmarino.
- A scuola non insegnano più il significato del profondo concetto del termine ironia, piccola incolta?
- Non so. Non sono mai stata a scuola.
Silenzio. Nella grotta buia dall'odore d'acqua e di muschio anche il silenzio sembrava avere un odore, ed era odore di chiuso, profondo e stagnante, antico di secoli.
- Quanti anni hai, ragazzina?
- Non so. Un po'. Più di dieci.
- E come sei arrivata quaggiù? Non è facile trovare la strada.
- Non so. - aveva ripetuto lei. Aveva guardato verso l'imboccatura della grotta: una mezzaluna azzurra screziata di nuvole era tutto quel che si vedeva del cielo, del vento. Le rocce più esterne si tingevano d'oro e di rosa per l'alba imminente, quelle nel cuore della caverna avevano il blu cobalto delle pietre lucide cucite sulle vesti dei sacerdoti nei giorni di festa.
Lei aveva guardato il pezzo di cielo – tutto quel che si vedeva del mondo – e poi aveva guardato di nuovo il Drago:
- Non so. - aveva detto ancora, di nuovo, e sembrava che quel non so fosse l'unica cosa che sapesse. - Devo essere caduta. -


Il Drago non aveva molto da fare che non fosse stare seduto ed attendere, tutto il tempo, tutti i giorni, tutti gli anni, mentre gli anni diventavano secoli e i secoli si allungavano, interminabili, e il Drago sedeva e attendeva.
Aveva trascorso gli ultimi ventitré anni ad esaminare con un interesse francamente eccessivo una colonia di pallidi ragni grossi come piattini insediatasi nel fondo della caverna; le ultime due primavere a studiare il modo estremamente artistico in cui una coppia di rondini aveva fatto il nido proprio all'imboccatura della caverna; gli ultimi centosettanta inverni, inverno più, inverno meno, a contare i fiocchi di neve che cadevano davanti alla sua grotta. Un essere umano era una novità interessante. Era un miglioramento: i ragni non potevano parlare, ma l'essere umano sì.
Non poteva lasciarla andare, si era detto a malincuore, perché sarebbe tornata al suo villaggio e avrebbe raccontato di aver trovato la grotta del Drago: gli uomini avrebbero preso torce e forconi e sarebbero venuti a stanarlo... e sarebbe stato sgradevole incenerirli tutti, poi. Nessuno si fermava mai a riflettere su quanto difficile fosse scrostare il grasso umano fuso da una scaglia, quando non si avevano dita prensili e un pollice opponibile per reggere spazzola e spugna.
- Temo che resterai a farmi compagnia. - le aveva detto. - Ci sono degli eccellenti ragni da fare allo spiedo, e sono sicuro che tu possa acchiappare uno o due pipistrelli, ottimi da riempire con licheni abbrustoliti o, magari, polpa di ragno finemente tritata. Un'eccellente ricetta, tramandatami dal nonno di mio nonno, prevede l'utilizzo opzionale di molto muschio fresco. Per aromatizzare, comprendi.
La ragazzina era rimasta in silenzio per un attimo, prima di scuotere la testa:
- Non posso restare. Mi dispiace.
- Forse non hai afferrato il punto, ragazzina. - le aveva spiegato il Drago, pazientemente. - Ma potrebbe essere colpa mia. Potrei averti dato l'impressione sbagliata. Non stavo cercando di persuaderti dell'opportunità di un'opzione, ti stavo illustrando i lati positivi di una necessità. Tu non te ne andrai di qui.
- Perché?
- Perché ci tengo alla quiete della mia grotta, cara, e tu te ne andresti saltellando a casa e spargeresti la voce. Verrebbero qui, e poi dovrei passare diverse Lunazioni a ripulire le pareti dal sangue. Non sarebbe piacevole. Dovrei cambiare zona.
La ragazzina l'aveva guardato e il Drago aveva notato, nella luce crescente del mattino, che c'era qualcosa di strano nei suoi occhi, nella sua faccia. Qualcosa che non andava.
- Cos'hai fatto al labbro, ragazzina?
Lei si era passata il dorso della mano sulla bocca. La spaccatura era come una linea netta sulle sue labbra rosate e sottili, l'occhio gonfio e pesto dalla palpebra tinta di quella tipica sfumatura giallognola che caratterizza il livido vecchio di una settimana. Aveva la pelle troppo chiara, i capelli troppo pallidi, incolori. Il Drago non riusciva a capire di che colore fossero i suoi occhi, ma gli sembravano troppo scuri per star bene su quel viso trasparente.
- Hai il Male Bianco. - aveva osservato il Drago . La ragazzina aveva risposto scrollando le spalle. Era magra in punti in cui qualcuno così giovane non dovrebbe essere magro, collo e clavicole e polsi, magra ovunque. La gonna da contadina era rimboccata per starle sopra le ginocchia e non impacciarla mentre camminava. - Strano che non t'abbiano annegata alla nascita.
- La mammana del villaggio voleva farlo. - aveva spiegato lei. - Il sacerdote ha detto di no.
- Perché te ne vuoi andare? - le aveva chiesto il Drago. - Puoi restare qui. Mi terrai compagnia. Quel che mangio io, mangerai tu. Potremmo provare a piantare delle patate, se ti interessa.
La ragazzina si era girata ancora e aveva guardato il cielo a fette attraverso l'imboccatura della grotta. L'azzurro si era fatto più pallido, ora: l'oro rosato delle rocce si era tinto di grigio, le nuvole d'argento. Era mattina avanzata. L'aria era più tiepida.
- Non posso star chiusa qui sotto. - aveva detto lei, piano. - Non c'è aria, non c'è luce. Morirei.
Il Drago era rimasto in silenzio per un lungo istante. Il soffitto della grotta, che fino a quel momento era stato alto e lontano sopra le loro teste, un cielo velato di muschio verde e vellutato nella penombra, ampio come una volta, come una cupola, a quelle parole era sembrato chiudersi su di loro. Il Drago ricordava che odore aveva avuto il vento, il sapore dell'acqua di mare quando volava radente alle onde, la carezza pungente dell'erba orlata di rugiada poco prima dell'alba. Tutte cose che la grotta non conteneva.
Si era voltato lentamente, arrotolando la coda attorno a sé e serrando bene le ali contro il busto, e aveva bofonchiato:
- Vattene.
Non si era girato per guardarla allontanarsi, ma aveva sentito il rumore dei suoi piccoli, lievissimi passi, che smuovevano terriccio e pietrisco dal suolo della caverna.
Aveva chiuso gli occhi.






Note: Questa storia ha partecipato al concorso The Indoors Fantasy indetto da schwarzlight, classificandosi prima e vincitrice del Premio Lyricist. Il concorso richiedeva di scrivere una storia ambientata totalmente o soprattutto all'interno di un ambiente chiuso e di farla ruotare attorno a tre elementi: per la categoria Tarocchi io ho scelto la Giustizia, per la categoria Natura ho scelto l'aurora e per la categoria Creature Mitologiche... il drago. Sì, perché io sono originale e, soprattutto, non scrivo mai due volte sulla stessa cosa. ò_ò Oh.
Potete trovare i giudizi qui.

Un'altra lettura del titolo può essere chi ama l'aurora. Una terza lettura, invece, sarà data solo in fondo alla storia.
Era stata originariamente pensata per essere una one-shot: ma sarebbe stata troppo "consistente", secondo me, per risultare gradevole da leggersi su una pagina Web.

Ha già pubblicato la sua storia chimaira, con Il prezzo della Pizia. Cercherò di aggiornare mano a mano che le altre partecipanti pubblicheranno!
  
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