Premessa iniziale:
questa storia è dedicata a Rosy, chiamata anche "demente",
"pattumiera", "Ro'tan", "Pagliaccia", "culo peloso", "Merdaccia" e, nei
momenti in cui mi servono soldi/favori "" Migliore amica".
Quindi questa storia è tutta per te, Hizaki_Wincest . Per te, piccola
cacchetta, che sono mesi che mi senti parlare di questa storia e che
l'hai letta in anteprima a casa mia. E lo sai, no? Anche se litighiamo
io ci sarò lo stesso, magari per sfotterti, però
ci sarò.
Mel.
Like a
superstar
«Oh
mio Dio, non ci posso credere»
«Nemmeno io»
«Favoloso» «Fantastico!»
Roxas
roteò gli occhi, appoggiando svogliatamente la guancia sul
dorso della mano.
Gli schiamazzi allegri dei
suoi compagni di classe sembravano non voler finire mai e lui non aveva
la minima intenzione di unirsi alla loro “
felicità”.
Lanciò un veloce sguardo a suo fratello Sora che, insieme
agli
altri ragazzi, guardava esaltato l’articolo di un giornale.
Bene, benissimo.
Roxas ritornò a guardare fuori dalla finestra, indifferente.
Perché mai bisognava fare tanto casino per un semplice
attore di
serie B? No, proprio non lo capiva.
Poteva essere bello quanto voleva, ma questo non significava che avesse
il diritto di nuocere alla sua tranquillità.
Il biondo aveva passato le ultime tre ore scolastiche a ripeterselo,
ignorando i continui strilli esaltati delle ragazze e gli sguardi
ammirati dei ragazzi.
Tamburellò un piede per terra, accavallando poco dopo le
gambe con nervosismo.
Pareva proprio che per quel giorno avrebbe dovuto sopportare
quell’interminabile chiacchiericcio eccitato; specialmente
per
quell’ora, visto che il professore sembrava non voler
apparire a
mettere fine, come per magia, a tutto quel baccano.
Beh, per lo meno avrebbe potuto iniziare i compiti e tenersi libero il
pomeriggio.
Si passò una mano sulla fronte, trattenendo un sospiro. Fece
passare tra le mani una matita mentre, con più calma
possibile,
si chinò a terra per rovistare nello zaino in cerca del
quaderno.
Non fece nemmeno in tempo ad alzare la testa che si ritrovò
schiaffato davanti agli occhi quel
giornale, quello stupido pezzo di carta che sembrava far
impazzire tutti.
Sollevò le sopracciglia, disinteressato.
«Beh?»
domandò osservando di sbieco Olette, una delle sue
più care amiche.
La mora scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli boccolosi con
enfasi. Poi ridacchiò, posando – o per meglio dire
sbattendo violentemente - il giornale sopra al banco del biondo.
«Roxas, Roxas … » iniziò,
lievemente
spazientita « Come puoi dire un semplice “
Beh?”»
«Aprendo la bocca e facendo uscire un suono. Hai presente?
Fonemi
e morfemi …» rispose incurante, prendendo in mano
il
quotidiano e ridandolo alla ragazza senza nemmeno gettarci
un’occhiata.
Lei si imbronciò, incrociando le braccia al petto.
«Roxas» lo rimproverò, calcando sul nome
come se
fosse un’accusa. Il biondo sospirò, guardandola
innervosito.
«Oh diamine, Olette. Non ti aspetterai davvero che mi metta a
saltellare per la classe con gli occhi a cuoricino e ridendo come un
idiota»
«Spero davvero che tu non lo faccia, altrimenti non riuscirei
a
dormire per lo spavento» Sora irruppe nella conversazione,
lanciando un occhiata divertita al gemello.
Bene – pensò Roxas, tirandosi uno schiaffo
mentalmente – ci mancava solo quell’idiota.
«Nessuno ti ha chiesto nulla, Sora»
«Come sei antipatico. Sicuro di essere imparentato con
me?» «Mio malgrado sì, lo sono»
«Ragazzi. Il punto non è questo»
esclamò
Olette frapponendosi tra i due,rivolgendo un’occhiata seccata
a
Sora e una accomodante a Roxas.
«E allora qual è, il punto?»
domandò il biondo, ignorando le smorfie che il gemello gli
rivolgeva.
No, davvero erano fratelli? L’illusione di essere stato
adottato
l’aveva esclusa anni prima a causa della loro fin troppo
palese
somiglianza, ma ancora la speranza era sempre l’ultima a
morire.
La ragazza esultò, come se non aspettasse altro che quella
domanda.
«Semplice: leggi qui»
Porse per l’ennesima volta il giornale a Roxas,
ficcandoglielo praticamente sotto gli occhi.
«So già quello che c’è
scritto»
sbuffò, evitando accuratamente con lo sguardo il quotidiano.
Sora saltellò di fianco al biondo, poggiandogli un braccio
attorno alle spalle.
«Roxas fa così solamente perché anche
lui trova tremendamente hot quell’attore,
ecco tutto. Oh oh, una bella cotta »
Il biondo sobbalzò, afferrando in un nanosecondo i capelli
del fratello.
«Che hai detto?» chiese, ringhiando.
«Ho detto: Roxas fa così solamente
perc-» «So quello che hai detto, razza di
imbecille»
«E allora perché me l’hai
chiesto?»
domandò ingenuamente Sora, sollevando entrambe le braccia in
segno di resa.
«Perché … Perché
… Non importa.
Semplicemente non dire più una cavolata del genere,
chiaro?»
«E perché no? Dico solo la
verità»
Prima che Roxas potesse definitivamente saltare alla gola del fratello,
Olette gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
«Effettivamente è davvero figo, eh»
«Ma chi se ne importa» ululò il biondo,
perdendo la calma «A me, di quello
li, non
mi importa un bel niente»
Mentre parlava puntò il dito contro la figura che spiccava
– come un pugno nell’occhio- sulla copertina del
giornale.
Il ragazzo dai capelli rossi stampato su quel pezzo di carta sembrava
quasi prendersi gioco di lui, sorridendo beffardo. La posa
accattivante, il sorriso smagliante sopra il volto appuntito e gli
occhi verdi contornati di matita nera … No, mai, mai e poi
mai
gli sarebbe piaciuto quell’esaltato di Axel Keith.
«E
allora perché ti sei guardato tutti i suoi film?»
lo provocò Sora, pizzicandogli le guance.
Roxas allontanò le mani del fratello con uno schiaffo,
guardandolo con astio. Olette osservava la scena divertita,
rammaricandosi di non aver portato con sé una macchina
fotografica per immortalare la faccia leggermente rossa di Roxas.
Insomma, non capitava tutti i giorni di vedere il biondino perdere la
calma e il contegno in quel modo.
«Si dia il caso, signor genio, che li ho visti solo
perché tu mi
hai obbligato a vederli»
«Potevi dire di no»
«Ma io ho detto
di no. Solo che dopo averlo detto mi hai trascinato a forza sul divano
»
Sora sventolò una mano, fingendo di scacciare una mosca
invisibile «Dettagli»
Il biondo ringhiò, tamburellando con le dita sopra alla
superficie liscia del banco. Posò lo sguardo sopra al
giornale e
poi verso la finestra, dove il vetro rifletteva il suo volto lievemente
rosso.
Ah, stupido fratello.
Si mordicchiò un labbro, sbuffando.
«Piuttosto … Che volevi, Olette? Oltre farmi
leggere quello stupido giornale di gossip, intendo»
La ragazza sorrise per l’ennesima volta in quella giornata e
si sporse verso il ragazzo, speranzosa.
«Io e Sora abbiamo avuto un’idea, prima»
«Sora ha avuto un pensiero che non è morto sul
momento?» domandò, sgranando gli occhi per
fingersi il
più sorpreso possibile.
«Hey. Parla quello che h-» «Sora, fa
silenzio un attimo»
Il moretto gonfiò le guance e sbuffò, sedendosi
sopra al banco di fianco a quello del gemello.
Olette tossicchiò un paio di volte, per dare enfasi al suo
discorso
«Dicevamo … Prima abbiamo avuto un’idea,
un piano
davvero geniale. Tu, io, Sora, Riku, Kairi e Hayner ci piazzeremo di
fronte alla
casa di Axel e scatteremo delle foto. Che ne dici? »
«Dico che siete due stupidi, ecco che dico. Ma soprattutto:
Riku
è davvero d’accordo con voi?»
domandò,
sorpreso.
L’albino avrebbe sprecato seriamente del tempo per un piano
così stupido? Questo sì che andava messo sui
giornali,
mica un articolo sul fatto che Axel Keith si era appena trasferito a
Twilight Town in cerca di tranquillità.
Mpf, “in cerca di
tranquillità”. Ma che cavolata, ringhiò
mentalmente Roxas passandosi una mano sopra la guancia,
grattandosela.
Se uno era un attore tanto adorato dai ragazzi non avrebbe certamente
trovato un po’ di pace in una città come
quella.
Certo, non era un super centro pieno di paparazzi e robe del genere, ma
tutti gli adolescenti presenti nella piccola scuola cittadina avevano
un debole per lui e, Roxas ne era certo, quello lo sospettava anche
Axel.
E allora perché dover turbare la quiete che aleggiava
intorno a quella città?
Per di più aveva comprato l’unica villa
disponibile a Twilight Town, in mezzo alla boscaglia.
Peggio di così non poteva andare, visto che tutti
conoscevano quel posto come sede dell’ottava meraviglia.
Vicino al biondo Sora e Olette aspettavano una risposta, entrambi con
le mani congiunte in una preghiera.
Roxas sbuffò, voltandosi verso il fratello.
«Si
può sapere perché
lo stai facendo? A te quell’Axel non ti fa nemmeno
così
tanto impazzire »
Il moro sorrise, portandosi entrambe le braccia dietro alla testa
«Adoro vederti invischiato in queste situazioni»
Ecco, già questo aveva più senso.
Roxas lo fulminò con lo sguardo, deciso più che
mai a porre fine alla discussione.
No, lui non si sarebbe mosso per nessuna ragione dal divano quella sera
e no, non si sarebbe appostato come un fottuto stalker fuori dalla
porta di un esaltato dai capelli tinti.
La sua decisione era ir-re-mo-vi-bi-le.
-
«Spiegatemi
ancora come avete fatto a convincermi» bofonchiò
Roxas, scuotendo la testa sconvolto.
Vicino a lui Hayner e Olette ridacchiarono, alzando spalle e mani per
dirgli che non ne avevano idea.
Riku, probabilmente per la prima volta in vita sua, provò
compassione per lui e gli batté una mano sulla spalla.
«Hanno incastrato anche me»
«Questo non mi fa stare meglio»
L’albino si limitò a roteare gli occhi,
allontanandosi di
qualche passo e decidendo mentalmente di non avvicinarsi a Roxas per il
resto della serata; probabilmente gli sarebbe saltato alla gola per
squartarlo, dato il pessimo umore che si portava dietro.
Kairi e Sora ridevano in un angolo, passandosi la macchina fotografica
digitale a vicenda ogni volta che trovavano qualche vecchia foto
divertente ancora salvata in memoria.
Ah sì, ecco di chi era la colpa.
Sora e Kairi.
Quei due quando stavano insieme erano temibili, davvero. Sora poteva
anche essere stupido, ma sapeva essere tremendamente persuasivo,
soprattutto sotto i consigli malefici che Kairi gli dava.
“Una coppia che mette i brividi” li definiva sempre
il
biondo, specialmente quando li vedeva confabulare come in quel momento.
Il bosco intorno a loro sembrava più quieto del solito, si
riusciva a sentire solamente il fruscio delle foglie e lo zampettare di
qualche animale per le sterpaglie.
Si poteva scorgere la luna attraverso le fronde, che illuminava
l’intero spiazzo vicino al boschetto.
Nessun lampione era stato spiazzato vicino alla casa e, con la sola
luce della luna, l’atmosfera che si respirava era decisamente
greve.
La vecchia casa sembrava quindi in disuso, alcune tapparelle erano
sbarrate e il giardino era pieno di edera e erbacce; solamente la luce
accesa in una parte della vecchia villa indicava che c’era
qualcuno dentro.
Ci mancava solo l’ululato di qualche lupo e quel posto
avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.
Roxas incrociò le braccia al petto, strofinandosi gli
avambracci con foga, e
con aria adirata si incamminò verso la coppietta che non la
smetteva di ridere.
Si arrestò davanti a Kairi, giusto per guardarla malamente,
per poi rivolgersi al fratello.
«Mr. Genio e adesso? Che facciamo?»
Alle sue parole, dette tutt’altro che dolcemente, anche gli
altri ragazzi si avvicinarono al moretto.
Subito Olette gli si affiancò, l’aria complice
stampata in volto.
«E’ ovvio quel che dobbiamo fare»
iniziò la
mora, puntando l’indice verso l’altro con aria
saccente «Ovvero
dobbiamo aspettare» concluse per lei Sora, sollevando anche
lui il dito e ridacchiando.
Roxas socchiuse gli occhi, cercando di trattenere la rabbia. Riku, che
rimaneva come sempre affiancato a Sora e Kairi, artigliò la
mano
del moretto per fargliela abbassare, sussurrando un qualcosa sul
“ non far arrabbiare ancora di più Roxas che
è la
volta buona che ti ammazza”.
«Aspettare … » iniziò a
parlare il biondo, la voce quasi tremolante dal nervosismo «Che
cosa dovremmo aspettare, eh? Ti aspetti di vedere Axel uscire dalla
porta e ballare nudo la samba in giardino?!»
ringhiò, non
riuscendo a trattenere la rabbia.
Erano le undici di sera e lui aveva altro da fare, anche se non sapeva
ancora bene che cosa.
Ma sicuramente era un qualcosa di più costruttivo che
starsene
appostato fuori dalla casa di un fottuto attore come un avvoltoio.
Alla piccola sfuriata di Roxas, Sora sorrise come se niente fosse. Come
sempre era tutto uno scherzo per lui, nulla poteva essere preso sul
serio.
Al sorriso del moro si aggiunse anche quello di Hayner, Olette e Kairi,
tutti e tre fin troppo eccitati dalla situazione per rimanere seri.
«Beh,
guardala in questo modo
Roxas: se davvero Axel decidesse di ballare nudo non dispiacerebbe a
nessuno di noi» mugugnò Olette voltando lo sguardo
verso
la finestra illuminata della casa, sperando di intravedere il corpo
nudo del rosso.
«Parla per te, io non ci tengo» si lamento Hayner,
sdegnato al solo pensiero che gli potesse piacere un uomo nudo.
«Mi aggrego anche io» ridacchiò Pance,
masticando una caramella al miele.
Riku sollevò la mano, sorridendo di sbieco «Idem
»
Rimasero in silenzio per qualche secondo, per poi voltarsi tutti verso
Roxas.
Il biondo sollevò un sopracciglio, indispettito.
«E adesso che c’è?»
«Come mai non hai detto anche te che non ti piacerebbe vedere
Axel nudo?! Dobbiamo supporre che ti farebbe piacere vederlo,
uhm?» insinuò Sora, ammiccando verso il fratello
con gli occhi che scintillavano di divertimento.
Subito il gemello biondo arrossì, stringendo le mani a pugno.
«Non pensavo ci fosse bisogno di dirlo. E’ ovvio
che non mi interessa, eh!»
Olette e Kairi ridacchiarono, guardando ammirate il loro amico.
«Oh, insomma.
Smettetela di
guardarmi così. E va bene, sono gay ma questo non significa
che
sbavo dietro ad ogni fottuto ragazzo»
Roxas aveva fatto il suo cosiddetto
“ coming-out” circa sei mesi prima, quando si era
reso
conto che le attenzioni delle ragazze non gli provocavano il minimo
interesse mentre, al contrario, quelle dei ragazzi lo lusingavano
tremendamente.
Quando aveva capito quello che gli stava succedendo il mondo era
sembrato crollargli addosso, insieme alla convinzione di avere un
qualcosa di “sbagliato” dentro.
Non aveva parlato con nessuno per un po’ di tempo,
immaginando le
possibili reazioni disgustate dei suoi amici e genitori; semplicemente
si era chiuso in sé stesso e aveva provato a farsi piacere
le
ragazze a forza.
Ma quando aveva trovato il coraggio di dirlo, con un lieve sorriso
sulle labbra, tutto si era sistemato.
Il peso sulla pancia era sparito quasi miracolosamente e aveva
riscoperto in Olette e in Kairi due amiche pronte a supportarlo e, a
volta, a fargli commenti piccanti sui ragazzi.
Ovviamente lui non era il tipo da “ quello è
davvero bello
quindi ci provo”, però poterci scherzare sopra con
i suoi
amici rendeva tutto perfetto.
Il vero problema si era presentato in
seguito, quando un giovane attore promettete era apparso sulle scene
con il suo carattere prorompente e un sorriso da prendere a schiaffi.
Roxas era attratto da Axel, questo lo sapeva anche lui, ma non lo
avrebbe mai ammesso. Non avrebbe mai fatto uscire un complimento
rivolto a quel petardo umano dalla sue labbra, specialmente se nei
dintorni
c’erano Kairi e Olette.
Quelle due erano … Fangirl, ecco. L’unica parola
che
galleggiava nella testa di Roxas, ogni volta che le due gli giravano
intorno come condor in cerca di scoop, era proprio quella.
Ma non la pensava in senso cattivo, solo che certe volte preferiva
mantenere la sua sfera privata come dovrebbe essere: riservata, a rigor
di logica.
«Ma
Axel non è un “fottuto ragazzo”.
E’ un ragazzo fottibile, che è ben
diverso»
«SORA!» urlò indignato Roxas, tirando
uno scappellotto sopra la testa del gemello «Non
essere così volgare»
«Dico solo la verità.
Ammetti che lo pensi anche te» mugugnò il moro
sotto le
risate degli altri, con le ragazze che si lanciavano in commenti spinti
sul rosso e i ragazzi che le guardavano leggermente impauriti.
Roxas scosse la testa, ancora un po’ rosso sulle gote.
«Oggettivamente non posso dire che sia brutto, solo che
appena apre bocca rovina tutto »
Olette ridacchiò, ammettendo che
effettivamente il biondo non aveva tutti i torti. Axel poteva avere
molte qualità, ma la finezza non era una di quelle.
Nella mente di tutti si materializzò automaticamente la
scena di
quando il rosso, in un’intervista, si era calato i pantaloni
solo
per una scommessa persa con un suo amico, un certo Saix.
«Oh,
ho un’idea »
saltò su di punto in bianco Kairi, sorridendo raggiante
–
e malefica, aggiunse la mente di Roxas.
«Ovvero? Centra qualcosa con il
tornare a casa e mangiare un po’ di torta» chiese
con un
sorriso Pance, stringendosi la pancia con le mani.
«No, certo che no!»
«E allora che cosa, se possiamo sapere quello che frulla
nella tua testolina?» domandò sbuffando Hayner.
«Effettivamente, come ci ha fatto
notare con molto tatto e gentilezza Roxas, Axel non verrà
certamente fuori a fare chissà quale cavolata, no?»
Tutti, raggruppati intorno a lei come se
stesse per svelare il segreto dell’elisir di lunga vita,
tesero
le orecchie e annuirono.
Roxas e Riku erano gli unici che non pendevano dalle labbra della
ragazza, si limitavano a scuotere la testa e sospirare quasi
all’unisono.
«Se lui non vuole uscire allora saremo noi ad
entrare» lo disse sorridendo, come se fosse una cosa ovvia.
Il biondo scosse la testa per la seconda volta in un minuto, incredulo «Non
per fare il guastafeste ma sarebbe violazione di proprietà
privata, sai?»
Sora si piantò davanti alla sua ragazza, come per difenderla.
«Ma tu sei un
guastafeste, Roxas. E io trovo che sia un’idea
geniale»
«Geniale un corno, Heidi »
si intromise nella discussione Riku, passando lo sguardo da Kairi a Sora «Questa
volta ha ragione Roxas; mica possiamo entrare li dentro »
«Già. E poi nessuno di noi
ha davvero il coraggio di farlo » disse Pance sorridendo come
suo
solito, senza vergognarsi nemmeno un po’ del fatto di non aver coraggio
da vendere.
«Allora facciamo così»,
sbottò la rossa voltandosi verso Roxas,
«Scommettiamo»
«Perché guardi me?»
«Perché voglio scommettere
contro di te. Secondo me non hai il coraggio di entrare in quella casa,
scattare una foto ad Axel e tornare indietro»
Roxas sbuffò, portandosi le braccia al petto.
«La trovo una scommessa stupida, per due semplici motivi: non
ho nessun interesse nel fare una foto a quello
li e
non ci vedo nessun guadagno. Quindi la mia risposta è
no»
«E se il compenso ci fosse?!»
domandò Sora con un sorriso a trentadue denti, mentre la sua
mano si stringeva a quella di Kairi.
«Hai il mio interesse, parla » disse Roxas,
l’attenzione catturata dalla parola
“compenso”.
La coppietta sorrise, malefica.
«Cinquanta euro»
Il resto dei ragazzi presenti
sgranò gli occhi, chiedendosi come mai quei due erano
disposti a
sganciare così tanto solo per una scommessa e per una foto
di
Axel.
Lo stesso si chiedeva il biondo, mentre con sguardo inquisitore cercava
di capire quello che passava per la testa a quei due.
Dopo un’accurata ricerca, che lo portò a trovare
il nulla
nel cervello di Sora e una serie di idee sadiche in quello di Kairi, si
sporse verso i due.
«Come mai questa voglia di mandarmi li dentro?»
I
due alzarono in contemporanea le spalle, sorridendo.
Malefici.
«E’ solo una scommessa, dai»
«Ma perché proprio io?»
«Te l’ho detto ‘sta mattina: mi diverto a
vederti invischiato in queste cose»
Kairi, dopo aver sentito quell’uscita del ragazzo, gli
tirò una leggera gomitata nella pancia.
«Suvvia Sora, non importa. A quanto
pare tuo fratello non ha le palle per fare questo genere di cose.
L’hai detto anche te, no? E’ un tipo tutto bei voti
e buon
comportamento»
Roxas ridacchiò lievemente, scuotendo la testa.
«Questa tattica è vecchia come il mondo, Kairi.
Non ho intenzione di accettare e non lo farò »
Questa volta a sorridere fu Riku, che andò in appoggio ai
suoi due migliori amici.
«Hey Roxas» lo chiamò,
osservandolo per bene «Se non sbaglio volevi comprarti quel
nuovo
videogame, no? Solo che non avevi soldi da parte. Cinquanta euro sono
utili, sai?»
Il biondo sollevò un sopracciglio,
guardingo. Oh, bene; adesso aveva anche quello stupido di un albino
contro.
Subito dopo anche Olette si schierò dalla parte di
Kairi, elogiando quel videogame che desiderava da un bel po’.
E dopo di lei arrivò Pance e poi Hayner, lasciando Roxas
completamente da solo.
«Ho
capito, tutti contro di me eh?!» sbottò guardando
con cattiveria tutti quelli che dovevano
essere i
suoi amici ma che si erano riscoperti traditori.
«Ditemi semplicemente che voi non avete voglia di entrare li
dentro e volete
mandarci me perché vi fa comodo, allora »
Sora dondolò il capo, portandosi entrambe le mani dietro
alla testa «Esattamente quello che hai detto»
«Quindi accetti?» domandò subito Kairi,
mordicchiandosi un labbro.
Roxas si fermò un attimo a pensare
alla situazione, ai pro e ai contro. Inclinò la testa di
lato e
osservò il cancello, troppo alto per essere
scavalcato.
Poi
sollevò la testa e puntò gli occhi verso la
finestra al
primo piano dell’abitazione, dove usciva una flebile luce che
indicava che Axel era ancora sveglio a fare chissà che cosa.
Si portò una mano al mento, ragionando su cosa fare nel caso
il rosso lo avesse visto dentro la sua casa.
Uhm, non ne aveva idea ma … Roxas osservò i suoi
amici,
che lo guardavano con occhi pieni di aspettativa; come poteva dire di
no?
«E va bene, ma quando esco voglio i miei cinquanta
euro»
«Evvai!» esclamarono contemporaneamente Kairi e
Sora, saltellando sul posto con le mani unite.
Il biondo scosse la testa, massaggiandosi la fronte «Me ne
sto già pentendo»
« Su su, amico. Tu entra, noi ti
aspettiamo qui » gli disse Hayner, dandogli una pacca sulla
spalla come incoraggiamento.
Olette gli si avvicinò sorridente, porgendogli la sua
macchina fotografica.
«Usa la mia, ok? E vedi di non farla cadere»
«Malfidente» bofonchiò in risposta
Roxas, afferrando la macchina e rigirandosela tra le mani.
«Eddai, vai. VAI!»
«Ok, ok. Mi muovo! »
Con uno sbuffo si allontanò dai suoi amici, raggiungendo
l’alto cancello in ferro battuto.
Era una di quelle vecchie cancellate che si potevano vedere nelle ville
abbandonate, di quelle che scricchiolavano se tentavi di aprirle; era
persino ricoperta di ruggine.
Si grattò la testa, pensando a
come fare per scavalcare. In aiuto al suo cervello arrivò
Sora,
che gli passò un braccio sopra le spalle.
«Sappiamo tutti che con l’educazione fisica fai
schifo»
«Che centra adesso?» sbottò il biondo,
sciogliendo il semi abbraccio del fratello.
In risposta il moro sorrise, piegandosi verso il basso e facendogli
segno di salirgli sulle spalle «Avanti, sali
sopra così riesci a scavalcarlo»
«Uhm » mugolò in
risposta Roxas, facendosi leva sulle gambe e salendo sopra la schiena
del fratello, artigliandogli le spalle più forte che poteva.
Trattenne un sorriso per quella “piccola vendetta”,
dando qualche botta al fratello con le gambe.
«Vai più avanti, Sora. Così non riesco
a salirci»
Il moretto borbottò qualche
offesa, barcollando verso il cancello più che poteva. Ok,
forse
quella non era proprio la soluzione migliore che gli potesse venire in
mente.
«Certo che sembri tanto magro, ma in realtà sei
pesante»
«Non è vero»
Sora ridacchiò, scuotendo le spalle e Roxas annesso
« Naaa, tranquillo: è grasso infantile»
«Che?» domandò irato il gemello,
ringhiando.
Evitò di aggiungere altro e si
spinse sopra al fratello, sollevandosi sopra le spalle e afferrando la
staccionata di ferro battuto con entrambe le mani.
Il moretto lo lasciò andare,
osservando il gemello con le gambe a penzoloni che cercava di poggiarle
dentro una rientranza, senza riuscirci.
Roxas bofonchiò qualche
maledizione, sforzandosi di scavalcare. Dopo non poco sudore e qualche
parola detta al vento riuscì a salire l’intero
cancello,
sedendosi sopra con il fiatone.
Allora si calò dalla parte opposta, lanciando di tanto in
tanto delle occhiate al terreno sottostante.
Mancava poco, molto poco.
Chiuse gli occhi e staccò le mani dalla staccionata,
lasciandosi cadere nel giardino di Axel.
Riuscì ad atterrare in piedi,
nonostante il dolore alle gambe sembrava volergli dire altro. Allora si
girò, un sorriso soddisfatto sul volto, verso i suoi amici.
Vide Olette sorridergli incoraggiante, di fianco a lei Hayner che
sollevava il pollice ammirato e Pance che si mangiucchiava nervoso le
unghie.
Riku, Kairi e Sora, invece, se ne stavano a parlottare senza nemmeno
guardarlo.
Roxas voltò le spalle ai ragazzi,
girandosi verso la villa. Cavolo, vista da vicino sembrava ancora
più imponente e rovinata.
Rimase a guardarla con la bocca leggermente aperta, in un miscuglio di
ammirazione e timore.
Si voltò solamente quando
sentì dei passi che si allontanavano velocemente, riuscendo
a
vedere con la coda dell’occhio i suoi amici sparire dentro al
bosco.
«Cosa diavolo … ?»
Sgranò gli occhi e si aggrappò al cancello,
afferrando le sbarre e scuotendole.
Quei bastardi lo avevano lasciato li per davvero? No, assolutamente no.
Scosse la testa e si morse un labbro, aguzzando la vista per riuscire a
guardare se c’era qualcuno intorno oppure no.
«Aaaah» ringhiò verso il nulla, capendo
che lo avevano davvero lasciato così.
«Avrei dovuto aspettarmelo, cavolo» disse tra
sé e sé, arrabbiato.
Si staccò dal cancello, massaggiandosi le mani sporche di
ruggine.
Alzò lo sguardo verso
l’intero cancello, troppo alto da scavalcare. Non
provò
nemmeno ad arrampicarsi li sopra, ben consapevole che sarebbe riuscito
solamente a cadere a terra, e questa volta nessuno gli assicurava di
riuscire ad atterrare in piedi e non con il sedere.
Si portò una mano sopra la fronte,
dove un improvviso mal di testa lo stava infastidendo; il battito del
suo cuore sembrava essere scandito dal martellare sulla tempia.
Non era un tipo da lasciarsi prendere
dallo sconforto, ma in quel momento sentiva il sangue salirgli alla
testa e l’ansia farsi strada dentro di lui.
Si trattava pur sempre di violazione di proprietà privata,
cavolo!
«Giuro che se resto vivo dopo
‘sta notte domani vi uccido tutti »
mormorò rivolto
verso il bosco, lanciando un’occhiataccia
nell’esatto punto
in cui aveva visto la chioma bianca di Riku sparire svolazzante.
Roxas si passò una mano sopra la testa, sospirando. Pensa,
pensa, pensa e pensa, avanti!
Poi il suo viso si illuminò, colto da
un’improvvisa idea.
Si portò una mano ai pantaloni, tastando le tasche in cerca
del
cellulare.
Afferrò il piccolo telefono e se lo portò
davanti agli occhi, trattenendosi dalla voglia di baciare quel piccolo
pezzo di plastica e circuiti che gli stava per salvare la vita.
Digitò velocemente il primo numero che gli venne in mente,
portandosi il cellulare all’orecchio, speranzoso.
Il tuu
tuu del
telefono durò poco; quasi subito la persona al di
là della cornetta rispose, con voce assonnata.
«Pronto?»
«Hey Xion, come va?» domandò Roxas con
un sorriso tirato.
« Cosa?
Bisogna per forza avere una
ragione per chiamare una delle proprie migliori amiche? »
domandò, offeso. Si massaggiò la guancia
innervosito e colpito nel segno.
« Beh, se quella persona sei te
sì. Non ti piace parlare al telefono, quindi che succede?»
Roxas roteò gli occhi, sbuffando.
«Ok, ok. Mi
conosci troppo bene. Ascolta, per colpa di una stupida scommessa con
Kairi sono nei guai; ho bisogno di aiuto »
« Una scommessa? Con Kairi?
Sicuramente non ha portato nulla di buono »
mormorò leggermente preoccupata «In ogni caso … Di che
scommessa si tratta?»
Il biondo si fermò di colpo, deglutendo. Ok, adesso arrivava
la parte difficile.
« Ecco,
vedi. Kairi ha scommesso che non sarei mai stato capace di intrufolarmi
dentro una casa senza farmi scoprire e allora io …»
« Oh sei uno stupido, Roxas!»
Il ragazzo roteò gli occhi,
sollevando lo sguardo e fulminando il cancello che gli impediva di
andarsene da quella trappola mortale « Non
è una cosa molto carina da dire, sai?»
«Questo non toglie il fatto che
tu lo sia. Dove sei, che vengo a darti una mano?»
Roxas sospirò, leggermente affranto «Sono
alla vecchia villa, quella dopo il boschetto. Dentro casa
c’è Axel e io non cosa far-»
«Axel? Quell’Axel? »
domandò la ragazza, cambiando tonalità di voce.
Il biondo socchiuse gli occhi, sospirando profondamente un paio di
volte per calmarsi.
«
Sì, quell’Axel»
Xion, dall’altro capo del telefono, saltellò sul
posto
« Portami
qualche foto quando riuscirai ad uscire e divertiti, mi raccomando »
e, con una risata furba, gli chiuse il telefono in faccia.
«No,
aspetta Xion»
esclamò il ragazzo, tendendo una mano davanti a
sé come
per fermare personalmente la ragazza.
«Dannazione» ringhiò chiudendo di scatto
il
cellulare, rimettendoselo in tasca. Vatti a fidare degli amici, va.
Ok, adesso sarebbe entrato, poi avrebbe
fatto quella fottuta foto e si sarebbe rintanato da qualche parte fino
al mattino seguente. Sperando di evaporare durante la notte, ovviamente.
«Mi sembra giusto, nh»
Si voltò per l’ennesima
volta verso il cancello, sperando di veder riapparire il gemello, con
il suo solito sorriso, che gli diceva che era tutto uno scherzo.
Ovviamente non successe proprio niente e, con un sospiro, si
incamminò verso la casa.
«Bene, facciamo il punto della situazione: quelli
stupidi mi hanno lasciato qui, ho un cellulare ma un’amica
scema
che non mi viene ad aiutare e non ho idea di cosa fare»
Appoggiò la schiena contro il muro scrostato, pensando.
«Uhm, nei film la porta di casa
è sempre chiusa quindi … Sì, la
finestra! Dovrei
aprirla, entrare e poi …? E poi cosa, diamine!»
Si portò entrambe le mani alla testa, scuotendola.
Non poteva mica entrare li, nascondersi e
sperare di non essere visto. Chi gli assicurava che il giorno dopo Axel
sarebbe uscito, poi? Non voleva rischiare di rimanere chiuso in quella
villa per il resto della sua vita, diventando pian piano sempre
più magro fino a trasformarsi in uno scheletro! Per lo meno
avrebbe
fatto un po’ di paura ad Axel, eh.
«Però non posso rimanere nemmeno qui fuori
»
mormorò alzando lo sguardo al cielo, concludendo a voce la
linea
dei suoi pensieri.
Si staccò dal muro e cercò una delle tante
finestre sbarrate, adocchiandone una al piano terra.
Se non altro non avrebbe dovuto spaccare il vetro e fare casino; gli
sarebbe bastato semplicemente staccare
le travi di legno ed entrare senza fare troppo rumore.
Afferrò con entrambe le mani un pezzo di legno, tirando
verso di sé con dei piccoli scatti.
«Avanti, avanti»
Uno, due e tre. Al tre tirò con
tutte le forze possibili, riuscendo a staccare il legno e finendo, a
causa del contraccolpo, con il sedere per terra.
Sollevò la testa e fulminò con lo sguardo la
finestra aperta, poi il pezzo di legno che si trovava nelle sue mani.
«Che male?» domandò con ironia, rivolgendosi
direttamente alla casa e sollevando un sopracciglio.
Si
rialzò da terra, massaggiandosi
il fondoschiena. Allungò il collo verso la casa, studiandone
l’interno grazie allo spiraglio aperto.
Sbatté un paio di volte gli occhi,
incuriosito dal trovare il salotto pieno di scatoloni e teli per
l’imballaggio. Se non altro l’interno della casa
non pareva
tanto vecchio come l’esterno.
O per lo meno era quello che riusciva a vedere da fuori con la sola
luce della luna ad illuminare il salotto.
Mosse un passo verso la finestra aperta, sollevandosi con le braccia e
mettendo una gamba dentro.
Sgusciò dentro la casa in poche
mosse e senza fare il minimo rumore. Soddisfatto di sé
sorrise,
rivolgendo tutta la sua attenzione allo spazioso salone.
Era … enorme. Tutta la sua casa
poteva essere messa in quella sala, e sarebbe perfino avanzato dello
spazio per il giardino!
Il parquet era di legno, color ebano per
la precisione. Le pareti non erano scrostate o malandate come quelle
della facciata, al contrario sembravano nuove e ben tenute.
Nell’aria si respirava
l’odore di vernice fresca e di pino; probabilmente
l’ultimo
odore arrivava dal boschetto praticamente attaccato alla villa.
Non c’era molto altro da vedere, visto che tutti i mobili
erano
ricoperti da del telo semi trasparente e il resto del soggiorno
sembrava essere contenuto negli scatoloni marroni.
Mosse qualche passo verso il centro della sala, sfiorando con le dita
con ogni cosa che gli si parava davanti.
Aveva una voglia tremenda di aprire degli scatoloni per vedere che
genere di cose contenevano, per scoprire qualcosa di più sui
gusti di Axel e sul suo carattere.
Certo, i giornalisti gli avevano praticamente estorto ogni tipo di
notizia, ma Roxas era sicuro che da un tipo come il fulvo non ci si
poteva davvero aspettare una risposta sincera.
Magari aveva sempre mentito e nemmeno il carattere che spesso mostrava
in pubblico era il suo.
Quello sarebbe stato un vero peccato, visto che era proprio il
carattere sfacciato e indisponente di Axel che attirava così
tanto il biondo.
Però Roxas trattenne quella voglia
e si incamminò verso una delle due scalinate, più
precisamente verso quella di sinistra.
Passò la mano sull’intero
corrimano, facendo di tanto in tanto qualche ghirigoro con le dita. Gli
piaceva quel posto, gli faceva provare una sensazione di
famigliarità, anche se li dentro non c’era mai
stato prima.
Magari i vari profumi che albergavano
nell’aria e l’idea di poter vedere Axel gli stavano
dando
alla testa e pian piano si stava ammattendo. Uhm, sì, molto
probabile.
Se non si sbagliava l’attore doveva
trovarsi nella parte destra della casa, visto che la luce che si vedeva
da fuori arrivava proprio da li.
Quindi con passi sicuri si diresse dalla parte opposta, verso una delle
tante stanze.
Abbassò la maniglia di una porta, aprendola cercando di far
cigolare il meno possibile i cardini.
Impresa alquanto impossibile, visto che appena Roxas spinse in avanti
quel pezzo di legno- che pareva ammuffito- si
sentì stridere e il rumore sibilante dei cardini arrugginiti
si fece sentire per tutta la casa.
Male, decisamente male.
Il biondo deglutì, mordendosi il
labbro inferiore per il panico. Non gli andava proprio di essere
scoperto visto non aveva ancora in mente una scusa decente.
Si guardò intorno in cerca di un
rifugio sicuro, mentre la luce proveniente da una delle stanze della
parte destra si spegneva, per poi accendersi in corridoio proprio
dov’era lui.
Roxas scosse la testa, maledicendo Kairi e le sue stupide scommesse.
Che poteva fare? Senza pensarci due volte
si fiondò nella camera che aveva aperto poco prima,
richiudendosi la porta alle spalle.
Camminò a tentoni nel buio, appoggiandosi al muro con le
mani per non inciampare.
«Pessima
idea, pessima idea»
bofonchiò riducendo gli occhi a due fessure, mentre il cuore
continuava a martellargli nel petto per l’agitazione.
Fuori da quella stanza, che aveva capito essere una da letto, i passi
di Axel si susseguivano velocemente, insieme alla sua voce che
domandava se ci fosse qualcuno in casa.
Cioè, come se un ladro alla domanda “
c’è
qualcuno?!” uscisse saltellando con le mani alzate. Bah.
Roxas scosse la testa dopo aver sentito quella domanda
inutile,
lasciandosi perà sfuggire un sussulto al suono di quella
voce.
Era diversa rispetto a quella arcigna che sentiva in televisione; dal
vivo sembrava più calda e lievemente cantilenante, forse era
persino più snervante del solito.
Deglutì faticosamente un paio di
volte, appoggiando la fronte al muro. Non sapeva nemmeno come faceva a
trattenersi dal tirare delle testate, ora come ora.
Magari se fosse
svenuto non … No, non sarebbe cambiato un bel niente.
Il massimo
che avrebbe potuto ricevere da parte di Axel sarebbe stata un
po’
di compassione per l’enorme ematoma sopra la fronte, nulla di
più.
Poi la luce si accese con un sonoro clic e
l’enorme lampadario di vetro illuminò
l’intera
stanza, accecando Roxas e facendogli sbattere le palpebre un paio di
volte.
Dopo quel momento il susseguirsi degli eventi fu rapido, fin troppo. La
maniglia della stanza si abbassò, la porta si
spalancò e
dall’apertura apparve la chioma leonina di Axel, seguita
subito
dopo dall’intero corpo alto e snello.
Roxas abbassò il capo, già mortificato dalle
parole che l’attore ancora non aveva detto.
«E
tu chi saresti ?» la
domanda gli arrivò seguita da un lieve sbuffo chee gli fece
alzare il volto, costernato.
Il biondo rizzò il capo e osservò il rosso
davanti a sé, studiandone ogni piccolo particolare.
Era alto, Axel; forse fin troppo.
Lo stava osservando con i suoi occhi
verdi, che visti di persona sembravano più color
acquamarina, e
le sopraciglia inarcate.
Posava una mano sopra al fianco, la testa pendente di lato che lo
guardava di sbieco.
L’altra mano era sopra al capo, che scompigliava leggermente
i capelli bagnati.
Ah sì, quasi Roxas si stava dimenticando del dettaglio
più importante della figura che si trovava di fronte a lui:
indossava solo un asciugamano sul ventre.
Il fisico longilineo e
asciutto del rosso non era un fotomontaggio come molti dicevano, almeno
questo era quello che pensava il biondo dopo che i suoi occhi blu si
soffermarono sopra al corpo di Axel e,
dannazione, impediva
categoricamente al suo sguardo di seguire le goccioline
d’acqua
che scendevano sopra ai tenui muscoli che adornavano il corpo del rosso.
Era bello, non c’era che dire. Anzi, le foto non gli
rendevano affatto giustizia.
Le gote di Roxas ribollirono, scottando sopra la sua faccia. Si
passò una mano sul volto, toccando una guancia per
vedere se stesso veramente bruciando come gli sembrava.
E se quelle non stavano bollendo, beh, la gola invece sembrava ardere.
«Ah,
ho capito »
iniziò Axel, facendo qualche passo avanti verso il ragazzo
« Sei uno di quei dannati paparazzi che non mi vogliono
lasciare
in pace» lo disse quasi ringhiando, sputando fuori tutto il
disprezzo che poteva provare.
Camminò fino a raggiungere Roxas, che ancora se ne stava
immobile e con lo sguardo perso.
Axel si chinò in avanti fino a
raggiungere l’altezza del biondo, afferrandogli il volto con
una
mano tanto da far incontrare i loro occhi nella stessa altezza.
«Certo che mandare qui un moccioso … Questo
è sfruttamento minorile»
Roxas deglutì, prendendo
finalmente in mano la situazione. Insomma, non era mica uno smidollato
che rimaneva senza parole davanti ad un fisico mozzafiato e delle
accuse!
«Non sono un paparazzo »
Axel sollevò un sopracciglio, ridacchiando «Ah,
allora sai anche parlare eh?»
Il biondo ringhiò, come colpito
nel segno. Allungò una mano e scacciò via quella
del
rosso dal suo volto, massaggiandosi poi la mandibola come se la mano di
Axel l’avesse scottata.
«Certo che so parlare, mica sono un neonato»
«Ah, da quel che vedo hai pure una
lingua decisamente tagliente eh!» sghignazzò,
scuotendo
una mano con noncuranza.
«Al massimo da quel che senti … »
borbottò Roxas, osservando di sbieco l’attore.
«Hey hey, piano. Tu entri in casa
mia di nascosto e poi mi correggi pure gli errori? Qui
c’è
qualcosa che non va » esclamò
il rosso alzando la mano destra per fermare qualsiasi risposta del
ragazzo.
«Senti, se sei un mio fan ti
consiglio di andartene senza fare storie. E reputati fortunato che non
ti denuncio; oggi mi sento caritatevole»
Roxas si morse la lingua, cercando di trattenere gli epiteti poco
carini che gli stavano per uscire.
«Io non sono un tuo fan » sbottò il
ragazzo, incrociando le braccia al petto.
«Ah no? E allora che ci fai qui, nanerottolo?»
Il biondo ignorò il “ nanerottolo” e
sospirò, lievemente in imbarazzo.
«Ecco … Ho fatto una scommessa»
Il rosso aprì la bocca, pronto a
rispondere, ma le parole non gli uscirono. Non sapeva nemmeno che cosa
dire, allora si limitò a ridacchiare e a posare una mano
sopra
la testa del biondo.
«Beh, l’hai vinta per lo meno?»
Roxas sollevò le spalle, incurante «Non credo.
Avrei dovuto farti una foto»
Axel sorrise, allontanandosi di qualche passo dal ragazzo e mettendosi
in posa.
«Su, dai. Fammi una foto»
«M-Ma sei coperto solo da un
asciugamano!» borbottò Roxas, evitando
accuratamente di
posare lo sguardo dove non avrebbe dovuto.
«Tu scatta e basta, prima che cambi idea»
Il biondo annuì mesto, frugando tra le tasche della felpa in
cerca della macchina fotografica di Olette.
Oh, cinquanta euro in arrivo. Gli era andata molto meglio di quello che
pensava; persino il battito del cuore si era regolarizzato e riusciva
addirittura a respirare senza rischiare un infarto!
Afferrò saldamente la piccola fotocamera e la accese,
puntando l’obbiettivo verso Axel.
Un movimento veloce dell’indice e il flash
illuminò la
figura del rosso, immortalando il suo sorriso e il suo corpo.
«Beh, grazie»
«E di che?» domandò
ironicamente Axel, sorridendo verso il biondo. Subito dopo si
voltò verso l’armadio a muro, aprendo le ante e
cercando
un paio di pantaloni.
«Sai, non tutti si
sarebbero comportati come te. Insomma, sono entrato in casa tua senza
permesso e tu ti sei fatto fare una foto come se niente fosse, senza
chiedere nulla in cambio. Lo trovo, ecco, insolito»
Il rosso ridacchiò, afferrando
saldamente un paio di jeans neri «E chi ti ha detto che non
voglio nulla in cambio?»
Roxas sobbalzò sul posto, sgranando lievemente gli occhi.
Ecco, lo sapeva. Prevedibile.
«Non ho molti soldi …»
Axel ridacchiò alla sua espressione, scuotendo la testa
«Tranquillo, blondie.
Scherzavo»
Senza aggiungere nient’altro si
tolse in un colpo solo l’asciugamano, rimanendo completamente
nudo davanti agli occhi di Roxas.
Il giovane arrossì talmente tanto che la sua faccia prese la
colorazione dei capelli di Axel, finché non ebbe il buon
senso
di voltarsi dalla parte opposta e chiudere gli occhi.
Il rosso lo guardava di sbieco, mentre si chinava per far passare i
jeans sopra le sue gambe.
Si lasciò sfuggire persino una risata divertita, quando vide
le orecchie paonazze del biondo.
«Ho
fatto, puoi voltarti»
Roxas si girò titubante, temendo
che l’altro lo stesse solo prendendo in giro. Quando si
accorse
che sì, il rosso aveva detto la verità, il suo
sguardo
divenne rabbioso.
«Ma ti sembra il caso di spogliarti
davanti ad uno sconosciuto?» sbraitò ancora
completamente
rosso in volto, puntando il dito indice verso l’uomo in segno
d’accusa.
Evitò accuratamente di domandare il perché non
si fosse messo le mutande, sotto i pantaloni.
«Da come mi stavi guardando prima
non pensavo ti avrebbe infastidito più di tanto»
disse senza farsi
troppi problemi, un sorriso sardonico sul volto.
Roxas aprì la bocca e la richiuse un paio di volte,
sentendosi come un pesce fuor d’acqua.
Ed effettivamente la sensazione era proprio quella; si sentiva le
orecchie fischiare e il fiato mancare.
Probabilmente Axel aveva una stufa accesa
da qualche parte, altrimenti non si riusciva a capire da dove venisse
tutto quel calore che lo inondava.
«Q-Questo
non è vero. Non ci trovo nulla di interessante in
te»
«Come vuoi, nanetto» borbottò senza
perdere il sorriso, passandosi una mano tra i capelli per ravviarseli.
«Ma sai una cosa? Pensavo che i nani vivessero solo nelle
fiabe, invece
eccoti qui»
Roxas digrignò i denti, mentre le mani si stringevano a
pugno.
«Meglio nani che spilungoni, sai?
Cos’è, sei così alto che il sangue non
riesce ad
affluire al cervello?» sibilò, tagliente.
Il rosso lo guardò sorpreso e divertito allo stesso tempo,
inarcando le piccole sopracciglia.
«Certo che ne hai di veleno, li dentro. Con cosa
ti hanno svezzato, cianuro?»
«Nh, allora ti consiglio di lasciarmi in pace altrimenti ti
avveleno»
Lo scambio di battute sarebbe continuato
per molto se non fosse stato per il rosso che, divertito, si era
nuovamente avvicinato al ragazzo.
E come la volta prima si chinò, fino a raggiungere il volto
di Roxas.
«Dimmi un po', com’è che ti
chiami?» domandò a pochi centimetri dalle labbra
del biondo.
Quando il ragazzo sentì l’alito caldo
dell’altro
solleticargli il viso arrossì nuovamente, senza
però
lasciarsi incantare.
Lanciò un’occhiata alla “ se ti avvicini
di
più di uccido” e voltò il capo di lato,
ignorandolo.
«E’ un nome così
brutto che ti vergogni di dirmelo?» incalzò Axel,
inclinando il capo di lato e osservando il ragazzo vicino a lui.
Uh, era decisamente nano; non scherzava prima.
Roxas abbassò lo sguardo, cercando di non guardare il petto
scoperto del più grande.
Ma anche se non lo guardava riusciva a sentirne il profumo.
Qualche anno prima sua mamma gli aveva svelato un segreto. Gli si era
avvicinata lentamente e
si era accoccolata vicino a lui, posandogli una mano sopra i capelli
con dolcezza; poi l’aveva guardato e gli aveva detto, con un
dolce sorriso sulle labbra, che tutti al mondo avevano un profumo
particolare e che solo chi era attratto da una persona riusciva a
sentirlo.
Axel in quel momento sapeva di menta forte e cioccolato fondente.
Però quando Roxas allungava
di qualche centimetro il collo e avvicinava il naso al suo petto
riusciva a sentire anche il lieve odore del tabacco.
Era un profumo strano, che metteva i brividi. Un miscuglio di
freschezza pungente e dolcezza.
Roxas deglutì un paio di volte, sospirando sopra al petto di
Axel.
«Roxas» disse solo quello, non sapendo
che altro aggiungere.
Il fulvo si staccò da lui e gli sorrise, porgendogli la mano
«Io sono Axel»
Il biondo lo guardò come se fosse un idiota, assottigliando
gli occhi.
«No, ma davvero? Non l’avrei mai detto»
Axel rise, lasciando andare il capo all’indietro a causa
delle risate.
Il sorriso di quell’attore era strano.
Era uno di quelli che rivelava tutta la personalità di una
persona, che ne svelava lo stato d’animo e i pensieri.
Un sorriso che mostrava due canini ben appuntiti e gli incisivi candidi
e opalescenti, che si facevano largo
tra due strette labbra taglienti.
Axel avrebbe potuto pubblicizzare il dentifricio della Mentadent,
cavolo!
«Ok,
ok. Allora biondino, che facciamo?»
«Mi chiamo Roxas, non "biondino" e … Che
diamine dovremmo fare? Apri la porta di casa così me ne
vado» disse senza pensarci due volte, fin troppo felice
all’idea di andarsene via da quella casa e di allontanarsi il
più possibile dalla sua tentazione segreta.
Il rosso, però, scosse la testa.
«Non penserai davvero di andartene
così, eh? Qui io mi annoio e non conosco nessuno, quindi
tienimi
compagnia»
«Più che una domanda la tua
sembra una richiesta» sbottò Roxas incrociando le
braccia
al petto, esasperato.
«Lo so, ma sono io quello che ha il potere qui»
«Il potere?»
«Posso denunciarti per violazione di proprietà
privata!»
«Hey!» esclamò il
biondo, saltando in avanti per afferrare il braccio di Axel
«N-Non lo farai vero? Insomma, ci siamo chiariti. Era solo
una
scommessa»
«Una scommessa che ti ho aiutato a vincere, mi pare
» mormorò gonfiando le guance e fingendosi offeso.
Roxas si morse un labbro, consapevole di aver torto marcio in quella
situazione.
Allora sospirò e sorrise lievemente, annuendo.
«E va bene, io ti tengo compagnia e domani mattina me ne vado
a scuola»
«Perfetto! Uhm, vuoi qualcosa da
bere? Vodka? Vino? Birra?» domandò con un sorriso
sbieco
l’attore, gesticolando in un modo alquanto bizzarro.
Il biondo si perse via ad osservare le braccia che si muovevano,
fendendo l’aria con decisione. Le mani che si aprivano e si
chiudevano a certe parole e il movimento tamburellante dei piedi per
terra.
Ma Axel non riusciva proprio a stare fermo?
«Non ho l’età per
bere» lo interruppe dopo un po’ Roxas, gonfiando
lievemente
le guance senza nemmeno accorgersene. Dopo essersi reso conto di quel
gesto così infantile arrossì lievemente sulle
gote e
voltò il capo di lato.
Il rosso ridacchiò lievemente, scuotendo la chioma ancora
bagnata.
«Effettivamente … Quanti anni hai?»
«Uhm, quindici»
«Che scuola frequenti?»
«Cos’è, un
interrogatorio?» domandò con nervosismo Roxas,
adocchiando
malamente il giovane uomo davanti a lui.
«Può essere» esordì
enigmatico l’altro, avvicinandosi di qualche passo verso il
biondo.
Roxas maledisse mentalmente il muro attaccato alla sua schiena che gli
impediva di indietreggiare ancora di più.
«Beh, non vedo il motivo di tanto interesse verso un ragazzo
che ti è entrato in casa»
«Ognuno ha i suoi motivi»
«La pianti con quella voce cantilenante? E’
inquietante e … Non capisco che motivo ti spinga
a-»
Axel fece ancora qualche passo veloce in avanti e si chinò
verso l’orecchio del biondo, soffiandoci sopra.
« Hey, il nostro è proprio un colpo di fulmine,
non è vero? »
Roxas scattò di lato, posandosi una mano sopra
l’orecchio «F-fottiti»
Il rosso sghignazzò a quella risposta, allungando una mano
verso la faccia paonazza del più piccolo.
«Naaa, non mi diverto da solo»
«Questo dovrebbe essere un
invito?» domandò Roxas sollevando un sopracciglio,
osservando la mano del rosso che gli sfiorava la guancia destra con la
punta delle dita.
Cuore, ti ordino di non scoppiare.
«Se vuoi vederlo così per me
va bene» sogghignò Axel, inclinando il capo e
facendo
sfiorare la propria fronte con quella del biondo.
Roxas ridacchiò con nervosismo, deglutendo a vuoto.
«Ma se nemmeno mi conosci … »
Questa volta il turno di ridere passò ad Axel, che
gongolò.
«E tu che ne sai? Magari è
da quando sono arrivato in città che ho adocchiato un
ragazzino
un po’ scorbutico, con i capelli biondi e gli occhi azzurri
che
se ne sta spesso in disparte. Se non sbaglio si chiama Roxas, lo
conosci?»
Il ragazzo sobbalzò, arrossendo
fino alla punta dei capelli. Sgranò lievemente gli occhi e
le
guance ritornarono a ribollire, come poco prima.
Si sentiva dannatamente lusingato e compiaciuto dalle parole di Axel,
come se fosse posizionato su un piedistallo e illuminato dalla luce di
un riflettore.
Il cuore gli batteva nel petto più
forte del solito, e dire che lui era sempre stato il tipo che non
credeva nel batticuore o stronzate varie.
Ah, se Xion l’avesse
visto adesso: occhi lucidi dall’emozione e il corpo fremente.
«Davvero?» domandò poco dopo, curioso di
sapere di più.
Il rosso ridacchiò, arruffandosi i capelli e scuotendo la
testa « Scherzavo»
Il mondo parve frantumarsi e crollare addosso a Roxas, insieme al
piedistallo su quale si era posizionato mentalmente pochi secondi prima.
Aprì la bocca un paio di volte,
cercando nella sua mente una riposta pronta e secca da dire. Non
trovò nulla, se non il cervello che gli consigliava si
scavarsi
una buca e sotterrarsi per una ventina d’anni.
«Andiamo, non imbarazzarti. Se vuoi posso rimediare in
qualche modo, nh? »
«Evitiamo, ok?»
borbottò imbarazzato Roxas. Gli sarebbe piaciuto davvero
muoversi, allontanarsi dal corpo di Axel e correre via, però
le
sue gambe non ne volevano sapere.
Probabilmente la loro era una specie di rivincita per tutte le ore di
educazione fisica che gli aveva fatto sopportare.
Ma la cosa che infastidiva di più il biondo era il mettersi
a fare pensieri stupidi come quello in momenti del genere.
No, quello non andava affatto bene.
Axel però non demorse, al contrario continuò a
sfiorargli la guancia e ridacchiare.
«Smettila! Non mi conosci, quindi te lo dico io: non sono il
tipo da una scopata e via, ok?»
Il rosso sorrise ancora più ampiamente, annuendo con
interesse.
«Beh, prima possiamo fare sesso e
dopo puoi rimanere qui senza andartene via»
esclamò
convinto, come se il suo discorso non facesse una piega.
Roxas digrignò i denti, scuotendo la testa.
«Il fatto non cambia!»
«Tu dici?»
La mano del fulvo si staccò dalla faccia di Roxas, scendendo
verso il petto.
Il biondo si divincolò in preda all’imbarazzo,
afferrando saldamente la mano di Axel e spostandola lontana da lui.
«Hey hey, attento a dove tocchi. Ma lo sai che potrei
denunciarti per molestie sessuali?»
«E io per violazione di proprietà
privata»
«Ma il tuo reato è più grave»
«Non se tu sei consenziente» specificò
Axel, chinando lentamente la testa vicino a quella del biondo.
Rimase immobile, le labbra quasi appoggiate a quelle del ragazzo
più piccolo.
Non fece nulla di più, si limito a
socchiudere la bocca e lasciare che il suo respiro calmo si mischiasse
a quello agitato di Roxas.
Il più piccolo deglutì,
tremando lievemente. Spostò lo sguardo di lato, adocchiando
la
porta aperta e il corridoio ancora illuminato. Tutto sembrava risultare
tremendamente interessante pur di non dover guardare in faccia
l’attore.
«Così non è valido,
però» mormorò dopo un po’
contro le labbra
del rosso, socchiudendo gli occhi e riportando la sua attenzione verso
il giovane uomo.
Axel sorrise, appoggiando la fronte contro quella di Roxas e passando
un braccio contro la vita dell’altro.
«Io la trovo una cosa equa, invece. Io ti piaccio, tu mi
piaci … Quindi perché no?»
Roxas abbassò lo sguardo, rialzandolo poco dopo con irruenza.
«Perché se devo baciare - o altro- una
persona, quella deve essere speciale per me. Sembrerò pure
un
ragazzo all’antica, così, ma mi fa un
po’ schifo
baciare qualcuno che non conosco bene»
Si fermò un attimo per riprendere
fiato, anche se l’impresa gli risultava un po’
difficile
visto la vicinanza dell’altro ragazzo e del suo petto nudo
– e profumato- aggiungeva la sua mente.
«Non dico di doverlo fare con una persona che amo,
però mi piacerebbe che ci fosse un qualcosa»
«In che senso?»
domandò Axel, seriamente incuriosito dalle parole di quel
ragazzino. Non gli era mai capitato, da quando era diventato famoso, di
essere respinto da qualcuno.
Pregi e difetti di essere una star, pensava.
Quindi sapere il perché di un “no” da
parte di un
ragazzino evidentemente interessato a lui lo incuriosiva, tremendamente.
«Nel senso che, uhm … Faccio
un esempio: mettiamo che tu non abbia un cuore. Ecco, l’altra
persona deve farti sentire come se tu ce l’avessi»
Il maggiore annuì, lasciando comparire sulle sue labbra un
sorriso.
«Un po’ come una boccata d’aria fresca
per qualcuno che non respira da tempo»
«Esatto»
«Oppure del cibo per chi è stato a digiuno per
mesi»
«Ok, hai centrato il concetto»
«Oh, senti questa: un oggetto luccicante per una gazza
ladra»
Roxas sospirò sbuffando dal naso, trattenendo un grugnito di
disapprovazione e una risata.
«Ok, ok. Adesso fermati che rasenti il ridicolo»
Axel sogghignò a sua volta, guardando dritto negli occhi
cobalto del ragazzo schiacciato contro di sé.
«Quindi non posso baciarti?»
Il biondo deglutì amaramente, pentendosi della frase che
stava per dire.
«No, non puoi»
Stupido Roxas, stupido, stupido e ancora stupido.
I tuoi pensieri non sono nemmeno coerenti con quello che pensi!
Con un sospiro il rosso si
allontanò, grattandosi la nuca. Il piede destro gli
tamburellava
per terra, mentre alzava la testa verso il soffitto, guardandolo
pensoso.
«Però adesso voglio baciarti, quindi facciamo una
cosa …»
«Cosa?» domandò Roxas,
cercando di non mostrarsi troppo interessato all'altro. Cosa difficile,
visto che sembrava quasi pendere dalla bocca dell'altro.
«Facciamo una scommessa»
Il biondo storse la bocca in una smorfia
poco convinta, arricciò le labbra e assottigliò
gli occhi
per guardare Axel con l’espressione più
indagatrice che
riuscisse a fare. Poi sorrise e inclinò il capo di lato.
«Non ho un buon rapporto con le scommesse, sai?»
«Non me n’ero accorto, sai?
Però questa è davvero bella. Beh, viene fatta
dalla mia
personcina, dopotutto.»
«Allora avanti, dimmi.»
Axel sembrava non aspettare altro, infatti si rianimò e
iniziò a gesticolare.
«Scommetto che entro la fine del mese diventerò la
tua ciliegia»
Roxas sollevò un sopracciglio, confuso.
«Ciliegia?»
«Sì, sarò la tua ciliegina sulla torta
e non potrai più fare a meno di me.»
Il biondo si bloccò per un
istante. Anzi no, non si bloccò lui ma il suo cervello. La
sua
mente elaborò quelle parole e le catalogò,
andando a
creare uno stanzino speciale nella sua memoria a lungo termina dedicata
a quelle parole.
Insomma, aveva ripreso il discorso del “ non ho un cuore ma
tu mi fai sentire di averlo”.
Allora scosse la testa, divertito.
«E cosa ci guadagno?»
Axel sorrise a trentadue denti, portandosi la mano destra alla testa
per ravviarsi i capelli.
«Me, mi sembra giusto»
«E dire che io sono entrato solamente per fare una
foto»
«Invece uscirai con il mio numero di cellulare»
Roxas ridacchiò, staccandosi dal muro dove temeva di aver
fatto radici.
Aggirò il braccio del ragazzo
ancora appoggiato al muro e barcollò leggermente per la
stanza,
affiancando poi Axel con un lieve sorriso.
«Chissà, magari qualche volta ti
manderò un messaggio»
Il rosso sorride, indicando con un cenno del capo l’uscio
aperto della stanza come un invito ad uscire.
«Se avrò voglia ti risponderò, ma non
ti assicuro nulla»
Si incamminarono verso il corridoio, mentre con un clic la
luce della camera da letto si spense.
«Se non risponderai la prima volta allora non te li
manderò più»
Scesero le scale ridacchiando, mentre le mani si Roxas si appoggiavano
al corrimano e ci facevano sopra dei ghirigori circolari.
«Potrei anche offendermi, sai?»
Axel indicò il divano semi
nascosto dagli scatoloni e si sedette sopra scompostamente, subito
seguito da Roxas, che invece si accomodò con più
cura.
«Per quel che me ne importa. Non ti conosco neanche»
Il fulvo scivolò leggermente in
avanti e afferrò uno dei tanti scatoloni con le mani e lo
trascinò – senza nemmeno doversi alzare dal
divano- verso
il biondo.
«Beh, qui c’è una parte della mia vita.
Se ti va possiamo rivederla assieme»
Roxas annuì, scartando quello scatole che poco tempo prima
aveva tanto desiderato aprire.
«E’
piena di giornali porno, Axel»
«Eh eh, ognuno ha le sue esigenze»
.
La fossa di Mel:
Allora, facciamo un piccola premessa: questa storia è lunga - scommetto che l'avete notato, eh?-, però non ho la minima idea se sia gestibile in un solo capitolo oppure no. Pensavo di doverla spezzare, per renderla più scorrevole, però poi mi sono detta che no, volevo metterla per intero.
Spero vada bene lo stesso, dai.
Adesso passo a fare un po' di sproloqui, che mi escono tanto bene.
Questa storia è in ballo dall'inizio di luglio. Cavolo, è tanto e lo so. L'idea c'era, era sempre presente ma ero io che non volevo concluderla.
Può sembrare stupido ma questa storia è stata una specie di parto per me, ci tengo da morire e anche solo il pensiero di finirla e non poterla più continuare mi metteva tristezza. E sì, una vena di pazzia fa bene alla vita.
Quindi l'avete capito, no? Tengo da morire a questa storia e spero che anche a voi piaccia.
Direi che c'ho messo me stessa, ho speso un sacco di tempo e di passione, quindi spero davvero faccia sorridere qualcuno.
Perché oh, un po' comica lo è.
L'ho riletta un bel po' di volte, ma credo che qualche errorini ci sia ancora. Sorry -w-
Ah sì, un'ultima cosa. La frase: "Faccio un esempio: mettiamo che tu non abbia un cuore. Ecco, l’altra persona deve farti sentire come se tu ce l’avessi" non ho resistito, ho dovuto metterla -A-''
Va bene, ho finito di parlare ( che poi qualcuno legge questi " avvisi" a fine storia? Io sì, ma credo sia la mia vena impicciona a parlare ) e vi auguro una, uhm, buona giornata? Nottata? Dipenda da che ora c'è sul vostro orologio, ecco.
mel