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Autore: bittersweet Mel    10/10/2011    4 recensioni
«Si può sapere perché lo stai facendo? A te quell’Axel non ti fa nemmeno così tanto impazzire »
«Adoro vederti invischiato in queste situazioni»
Ecco, già questo aveva più senso.
Roxas lo fulminò con lo sguardo, deciso più che mai a porre fine alla discussione.
No, lui non si sarebbe mosso per nessuna ragione dal divano quella sera e no, non si sarebbe appostato come un fottuto stalker fuori dalla porta di un esaltato dai capelli tinti.
La sua decisione era ir-re-mo-vi-bi-le.

[Axel/Roxas ]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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like a superstar - efp

Premessa iniziale: questa storia è dedicata a Rosy, chiamata anche "demente", "pattumiera", "Ro'tan", "Pagliaccia", "culo peloso", "Merdaccia" e, nei momenti in cui mi servono soldi/favori "" Migliore amica".
Quindi questa storia è tutta per te,
Hizaki_Wincest . Per te, piccola cacchetta, che sono mesi che mi senti parlare di questa storia e che l'hai letta in anteprima a casa mia. E lo sai, no? Anche se litighiamo io ci sarò lo stesso, magari per sfotterti, però ci sarò.
Mel.

Like a superstar

 

«Oh mio Dio, non ci posso credere»
«Nemmeno io»
«Favoloso» «Fantastico!»

Roxas roteò gli occhi, appoggiando svogliatamente la guancia sul dorso della mano.
Gli schiamazzi allegri  dei suoi compagni di classe sembravano non voler finire mai e lui non aveva la minima intenzione di unirsi alla loro “ felicità”.
Lanciò un veloce sguardo a suo fratello Sora che, insieme agli altri ragazzi, guardava esaltato l’articolo di un giornale.
Bene, benissimo.
Roxas ritornò a guardare fuori dalla finestra, indifferente. Perché mai bisognava fare tanto casino per un semplice attore di serie B? No, proprio non lo capiva.
Poteva essere bello quanto voleva, ma questo non significava che avesse il diritto di nuocere alla sua tranquillità.

Il biondo aveva passato le ultime tre ore scolastiche a ripeterselo, ignorando i continui strilli esaltati delle ragazze e gli sguardi ammirati dei ragazzi.
Tamburellò un piede per terra, accavallando poco dopo le gambe con nervosismo.
Pareva proprio che per quel giorno avrebbe dovuto sopportare quell’interminabile chiacchiericcio eccitato; specialmente per quell’ora, visto che il professore sembrava non voler apparire a mettere fine, come per magia, a tutto quel baccano. 
Beh, per lo meno avrebbe potuto iniziare i compiti e tenersi libero il pomeriggio.
Si passò una mano sulla fronte, trattenendo un sospiro. Fece passare tra le mani una matita mentre, con più calma possibile, si chinò a terra per rovistare nello zaino in cerca del quaderno.
Non fece nemmeno in tempo ad alzare la testa che si ritrovò schiaffato davanti agli occhi quel giornale, quello stupido pezzo di carta che sembrava far impazzire tutti.
Sollevò le sopracciglia, disinteressato.

«Beh?» domandò osservando di sbieco Olette, una delle sue più care amiche.
La mora scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli boccolosi con enfasi. Poi ridacchiò, posando – o per meglio dire sbattendo violentemente - il giornale sopra al banco del biondo.
«Roxas, Roxas … » iniziò, lievemente spazientita « Come puoi dire un semplice “ Beh?”»
«Aprendo la bocca e facendo uscire un suono. Hai presente? Fonemi e morfemi …» rispose incurante, prendendo in mano il quotidiano e ridandolo alla ragazza senza nemmeno gettarci un’occhiata.
Lei si imbronciò, incrociando le braccia al petto.
«Roxas» lo rimproverò, calcando sul nome come se fosse un’accusa. Il biondo sospirò, guardandola innervosito.
«Oh diamine, Olette. Non ti aspetterai davvero che mi metta a saltellare per la classe con gli occhi a cuoricino e ridendo come un idiota»
«Spero davvero che tu non lo faccia, altrimenti non riuscirei a dormire per lo spavento» Sora irruppe nella conversazione, lanciando un occhiata divertita al gemello.
Bene – pensò Roxas, tirandosi uno schiaffo mentalmente – ci mancava solo quell’idiota.
«Nessuno ti ha chiesto nulla, Sora»
«Come sei antipatico. Sicuro di essere imparentato con me?» «Mio malgrado sì, lo sono»
«Ragazzi. Il punto non è questo» esclamò Olette frapponendosi tra i due,rivolgendo un’occhiata seccata a Sora e una accomodante a Roxas.
«E allora qual è, il punto?» domandò il biondo, ignorando le smorfie che il gemello gli rivolgeva.
No, davvero erano fratelli? L’illusione di essere stato adottato l’aveva esclusa anni prima a causa della loro fin troppo palese somiglianza, ma ancora la speranza era sempre l’ultima a morire.
La ragazza esultò, come se non aspettasse altro che quella domanda.
«Semplice: leggi qui»
Porse per l’ennesima volta il giornale a Roxas, ficcandoglielo praticamente sotto gli occhi.
«So già quello che c’è scritto» sbuffò, evitando accuratamente con lo sguardo il quotidiano.
Sora saltellò di fianco al biondo, poggiandogli un braccio attorno alle spalle.
«Roxas fa così solamente perché anche lui trova tremendamente hot  quell’attore, ecco tutto. Oh oh, una bella cotta »
Il biondo sobbalzò, afferrando in un nanosecondo i capelli del fratello.
«Che hai detto?» chiese, ringhiando.
«Ho detto: Roxas fa così solamente perc-» «So quello che hai detto, razza di imbecille»
«E allora perché me l’hai chiesto?» domandò ingenuamente Sora, sollevando entrambe le braccia in segno di resa.
«Perché … Perché … Non importa. Semplicemente non dire più una cavolata del genere, chiaro?»
«E perché no? Dico solo la verità»
Prima che Roxas potesse definitivamente saltare alla gola del fratello, Olette gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
«Effettivamente è davvero figo, eh»
«Ma chi se ne importa» ululò il biondo, perdendo la calma «A me, di quello li,  non mi importa un bel niente»
Mentre parlava puntò il dito contro la figura che spiccava – come un pugno nell’occhio- sulla copertina del giornale.
Il ragazzo dai capelli rossi stampato su quel pezzo di carta sembrava quasi prendersi gioco di lui, sorridendo beffardo. La posa accattivante, il sorriso smagliante sopra il volto appuntito e gli occhi verdi contornati di matita nera … No, mai, mai e poi mai gli sarebbe piaciuto quell’esaltato di Axel Keith.

«E allora perché ti sei guardato tutti i suoi film?» lo provocò Sora, pizzicandogli le guance.
Roxas allontanò le mani del fratello con uno schiaffo, guardandolo con astio. Olette osservava la scena divertita, rammaricandosi di non aver portato con sé una macchina fotografica per immortalare la faccia leggermente rossa di Roxas. Insomma, non capitava tutti i giorni di vedere il biondino perdere la calma e il contegno in quel modo.
«Si dia il caso, signor genio, che li ho visti solo perché tu mi hai obbligato a vederli»
«Potevi dire di no»
«Ma io ho detto di no. Solo che dopo averlo detto mi hai trascinato a forza sul divano »
Sora sventolò una mano, fingendo di scacciare una mosca invisibile «Dettagli»
Il biondo ringhiò, tamburellando con le dita sopra alla superficie liscia del banco. Posò lo sguardo sopra al giornale e poi verso la finestra, dove il vetro rifletteva il suo volto lievemente rosso.
Ah, stupido fratello.
Si mordicchiò un labbro, sbuffando.
«Piuttosto … Che volevi, Olette? Oltre farmi leggere quello stupido giornale di gossip, intendo»
La ragazza sorrise per l’ennesima volta in quella giornata e si sporse verso il ragazzo, speranzosa.
«Io e Sora abbiamo avuto un’idea, prima»
«Sora ha avuto un pensiero che non è morto sul momento?» domandò, sgranando gli occhi per fingersi il più sorpreso possibile.
«Hey. Parla quello che h-» «Sora, fa silenzio un attimo»
Il moretto gonfiò le guance e sbuffò, sedendosi sopra al banco di fianco a quello del gemello.
Olette tossicchiò un paio di volte, per dare enfasi al suo discorso
«Dicevamo … Prima abbiamo avuto un’idea, un piano davvero geniale. Tu, io, Sora, Riku, Kairi e Hayner ci piazzeremo di fronte  alla casa di Axel e scatteremo delle foto. Che ne dici? »
«Dico che siete due stupidi, ecco che dico. Ma soprattutto: Riku è davvero d’accordo con voi?» domandò, sorpreso.
L’albino avrebbe sprecato seriamente del tempo per un piano così stupido? Questo sì che andava messo sui giornali, mica un articolo sul fatto che Axel Keith si era appena trasferito a Twilight Town in cerca di tranquillità.
Mpf, “in cerca di tranquillità”. Ma che cavolata,  ringhiò mentalmente Roxas passandosi una mano sopra la guancia, grattandosela. 
Se uno era un attore tanto adorato dai ragazzi non avrebbe certamente trovato un po’ di pace in una città come quella. 
Certo, non era un super centro pieno di paparazzi e robe del genere, ma tutti gli adolescenti presenti nella piccola scuola cittadina avevano un debole per lui e, Roxas ne era certo, quello lo sospettava anche Axel.
E allora perché dover turbare la quiete che aleggiava intorno a quella città?
Per di più aveva comprato l’unica villa disponibile a Twilight Town, in mezzo alla boscaglia. 
Peggio di così non poteva andare, visto che tutti conoscevano quel posto come sede dell’ottava meraviglia.
Vicino al biondo Sora e Olette aspettavano una risposta, entrambi con le mani congiunte in una preghiera.
Roxas sbuffò, voltandosi verso il fratello.

«Si può sapere perché lo stai facendo? A te quell’Axel non ti fa nemmeno così tanto impazzire »
Il moro sorrise, portandosi entrambe le braccia dietro alla testa «Adoro vederti invischiato in queste situazioni»
Ecco, già questo aveva più senso.
Roxas lo fulminò con lo sguardo, deciso più che mai a porre fine alla discussione. 
No, lui non si sarebbe mosso per nessuna ragione dal divano quella sera e no, non si sarebbe appostato come un fottuto stalker fuori dalla porta di un esaltato dai capelli tinti.
La sua decisione era ir-re-mo-vi-bi-le.

 

 

-

 

«Spiegatemi ancora come avete fatto a convincermi» bofonchiò Roxas, scuotendo la testa sconvolto.
Vicino a lui Hayner e Olette ridacchiarono, alzando spalle e mani per dirgli che non ne avevano idea.
Riku, probabilmente per la prima volta in vita sua, provò compassione per lui e gli batté una mano sulla spalla.
«Hanno incastrato anche me»
«Questo non mi fa stare meglio»
L’albino si limitò a roteare gli occhi, allontanandosi di qualche passo e decidendo mentalmente di non avvicinarsi a Roxas per il resto della serata; probabilmente gli sarebbe saltato alla gola per squartarlo, dato il pessimo umore che si portava dietro.
Kairi e Sora ridevano in un angolo, passandosi la macchina fotografica digitale a vicenda ogni volta che trovavano qualche vecchia foto divertente ancora salvata in memoria.
Ah sì, ecco di chi era la colpa.
Sora e Kairi.
Quei due quando stavano insieme erano temibili, davvero. Sora poteva anche essere stupido, ma sapeva essere tremendamente persuasivo, soprattutto sotto i consigli malefici che Kairi gli dava.
“Una coppia che mette i brividi” li definiva sempre il biondo, specialmente quando li vedeva confabulare come in quel momento.
Il bosco intorno a loro sembrava più quieto del solito, si riusciva a sentire solamente il fruscio delle foglie e lo zampettare di qualche animale per le sterpaglie.
Si poteva scorgere la luna attraverso le fronde, che illuminava l’intero spiazzo vicino al boschetto.Poco più avanti si ergeva la vecchia villa bianca, la pittura scrostata e alcune tegole rotte.
Nessun lampione era stato spiazzato vicino alla casa e, con la sola luce della luna, l’atmosfera che si respirava era decisamente greve.
La vecchia casa sembrava quindi in disuso, alcune tapparelle erano sbarrate e il giardino era pieno di edera e erbacce; solamente la luce accesa in una parte della vecchia villa indicava che c’era qualcuno dentro.
Ci mancava solo l’ululato di qualche lupo e quel posto avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.
Roxas incrociò le braccia al petto, strofinandosi gli avambracci con foga,  e con aria adirata si incamminò verso la coppietta che non la smetteva di ridere.
Si arrestò davanti a Kairi, giusto per guardarla malamente, per poi rivolgersi al fratello.
«Mr. Genio e adesso? Che facciamo?»
Alle sue parole, dette tutt’altro che dolcemente, anche gli altri ragazzi si avvicinarono al moretto.
Subito Olette gli si affiancò, l’aria complice stampata in volto.
«E’ ovvio quel che dobbiamo fare» iniziò la mora, puntando l’indice verso l’altro con aria saccente
 «Ovvero dobbiamo aspettare» concluse per lei Sora, sollevando anche lui il dito e ridacchiando.
Roxas socchiuse gli occhi, cercando di trattenere la rabbia. Riku, che rimaneva come sempre affiancato a Sora e Kairi, artigliò la mano del moretto per fargliela abbassare, sussurrando un qualcosa sul “ non far arrabbiare ancora di più Roxas che è la volta buona che ti ammazza”.
«Aspettare … » iniziò a parlare il biondo, la voce quasi tremolante dal nervosismo 
 «Che cosa dovremmo aspettare, eh? Ti aspetti di vedere Axel uscire dalla porta e ballare nudo la samba in giardino?!» ringhiò, non riuscendo a trattenere la rabbia.
Erano le undici di sera e lui aveva altro da fare, anche se non sapeva ancora bene che cosa. 
Ma sicuramente era un qualcosa di più costruttivo che starsene appostato fuori dalla casa di un fottuto attore come un avvoltoio.
Alla piccola sfuriata di Roxas, Sora sorrise come se niente fosse. Come sempre era tutto uno scherzo per lui, nulla poteva essere preso sul serio.
Al sorriso del moro si aggiunse anche quello di Hayner, Olette e Kairi, tutti e tre fin troppo eccitati dalla situazione per rimanere seri.

«Beh, guardala in questo modo Roxas: se davvero Axel decidesse di ballare nudo non dispiacerebbe a nessuno di noi» mugugnò Olette voltando lo sguardo verso la finestra illuminata della casa, sperando di intravedere il corpo nudo del rosso.
«Parla per te, io non ci tengo» si lamento Hayner, sdegnato al solo pensiero che gli potesse piacere un uomo nudo.
«Mi aggrego anche io» ridacchiò Pance, masticando una caramella al miele.
Riku sollevò la mano, sorridendo di sbieco 
«Idem »
Rimasero in silenzio per qualche secondo, per poi voltarsi tutti verso Roxas.
Il biondo sollevò un sopracciglio, indispettito.
«E adesso che c’è?»
«Come mai non hai detto anche te che non ti piacerebbe vedere Axel nudo?! Dobbiamo supporre che ti farebbe piacere vederlo, uhm?» insinuò Sora, ammiccando verso il fratello con gli occhi che scintillavano di divertimento.
Subito il gemello biondo arrossì, stringendo le mani a pugno.
«Non pensavo ci fosse bisogno di dirlo. E’ ovvio che non mi interessa, eh!»
Olette e Kairi ridacchiarono, guardando ammirate il loro amico.
«Oh, insomma. Smettetela di guardarmi così. E va bene, sono gay ma questo non significa che sbavo dietro ad ogni fottuto ragazzo»
Roxas aveva fatto il suo cosiddetto “ coming-out” circa sei mesi prima, quando si era reso conto che le attenzioni delle ragazze non gli provocavano il minimo interesse mentre, al contrario, quelle dei ragazzi lo lusingavano tremendamente.
Quando aveva capito quello che gli stava succedendo il mondo era sembrato crollargli addosso, insieme alla convinzione di avere un qualcosa di “sbagliato” dentro.
Non aveva parlato con nessuno per un po’ di tempo, immaginando le possibili reazioni disgustate dei suoi amici e genitori; semplicemente si era chiuso in sé stesso e aveva provato a farsi piacere le ragazze a forza.
Ma quando aveva trovato il coraggio di dirlo, con un lieve sorriso sulle labbra, tutto si era sistemato.
Il peso sulla pancia era sparito quasi miracolosamente e aveva riscoperto in Olette e in Kairi due amiche pronte a supportarlo e, a volta, a fargli commenti piccanti sui ragazzi.
Ovviamente lui non era il tipo da “ quello è davvero bello quindi ci provo”, però poterci scherzare sopra con i suoi amici rendeva tutto perfetto.
Il vero problema si era presentato in seguito, quando un giovane attore promettete era apparso sulle scene con il suo carattere prorompente e un sorriso da prendere a schiaffi.
Roxas era attratto da Axel, questo lo sapeva anche lui, ma non lo avrebbe mai ammesso. Non avrebbe mai fatto uscire un complimento rivolto a quel petardo umano dalla sue labbra, specialmente se nei dintorni c’erano Kairi e Olette.
Quelle due erano … Fangirl, ecco. L’unica parola che galleggiava nella testa di Roxas, ogni volta che le due gli giravano intorno come condor in cerca di scoop, era proprio quella.
Ma non la pensava in senso cattivo, solo che certe volte preferiva mantenere la sua sfera privata come dovrebbe essere: riservata, a rigor di logica.

«Ma Axel non è un “fottuto ragazzo”. E’ un ragazzo fottibile, che è ben diverso»
«SORA!» urlò indignato Roxas, tirando uno scappellotto sopra la testa del gemello
 «Non essere così volgare»
«Dico solo la verità. Ammetti che lo pensi anche te» mugugnò il moro sotto le risate degli altri, con le ragazze che si lanciavano in commenti spinti sul rosso e i ragazzi che le guardavano leggermente impauriti.
Roxas scosse la testa, ancora un po’ rosso sulle gote.
«Oggettivamente non posso dire che sia brutto, solo che appena apre bocca rovina tutto »
Olette ridacchiò, ammettendo che effettivamente il biondo non aveva tutti i torti. Axel poteva avere molte qualità, ma la finezza non era una di quelle.
Nella mente di tutti si materializzò automaticamente la scena di quando il rosso, in un’intervista, si era calato i pantaloni solo per una scommessa persa con un suo amico, un certo Saix.

«Oh, ho un’idea » saltò su di punto in bianco Kairi, sorridendo raggiante – e malefica, aggiunse la mente di Roxas.
«Ovvero? Centra qualcosa con il tornare a casa e mangiare un po’ di torta» chiese con un sorriso Pance, stringendosi la pancia con le mani.
«No, certo che no!»
«E allora che cosa, se possiamo sapere quello che frulla nella tua testolina?» domandò sbuffando Hayner.
«Effettivamente, come ci ha fatto notare con molto tatto e gentilezza Roxas, Axel non verrà certamente fuori a fare chissà quale cavolata, no?»
Tutti, raggruppati intorno a lei come se stesse per svelare il segreto dell’elisir di lunga vita, tesero le orecchie e annuirono.
Roxas e Riku erano gli unici che non pendevano dalle labbra della ragazza, si limitavano a scuotere la testa e sospirare quasi all’unisono.
«Se lui non vuole uscire allora saremo noi ad entrare» lo disse sorridendo, come se fosse una cosa ovvia.
Il biondo scosse la testa per la seconda volta in un minuto, incredulo 
«Non per fare il guastafeste ma sarebbe violazione di proprietà privata, sai?»
Sora si piantò davanti alla sua ragazza, come per difenderla.
«Ma tu sei un guastafeste, Roxas. E io trovo che sia un’idea geniale»
«Geniale un corno, Heidi » si intromise nella discussione Riku, passando lo sguardo da Kairi a Sora 
 «Questa volta ha ragione Roxas; mica possiamo entrare li dentro »
«Già. E poi nessuno di noi ha davvero il coraggio di farlo » disse Pance sorridendo come suo solito, senza vergognarsi nemmeno un po’ del fatto di non aver  coraggio da vendere.
«Allora facciamo così», sbottò la rossa voltandosi verso Roxas, «Scommettiamo»
«Perché guardi me?»
«Perché voglio scommettere contro di te. Secondo me non hai il coraggio di entrare in quella casa, scattare una foto ad Axel e tornare indietro»
Roxas sbuffò, portandosi le braccia al petto.
«La trovo una scommessa stupida, per due semplici motivi: non ho nessun interesse nel fare una foto a quello li  e non ci vedo nessun guadagno. Quindi la mia risposta è no»
«E se il compenso ci fosse?!» domandò Sora con un sorriso a trentadue denti, mentre la sua mano si stringeva a quella di Kairi.
«Hai il mio interesse, parla » disse Roxas, l’attenzione catturata dalla parola “compenso”.
La coppietta sorrise, malefica.
«Cinquanta euro»
Il resto dei ragazzi presenti sgranò gli occhi, chiedendosi come mai quei due erano disposti a sganciare così tanto solo per una scommessa e per una foto di Axel.
Lo stesso si chiedeva il biondo, mentre con sguardo inquisitore cercava di capire quello che passava per la testa a quei due.
Dopo un’accurata ricerca, che lo portò a trovare il nulla nel cervello di Sora e una serie di idee sadiche in quello di Kairi, si sporse verso i due.
«Come mai questa voglia di mandarmi li dentro?»

 I due alzarono in contemporanea le spalle, sorridendo.
Malefici.
«E’ solo una scommessa, dai»
«Ma perché proprio io?»
«Te l’ho detto ‘sta mattina: mi diverto a vederti invischiato in queste cose»
Kairi, dopo aver sentito quell’uscita del ragazzo, gli tirò una leggera gomitata nella pancia.
«Suvvia Sora, non importa. A quanto pare tuo fratello non ha le palle per fare questo genere di cose. L’hai detto anche te, no? E’ un tipo tutto bei voti e buon comportamento»
Roxas ridacchiò lievemente, scuotendo la testa.
«Questa tattica è vecchia come il mondo, Kairi. Non ho intenzione di accettare e non lo farò »
Questa volta a sorridere fu Riku, che andò in appoggio ai suoi due migliori amici.
«Hey Roxas» lo chiamò, osservandolo per bene «Se non sbaglio volevi comprarti quel nuovo videogame, no? Solo che non avevi soldi da parte. Cinquanta euro sono utili, sai?»
Il biondo sollevò un sopracciglio, guardingo. Oh, bene; adesso aveva anche quello stupido di un albino contro. 
Subito dopo anche Olette si schierò dalla parte di Kairi, elogiando quel videogame che desiderava da un bel po’.
E dopo di lei arrivò Pance e poi Hayner, lasciando Roxas completamente da solo.

«Ho capito, tutti contro di me eh?!» sbottò guardando con cattiveria tutti quelli che dovevano essere i suoi amici ma che si erano riscoperti traditori.
«Ditemi semplicemente che voi non avete voglia di entrare li dentro e volete mandarci me perché vi fa comodo, allora »
Sora dondolò il capo, portandosi entrambe le mani dietro alla testa «Esattamente quello che hai detto»
«Quindi accetti?» domandò subito Kairi, mordicchiandosi un labbro.
Roxas si fermò un attimo a pensare alla situazione, ai pro e ai contro. Inclinò la testa di lato e osservò il cancello, troppo alto per essere scavalcato. 
Poi sollevò la testa e puntò gli occhi verso la finestra al primo piano dell’abitazione, dove usciva una flebile luce che indicava che Axel era ancora sveglio a fare chissà che cosa.
Si portò una mano al mento, ragionando su cosa fare nel caso il rosso lo avesse visto dentro la sua casa.
Uhm, non ne aveva idea ma … Roxas osservò i suoi amici, che lo guardavano con occhi pieni di aspettativa; come poteva dire di no?
«E va bene, ma quando esco voglio i miei cinquanta euro»
«Evvai!» esclamarono contemporaneamente Kairi e Sora, saltellando sul posto con le mani unite.
Il biondo scosse la testa, massaggiandosi la fronte «Me ne sto già pentendo»
« Su su, amico. Tu entra, noi ti aspettiamo qui » gli disse Hayner, dandogli una pacca sulla spalla come incoraggiamento.
Olette gli si avvicinò sorridente, porgendogli la sua macchina fotografica.
«Usa la mia, ok? E vedi di non farla cadere»
«Malfidente» bofonchiò in risposta Roxas, afferrando la macchina e rigirandosela tra le mani.
«Eddai, vai. VAI!»
«Ok, ok. Mi muovo! »
Con uno sbuffo si allontanò dai suoi amici, raggiungendo l’alto cancello in ferro battuto.
Era una di quelle vecchie cancellate che si potevano vedere nelle ville abbandonate, di quelle che scricchiolavano se tentavi di aprirle; era persino ricoperta di ruggine.
Si grattò la testa, pensando a come fare per scavalcare. In aiuto al suo cervello arrivò Sora, che gli passò un braccio sopra le spalle.
«Sappiamo tutti che con l’educazione fisica fai schifo»
«Che centra adesso?» sbottò il biondo, sciogliendo il semi abbraccio del fratello.
In risposta il moro sorrise, piegandosi verso il basso e facendogli segno di salirgli sulle spalle «Avanti,  sali sopra così riesci a scavalcarlo»
«Uhm » mugolò in risposta Roxas, facendosi leva sulle gambe e salendo sopra la schiena del fratello, artigliandogli le spalle più forte che poteva.
Trattenne un sorriso per quella “piccola vendetta”, dando qualche botta al fratello con le gambe.
«Vai più avanti, Sora. Così non riesco a salirci»
Il moretto borbottò qualche offesa, barcollando verso il cancello più che poteva. Ok, forse quella non era proprio la soluzione migliore che gli potesse venire in mente.
«Certo che sembri tanto magro, ma in realtà sei pesante»
«Non è vero»
Sora ridacchiò, scuotendo le spalle e Roxas annesso « Naaa, tranquillo: è grasso infantile»
«Che?» domandò irato il gemello, ringhiando.
Evitò di aggiungere altro e si spinse sopra al fratello, sollevandosi sopra le spalle e afferrando la staccionata di ferro battuto con entrambe le mani.
Il moretto lo lasciò andare, osservando il gemello con le gambe a penzoloni che cercava di poggiarle dentro una rientranza, senza riuscirci.
Roxas bofonchiò qualche maledizione, sforzandosi di scavalcare. Dopo non poco sudore e qualche parola detta al vento riuscì a salire l’intero cancello, sedendosi sopra con il fiatone.
Allora si calò dalla parte opposta, lanciando di tanto in tanto delle occhiate al terreno sottostante.
Mancava poco, molto poco.
Chiuse gli occhi e staccò le mani dalla staccionata, lasciandosi cadere nel giardino di Axel.
Riuscì ad atterrare in piedi, nonostante il dolore alle gambe sembrava volergli dire altro. Allora si girò, un sorriso soddisfatto sul volto, verso i suoi amici.
Vide Olette sorridergli incoraggiante, di fianco a lei Hayner che sollevava il pollice ammirato e Pance che si mangiucchiava nervoso le unghie.
Riku, Kairi e Sora, invece, se ne stavano a parlottare senza nemmeno guardarlo.
Roxas voltò le spalle ai ragazzi, girandosi verso la villa. Cavolo, vista da vicino sembrava ancora più imponente e rovinata.
Rimase a guardarla con la bocca leggermente aperta, in un miscuglio di ammirazione e timore.
Si voltò solamente quando sentì dei passi che si allontanavano velocemente, riuscendo a vedere con la coda dell’occhio i suoi amici sparire dentro al bosco.
«Cosa diavolo … ?»
Sgranò gli occhi e si aggrappò al cancello, afferrando le sbarre e scuotendole.
Quei bastardi lo avevano lasciato li per davvero? No, assolutamente no.
Scosse la testa e si morse un labbro, aguzzando la vista per riuscire a guardare se c’era qualcuno intorno oppure no.
«Aaaah» ringhiò verso il nulla, capendo che lo avevano davvero lasciato così.
«Avrei dovuto aspettarmelo, cavolo» disse tra sé e sé, arrabbiato.
Si staccò dal cancello, massaggiandosi le mani sporche di ruggine.
Alzò lo sguardo verso l’intero cancello, troppo alto da scavalcare. Non provò nemmeno ad arrampicarsi li sopra, ben consapevole che sarebbe riuscito solamente a cadere a terra, e questa volta nessuno gli assicurava di riuscire ad atterrare in piedi e non con il sedere.
Si portò una mano sopra la fronte, dove un improvviso mal di testa lo stava infastidendo; il battito del suo cuore sembrava essere scandito dal martellare sulla tempia.
Non era un tipo da lasciarsi prendere dallo sconforto, ma in quel momento sentiva il sangue salirgli alla testa e l’ansia farsi strada dentro di lui.
Si trattava pur sempre di violazione di proprietà privata, cavolo!
«Giuro che se resto vivo dopo ‘sta notte domani vi uccido tutti » mormorò rivolto verso il bosco, lanciando un’occhiataccia nell’esatto punto in cui aveva visto la chioma bianca di Riku sparire svolazzante.
Roxas si passò una mano sopra la testa, sospirando. Pensa, pensa, pensa e pensa, avanti!
Poi il suo viso si illuminò, colto da un’improvvisa idea.  
Si portò una mano ai pantaloni, tastando le tasche in cerca del cellulare. 
Afferrò il piccolo telefono e se lo portò davanti agli occhi, trattenendosi dalla voglia di baciare quel piccolo pezzo di plastica e circuiti che gli stava per salvare la vita.
Digitò velocemente il primo numero che gli venne in mente, portandosi il cellulare all’orecchio, speranzoso.
Il tuu tuu del telefono durò poco; quasi subito la persona al di là della cornetta rispose, con voce assonnata.

«Pronto?»

«Hey Xion, come va?» domandò Roxas con un sorriso tirato.

«Roxas, sto bene. Un po’ assonnata e annoiata ma bene, tutto ok. Perché mi stai chiamando ?» gli chiese la ragazza sorridendo al telefono, come sempre felice di sentire la voce del suo amico.

« Cosa? Bisogna per forza avere  una ragione per chiamare una delle proprie migliori amiche? » domandò, offeso. Si massaggiò la guancia innervosito e colpito nel segno.

« Beh, se quella persona sei te sì. Non ti piace parlare al telefono, quindi che succede?»
Roxas roteò gli occhi, sbuffando.

«Ok, ok. Mi conosci troppo bene. Ascolta, per colpa di una stupida scommessa con Kairi sono nei guai; ho bisogno di aiuto »

« Una scommessa? Con Kairi? Sicuramente non ha portato nulla di buono » mormorò leggermente preoccupata  «In ogni caso … Di che scommessa si tratta?»
Il biondo si fermò di colpo, deglutendo. Ok, adesso arrivava la parte difficile.

« Ecco, vedi. Kairi ha scommesso che non sarei mai stato capace di intrufolarmi dentro una casa senza farmi scoprire e allora io …»

« Oh sei uno stupido, Roxas!»
Il ragazzo roteò gli occhi, sollevando lo sguardo e fulminando il cancello che gli impediva di andarsene da quella trappola mortale «
 Non è una cosa molto carina da dire, sai?»

«Questo non toglie il fatto che tu lo sia. Dove sei, che vengo a darti una mano?»
Roxas sospirò, leggermente affranto  «Sono alla vecchia villa, quella dopo il boschetto. Dentro casa c’è Axel e io non cosa far-»

«Axel? Quell’Axel? » domandò la ragazza, cambiando tonalità di voce.
Il biondo socchiuse gli occhi, sospirando profondamente un paio di volte per calmarsi.

« Sì, quell’Axel»
Xion, dall’altro capo del telefono, saltellò sul posto

« Portami qualche foto quando riuscirai ad uscire e divertiti, mi raccomando » e, con una risata furba, gli chiuse il telefono in faccia.

«No, aspetta Xion» esclamò il ragazzo, tendendo una mano davanti a sé come per fermare personalmente la ragazza.
«Dannazione» ringhiò chiudendo di scatto il cellulare, rimettendoselo in tasca. Vatti a fidare degli amici, va.
Ok, adesso sarebbe entrato, poi avrebbe fatto quella fottuta foto e si sarebbe rintanato da qualche parte fino al mattino seguente. Sperando di evaporare durante la notte, ovviamente.
«Mi sembra giusto, nh»
Si voltò per l’ennesima volta verso il cancello, sperando di veder riapparire il gemello, con il suo solito sorriso, che gli diceva che era tutto uno scherzo.
Ovviamente non successe proprio niente e, con un sospiro, si incamminò verso la casa.
«Bene, facciamo il punto della situazione:  quelli stupidi mi hanno lasciato qui, ho un cellulare ma un’amica scema che non mi viene ad aiutare e non ho idea di cosa fare»
Appoggiò la schiena contro il muro scrostato, pensando.
«Uhm, nei film la porta di casa è sempre chiusa quindi … Sì, la finestra! Dovrei aprirla, entrare e poi …? E poi cosa, diamine!»
Si portò entrambe le mani alla testa, scuotendola.  
Non poteva mica entrare li, nascondersi e sperare di non essere visto. Chi gli assicurava che il giorno dopo Axel sarebbe uscito, poi? Non voleva rischiare di rimanere chiuso in quella villa per il resto della sua vita, diventando pian piano sempre più magro fino a trasformarsi in uno scheletro! Per lo meno avrebbe fatto un po’ di paura ad Axel, eh.
«Però non posso rimanere nemmeno qui fuori » mormorò alzando lo sguardo al cielo, concludendo a voce la linea dei suoi pensieri.
Si staccò dal muro e cercò una delle tante finestre sbarrate, adocchiandone una al piano terra.
Se non altro non avrebbe dovuto spaccare il vetro e fare casino; gli sarebbe bastato semplicemente  staccare le travi di legno ed entrare senza fare troppo rumore.
Afferrò con entrambe le mani un pezzo di legno, tirando verso di sé con dei piccoli scatti.
«Avanti, avanti»
Uno, due e tre. Al tre tirò con tutte le forze possibili, riuscendo a staccare il legno e finendo, a causa del contraccolpo, con il sedere per terra.
Sollevò la testa e fulminò con lo sguardo la finestra aperta, poi il pezzo di legno che si trovava nelle sue mani.
«Che male?» domandò con ironia,  rivolgendosi direttamente alla casa e sollevando un sopracciglio.

Si rialzò da terra, massaggiandosi il fondoschiena. Allungò il collo verso la casa, studiandone l’interno grazie allo spiraglio aperto.
Sbatté un paio di volte gli occhi, incuriosito dal trovare il salotto pieno di scatoloni e teli per l’imballaggio. Se non altro l’interno della casa non pareva tanto vecchio come l’esterno.
O per lo meno era quello che riusciva a vedere da fuori con la sola luce della luna ad illuminare il salotto.
Mosse un passo verso la finestra aperta, sollevandosi con le braccia e mettendo una gamba dentro.
Sgusciò dentro la casa in poche mosse e senza fare il minimo rumore. Soddisfatto di sé sorrise, rivolgendo tutta la sua attenzione allo spazioso salone.
Era … enorme. Tutta la sua casa poteva essere messa in quella sala, e sarebbe perfino avanzato dello spazio per il giardino!
Il parquet era di legno, color ebano per la precisione. Le pareti non erano scrostate o malandate come quelle della facciata, al contrario sembravano nuove e ben tenute.
Nell’aria si respirava l’odore di vernice fresca e di pino; probabilmente l’ultimo odore arrivava dal boschetto praticamente attaccato alla villa.
Non c’era molto altro da vedere, visto che tutti i mobili erano ricoperti da del telo semi trasparente e il resto del soggiorno sembrava essere contenuto negli scatoloni marroni.
Mosse qualche passo verso il centro della sala, sfiorando con le dita con ogni cosa che gli si parava davanti. 
Aveva una voglia tremenda di aprire degli scatoloni per vedere che genere di cose contenevano, per scoprire qualcosa di più sui gusti di Axel e sul suo carattere.
Certo, i giornalisti gli avevano praticamente estorto ogni tipo di notizia, ma Roxas era sicuro che da un tipo come il fulvo non ci si poteva davvero aspettare una risposta sincera.
Magari aveva sempre mentito e nemmeno il carattere che spesso mostrava in pubblico era il suo.
Quello sarebbe stato un vero peccato, visto che era proprio il carattere sfacciato e indisponente di Axel che attirava così tanto il biondo.
Però Roxas trattenne quella voglia e si incamminò verso una delle due scalinate, più precisamente verso quella di sinistra.
Passò la mano sull’intero corrimano, facendo di tanto in tanto qualche ghirigoro con le dita. Gli piaceva quel posto, gli faceva provare una sensazione di famigliarità, anche se li dentro non c’era mai stato prima.
Magari i vari profumi che albergavano nell’aria e l’idea di poter vedere Axel gli stavano dando alla testa e pian piano si stava ammattendo. Uhm, sì,  molto probabile.
Se non si sbagliava l’attore doveva trovarsi nella parte destra della casa, visto che la luce che si vedeva da fuori arrivava proprio da li.
Quindi con passi sicuri si diresse dalla parte opposta, verso una delle tante stanze.
Abbassò la maniglia di una porta, aprendola cercando di far cigolare il meno possibile i cardini. 
Impresa alquanto impossibile, visto che appena Roxas spinse in avanti quel pezzo di legno- che pareva ammuffito-  si sentì stridere e il rumore sibilante dei cardini arrugginiti si fece sentire per tutta la casa.
Male, decisamente male.
Il biondo deglutì, mordendosi il labbro inferiore per il panico. Non gli andava proprio di essere scoperto visto non aveva ancora in mente una scusa decente.
Si guardò intorno in cerca di un rifugio sicuro, mentre la luce proveniente da una delle stanze della parte destra si spegneva, per poi accendersi in corridoio proprio dov’era lui.
Roxas scosse la testa, maledicendo Kairi e le sue stupide scommesse.
Che poteva fare? Senza pensarci due volte si fiondò nella camera che aveva aperto poco prima, richiudendosi la porta alle spalle.
Camminò a tentoni nel buio, appoggiandosi al muro con le mani per non inciampare.

«Pessima idea, pessima idea» bofonchiò riducendo gli occhi a due fessure, mentre il cuore continuava a martellargli nel petto per l’agitazione.
Fuori da quella stanza, che aveva capito essere una da letto, i passi di Axel si susseguivano velocemente, insieme alla sua voce che domandava se ci fosse qualcuno in casa.
Cioè, come se un ladro alla domanda “ c’è qualcuno?!” uscisse saltellando con le mani alzate. Bah.
Roxas scosse la testa dopo aver sentito quella domanda inutile, lasciandosi perà sfuggire un sussulto al suono di quella voce.
Era diversa rispetto a quella arcigna che sentiva in televisione; dal vivo sembrava più calda e lievemente cantilenante, forse era persino più snervante del solito.
Deglutì faticosamente un paio di volte, appoggiando la fronte al muro. Non sapeva nemmeno come faceva a trattenersi dal tirare delle testate, ora come ora. 
Magari se fosse svenuto non … No, non sarebbe cambiato un bel niente.
Il massimo che avrebbe potuto ricevere da parte di Axel sarebbe stata un po’ di compassione per l’enorme ematoma sopra la fronte, nulla di più.
Poi la luce si accese con un sonoro clic e l’enorme lampadario di vetro illuminò l’intera stanza, accecando Roxas e facendogli sbattere le palpebre un paio di volte.
Dopo quel momento il susseguirsi degli eventi fu rapido, fin troppo. La maniglia della stanza si abbassò, la porta si spalancò e dall’apertura apparve la chioma leonina di Axel, seguita subito dopo dall’intero corpo alto e snello.
Roxas abbassò il capo, già mortificato dalle parole che l’attore ancora non aveva detto.

«E tu chi saresti ?» la domanda gli arrivò seguita da un lieve sbuffo chee gli fece alzare il volto, costernato.
Il biondo rizzò il capo e osservò il rosso davanti a sé, studiandone ogni piccolo particolare.
Era alto, Axel; forse fin troppo.
Lo stava osservando con i suoi occhi verdi, che visti di persona sembravano più color acquamarina, e le sopraciglia inarcate.
Posava una mano sopra al fianco, la testa pendente di lato che lo guardava di sbieco.
L’altra mano era sopra al capo, che scompigliava leggermente i capelli bagnati.
Ah sì, quasi Roxas si stava dimenticando del dettaglio più importante della figura che si trovava di fronte a lui: indossava solo un asciugamano sul ventre.
Il fisico longilineo e asciutto del rosso non era un fotomontaggio come molti dicevano, almeno questo era quello che pensava il biondo dopo che i suoi occhi blu si soffermarono
sopra al corpo di Axel e, dannazione, impediva categoricamente al suo sguardo di seguire le goccioline d’acqua che scendevano sopra ai tenui muscoli che adornavano il corpo del rosso.
Era bello, non c’era che dire. Anzi, le foto non gli rendevano affatto giustizia.
Le gote di Roxas ribollirono, scottando sopra la sua faccia. Si passò una mano sul volto, toccando una guancia  per vedere se stesso veramente bruciando come gli sembrava.
E se quelle non stavano bollendo, beh, la gola invece sembrava ardere.

«Ah, ho capito » iniziò Axel, facendo qualche passo avanti verso il ragazzo « Sei uno di quei dannati paparazzi che non mi vogliono lasciare in pace» lo disse quasi ringhiando, sputando fuori tutto il disprezzo che poteva provare.
Camminò fino a raggiungere Roxas, che ancora se ne stava immobile e con lo sguardo perso.
Axel si chinò in avanti fino a raggiungere l’altezza del biondo, afferrandogli il volto con una mano tanto da far incontrare i loro occhi nella stessa altezza.
«Certo che mandare qui un moccioso … Questo è sfruttamento minorile»
Roxas deglutì, prendendo finalmente in mano la situazione. Insomma, non era mica uno smidollato che rimaneva senza parole davanti ad un fisico mozzafiato e delle accuse!
«Non sono un paparazzo  »
Axel sollevò un sopracciglio, ridacchiando «Ah, allora sai anche parlare eh?»
Il biondo ringhiò, come colpito nel segno. Allungò una mano e scacciò via quella del rosso dal suo volto, massaggiandosi poi la mandibola come se la mano di Axel l’avesse scottata.
«Certo che so parlare, mica sono un neonato»
«Ah, da quel che vedo hai pure una lingua decisamente tagliente eh!» sghignazzò, scuotendo una mano con noncuranza.
«Al massimo da quel che senti … » borbottò Roxas, osservando di sbieco l’attore.
«Hey hey, piano. Tu entri in casa mia di nascosto e poi mi correggi pure gli errori? Qui c’è qualcosa che non va »  esclamò il rosso alzando la mano destra per fermare qualsiasi risposta del ragazzo.
«Senti, se sei un mio fan ti consiglio di andartene senza fare storie. E reputati fortunato che non ti denuncio; oggi mi sento caritatevole»
Roxas si morse la lingua, cercando di trattenere gli epiteti poco carini che gli stavano per uscire.
«Io non sono un tuo fan » sbottò il ragazzo, incrociando le braccia al petto.
«Ah no? E allora che ci fai qui, nanerottolo?»
Il biondo ignorò il “ nanerottolo” e sospirò, lievemente in imbarazzo.
«Ecco … Ho fatto una scommessa»
Il rosso aprì la bocca, pronto a rispondere, ma le parole non gli uscirono. Non sapeva nemmeno che cosa dire, allora si limitò a ridacchiare e a posare una mano sopra la testa del biondo.
«Beh, l’hai vinta per lo meno?»
Roxas sollevò le spalle, incurante «Non credo. Avrei dovuto farti una foto»
Axel sorrise, allontanandosi di qualche passo dal ragazzo e mettendosi in posa.
«Su, dai. Fammi una foto»
«M-Ma sei coperto solo da un asciugamano!» borbottò Roxas, evitando accuratamente di posare lo sguardo dove non avrebbe dovuto.
«Tu scatta e basta, prima che cambi idea»
Il biondo annuì mesto, frugando tra le tasche della felpa in cerca della macchina fotografica di Olette. 
Oh, cinquanta euro in arrivo. Gli era andata molto meglio di quello che pensava; persino il battito del cuore si era regolarizzato e riusciva addirittura a respirare senza rischiare un infarto!
Afferrò saldamente la piccola fotocamera e la accese, puntando l’obbiettivo verso Axel.
Un movimento veloce dell’indice e il flash illuminò la figura del rosso, immortalando il suo sorriso e il suo corpo.
«Beh, grazie»
«E di che?» domandò ironicamente Axel, sorridendo verso il biondo. Subito dopo si voltò verso l’armadio a muro, aprendo le ante e cercando un paio di pantaloni.
«Sai, non tutti si sarebbero comportati come te. Insomma, sono entrato in casa tua senza permesso e tu ti sei fatto fare una foto come se niente fosse, senza chiedere nulla in cambio. Lo trovo, ecco, insolito»
Il rosso ridacchiò, afferrando saldamente un paio di jeans neri «E chi ti ha detto che non voglio nulla in cambio?»
Roxas sobbalzò sul posto, sgranando lievemente gli occhi. Ecco, lo sapeva. Prevedibile.
«Non ho molti soldi …»
Axel ridacchiò alla sua espressione, scuotendo la testa «Tranquillo, blondie. Scherzavo»
Senza aggiungere nient’altro si tolse in un colpo solo l’asciugamano, rimanendo completamente nudo davanti agli occhi di Roxas.
Il giovane arrossì talmente tanto che la sua faccia prese la colorazione dei capelli di Axel, finché non ebbe il buon senso di voltarsi dalla parte opposta e chiudere gli occhi.
Il rosso lo guardava di sbieco, mentre si chinava per far passare i jeans sopra le sue gambe.
Si lasciò sfuggire persino una risata divertita, quando vide le orecchie paonazze del biondo.

«Ho fatto, puoi voltarti»
Roxas si girò titubante, temendo che l’altro lo stesse solo prendendo in giro. Quando si accorse che sì, il rosso aveva detto la verità, il suo sguardo divenne rabbioso.
«Ma ti sembra il caso di spogliarti davanti ad uno sconosciuto?» sbraitò ancora completamente rosso in volto, puntando il dito indice verso l’uomo in segno d’accusa.
Evitò accuratamente di domandare il perché non si fosse messo le mutande, sotto i pantaloni.
«Da come mi stavi guardando prima non pensavo ti avrebbe infastidito più di tanto» disse senza farsi troppi problemi, un sorriso sardonico sul volto.
Roxas aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, sentendosi come un pesce fuor d’acqua. 
Ed effettivamente la sensazione era proprio quella; si sentiva le orecchie fischiare e il fiato mancare.
Probabilmente Axel aveva una stufa accesa da qualche parte, altrimenti non si riusciva a capire da dove venisse tutto quel calore che lo inondava.

«Q-Questo non è vero. Non ci trovo nulla di interessante in te»
«Come vuoi, nanetto» borbottò senza perdere il sorriso, passandosi una mano tra i capelli per ravviarseli.
«Ma sai una cosa? Pensavo che i nani vivessero solo nelle fiabe,  invece eccoti qui»
Roxas digrignò i denti, mentre le mani si stringevano a pugno.
«Meglio nani che spilungoni, sai? Cos’è, sei così alto che il sangue non riesce ad affluire al cervello?» sibilò, tagliente.

Il rosso lo guardò sorpreso e divertito allo stesso tempo, inarcando le piccole sopracciglia.
«Certo che ne hai di veleno, li dentro. Con cosa ti hanno svezzato, cianuro?»
«Nh, allora ti consiglio di lasciarmi in pace altrimenti ti avveleno»
Lo scambio di battute sarebbe continuato per molto se non fosse stato per il rosso che, divertito, si era nuovamente avvicinato al ragazzo.
E come la volta prima si chinò, fino a raggiungere il volto di Roxas.
«Dimmi un po', com’è che ti chiami?» domandò a pochi centimetri dalle labbra del biondo.
Quando il ragazzo sentì l’alito caldo dell’altro solleticargli il viso arrossì nuovamente, senza però lasciarsi incantare.
Lanciò un’occhiata alla “ se ti avvicini di più di uccido” e voltò il capo di lato, ignorandolo.
«E’ un nome così brutto che ti vergogni di dirmelo?» incalzò Axel, inclinando il capo di lato e osservando il ragazzo vicino a lui.
Uh, era decisamente nano; non scherzava prima.

Roxas abbassò lo sguardo, cercando di non guardare il petto scoperto del più grande.
Ma anche se non lo guardava riusciva a sentirne il profumo.
Qualche anno prima sua mamma gli aveva svelato un segreto. Gli si era avvicinata lentamente e si era accoccolata vicino a lui, posandogli una mano sopra i capelli con dolcezza; poi l’aveva guardato e gli aveva detto, con un dolce sorriso sulle labbra, che tutti al mondo avevano un profumo particolare e che solo chi era attratto da una persona riusciva a sentirlo.
Axel in quel momento sapeva di menta forte e cioccolato fondente.
Però quando Roxas allungava di qualche centimetro il collo e avvicinava il naso al suo petto riusciva a sentire anche il lieve odore del tabacco.
Era un profumo strano, che metteva i brividi. Un miscuglio di freschezza pungente e dolcezza.
Roxas deglutì un paio di volte, sospirando sopra al petto di Axel.
«Roxas» disse solo quello, non sapendo che altro aggiungere.
Il fulvo si staccò da lui e gli sorrise, porgendogli la mano «Io sono Axel»
Il biondo lo guardò come se fosse un idiota, assottigliando gli occhi.
«No, ma davvero? Non l’avrei mai detto»
Axel rise, lasciando andare il capo all’indietro a causa delle risate.
Il sorriso di quell’attore era strano. Era uno di quelli che rivelava tutta la personalità di una persona, che ne svelava lo stato d’animo e i pensieri.
Un sorriso che mostrava due canini ben appuntiti e gli incisivi candidi e opalescenti, che si facevano  largo tra due strette labbra taglienti.
Axel avrebbe potuto pubblicizzare il dentifricio della Mentadent, cavolo!

«Ok, ok. Allora biondino, che facciamo?»
«Mi chiamo Roxas, non "biondino" e … Che diamine dovremmo fare? Apri la porta di casa così me ne vado» disse senza pensarci due volte, fin troppo felice all’idea di andarsene via da quella casa e di allontanarsi il più possibile dalla sua tentazione segreta.
Il rosso, però, scosse la testa.
«Non penserai davvero di andartene così, eh? Qui io mi annoio e non conosco nessuno, quindi tienimi compagnia»
«Più che una domanda la tua sembra una richiesta» sbottò Roxas incrociando le braccia al petto, esasperato.
«Lo so, ma sono io quello che ha il potere qui»
«Il potere?»
«Posso denunciarti per violazione di proprietà privata!»
«Hey!» esclamò il biondo, saltando in avanti per afferrare il braccio di Axel «N-Non lo farai vero? Insomma, ci siamo chiariti. Era solo una scommessa»
«Una scommessa che ti ho aiutato a vincere, mi pare » mormorò gonfiando le guance e fingendosi offeso.
Roxas si morse un labbro, consapevole di aver torto marcio in quella situazione.
Allora sospirò e sorrise lievemente, annuendo.
«E va bene, io ti tengo compagnia e domani mattina me ne vado a scuola»
«Perfetto! Uhm, vuoi qualcosa da bere? Vodka? Vino? Birra?» domandò con un sorriso sbieco l’attore, gesticolando in un modo alquanto bizzarro.
Il biondo si perse via ad osservare le braccia che si muovevano, fendendo l’aria con decisione. Le mani che si aprivano e si chiudevano a certe parole e il movimento tamburellante dei piedi per terra.
Ma Axel non riusciva proprio a stare fermo?
«Non ho l’età per bere» lo interruppe dopo un po’ Roxas, gonfiando lievemente le guance senza nemmeno accorgersene. Dopo essersi reso conto di quel gesto così infantile arrossì lievemente sulle gote e voltò il capo di lato.
Il rosso ridacchiò lievemente, scuotendo la chioma ancora bagnata.
«Effettivamente … Quanti anni hai?»
«Uhm, quindici»
«Che scuola frequenti?»
«Cos’è, un interrogatorio?» domandò con nervosismo Roxas, adocchiando malamente il giovane uomo davanti a lui.
«Può essere» esordì enigmatico l’altro, avvicinandosi di qualche passo verso il biondo.
Roxas maledisse mentalmente il muro attaccato alla sua schiena che gli impediva di indietreggiare ancora di più.
«Beh, non vedo il motivo di tanto interesse verso un ragazzo che ti è entrato in casa»
«Ognuno ha i suoi motivi»
«La pianti con quella voce cantilenante? E’ inquietante e … Non capisco che motivo ti spinga a-»
Axel fece ancora qualche passo veloce in avanti e si chinò verso l’orecchio del biondo, soffiandoci sopra.
« Hey, il nostro è proprio un colpo di fulmine, non è vero? »
Roxas scattò di lato, posandosi una mano sopra l’orecchio «F-fottiti»
Il rosso sghignazzò a quella risposta, allungando una mano verso la faccia paonazza del più piccolo.
«Naaa, non mi diverto da solo»
«Questo dovrebbe essere un invito?» domandò Roxas sollevando un sopracciglio, osservando la mano del rosso che gli sfiorava la guancia destra con la punta delle dita.

Cuore, ti ordino di non scoppiare.
«Se vuoi vederlo così per me va bene» sogghignò Axel, inclinando il capo e facendo sfiorare la propria fronte con quella del biondo.
Roxas ridacchiò con nervosismo, deglutendo a vuoto.
«Ma se nemmeno mi conosci … »
Questa volta il turno di ridere passò ad Axel, che gongolò.
«E tu che ne sai? Magari è da quando sono arrivato in città che ho adocchiato un ragazzino un po’ scorbutico, con i capelli biondi e gli occhi azzurri che se ne sta spesso in disparte. Se non sbaglio si chiama Roxas, lo conosci?»
Il ragazzo sobbalzò, arrossendo fino alla punta dei capelli. Sgranò lievemente gli occhi e le guance ritornarono a ribollire, come poco prima.
Si sentiva dannatamente lusingato e compiaciuto dalle parole di Axel, come se fosse posizionato su un piedistallo e illuminato dalla luce di un riflettore.
Il cuore gli batteva nel petto più forte del solito, e dire che lui era sempre stato il tipo che non credeva nel batticuore o stronzate varie. 
Ah, se Xion l’avesse visto adesso: occhi lucidi dall’emozione e il corpo fremente.
«Davvero?» domandò poco dopo, curioso di sapere di più.
Il rosso ridacchiò, arruffandosi i capelli e scuotendo la testa « Scherzavo»
Il mondo parve frantumarsi e crollare addosso a Roxas, insieme al piedistallo su quale si era posizionato mentalmente pochi secondi prima.
Aprì la bocca un paio di volte, cercando nella sua mente una riposta pronta e secca da dire. Non trovò nulla, se non il cervello che gli consigliava si scavarsi una buca e sotterrarsi per una ventina d’anni.
«Andiamo, non imbarazzarti. Se vuoi posso rimediare in qualche modo, nh? »
«Evitiamo, ok?» borbottò imbarazzato Roxas. Gli sarebbe piaciuto davvero muoversi, allontanarsi dal corpo di Axel e correre via, però le sue gambe non ne volevano sapere.
Probabilmente la loro era una specie di rivincita per tutte le ore di educazione fisica che gli aveva fatto sopportare.
Ma la cosa che infastidiva di più il biondo era il mettersi a fare pensieri stupidi come quello in momenti del genere. 
No, quello non andava affatto bene.
Axel però non demorse, al contrario continuò a sfiorargli la guancia e ridacchiare.
«Smettila! Non mi conosci, quindi te lo dico io: non sono il tipo da una scopata e via, ok?»
Il rosso sorrise ancora più ampiamente, annuendo con interesse.
«Beh, prima possiamo fare sesso e dopo puoi rimanere qui senza andartene via» esclamò convinto, come se il suo discorso non facesse una piega.
Roxas digrignò i denti, scuotendo la testa.
«Il fatto non cambia!»
«Tu dici?»
La mano del fulvo si staccò dalla faccia di Roxas, scendendo verso il petto.
Il biondo si divincolò in preda all’imbarazzo, afferrando saldamente la mano di Axel e spostandola lontana da lui.
«Hey hey, attento a dove tocchi. Ma lo sai che potrei denunciarti per molestie sessuali?»
«E io per violazione di proprietà privata»
«Ma il tuo reato è più grave»
«Non se tu sei consenziente» specificò Axel, chinando lentamente la testa vicino a quella del biondo.
Rimase immobile, le labbra quasi appoggiate a quelle del ragazzo più piccolo.
Non fece nulla di più, si limito a socchiudere la bocca e lasciare che il suo respiro calmo si mischiasse a quello agitato di Roxas.
Il più piccolo deglutì, tremando lievemente. Spostò lo sguardo di lato, adocchiando la porta aperta e il corridoio ancora illuminato. Tutto sembrava risultare tremendamente interessante pur di non dover guardare in faccia l’attore.
«Così non è valido, però» mormorò dopo un po’ contro le labbra del rosso, socchiudendo gli occhi e riportando la sua attenzione verso il giovane uomo.
Axel sorrise, appoggiando la fronte contro quella di Roxas e passando un braccio contro la vita dell’altro.
«Io la trovo una cosa equa, invece. Io ti piaccio, tu mi piaci … Quindi perché no?»
Roxas abbassò lo sguardo, rialzandolo poco dopo con irruenza.
«Perché se devo baciare - o altro- una persona, quella deve essere speciale per me. Sembrerò pure un ragazzo all’antica, così, ma mi fa un po’ schifo baciare qualcuno che non conosco bene»
Si fermò un attimo per riprendere fiato, anche se l’impresa gli risultava un po’ difficile visto la vicinanza dell’altro ragazzo e del suo petto nudo – e profumato- aggiungeva la sua mente.
«Non dico di doverlo fare con una persona che amo, però mi piacerebbe che ci fosse un qualcosa»
«In che senso?» domandò Axel, seriamente incuriosito dalle parole di quel ragazzino. Non gli era mai capitato, da quando era diventato famoso, di essere respinto da qualcuno.
Pregi e difetti di essere una star, pensava.
Quindi sapere il perché di un “no” da parte di un ragazzino evidentemente interessato a lui lo incuriosiva, tremendamente.
«Nel senso che, uhm … Faccio un esempio: mettiamo che tu non abbia un cuore. Ecco, l’altra persona deve farti sentire come se tu ce l’avessi»
Il maggiore annuì, lasciando comparire sulle sue labbra un sorriso.
«Un po’ come una boccata d’aria fresca per qualcuno che non respira da tempo»
«Esatto»
«Oppure del cibo per chi è stato a digiuno per mesi»
«Ok, hai centrato il concetto»
«Oh, senti questa: un oggetto luccicante per una gazza ladra»
Roxas sospirò sbuffando dal naso, trattenendo un grugnito di disapprovazione e una risata.
«Ok, ok. Adesso fermati che rasenti il ridicolo»
Axel sogghignò a sua volta, guardando dritto negli occhi cobalto del ragazzo schiacciato contro di sé.
«Quindi non posso baciarti?»
Il biondo deglutì amaramente, pentendosi della frase che stava per dire.
«No, non puoi»

Stupido Roxas, stupido, stupido e ancora stupido. I tuoi pensieri non sono nemmeno coerenti con quello che pensi!
Con un sospiro il rosso si allontanò, grattandosi la nuca. Il piede destro gli tamburellava per terra, mentre alzava la testa verso il soffitto, guardandolo pensoso.
«Però adesso voglio baciarti, quindi facciamo una cosa …»
«Cosa?» domandò Roxas, cercando di non mostrarsi troppo interessato all'altro. Cosa difficile, visto che sembrava quasi pendere dalla bocca dell'altro.
«Facciamo una scommessa»
Il biondo storse la bocca in una smorfia poco convinta, arricciò le labbra e assottigliò gli occhi per guardare Axel con l’espressione più indagatrice che riuscisse a fare. Poi sorrise e inclinò il capo di lato.
«Non ho un buon rapporto con le scommesse, sai?»
«Non me n’ero accorto, sai? Però questa è davvero bella. Beh, viene fatta dalla mia personcina, dopotutto.»
«Allora avanti, dimmi.»
Axel sembrava non aspettare altro, infatti si rianimò e iniziò a gesticolare.
«Scommetto che entro la fine del mese diventerò la tua ciliegia»
Roxas sollevò un sopracciglio, confuso. 
«Ciliegia?»
«Sì, sarò la tua ciliegina sulla torta e non potrai più fare a meno di me.»
Il biondo si bloccò per un istante. Anzi no, non si bloccò lui ma il suo cervello. La sua mente elaborò quelle parole e le catalogò, andando a creare uno stanzino speciale nella sua memoria a lungo termina dedicata a quelle parole.
Insomma, aveva ripreso il discorso del “ non ho un cuore ma tu mi fai sentire di averlo”.
Allora scosse la testa, divertito.
«E cosa ci guadagno?»
Axel sorrise a trentadue denti, portandosi la mano destra alla testa per ravviarsi i capelli.
«Me, mi sembra giusto»
«E dire che io sono entrato solamente per fare una foto»
«Invece uscirai con il mio numero di cellulare»
Roxas ridacchiò, staccandosi dal muro dove temeva di aver fatto radici.
Aggirò il braccio del ragazzo ancora appoggiato al muro e barcollò leggermente per la stanza, affiancando poi Axel con un lieve sorriso.
«Chissà, magari qualche volta ti manderò un messaggio»
Il rosso sorride, indicando con un cenno del capo l’uscio aperto della stanza come un invito ad uscire.
«Se avrò voglia ti risponderò, ma non ti assicuro nulla»
Si incamminarono verso il corridoio, mentre con un clic la luce della camera da letto si spense.
«Se non risponderai la prima volta allora non te li manderò più»
Scesero le scale ridacchiando, mentre le mani si Roxas si appoggiavano al corrimano e ci facevano sopra dei ghirigori circolari.
«Potrei anche offendermi, sai?»
Axel indicò il divano semi nascosto dagli scatoloni e si sedette sopra scompostamente, subito seguito da Roxas, che invece si accomodò con più cura.
«Per quel che me ne importa. Non ti conosco neanche»
Il fulvo scivolò leggermente in avanti e afferrò uno dei tanti scatoloni con le mani e lo trascinò – senza nemmeno doversi alzare dal divano- verso il biondo.
«Beh, qui c’è una parte della mia vita. Se ti va possiamo rivederla assieme»
Roxas annuì, scartando quello scatole che poco tempo prima aveva tanto desiderato aprire.

 

 

 

 

 

 

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«E’ piena di giornali porno, Axel»
«Eh eh, ognuno ha le sue esigenze»






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La fossa di Mel:
Allora, facciamo un piccola premessa: questa storia è lunga - scommetto che l'avete notato, eh?-, però non ho la minima idea se sia gestibile in un solo capitolo oppure no. Pensavo di doverla spezzare, per renderla più scorrevole, però poi mi sono detta che no, volevo metterla per intero.
Spero vada bene lo stesso, dai.
Adesso passo a fare un po' di sproloqui, che mi escono tanto bene. 
Questa storia è in ballo dall'inizio di luglio. Cavolo, è tanto e lo so. L'idea c'era, era sempre presente ma ero io che non volevo concluderla.
Può sembrare stupido ma questa storia è stata una specie di parto per me, ci tengo da morire e anche solo il pensiero di finirla e non poterla più continuare mi metteva tristezza. E sì, una vena di pazzia fa bene alla vita.
Quindi l'avete capito, no? Tengo da morire a questa storia e spero che anche a voi piaccia.
Direi che c'ho messo me stessa, ho speso un sacco di tempo e di passione, quindi spero davvero faccia sorridere qualcuno.
Perché oh, un po' comica lo è.
L'ho riletta un bel po' di volte, ma credo che qualche errorini ci sia ancora. Sorry -w-
Ah sì, un'ultima cosa. La frase:
"Faccio un esempio: mettiamo che tu non abbia un cuore. Ecco, l’altra persona deve farti sentire come se tu ce l’avessi" non ho resistito, ho dovuto metterla -A-''
Va bene, ho finito di parlare ( che poi qualcuno legge questi " avvisi" a fine storia? Io sì, ma credo sia la mia vena impicciona a parlare ) e vi auguro una, uhm, buona giornata? Nottata? Dipenda da che ora c'è sul vostro orologio, ecco.


mel
   
 
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