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Autore: terrastoria    10/10/2011    5 recensioni
A volte mi chiedo cosa sarebbe capitato se io avessi deciso di ricambiare totalmente l’amore di Naruto e non mi fossi messa in testa di conquistare a tutti i costi di Sasuke.
Mi chiedo dove io abbia trovato il coraggio di rifiutare un amore così sincero e sicuramente una relazione felice per un rapporto così intenso e breve da farmi uscire pazza.
Non so darmi un responso, so solo che il cuore allora aveva scelto così sopraffacendo la mia parte razionale.
Poi una cosa del genere non mi successe più.
Purtroppo o per fortuna, non so dirlo ancora.
E così alla fine è arrivata la mia ultima estate qui, a Konoha, con tutti voi.
Una fan fic SasuSaku e non solo, diverse threesome a cominciare dalla classica SasuSakuNaru.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Naruto Uzumaki | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Note noiose dell'autrice (che dovrebbe andare a nascondersi visto l'immenso ritardo nell'aggiornare).
Ehm, ehm, con un ritardo mostruoso... il decimo capitolo
c'è! *parte musichetta dell'alleluja* A parte gli scherzi... era da un po' di giorni che volevo postare, in realtà questo capitolo è pronto da un bel pezzo, ma non trovavo mai la spinta necessaria per revisionarlo e portare avanti la storia. La mia ispirazione è una gran capricciosa e ci sono periodi in cui riesco a scrivere solo flashfic o one shot. Ma ora il decimo capitolo c'è, e ci sono pure nuovi elementi inerenti alla trama che, vi avverto, si fa sempre più assurda. Ho troppe idee in testa, ma prima o poi le cose verranno svelate, non temente. Uh?
Grazie di cuore alle persone che seguono questa storia, noto che nonostante le poche recensioni la fanfic è nelle seguite, preferite e ricordate di un po' di gente **.
Buona lettura! allora.
Oh. Auguri, Naruto ;)


Potevo percepire l'odore di Sasuke, mentre camminavo sul pontile.
Percepivo il corpo di Sasuke accanto.
Un battaglione di farfalle nello stomaco.
Era lì, era lì, era lì.
Avrei voluto girarmi per constatare che fosse esattamente così, ma non lo feci.
Aveva troppo paura di ciò che sicuramente avrei visto.

**

Cap. 10 Eventi inaspettati


Kakashi Hatake aveva regolato il passo al mio, camminavamo piano sotto la luna e in faccia ad un mare piatto.
Se non avessi avuto quel groppo alla gola che avevo dacchè avevo messo piede a Konoha avrei detto di essere in una delle tante serate che avevo vissuto da ragazzina o poco più, serate tiepide e piacevoli da passare in buona compagnia.
Kakashi ed io avevamo sempre avuto un rapporto privilegiato, uno di quei rapporti di stima e rispetto reciproci senza bisogno di far vedere l'uno all'altro qualcosa; ero stata una delle sue migliori allieve e lui era stato uno dei migliori professori che avessi mai avuto.
Finita la scuola, finito anche il corso di inglese pomeridiano, le nostre strade non si erano divise.
Naruto, Sasuke ed Io lo avevamo invitato più volte a cena, io ero passata spesso a trovarlo per farmi consigliare dei libri in inglese; ma tutto ciò era durato poco più che un mese e mezzo, per poco meno di una estate.
La mia – e nostra – ultima estate a Konoha.
- Non voglio insistere Sakura -
La voce dell'uomo mi riportò al perchè fossimo lì sul pontile.
Per parlare.
- Oramai ho detto di sì, non mi tiro indietro - dissi, ed ero sincera.
Avevo accettato, non potevo né volevo tornare indietro.
La presenza di Kakashi accanto a me era talmente tranquillizzante che senza rendermi conto cominciai a parlare; dapprima piano, scandendo bene le parole che uscivano sfumate, poi a fiume.
Gli dissi della mia vita universitaria, del lavoro da tirocinante, dell'incontro con Itachi, gli parlai di Gaara e Tsunade, di Sasuke.
Gli dissi che avevo un disperato bisogno di notizie sul conto dell'Uchiha, che non riuscivo più a vivere senza qualcosa che lo riguardasse.
Che ero una stupida.
Una stupida ragazzina.
Sasuke, Sasuke, Sasuke.
Alla fine del discorso fui esausta.
Lui stette a lungo in silenzio.
Ad un certo punto mi prese per un polso e mi spinse addosso a sé.
Mi disse che quello era l'ultimo folle gesto.
Non voleva farmi del male ulteriormente.
Sì, quello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio.
Eppure stetti talmente bene tra le braccia di quell'uomo così maturo.
E sapevo, sapevo che alla fine di tutto mi sarei tormentata al pensiero di cosa era successo.
Del perchè fosse successo.
Io non amavo Kakashi, lui non mi amava.
Scoprii però che era come un antidoto, lui, per me.
Ed io, io non sapevo cosa rappresentassi per lui.
Ad ogni modo, sarebbe stato così: di gesti folli non ce ne sarebbero stati più.


4 marzo 2009 – Los Angeles -
- Uchiha Itachi? -
Sakura aspettò una voce dall'altra parte della cornetta, le labbra tese, gli occhi ridotti a due fessure.
Era la prima volta che componeva quel numero, aveva preso il coraggio a quattro mani per averlo.
Lo aveva trovato nella cartella clinica del defunto Fugaku Uchiha, tra i numeri di cellulare dei parenti.
- ...pronto?
La voce arrivò improvvisa, bassissima, spigolosa.
Roca.
Esattamente come lei se la ricordava.
- Sono Haruno Sakura –
- Lo so -
Sakura dilatò gli occhi per la sorpresa, ma avrebbe dovuto aspettarselo.
Era una donna così prevedibile – pensò.
- Sbrigati se devi chiedermi qualcosa -
Chiuse gli occhi cercando di ricordare il perchè avesse deciso di contattare
quell'uomo, parlò solamente quando tutto le fu un po' più chiaro.
- Prima come stai – disse velocemente, appiccicando le parole. Ma fu sincera.
Sentì il ragazzo chiudersi in un silenzio pesante per qualche istante.
- Me la cavo -
Ricevere una risposta positiva, anche se così breve, la spronò ad andare avanti. Eppure la voce roca dell'uomo non le sembrò per niente a posto, era come se egli celasse qualcosa, come se dietro quella timbrica spenta ci fosse un malessere generale profondo. Lo poteva sentire forte e chiaro ma non indagò oltre,
aveva paura.
- Sei stato a Konoha tre mesi fa, giusto? -
- Sì -
- L'hai vista? -
- Yamanaka Ino sta bene -
Sakura arrossì. Come era stata stupida a non chiamare quasi mai la sua amica d'infanzia. Non c'era riuscita, più passavano i giorni e più le mancava la voglia e il coraggio di riascoltare una voce del passato, aveva timore di non sapere cosa dire, di non riconoscerne addirittura la voce.
- Naruto Uzumaki, l'hai visto? -
Che domanda retorica; lei sapeva già che il suo migliore amico aveva intravisto Itachi e ci aveva pure parlato, seppur per poco. Con Naruto Sakura ci parlava ancora, seppur sempre meno spesso.
- Questo lo sai già, almeno lui sapeva molte cose di te, di noi a Los Angeles -
Itachi parve scocciato. Sakura si morse il labbro.
- Dimmi chiaramente se di sto disturbando -
- Avanti, continua -
Sakura inspirò profondamente e arrivò alla domanda centrale.
- Sasuke – si bloccò, fu strano pronunciare tale nome dopo tanto - ti ha chiamato mai durante queste settimane? Ha saputo? -
Un altro lungo silenzio.
- L'ho chiamato -
Sakura si aggrappò alla cornetta.
- …continua, ti prego -
Sentì il respiro di Itachi nell'orecchio, era sommesso, era basso, era affannato.
- Alla decima chiamata mi ha risposto, ho avuto solo il tempo di dirgli che nostro padre era morto, lui ha cominciato ad urlare -
- ...ma gli hai spiegato? -
- E' convinto che mio padre sia morto per la disperazione -
Sakura aggrottò la fronte, ma capì.
- Non ha lottato con tutto se stesso ma ciò non significa che... -
- Sakura, Sasuke ha ragione. Mio padre non è riuscito a liberarsi dalla mafia, però era un uomo solo, negli ultimi giorni la polizia gli aveva dato la scorta ma lui la rifiutava. Voleva fare da solo, voleva scontare la pena che diceva meritarsi per aver permesso al male di raggiungere il suo lavoro -
Sakura capì che Itachi aveva parlato fin troppo, più di sempre, più di mai. Probabilmente ne aveva bisogno, probabilmente la sua vita era una solitudine dietro l'altra. E allora perchè mai Itachi non era rimasto a Konoha con Ino? Sakura si chiese chi avesse preso il posto del signor Fugaku nella direzione della ditta di alberghi dopo che la polizia aveva arrestato ben cinque boss della mafia e aveva dato il via libera affinchè l'attività riprendesse.
Si era rifiutata di leggere i giornali.
- Sasuke lo sa? -
- Sapere cosa? Che l'azienda è stata ripulita dalla feccia? Gliel'ho detto, non ha voluto sentire. Dice che facciamo schifo -
Sakura appoggiò una mano al muro per sorreggersi, l'altra che stringeva forte la cornetta.
Stava imprecando contro un ragazzo che non vedeva da anni e che non le aveva mai spiegato nulla, che la aveva sempre lasciata all'oscuro di tutto. Non capiva
perchè lui facesse così, perchè avesse reso tutto più difficile. In fondo Sasuke non c'entrava, in fondo la madre lo aveva sempre avvolto di affetto, in fondo...
- Haruno, non pensare che sia finita qui. C'è molto altro dietro e smettila di fasciarti la testa -
Fu un rimprovero duro, ma
umano. Lei si stava corrodendo anima e corpo per una cosa che non capiva. Non riusciva proprio a trovare un senso... Come mai si era lasciata coinvolgere a quel modo da un uomo? Lui la aveva lasciata, certo, ma non era successo nient'altro.
Era una sciocca. Si credeva una eroina romantica. Credeva nelle fiabe e stava aspettando il lieto fine.
- Sasuke è pieno di rancore, vero? Crede che Fugaku non lo abbia mai amato e sua madre lo abbia ingannato in nome di un amore che non c'era -
Sakura si aggrappò a quel
perchè con tutta se stessa. Era da lì che partiva ogni cosa.
- Ora basta -
L'ultimo denso silenzio, consensi taciuti.
- Ma io devo sapere...io devo fare qualcosa... -
Sakura sentì gli occhi bruciarle, un groppo alla gola.
No, nulla aveva ancora un senso.
- Restane fuori, continuando a domandarti perchè non giungerai a niente se non all'auto distruzione -
La conversazione stava giungendo al termine e Sakura non aveva ottenuto niente, se non mille domande irrisolte, una nuova rabbia. Era all'oscuro di tutto, si era presa a cuore il nulla.
- Scusa ancora il disturbo, Itachi -
Sakura si raddrizzò, allontanò la cornetta.
- Se vuoi ora sono a Los Angeles -
Un invito implicito? Sakura sgranò gli occhi.
- … -
E, prima di spegnere la chiamata, Uchiha Itachi le diede l'indirizzo di casa sua.
Probabilmente non ci avrebbe mai messo piede – pensò lei – ma si sbagliava di grosso.


Naruto brillava di luce propria, incoscientemente ogni individuo gli ruotava attorno come si fa con un sole, rivoluzione dopo rivoluzione senza mai fermarsi.
E stavo ruotando pure io, me ne rendevo conto, quantunque fosse lui a prendersi cura di me puntandomi addosso quel suo sguardo preoccupato.
Ero un piccolo inutile pianeta che era attratto dalla forza gravitazionale di quel ragazzo pieno di vita. Ciò non mi dispiaceva affatto, anzi, avrei voluto gravargli attorno per sempre; ma sapevo che non poteva essere così: sarebbe bastato un unico meteorite, un unico corpo lanciato contro di me o contro di lui, per spazzarmi via nell'universo.
Lo vidi arrivare dalla riva, molteplici gocce d'acqua lo facevano brillare alla luce del sole, la dolce Hinata gli ruotava attorno, candido satellite costantemente nella sua orbita.
Pensai che era bello vedersi arrivare il proprio sole davanti agli occhi senza scottarsi e non dover muovere un dito per ricevere da esso attenzione.
Mi limitai a reclinare il capo su una spalla, a tirarmi leggermente sù con la schiena dalla sdraio ed ecco che Naruto si chinò al mio cospetto. Un sole così umano.
- Sicura di non voler farti un bagno? - mi domandò.
- Sicurissima, sarà per questo pomeriggio – risposi e mi beai della visione di quegli occhi azzurrissimi, sembravano emanare raggi di luce. Erano così totalizzanti da farmi mancare il fiato ogni volta. Luce pura.
Come potevo apprezzare tanto la luce se mi ero irrimediabilmente innamorata dell'oscurità più profonda?
- Posso prendere l'asciugamano che c'è sull'altra sdraio? -
Io annuii e seguii ogni suo movimento, lo vidi allontanarsi di qualche passo da me, incespicare nella sabbia bollente, sorridere ad Hinata, afferrare l'asciugamano e portarselo sul corpo, avvolgersi con grinta. Mi ritrovai a desiderare di trovarmi con lui sotto quell'asciugamano, il sole doveva avermi dato alla testa.
Con la coda dell'occhio notai che Hinata aveva uno sguardo così rapito che probabilmente stava desiderando altrettanto.
Solo che io non lo amavo
in quel modo, la mia non era attrazione fisica. Era un affetto capriccioso che mi portavo dentro da anni.
Look at the stars. Look how they shine for you.
Sobbalzai all'udire la musica del Coldplay. Non ricordavo di avere “yellow” come suoneria. Niente come i primi pezzi di questo gruppo esprimeva i miei stati d'animo.
“Yellow” mi destò bruscamente, aumentando in volume ogni secondo di più. Giallo...giallo come Naruto, il mio sole. Trovarmi lì, con quella stupenda canzone in sottofondo alla visione di una spiaggia impregnata del mio sole mi fece un effetto strano, non volevo interrompere quel momento. Poi però il ritornello arrivò e dovetti realizzare che il cellulare
squillava da troppo.
Mi alzai velocemente e da dietro la sdraio dov'era appeso il borsone tirai fuori il telefonino più scassato e solo del mondo. Nella fretta non vidi nemmeno chi fosse nello schermo.
- Pronto? -
- Haruno Sakura? -
Una fredda voce mi entrò prepotentemente nelle orecchie, acuta, sconosciuta.
Feci una smorfia e andai ad incrociare lo sguardo dei miei due amici che mi stavano guardando perplessi.
- Chi saresti tu? - domandai ricevendo in risposta un sospiro seccato.
- Non ha importanza, sei Haruno Sakura sì o no? -
Scoprii di avere i nervi a fior di pelle, la misteriosa interlocutrice non mi ispirava per niente. Se solo Naruto non mi avesse fatto cenno di proseguire avrei chiuso la chiamata.
- Sì, cosa vuole? -
- Oh bene, è a Konoha, giusto? -
Mi sembrava di essere in uno di quegli interrogatori della polizia, la donna aveva lo stesso tono e la stessa professionalità; mi domandai se non fosse davvero un ispettore e cercai di riportare alla memoria cosa mai potevo aver fatto di male.
Mi venne il dubbio che si trattasse di lavoro, di Los Angeles.
E poi saettò nella mia mente il nome di Itachi. Credevo che la cosa fosse chiusa... Credevo di non centrare più niente col caso Uchiha, con la droga trovata in grandi quantità nell'appartamento di Itachi giorni dopo il ritrovamento del suo corpo senza vita. Ero stata indagata perchè i giorni prima ero stata in quell'appartamento, avevo frequentato il
morto.
I ricordi mi invasero fastidiosi e a stento sentii la voce fredda della donna al telefono.
- Ma mi stai ascoltando?! -
- Sì, mi trovo a Konoha. Per piacere mi dica subito chi è lei, è della polizia? -
Naruto davanti a me lasciò cadere sulla sabbia l'asciugamano e per poco non mi tolse il cellulare di mano; lo mandai via con una spinta.
Hinata gli andò vicino e lo prese per u braccio sussurrando parole che non capii.
- Ha centrato l'obiettivo. Sono della polizia di Seattle -
Dovetti farmi ribadire il concetto. Mi rifiutavo di comprendere ed effettivamente mi trovavo in uno stato confusionale di non poca evidenza.
Riuscii solo a dirmi che se le cose stavano così Itachi non c'entrava niente.
- Seattle? E' sicura di non aver sbagliato persona? -
Evitai di osservare il mio migliore amico in volto, non volevo dargli a vedere che non ci stavo capendo niente. Guai se intercettava quell'assurda chiamata.
- Ha un minuto? Anzi, le dà direttamente del tu, odio dare del lei a
voialtri -
Mi lasciai cadere con la schiena contro il lettino e sospirando forte annuii.
Una parte di me, nonostante la paura, riponeva grandi cose in un qualsiasi cambiamento. Anche piccolissimo. Un qualsiasi cambiamento di situazioni, cose, persone.
Ecco una chiamata, una donna sconosciuta, una città degli Stati Uniti, la polizia.
- Mi dica tutto e per favore vada dritta al punto -
Quantunque volessi apparire sfrontata la voce mi uscì roca.
Ero eccitata e allo stesso tempo morivo dalla paura.
Fu la presenza dei corpi concreti di Hinata e Naruto, seduti al bordo del lettino, a donarmi la lucidità necessaria per affrontare una conversazione del destino.
Ancora non sapevo a cosa andavo incontro.


15 marzo 2009 – Los Angeles -
- Sapevo che alla fine saresti venuta -
Itachi osservò la donna
solo occhi, ossa e capelli rosa che aveva di fronte e fece un passo alla sua sinistra per lasciarla entrare in casa.
Quando lei gli passò accanto una zaffata di profumo alle fragole gli entrò dentro, costringendolo a chiedersi da quanto tempo non ricevesse visite femminili in quel lussuoso appartamento in centro a Los Angeles.
- Meno male che c'era il taxista, da sola coi mezzi pubblici mi sarei persa subito – disse Sakura facendo echeggiare più e più volte la voce cristallina sulle pareti dello spazioso salotto.
Le faceva un effetto strano essere in quel posto così ordinato e chiaro, si era immaginata tutt'altro. Aveva immaginato un salotto disordinato, un divano sgualcito, una televisione mignon e vestiti e oggetti sparsi ovunque. Invece lì dentro c'era dello stile: divano in pelle nera a ferro di cavallo in fondo alla stanza dinnanzi a un tavolino trasparente, un tappeto al centro stanza, in fondo una televisione al plasma, enorme. Dalla parte dove si trovavano loro, all'entrata, svettava una libreria bianca piena di libri.
Tutto così sobrio.
Sakura sentì la tensione smorzarsi, era abbastanza a suo agio.
- Devo ammettere che sei in perfetto orario – asserì Itachi guardando il grande orologio swatch che aveva al magro polso – diciassette in punto -
Le prese l'impermeabile rosso che appoggiò sul tavolo quadrato accanto alla libreria e la fece accomodare sul divano.
Rimase a guardarla in silenzio per un bel pezzo, cercando di scorgere in quei lineamenti sottili e in tutta quella magrezza la fonte dell'innamoramento di suo fratello. Una volta Sakura era molto più
colorata.
Rimanevano quegli occhi enormi, urlanti, troppo verdi.
Sakura si stava torturando le mani, sentirsi osservata dallo stesso sangue di Sasuke la mandava in subbuglio, credeva di essere giudicata, voleva sapere cosa egli stesse pensando.
- Bell'appartamento – disse di colpo, cercando timidamente di avviare un discorso qualunque nel disperato tentativo di rompere il ghiaccio.
Itachi le fu tutto sommato grato anche se avrebbe potuto continuare ad osservare quella donna per delle ore cercando di carpire la luce rabbiosa che quelle iridi speranza emanavano. Una luce repressa.
Ricordava che una volta, a Konoha, Sasuke gli aveva detto di conoscere gli occhi più
eccitanti al mondo. Più che eccitanti per Itachi sembravano appaganti.
- E non è finita qui, ci sono altre sei stanze ampie e moderne – disse in un tono che gli mise solo voglia di ridere. Era ridicolo a mettersi a discorrere di architettura...
- Okey, la smetto di tergiversare -
Sakura aveva notato la nota di impazienza nel corpo dell'Uchiha e non aveva nessunissima voglia di fare la figura della timida o agitata o... però era tutte queste cose messe insieme.
Non sapeva nemmeno doveva aveva trovato il coraggio di piombare in quella casa. (O disperazione?). Tutta colpa di Tsunade la quale le aveva dato un pomeriggio libero e aveva insistito perchè
lei sapeva.
- Non farti problemi -
Itachi finalmente si decise a sedersi e prese posto accanto a lei, sedendosi sul bordo del divano, girato per poter mantenere il contatto visivo.
In realtà Sakura non aveva alcuno scopo preciso perchè si trovasse lì, aveva semplicemente bisogno di parlare e più avanti avrebbe scoperto che aveva essenzialmente bisogno di
quella presenza che tanto sapeva di Sasuke.
- Come te la passi? Insomma, come va la vita? -
Lei che si interessava a Itachi, quando i giorni passati con lui in ospedale non aveva fatto altro che fuggirlo.
Eppure era sincera.
Itachi capì che ella non voleva andare a parare da nessuna parte e che, molto semplicemente, voleva sapere se c'era qualcuno che se la passava peggio di lei. Oppure provava semplicemente compassione. Ma egli non sopportava la compassione.
- Non molto diversamente da prima della morte di mio padre, solo che ora non lavoro più -
Sakura sgranò le iridi, così dilatate sembravano ancor più enormi su quel volto asciutto.
Così sciupata, lei, così leggera, eppure aveva uno sguardo sicuro e sfrontato, quasi saccente.
Itachi ricordava bene tale sguardo duro, degno di Sasuke Uchiha.
- Avete venduto la proprietà dell'azienda? -
Sincero interessamento, aggrapparsi anche alla più piccola informazione. Itachi pensò che di certo l'avrebbe delusa, non aveva grandi cose da dirle.
- Sì. Definitivamente venduta a Madara Uchiha, zio di mio padre – rispose sorridendo sprezzante sulle ultime parole.
Quello zio che alla fine, aspettando lunghi e lunghi anni, aveva ottenuto la sua amata azienda.
- E ora come fai? -
- Cosa vuoi che faccia, niente di particolare.
Vivo -
Sakura si ritrovò così catapultata nella voglia di immaginare la vita dell'Uchiha che aveva lasciato perdere il nome che egli portava con sé. Una vita diversa dalla sua eppure altrettanto instabile, forse.
Continuava a credere di fare una vitaccia, lei, che pure aveva un lavoro stabile, uno stipendio buono, una casa, dei familiari.
Amava autocommiserarsi, lo sapeva.
- Che lavoro ti sei trovato? -
Si pentì di aver fatto quella domanda, doveva risultare davvero troppo assillante.
Avrebbe avuto ragione, lui, a non risponderle.
- Dò ripetizioni di economia aziendale a dei mocciosetti del liceo, di sera faccio il buttafuori in un locale e poi... -
Itachi s'interruppe, fece roteare i misteriosi occhi di diverso colore alla volta del volto diafano di Sakura che s'era sporta verso di lui manifestando di pendere dalle sue labbra.
La aveva così vicina che gli sarebbe bastato un attimo per annullare la minima distanza che li separava ed assaporare il sapore della donna, constatare se anche su di lui quel sapore avrebbe fatto effetto come era successo con Sasuke. -
Sakura alzò un sopracciglio interdetta.
No, non s'aspettava proprio una risposta del genere.
- Cosa? -
Itachi fu sul punto di farlo davvero, annullare quella labile distanza, ma poi l'immagine invadente di suo fratello gli saettò nella mente costringendolo a ritrarsi e a fissare la televisione spenta dinnanzi a sé.
- Faccio l'addetto al suono -
A Sakura parve di essere piombata in tutt'altro mondo, un mondo anche più abbordabile laddove Itachi era un semplice trentenne che ancora viveva di mille lavoretti ma che era felice così, precario però selvaggio.
Si ritrovò a farsi i film mentali.
- Discoteca?
Itachi scosse la testa facendo ondeggiare qualche ciuffo nero scappato alla coda bassa.
- Hai presente ai concerti quello che sta dietro e si occupa di equilibrare i suoni? Ecco -
Si alzò calibrando istintivamente ogni movimento e si diresse alla libreria laddove, sull'ultimo scaffale, svettavano alcuni cd masterizzati.
- Oh sì metti su un po' di musica -
Sakura aveva seguito ogni movimento del ragazzo e ora fissava con speranza il cd che egli aveva tra le mani.
Sarebbe stato tutto meglio, con la musica.
Una semplice conversazione, un parlarsi. Non avrebbe mai creduto potesse essere
tutto così naturale. Nonostante il modo costantemente distaccato di fare l'uomo sembrava gradire la sua presenza, o almeno non ne era infastidito al punto di mandarla via.
Le parve di aver fatto una piccola ma importante conquista.
Eppure c'era qualcosa, in quelle lente movenze di Itachi, a mandarle in subbuglio lo stomaco. Qualcosa di oscuro, una cosa che egli teneva segreta.
Quel qualcosa era presente anche nelle pesanti occhiaie di lui, nelle spalle larghe ma magrissime, nelle labbra che a momenti si contorcevano in una debole smorfia, nell'occhio azzurro ghiaccio che congelava le emozioni.
Look at the stars, look how they shine for you...
Un pugno in pancia ed il cuore subito gonfio di sentimenti.
- Fix you – sussurrò Sakura sommessamente e in un attimo si lasciò trasportare dalle note. La sua anima risiedeva in tali note, ciò era privo di dubbio.
Un'enorme malinconia le mozzò il fiato.

- Non cambiare, ti prego – si allarmò Sakura vedendo Itachi armeggiare col telecomando puntato in direzione dello stereo sotto la televisione.
Con quella musica triste e piena in sottofondo l'uomo le parve talmente
effimero che ebbe paura di vederlo scomparire da un momento all'altro. La macchia oscura nell'essere di lui ora era più percepibile, era come un marchio indelebile che aveva intravisto anche in Sasuke. Una specie di buco nero che inglobava per un attimo ogni altra sensazione o emozione e lasciava l'individuo freddo, distante e poi disperato.
- Ino me lo ha detto -
Itachi provò piacere nel pronunciare così ad alta voce tale nome di donna ma non volle spingersi più in là. Ino era lontana, Ino
doveva essere felice.
Sakura non capì. Le rimbalzò per la mente soltanto quel nome.
- Che ami i Coldplay. Mi ha detto che ogni volta che sente la voce di Chris Martin attraverso qualche radio le vieni in mente tu e difficilmente sparisci -
Vedere la dottoressa Haruno Sakura gonfiare il petto e portarsi una mano davanti alla bocca in segno di un triste stupore fece uno strano effetto a Itachi. Si chiese come mai quella ragazza si fosse isolata dal mondo, dalle vecchie conoscenze. Come mai avesse reso tutto più complicato per un ragazzo che ad un certo punto non s'era fatta più vedere. Ma Itachi non poteva parlare, anch'egli complicava le cose: stava lontano da Konoha, da Ino Yamanaka e non aveva una ragione concreta per fare ciò. E poi chi mai lo avrebbe creduto se avesse detto che
Konoha gli faceva male senza Sasuke?
Lights will guide you home...

La canzone stava per finire, il cuore per svuotarsi definitivamente. Lei sapeva che era vicino il momento in cui la propria emozione indefinibile si sarebbe incanalata in un pianto stupido e a dirotto. Piangeva sempre, ad ascoltare tale canzone. E da masochista quale era con se stessa la ascoltava con tutta se stessa.
I will try...
- To fix you -
Lo dissero all'unisono.
Voce femminile mozzata dal pianto e bassa voce maschile si unirono momentaneamente, così straordinariamente intonate assieme. A Sakura piacque l'intrecciarsi delle loro voci. La confortò e le permise di lacrimare gocce più
dolci.
- Faccio pena, lo so – mormorò arrabbiandosi con se stessa.
Era proprio una donna depressa – si disse – doveva andare a farsi controllare da uno psicologo. Erano giorni che si proponeva di farsi dare una mano esperta.
- Non fai pena, sei semplicemente sciocca -

Itachi non si pentì minimamente di aver detto una cosa simile, lo pensava davvero.
Un po' come la canzone che era appena finita: quella ragazza aveva bisogno di ricostruirsi. Qualcuno avrebbe dovuto
rimetterla in sesto perchè adesso aveva perso la via di casa.
Sakura Haruno era una debole sciocca. Innamorata dell'amore romantico e per questo fregata.
E lui cos'era allora?
Di certo era più complicato e instabile di lei.
Viveva una vita che lo avrebbe portato all'autodistruzione.
Vita che tra l'altro aveva sempre meno voglia di vivere, senza un paio di occhi azzurri a ricordargli cos'era l'amore. Eppure lui stesso allontanava, tali iridi color del cielo. Non avrebbe potuto rivederle, non ne avrebbe avuto la forza. Come tornare per poi ripartire? Come fermarsi a Konoha se era sempre ripartito?
Viveva un circolo vizioso che stava per chiudersi. Di questo era assurdamente convinto.

   
 
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