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Autore: __Aivlis    10/10/2011    2 recensioni
E in quella serata qualcosa di grande era cambiato. Ora c'erano i Paramore, qualcosa di più di tre strumenti messi inseme, qualcosa di concreto in cui confidare, qualcosa in cui riporre le proprie aspettative. Erano loro a combattere contro il mondo, a discapito di tutto quello che sarebbe potuto succedere.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Jeremy Davis, Josh Farro, Nuovo Personaggio, Zac Farro
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer. I fatti riportati di seguito non sono fatti realmente accaduti. La maggior parte delle cose narrate è di mia inventiva pertanto non vi venga in mente di copiare quello che ho scritto perché tanto vi scopro ^^. Frannie è l'unico personaggio di mia invenzione in questo capitolo. Hayley Williams, Josh e Zac Farro e Jeremy Davis sono personaggi realmente esistenti ma con questo scritto non intendo dare un'idea neanche vaga del vero carattere dei personaggi, e non scrivo a scopo di lucro.

Avvertimenti. Questo è il primo capitolo della mia prima fanfiction in questa sezione e spero davvero che vi piaccia. Ho cerato di attenermi quanto più possibile alla realtà ma sono finita con lo stravolgere completamente tutto. Forse potrà capitare che certi dati non coincidano con quelli reali per motivi tecnici (chiedo venia). Buona lettura.

*


Dicembre 2003, Franklin.

Si guardarono negli occhi per l'ennesima volta, proprio come facevano due amici che si conoscevano da una vita. Nessuno che fosse estraneo avrebbe mai detto che la loro amicizia era iniziata da poco più di quattro mesi. In fin dei conti il tempo conta poco quando ci sono di mezzo i sentimenti. Per Josh, Hayley era “quel folletto spuntato fuori dal nulla che gli aveva sconvolto la vita”, e anche dopo soli quattro mesi poteva dire di volerle bene come alla sorella che non aveva mai avuto. 
Hayley si alzò dalla poltrona su cui era seduta e si avvicinò a Zac, il fratello di Josh.
« Allora, vogliamo combinare qualcosa: sì o no? »
Gli si era parata davanti in tutta la sua bassezza, approfittando del dislivello causato dal fatto che lui stava ancora poltrendo sul divano. Aveva puntato le mani sui fianchi e spostato il peso su una sola gamba, scrutandolo con quegli occhi furbi e vispi. 
« Agli ordini! » aveva replicato Josh, osservando la scena da qualche metro più in là, evidentemente divertito. 
Zac si alzò passando a pochi centimetri dal volto di Hayley, costringendola ad alzare lo sguardo di qualche centimetro.
« ...ma ricorda che rimarrai una nana a vita. » le aveva detto Zac, come per completare l'esclamazione del fratello.
Hayley aveva arricciato leggermente il naso e storto la bocca e si era voltata passeggiando lentamente verso il suo microfono. Intanto, i due fratelli si erano lanciati un'occhiata incisiva che entrambi erano stati in grado di decifrare al volo.
Sin da quando Hayley era arrivata in città i due erano stati subito d'accordo sul fatto che la ragazza fosse un uragano senza pietà, ma nel senso buono. Stare con lei era come entrare in una lavatrice in piena centrifuga, e poi è ovvio che quando ne uscivi ti sentivi un po' scombussolato rispetto a prima, anche solo per un secondo, e avevi il bisogno di riprendere il fiato. Lei era esattamente così, era l'effetto che faceva su tutti. Ti sapeva travolgere con il suo carattere deciso e, più di ogni alta cosa, con la sua voce divina. Era così che si trasformava ogni volta che prendeva in mano un microfono; se prima era la piccola fiamma da proteggere – ma da lontano, per non rischiare di bruciarsi –, allora diventava la valanga che ti trascinava giù con lei. Hayley era tutte queste cose messe insieme, condite con il rosso vivo dei suoi capelli che la rappresentava in pieno. 

« Facciamo qualcosa dei Foo Fighters? » 
« La conosci The Pretender? » 
« Sì, quella va bene » 
Quando Hayley iniziò a cantare, Zac si chiese come facesse ad adattare perfettamente ogni singola canzone che le veniva in mente in base alla sua tonalità di voce. In una parte del suo cervello era convinto che se le preparasse tutte a casa per impressionarli come solo lei sapeva fare.
Hayley era stata, per Zac, la ventata d'aria buona che gli serviva. Era arrivata così, senza “ma” e senza “perché”, e lo aveva smosso dalla sua staticità proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno. E se prima la sua vita era vuota e grigia, vissuta solamentre tramite gli occhi del fratello, ora era come vivere in un uragano ventiquattro ore su ventiquattro. Lui, Josh ed Hayley erano diventati così i tre moschettieri della situazione. Sempre insieme, incondizionatamente, e non solo perché Hayley non aveva molti amici in quella nuova città, ma soprattutto perché tra di loro c'era quell'alchimia speciale che si ha con poche persone. E con lei, anche il rapporto tra i due fratelli era cambiato, in un certo senso. 
Se avessero dovuto fare una paragone, avrebbero preso sicuramente come esempio il burro di arachidi nel toast (perché Hayley adorava il burro di arachidi) in cui Josh e Zac facevano la parte delle due fette di toast e Hayley era il burro di arachidi che mancava per tenerli insieme. 
« Ottima scelta, e mi siete piaciuti! » 
Lei era tutto ciò che era mancato nelle loro vite per essere perfette.
« A dire la verità oggi non ho proprio voglia di suonare, credo di non stare tanto bene » 
« In effetti sei un po' bianchino, Josh » aveva ironizzato Hayley. 
Le era sempre piaciuto prendersi gioco di quei due. In qualche modo si era sempre sentita la “piccoletta” del gruppo, aveva trovato un rifugio tra le braccia dei due fratelli Farro, proprio quello che le era servito sin da subito quando era ancora la nuova arrivata in quel piccolo paesino. 
I primi tempi che aveva trascorso a Franklin erano stati a dir poco infernali. Per una ragazza di quindici anni, approdare di punto in bianco in una nuova città poteva essere qualcosa di veramente traumatico. Era un po' come saltare da un muretto leggermente troppo alto: rischiavi di farti male se non c'era nessuno a riprenderti al volo. Lei da quel muretto ci si era dovuta buttare necessariamente da sola, ed era stato un volo anche troppo alto, per i suoi gusti. 
Nella sua vecchia città aveva le sue amiche, senza le quali non usciva mai. Aveva il carattere carismatico del leader, ma non esiste leader senza il suo gruppo, e così lei era cresciuta: con un gruppo a proteggerla, sempre e comunque. Ma il leader dovette presto abituasi ad una nuova realtà.
La cosa buffa, era che Josh e Zac erano quelle persone che l'avevano presa al volo giù dal muretto, solo che erano stati inaspettati e anche un po' in ritardo.
Camminare per i corridoi di una scuola sconosciuta era stata l'esperienza peggiore che Hayley avesse in memoria, ma già da subito aveva potuto toccare con mano il carattere sferzante di quella città fatta di lustrini e arcobaleni fuori, ma che dentro, nel suo nucleo, era assetata di qualcosa di necessariamente più losco e oscuro. E così Hayley aveva fatto presto a ritrovarsi al centro dell'attenzione della gioventù di Franklin. 
Quando i due fratelli Farro le si erano avvicinati, una mattina, nel corridoio scolastico mentre riponeva i suoi libri nell'armadietto, Hayley aveva avuto anche un po' paura.
La prima impressione che ebbe di loro fu un flash d'infanzia: PincoPanco e PancoPinco di Alice nel paese delle meraviglie. Le sembravano proprio loro. Non erano gemelli, ma era palese il loro legame di fratellanza, e si erano avvicinati a lei come due soldati di un battaglione: spalla a spalla, formando un muro umano invalicabile. Erano questi due ragazzi, alti almeno dieci centimetri in più di lei – o forse anche quindici – che si erano fatti avanti e le avevano detto: « Ciao, tu sei Hayley, vero? Quella nuova? » 
« Noi siamo Josh e Zac Farro e ci chiedevamo se le voci su di te fossero vere » 
« Perché se così fosse, sarebbe davvero fico! Nel senso, se io avessi una collezione di ragni in camera ne andrei molto fiero e la farei vedere a tutti » 
Parlavano a sincrono, uno dopo l'altro, proprio come il cartone animato a cui assomigliavano, e presero Hayley in contropiede nonostante anche loro fossero evidentemente nervosi. 
Hayley non sapeva cosa rispondere. Era rimasta scioccata dal fatto che ci fosse gente che mettesse in giro voci su di lei, ma ancora di più per il fatto che queste voci dicessero di una sua presunta collezione di ragni. 
« Ah.. b-bhe.. » 
Nonostante tutto, quale occasione migliore per farsi degli amici? A distanza di tempo Hayley non andava fiera di quello che aveva fatto, ma non rimpiangeva niente. 
Cercò di mostrarsi più naturale possibile e prese la palla al balzo.
« .. in effetti è vero. Io.. io ho.. molti ragni a casa mia.. molti, davvero molti.. » 
« Oh ma è fantastico! » esclamò Zac.
« Magari un giorno potresti... ecco, non so... farceli vedere.. » lo incalzò il fratello.
Ed era stato così che si erano conosciuti, e in un certo senso la loro amicizia era basata su una menzogna. Menzogna che però era costata ad Hayley un pomeriggio di fatiche per distogliere i due fratelli dal voler vedere a tutti i costi questi fantomatici ragni. Le ci vollero sei ore e una montagna di scuse per sviare il discorso, ma alla fine era riuscita ad arrivare a fine giornata ancora tutta intatta, solo con due amici in più. 
Il giorno dopo andò da loro e gli disse la verità, malgrado il rischio di tornare ad essere sola. 
Forse fu proprio questo che conquistò Hayley, il fatto che i due Farro, dopo la sua ammissione di verità, non se ne andarono come lei stessa si aspettava. 
« Troveremo qualcosa di meglio da fare » le aveva risposto Josh. E agli occhi di Hayley, i due ragazzi divennero due eroi mascherati pronti a tutto per difenderla.
Dopo quel pomeriggio, Hayley non ricordava giornata che non avesse passato con loro almeno in parte.
« A che pensi? » 
La voce del più grande dei fratelli, Josh, la ridestò da quella valanga di ricordi così recenti.
« A niente.. » 
Hayley alzò lo sguardo sugli occhi di Josh e lo abbassò al suolo subito dopo. 
« Allora noi andiamo.. ci vediamo domani a scuola » 
« Sì. A domani, e ricordatevi gli appunti di scienze! » gli urlò dietro guardandoli uscire dalla piccola porta di metallo del garage. Li vide correre incontro ad un tramonto più bello del solito. 
Dopo poco, uscì anche lei. Si allontanò a piccoli passi dal viale interrato del garage e risalì il lieve pendio fino ad arrivare al giardino di casa. Rimase affascinata dalla prospettiva che le si parò davanti: il cielo era rosso, di una rosso passione che lentamente sfumava in rosa e poi celeste, e questa luce riflessa sulla piccole e leggere nuvole sembrava volerle ricordare che aveva finalmente trovato qualcosa di bello. Bello come un'amicizia vera. Anzi, due al prezzo di una.
Pensò che forse trasferirsi a Franklin poteva essersi trasformato dalla cosa più butta del mondo a quella più bella.

*


Hayley guardava l'intera sala mensa dal suo angolo – in alto a destra, per la precisione – come ogni giorno. Ormai, quel piccolo rettangolo di sala era diventato il loro. Era di certo il posto più brutto e più triste dell'intera sala, e forse era per quello che nessuno ci si era mai seduto prima, se non in caso di emergenza, ma a loro non importava. Erano loro tre, chiusi nel loro mondo, e la felicità in quell'angolo buio la portavano da casa. Gli bastava essere insieme per divertirsi.
Il cibo della mesa poteva essere l'unica nota negativa di quei momenti insieme, ma alla fine bastava non pensarci e ricordarsi che mangiare serviva a nutrirsi e che era assolutamente necessario. O meglio, questo era quello che Zac le ripeteva sempre, ogni volta che si rifiutava di pranzare e lasciava il vassoio a qualche centimetro da lei, incrociando le braccia al petto in segno di protesta. I due fratelli in questo erano molto più pratici, per loro non faceva differenza un'aragosta succulenta o un piatto di piselli verdi molto più simili a plastica che a verdure. Non che Hayley fosse abituata a mangiare da Dio tutti i giorni, nella sua vecchia città, ma perlomeno era cibo commestibile.
Il cibo era stato uno dei primi fattori che le avevano fatto odiare quella scuola, e di conseguenza anche quella città. Lei non avrebbe mai voluto lasciare il posto in cui era cresciuta, ma “cause di forza maggiore” - come le aveva denominate suo padre riferendosi al suo maledettissimo lavoro - li avevano obbligati a fare le valigie e trasferirsi. 
Hayley guardò fuori dalla finestra il cielo grigio: in qualche modo i temporali le avevano sempre tirato su il morale, e Josh non aveva fatto altro che prenderla in giro per questo, ripetendole all'infinito che era un paradosso vivente, ma a lei piacevano da pazzi. 
Se si fermava un secondo in più a scavare nella sua memoria, si accorgeva di molte coincidenze strane. Tutti i fatti importanti della sua vita avevano avuto un unico sfondo, che sapeva benissimo riconoscere in una giornata di pioggia. Tante volte aveva dovuto sorbirsi i discorsi di sua madre sulla predisposizione al cambiamento che avrebbe potuto assumere grazie al buonumore derivante dalle giornate piovose, ma erano tutti discorsi che non facevano parte del suo essere. Per Hayley, era solo il destino.
Tornò con l'attenzione all'interno della sala e allungò leggermente il collo per scrutare la situazione quando il suo sguardo incrociò quello di un un ragazzo, probabilmente più grande di lei. Non lo aveva mai visto in giro. Stava seduto sulla sua sedia, con i gomiti appoggiati al tavolo ed un braccio abbassato verso l'interno. L'aveva guardata con quegli occhi per un istante solo - attirato forse dalla sua chioma fulvia -, e poi aveva subito abbassato lo sguardo, tornando a parlare con i suoi amici. Era stato un contatto durato forse una frazione di secondo, ma in quel lasso di tempo, Hayley si era bloccata e contemporaneamente aveva memorizzato la sua barba incolta e il cappello di lana fascirgli la testa. C'era qualcosa in quel ragazzo che la incuriosiva. Non era attrazione, era meglio descrivibile come voglia di tornare indietro ad un passato che le era stato portato via. Per qualche strano, assurdo motivo, quel ragazzo le ricordava la sua vecchia Meridian. 
« Hayley, torna tra noi » 
Una mano agitata davanti al suo volto le coprì la visuale, mano che poi ricondusse al braccio di Josh. 
« Ehi, ci sei? » 
« Sì, ehm.. scusate, mi ero distratta »
« Stavamo dicendo che gli U2 sono un band rivoluzionaria! Vero Zac? » 
« Sì, assolutamente! Mi hanno cambiato la vita, dico sul serio » 
Nessun discorso su alcun tipo di musica sarebbe stato in grado di distrarla da quel pensiero fisso che le si era insinuato in testa. C'era quel volto impresso nei suoi pensieri. E più ci pensava più la malinconia la portava via con sé, e una voragine le si apriva nello stomaco. 
« Scusate ragazzi, io devo andare, mi sono ricordata di dover passare per casa prima di iniziare lezione. Ci vediamo, eh » 
Se ne andò nel giro di mezzo secondo lasciando i due fratelli con il discorso ancora in bocca. 
« Certo che è strana, però » 
« E te ne sei accorto solo adesso? » lo derise Josh dandogli una bonaria botta in testa. 
Hayley non aveva dato peso alle repliche dei suoi amici. Semplicemente, aveva preso i suoi libri in mano, la borsa in spalla e si era avviata in tutta fretta verso l'uscita della sala, lanciando un'occhiata furtiva alla sua destra per vedere se il misterioso ragazzo fosse ancora lì, ma come in ogni film che si rispetti, era sparito. 
Hayley si chiedeva se fosse possibile che un volto le avesse fatto tornare in mente sedici anni della sua vita. Si chiedeva se fosse giusto che dopo tutto quel tempo passato a stipare i suoi ricordi in un cassetto ormai pronto ad esplodere; dopo tutte quelle fatiche, fosse arrivato qualcuno, di punto in bianco, e lo avesse fatto scoppiare. 
Aveva in testa mille immagini, di vie, di piazze, volti che aveva cercato con tutta se stessa di dimenticare, e fino a quel momento aveva creduto davvero di esserci riuscita, ma quando arrivi ad un punto del genere, quando ti senti gonfia come un palloncino di ricordi sottovuoto basta poco a farti esplodere. 
Camminava sul corridoio con passo spedito quando sentì che non riusciva più a trattenersi. Approfittò del fatto che non ci fosse nessuno per chiudersi in bagno e piangere fino a farsi sanguinare gli occhi. 
Si chiuse l'ultima porta alle spalle e scivolò con la schiena contro il muro, proprio accanto al water. Si sentiva una stupida a reagire così, dopo tutto quel tempo.
Quattro mesi di un'esistenza possono bastare a mandarla in frantumi? Lei era stata convinta che tutti i suoi sforzi l'avrebbero ripagata, e solo adesso la realtà le veniva sbattuta in faccia con una brutalità senza eguali. 
Pensava alla vita che aveva lasciato, al futuro che non le era stato concesso, alle sue amiche, quelle di una vita, con cui pensava sarebbe cresciuta e morta. 
« Promettimi che staremo per sempre insieme » 
« Per sempre, sì! » 
Quelle voci di bambina si facevano largo nella sua testa in una maniera troppo prepotente e le rimbombavano nelle orecchie. 
Ricordava i piani per il futuro che si erano fatte, progetti che sarebbero comunque andati in fumo, ma che a loro piaceva credere possibili. Era un illusione alla quale Hayley non era stata pronta a rinunciare. 
Cercò tra tutti i fogli e ai libri che aveva fatto cadere atterra un pezzo di carta pulito su cui scrivere, mentre alcune lacrime bagnavano il pavimento e tutto ciò che toccavano. 
Scrivere era stata la sua salvezza, da quando aveva sei anni. Una delle poche cose, a parte la musica, che erano in grado di sfogarla in qualsiasi circostanza. 
Era così che faceva, quando stava male, prendeva il primo pezzo di carta nel raggio di un metro e iniziava a scrivere frasi sconclusionate. Nella sua mente da adolescente sognava che un giorno, quelle stesse frasi potessero diventare testi di canzoni scritte da lei. Ed era un pensiero che fino a poco tempo prima avrebbe detto irrealizzabile, ma con Josh e Zac stava diventando, piano piano, la realtà di tutti i giorni. 
When we get home I know we wont be home at all. This place we live it is not where we belong”, le prime due frasi che le erano venute, così, di getto.
In cima al foglio un solo nome, il nome che odiava e amava al tempo stesso, il nome che le stava cambiando la vita in bene e in male. “Franklin”.

*


I giorni avevano improvvisamente cominciato a scorrere veloci, ed Hayley aveva capito che quando hai uno scopo, un motivo per alzarti la mattina e trascinarti fino a scuola, il tempo si ristringe a tal punto che in un battito di ciglia è già sera. Quando vivi la giornata solo per quelle poche ore in cui sai di poter soddisfare la tua sete, allora il mondo comincia a farsi un po' più interessante.
Era passata una settimana da quando Hayley aveva visto Jeremy per la prima volta. Jeremy, era così che si chiamava, lo aveva scoperto pedinandolo invece di andare a lezione, vedendo quali corsi frequentava e andando poi a cercare sue informazioni sugli archivi scolastici. Un lavoro che le era costato molto tempo e il rischio venire sospesa per essersi intrufolata clandestinamente nella segreteria scolastica. Ma ci era riuscita, ed ora aveva un nome da associare a quel volto. 
Jeremy era un ragazzo come molti. Aveva qualche anno in più di Hayley e il fatto che avesse già la barba gli conferiva un aria molto più affascinante, nella testa di Hayley.
E così aveva passato una settimana: spiandolo furtivamente – cercando di non farsi accorgere da Josh e Zac -,  studiando ogni sua mossa e ogni suo spostamento per così tanto tempo che poteva dire di conoscerlo da una vita. 
L'idea che i fratelli la scoprissero in qualche modo la terrorizzava. Il loro rapporto era uno tra i più forti legami che era mai riuscita a costruire con qualsiasi persona, ma al tempo stesso era un'amicizia così strana che non sapeva bene come comportarsi. Erano una squadra, tutto qui. 
Fino a quel momento non si era mai posta problemi di quel genere. Più semplicemente, non se la sentiva di confessargli la presenza di un altro ragazzo nella sua vita, qualcuno che non fosse uno di loro, e se non fosse stato che il suo cervello era per forze di cose collegato con le sue azioni, sicuramente non avrebbe voluto dirlo neanche a se stessa.
Quella mattina, invece, era diversa. Si era svegliata con una strana sensazione, e per l'ennesima volta si era sentita stupida. Infondo chi era lei? Una ragazzina che si divertiva ad improvvisarsi stalker, e per cosa? Per conoscere da vicino la vita di un perfetto sconosciuto che non si sapeva per quale assurdo motivo le ricordava com'era la sua vita prima di trasferirsi a Franklin. Tutta quella faccenda non aveva senso. Si sentiva dannatamente schiava dei suoi ricordi e fin troppo suscettibile. Non era abituata a venire dominata da altre persona, e non sarebbe stato di certo questo Jeremy a cambiare le regole della sua vita. Ed era stato forse per quello che si era decisa a porre fine a quell'agonia. Avrebbe smesso di cercarlo con lo sguardo, di seguirlo, e di fare qualsiasi cosa che avesse avuto a che fare con lui.
Ripensava ai suoi stessi ragionamenti mentre riponeva i libri del giorno nel suo armadietto, poi prese quelli della prima lezione e lo richiuse. Si avviò verso la classe di Storia con la mente forse un po' troppo tra le nuvole, perché non si accorse neanche quando andò a sbattere contro qualcosa o contro qualcuno. I suoi libri caddero rovinosamente a terra e stette lì a fissarli per una frazione di secondo prima di alzare lo sguardo su quel ragazzo che le stava chiedendo ripetutamente scusa. E quando mise a fuoco la vista rimase un attimo con le parole in bocca. 
« Scusa, non volevo. Sono tremendamente in ritardo, non guardavo dove stavo andando e.. » 
Parve arrestarsi nel momento esatto in cui i suoi occhi incrociarono quelli di Hayley. Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio.
« No, no. Ehm, non ti preoccupare, non è niente.. »
« Sono davvero molto in ritardo, scusa. Ma prometto che prima o poi mi farò perdonare » prese a dire mentre si abbassava a raccogliere un libro, poi si alzò e glie lo porse. « Adesso scappo, ci vediamo ». Sorrise, e in meno di una manciata di secondi si era già dileguato. 
Ed ecco che era bastato uno sguardo durato una frazione di secondo a smontare i ragionamenti di un'intera nottata insonne. Tutte le sue convinzioni e le sue prese di coscienza distrutte in meno di un attimo. E se prima si era sentita una stupida, ora era davvero convinta di esserlo.
Si accorse di essere in ritardo quando nel corridoio cominciò a non esserci più nessuno. Strinse a sé la piccola pila di libri e abbassò la testa mentre si avviava verso la classe, con aria disarmata e rassegnata. 
La prima lezione di quel giorno fu una delle più strazianti a cui aveva mai partecipato. Tralasciando la sofferente spiegazioni del signor Hammer sugli atomi di carbonio, il problema principale dell'agonia di Hayley era da ricercare in quei dieci secondi di fuoco che aveva appena passato. Si disse che sbattere addosso ad un armadio a due ante già non era un buon modo per iniziare la giornata, se ci si aggiungevano tutti i suoi buoni propositi e le intenzioni di non incentrare più la sua giornata su quello stesso armadio – fattore su cui Hayley aveva tanto a lungo lavorato –, poteva benissimo constatare che quella giornata sarebbe stata inevitabilmente lunga e sofferente.
Dopo aver passato quasi l'intera prima mezz'ora a tamburellare nervosamente con la matita sulla pila di libri che era rimasta intatta sul suo banco, le venne in mente qualcosa da fare. Prese a rovistare tra le sue scartoffie in cerca di un foglio ben preciso. Quando lo ebbe trovato provò la stessa sensazione di quando si sta per leggere l'ennesimo capitolo del proprio libro preferito. 
Ripensò alla settimana precedente e a quello che era successo, al suo ennesimo pianto chiusa in quel lurido bagno del piano mensa, e si chiese se tutta quella sofferenza sarebbe mai finita. 
Con i fratelli Farro aveva trovato il suo porto sicuro, il suo appiglio per non sprofondare nel vuoto. Ma come faceva quando loro non c'erano e tutta quell'aura di protezione che l'avvolgeva, improvvisamente spariva? Faceva ciò che aveva fatto quel giorno: piangeva, o si dedicava alla ricerca di un perfetto sconosciuto. A volte immergersi nelle vite degli altri ci viene più facile che guardare dentro alla nostra, perché viste da fuori quasi tutte le storie appaiono più brillanti. 
Lesse velocemente la prima riga in quella calligrafia sconnessa che tanto era mutata durante gli anni. 
When we get home I know we wont be home at all”
Franklin non era mai stata casa sua. Josh e Zac, loro sì. Ma non quella città. Non si era mai fidata dei prati verdi illuminati dal sole, né dell'aria fresca della campagna. Non aveva mai nemmeno provato a farsela piacere. Il suo era un rifiuto categorico che non accettava obiezioni. Non si era fatta ammaliare, tutto qui, non ne aveva avuto il coraggio. Avrebbe significato tradire la sua vita, quindi se stessa. E per colpa di quei piccoli punti presi che componevano il suo naturale carattere era ferma in uno stato a tratti vivo e a tratti morto. Buio senza i suoi due eroi, bello quando le erano attorno. Franklin non era il suo posto, e in cuor suo sapeva per certo che non lo sarebbe mai stato. 

*

 

« ...e quindi alla fine ci ha rinunciato. Non so voi, ma io con una classe come la mia mi sarei licenziato »
« Vedi, Zac... non tutti hanno paura di un branco di adolescenti urlanti e in piena crisi ormonale! » gli aveva risposto Hayley, divertita.
Zac aveva fatto spallucce di rimando e si era avviato verso la sua batteria. 
Lui aveva sempre questi comportamenti così particolari agli occhi di Hayley. Era spensierato, e, forse per i suoi quattordici anni che non dimostrava affatto, forse per quel suo modo di essere estremamente leggero, in certi sensi, infondeva in Hayley una sensazione di calma profonda. Aveva su di lei lo stesso effetto del profumo di rose o di caffé alla mattina, sembrava risvegliarla da quel torpore buio in cui poltriva. Si sentiva viva accanto a lui. 
Pochi metri più avanti Josh accennava a qualche accordo con la sua chitarra. Lui invece era il fratello che non aveva mai avuto. Era un po' come avere un'amica donna al fianco. Se lei iniziava a parlargli di smalti o vestiti, lui finiva inevitabilmente per calarsi nella parte e assumere quell'aria lievemente effeminata di cui, subito dopo, si vergognava. Fissava per pochi secondi un punto fisso nello spazio e sembrava realizzare in cosa Hayley stesse cercando di trasformarlo, e allora scuoteva la testa e imprecava ad alta voce. Era una scena che si ripeteva di continuo, forse per quel potere che Hayley aveva di ipnotizzare le persone e persuaderle nel tentativo di fargli fare cose che in uno stato di coscienza non farebbero mai. 
Hayley si voltò, prima verso l'uno poi verso l'altro, e sorrise.
« Per vostra informazione, tra meno di due settimane compio sedici anni! » 
Josh smise di colpo di suonare e la guardò confuso.
« E ce lo dici adesso? » le disse, preoccupato.
« Certo! Quando, sennò? » 
« Magari con qualche settimana in più di anticipo? » aggiunse Zac, anche lui evidentemente scosso.
Come avrebbero fatto ad organizzare il compleanno del secolo in così poco tempo? Tutti sapevano che i sedici anni erano un traguardo, e se Josh guarda indietro di un anno ricordava ancora bene la sua festa. Era stato qualcosa di completamente fuori di testa, una delle feste che non avrebbe mai dimenticato. E voleva che fosse così anche per la sua Hayley. Aveva sempre voluto il meglio per lei, fin da quando aveva iniziato a capire che poteva essere una persona importante nella sua vita, perché aveva avvertito la sua inesorabile bontà, sotto la scorza da ragazza dura.
« Ehi, calmatevi! Avete delle facce... » 
Hayley si voltò lentamente e andò a recuperare le sue cose da sopra la panca vicino all'entrata del garage. 
Intanto, Josh e Zac si scambiarono uno sguardo di intesa, leggendo uno nella mente dell'altro.
Josh parve ripensarci e cambiò subito argomento.
« Che giorno è di preciso? »
« Il 27 » rispose Hayley sovrappensiero mentre impilava ordinatamente tutte le sue scartoffie.
« Avevi in mente qualcosa di particolare? » disse Zac, rimbeccando il fratello.
« Nah, niente di che. Magari usciamo, come al solito »
« Ci sarebbe un gruppo della zona che suona all'Underground, sai quel locale a pochi isolati dalla scuola? »
« Mh, ci si può fare un pensiero. Domani mi spiegate tutto per bene. Adesso devo andare a studiare Biologia, perciò ci vediamo a scuola »
Hayley sorrise e i due fratelli Farro la videro sparire oltre la porta di metallo. 
« Siamo davvero nella merda, vero? » chiese Zac al fratello.
« Come diavolo facciamo ad organizzare tutto in meno di una settimana e mezzo? » 
« E dobbiamo anche comprarle un regalo che non ci faccia passare per degli idioti » 
Quel piccolo particolare inutile era, nella testa di Josh, un problema insormontabile. Non vedeva via d'uscita: sarebbero arrivati il giorno del suo compleanno con uno stupido “regalo dell'ultimo minuto” al quale lei avrebbe reagito esclamando: “wow, è bellissimo”, e così il suddetto regalo sarebbe andato a fare compagnia agli altri regali di zie e nonne, nell'angolo più buio del ripostiglio, lì dove sostavano tutti gli oggetti inutilizzati. E quella prospettiva lo terrorizzava. 
Per una persona normale, una settimana e mezzo sarebbe stata abbastanza, ma tutti sapevano che Josh non lo era affatto.

 

*


Hayley aveva visto la locandina del concerto al quale Josh e Zac volevano portarla, appesa alla bacheca scolastica, sullo spazio dedicato agli annunci degli alunni, il fatto che si trovasse proprio accanto a quello del club di scacchi non aveva fatto che aumentare la sua diffidenza. 
Si trattava di un gruppo di poco rilevo di nome “The Factory”, attivo da poco più di un anno, di cui facevano parte alcuni ragazzi dell'ultimo anno. Niente di esaltante ma, a detta di Josh, sarebbe stata un'esperienza che avrebbe migliorato l'apporto vocale di Hayley nel loro gruppo.
« Perché? Noi abbiamo un gruppo? » gli aveva risposto Hayley, serafica. 
« Non fare l'ironica. Vedere una donna all'opera è un occasione rara. Almeno ti sentirai meno... moralmente sola quando faremo il nostro primo live »« Certo, porterò con me il vago ricordo di un concerto a cui ho assistito svariati anni fa in cui si esibiva un'anonima cantante. Ma dovrei ricordarmi sicuramente di lei, perché cavolo, era una ragazza! No, Josh, non attacca.. Non vedo cosa possa esserci di bello in una serata del genere »
« Senti Hayley, mettiamola così: è il tuo compleanno e non ti farei mai fare qualcosa se non avessi la certezza assoluta che ti divertirai come non mai, va bene? Non dico che sarà la serata della tua vita ma ti garantisco che sarà bella »
Hayley aveva guardato fuori dal finestrino dell'auto, rassegnata. 
« Va bene » il suo occhio cadde sul contachilometri « ma vai piano che ancora non mi fido ad entrare in macchina con te »
« Solo se mi prometti che verrai »
« Certo che verrò! Voi siete l'alternativa più allettante », sorrise.
« Meglio così... »
E fu in quel preciso instante, nel momento esatto in cui Josh aveva distolto lo sguardo dalla strada e l'aveva rivolto a lei, sorridendo, che  si era resa conto di cosa sarebbe stato per lui sapere che nei pensieri di Hayley c'era spazio anche per qualcun altro. 
Il loro rapporto era sempre stato qualcosa di così particolare che entrambi avevano sempre fatto difficoltà a definire, ma sicuramente non avrebbero potuto dire che tra loro non ci fosse una punta di malizia non dichiarata. Loro due si piacevano, quello era scontato, ma era sempre stato un sentimento soffocato dalla paura di Hayley di tuffarsi in qualcosa di cui nemmeno lei era sicura, e da quella di Josh di perderla ancora prima di averla imparata a conoscere. Ma a loro non importava, era un equilibrio in cui si trovavano bene entrambi, finché nessuna forza esterna interveniva, e forse la paura di Hayley che Jeremy avrebbe potuto rappresentare una minaccia per quel meccanismo perfettamente incastrato non era poi così infondata. Josh si sarebbe sentito tradito da quell'attaccamento morboso che Hayley aveva nei confronti di quello che Jeremy rappresentava per lei, ovvero un porto sicuro dove nascondersi, qualcosa che fosse in qualsiasi modo molto più stabile di ciò che Josh e Zac potevano offrirle. E allora avrebbero sofferto entrambi, ognuno per un motivo diverso, e non avrebbero potuto fare niente per cambiare le cose. Perché se non potevano fare niente per dare una svolta a quella situazione quando le acque erano calme, non avrebbero potuto farlo neanche quando il mare era in tempesta. 
Hayley aveva paura – ed era la prima volta da quando era in quella città – di perdere quei due fratelli mancati che l'avevano sempre sostenuta, e allora capì di aver trovato qualcosa di cui essere gelosa, qualcosa da preservare fino alla morte pur di costruirsi un angolo di mondo solo per lei, dove poter reinventarsi daccapo e leccarsi le ferite di quel trasferimento, finalmente in pace. 
Erano entrati da poco nel locale e già potevano distinguere una piccola folla di persone. Sembrava quasi che quel gruppo, i The Factory, potessero vantare una discreta quantità di fan che urlavano il loro nome sotto il palco. Hayley pensò che infondo non sarebbe stata una brutta serata: c'era molta gente, da bere a metà prezzo e quella che poteva prospettarsi buona musica. Sarebbe stato un buon modo per dimenticare tutti i dilemmi e i castelli in aria della settimana precedente. Era arrivato il momento di voltare pagina e chiudere una volta per tutte il capitolo Jeremy. 
Di lì a qualche qualche giorno sarebbe stato natale, lo avrebbe festeggiato con i suoi per la prima volta da quando erano a Franklin e il clima rigido sembrava far calare bene nella parte tutta la città. Sarebbe stato un bel fine anno, il lieto fine del primo capitolo con il suo sguardo da “ce l'ho fatta” perennemente stampato in faccia. Ma per il momento, Hayley si sarebbe limitata a godersi quella serata al meglio con i suoi due nuovi migliori amici.
« Ehi, Hayley, prendiamo un tavolo..? » disse Zac, svegliandola dai suoi pensieri. 
« Come? Ah, sì... » 
« Cos'hai, Hayls? Sei strana oggi.. » Josh la osservava pensieroso mentre si dirigevano verso il primo tavolo libero. 
« No, niente.. » 
Josh la guardò più intensamente una volta che furono seduti. 
« Ragazzi, io vado ad ordinare. Il solito, no? »
« Sì, Zac.. » gli rispose Josh, senza guardarlo in faccia. « Non fare la furba con me, ti conosco abbastanza da sapere che c'è qualcosa che non va » continuò quando furono soli.
« Cosa vuoi che ci sia, Josh? Niente, sono solo un po' stanca »
« Mh, faccio finta di crederti... ma non finisce qui » 
Hayley sorrise cercando di sdrammatizzare la sua aria da duro, e si sentì sollevata quando lo vide ricambiare anche lui con un sorriso.
Per quei due minuti si era sentita indagata, come se qualcuno le stesse puntando un faro in volto, e poi quella tensione se n'era andata scemando con il sorriso di Josh, segno che i sospetti erano stati chiariti, almeno per il momento. E dire che non ci sarebbe stato modo per gli altri di intuire cosa Hayley avesse complottato durante i giorni passati, ma in qualche modo era lei stessa a sentirsi in colpa. Scrollò le spalle cercando di non pensare più a niente e si concentrò sul palco, dove un uomo aveva preso posto al microfono, intendo ad ottenere l'attenzione del pubblico.
Un rumore sordo e fastidioso si sprigionò nell'aria – doveva essere il microfono – seguito dalla voce forte e decisa di quell'uomo.
« Bene, ragazzi, è arrivato il momento che tutti voi stavate aspettando.. » 
Un boato dalla folla riempì l'aria.
« Ecco a voi.. i The Factory » 
Le luci si spensero e si riaccesero dopo qualche secondo. Una bellissima ragazza sostava davanti al suo microfono e iniziò a parlare al pubblico. Hayley non fece molto caso a cose stesse dicendo perché il suo sguardo e la sua attenzione fu attirata dal personaggio alla destra della cantante. Capelli lunghi, barba incolta... e il suo cuore smise di battere per una frazione di secondo. Quel ragazzo che stava suonando il basso con i The Factory, che probabilmente era anche membro effettivo di quel gruppo, era proprio Jeremy. Il suo Jeremy. 
« Oh cazzo! » esclamò Hayley involontariamente.
« Come dici? »
« Ehm.. no, dico.. sono forti! » si riprese accennando un sorriso falso. 
A quanto pareva era come una sorta di maledizione: ogni volta che si riprometteva di chiudere con quel capitolo, ecco che lui spuntava fuori dai luoghi più disparati, e non poteva davvero credere che con tutti i locali che ci fossero in quella stramaledetta città, entrambi si fossero ritrovati proprio all'Underground.
Nota per Hayley: racimolare informazioni prima di assistere ad un concerto.
« Lei canta davvero bene »
« Oh, sì. E' vero »
« Era questo che intendevo con “miglioramento dell'apporto musicale del nostro gruppo” » affermò Josh, fiero di sé. Per una volta sentiva di aver fatto qualcosa di giusto. Osservava lo sguardo adorante di Hayley e si rese conto di averla fatta felice, anche se non riusciva a capire perché fosse così tanto felice.
« E ti dico, di nuovo: ma noi abbiamo un gruppo? » 
« Il gruppo c'è, è il nome che manca »
« Aah, ora è tutto chiaro » annuì Hayley ironica, tenendo lo sguardo sempre fisso su Jeremy. 
Lo fissò per quasi tutto il tempo, tranne durante qualche pausa per bere o fare la disinvolta con Zac e Josh, per non farsi scoprire miseramente. La faccenda stava diventando più dura del previsto.
Ad un tratto, finita quella che avevano annunciato essere la penultima canzone, la cantante – Frannie – prese il suo microfono e iniziò a parlare al pubblico.
« ...ma ora è il momento di augurare il più bel compleanno di sempre ad una persona che sta lì tra il pubblico » 
Lo stomaco di Hayley parve contorcersi in una microsecondo.
« Tanti auguri ad Hayley Williams, che sta seduta proprio a quel tavolo laggiù. Buon sedicesimo compleanno, cara! » 
« Ma cosa...? »
Era sicuramente diventata di un color porpora molto più tendente al fucsia, si era sentita avvampare. Quello doveva essere un piano di quelle due pesti che si portava dietro. 
Si voltò lentamente verso Zac e Josh, con il suo sguardo peggiore.
« Voi ovviamente non c'entrate niente con tutto questo, vero? » 
Li vide ridersela alla grande dall'angolo più sperduto del divanetto su cui sedevano. 
« Andiamo Hayley, non potevi sperare che tutto filasse liscio, no? »
« Maledetti! Sapete quanto io sia suscettibile su queste cose! »
« E forse è per questo che l'abbiamo fatto » rispose Zac, tra una risata e l'altra. 
Hayley allungò una mano lanciando qualche schiaffo un po' ovunque su quell'ammasso di ciccia con le convulsioni ma non poté trattenere una risata: in fin dei conti tutta quella storia le aveva fatto piacere, e aveva anche giocato a suo favore. Infatti, nel momento in cui Frannie aveva detto il suo nome indicandola, lo sguardo di Jeremy le era parso accendersi di colpo. Hayley era sicura di aver avuto una sorta di allucinazione, eppure nella sua infantile ingenuità sperava davvero di averci visto giusto.
« Me la pagherete » Vi amo per quello che avete fatto.
Infondo era partita con il piede sbagliato in tutto, quella sera. Si era prospettata una serata come tante e invece aveva tutto ciò che desiderava, lì, a portata di mano. Aveva i suoi migliori amici a riscaldarle l'umore, ottima musica e soprattutto Jeremy, quell'incognita che si era intromessa nella sua vita con un'insistenza inaudita.
Hayley, nel corso degli anni, non aveva mai incontrato qualcuno che le facesse l'effetto che le faceva Jeremy, e quello faceva paura. Era stato un colpo di fulmine andato a parare dritto dove faceva male, nel punto più sensibile che Hayley avesse in corpo. Nella parte inconscia, quella dei ricordi e delle emozioni, quella in cui aveva racchiuso tutto ciò che di più prezioso aveva per non sottoporlo al lento scorrere del tempo. Ed era stato come un urto improvviso, senza paragoni, che aveva smosso tutta la sua vita e l'aveva cambiata impercettibilmente. Ed erano stati quegli occhi a ricordarle chi era e chi voleva essere. Le avevano parlato, le avevano detto “vai avanti per la tua via e non guardarti indietro, ma ricordati sempre chi sei”. 
Quegli occhi le avevano trasmesso la vita del mondo in una frazione de secondo.
Prese dalla borsa il suo bloc notes e una penna, lo appoggiò su una gamba e annotò qualche parola:
Maybe never will I have to answer again to anyone”
Zac l'aveva guardata di sottecchi e poi aveva subito distolto lo sguardo, tornando a parlare con Josh di qualcosa di superfluo, agitando il suo bicchiere a destra e a sinistra.
Ormai ci erano abituati a vederla scrivere ed appuntare note su quel taccuino. Sapevano che per lei era un gesto essenziale per non impazzire, e sapevano anche che era da quel taccuino che Hayley tirava fuori i testi che poi gli proponeva, ed erano tutt'altra storia paragonati a qualsiasi “pensiero” o “appunto”. Quella era poesia e in quanto tale possedeva un equilibrio che non andava interrotto per nessun motivo al mondo. Ed era forse per quello che quando Hayley tirava fuori quel bloc notes era come se una bolla di sapone le si materializzasse intorno, e finché non aveva finito di scrivere potevi anche far finta che non esistesse. Loro avevano imparato a rispettarla anche in questo senso. 
La prima impressione che Zac aveva avuto di Hayley era stata quella della classica impavida dai capelli color fuoco, ed era quasi stato messo in soggezione da questo suo aspetto. Col tempo aveva imparato a vederla con occhi diversi. Perché se da fuori Hayley sembrava una ragazza forte e ribelle, era solo un dettaglio superficiale, perché dentro era piccola e fragile, sensibile e intoccabile, per certi versi. Era un qualcosa da proteggere, perché se la si lasciava sola le spuntavano fuori gli aculei, come ad un'istrice, e la vedevi mettersi subito sulla difensiva con tutti. Era un suo aspetto pungente che non facilmente passava inosservato e che non tutti sapevano capire. Ed era anche per quello che Zac le stava accanto senza avvicinarsi troppo, perché aveva paura che quella bomba a mano, da un momento all'altro, potesse esplodere.
La vide richiudere il blocchetto e rimetterlo in borsa. 
« Allora? Vogliamo andare? »
« Sì, ma prima vado in bagno » disse Zac.
« Io vado a pagare » 
« E io? » 
« Tu mi aspetti fuori » sorrise Josh.
« Mh, ok. Ci vediamo fra poco »
Si alzarono dal tavolo in contemporanea e ognuno si diresse verso la propria meta. 
Hayley si mise la borsa in spalla e andò verso la porta d'ingresso, costeggiò il locale in direzione del parcheggio quando sentì delle voci gridare dalla porta sul retro.
« ...no! Non è possibile che sia ogni volta la stessa storia, Frannie! Io non ne posso più! »
« E allora come mai sei ancora qui da me, eh? Perché continui ad andare avanti con tutta questa buffonata? » 
La seconda voce era quella di Frannie, ma Hayley non aveva saputo dare un volto alla prima. 
Frannie era una ragazza ordinaria, la vedeva sempre girare per la scuola con quell'aria vissuta che le conferiva un'aura di ridicolezza tutt'intorno. Non le era mai andata a genio, ma la sua voce era senza dubbio mozza fiato.
Ci fu un attimo di silenzio e un sospiro maschile.
« Allora vuoi sapere perché sono ancora qua? » aveva continuato la prima voce con un tono più basso e calmo. « Se non fosse stato per iThe Factory questa storia sarebbe finita da un bel pezzo, ecco! »
Si sentì il rumore di uno schiaffo e il rumore di tacchi sull'asfalto. 
Hayley sostava dietro l'angolo leggermente sporta in avanti. Allungò il collo per osservare la scena e vide Jeremy toccarsi una guancia con la mano. 
Decise di non pensarci e di fare finta di niente. Si tirò su il cappuccio e si mise le mani nelle tasche della felpa, poi si diresse verso l'angolo opposto dell'edificio, cercando di mostrarsi noncurante mentre gli passava di fronte. Sentiva il cuore rimbombarle forte nel petto.
« Hey! Tu sei Hayley, giusto? » Il suo cuore perse un battito. Si arresto e si voltò.
« Sì, sono io »
« Devo ancora sdebitarmi per averti fatto cadere i libri l'altro giorno, non volevo » 
« Oh, no. Non ti preoccupare. Non è niente » gli sorrise e si accorse di non riuscire a guardarlo negli occhi.
Anche lui accennò un sorriso e poi parve ridestarsi.
« Ah, scusa per.. » e alzò una mano ad indicare una scia immaginaria che seguiva le orme di Frannie. «...tutta la scena » 
« Oh, bhe. No, no.. » Hayley fece spallucce e sperò con tutta se stessa che Jeremy l'avrebbe salutata lì. Invece le si avvicinò facendole mancare il respiro. 
« Comunque piacere, Jeremy » e le porse la mano.
Hayley ricambiò la stretta con poca forza.
Le luci rossastre della strada riflettevano sull'asfalto bagnato e per una frazione di secondo quella scena le sembro dannatamente perfetta. Tirava un leggero vento freddo che le pungeva in volto e il contatto con la mano calda di Jeremy la fece rilassare. Fu un contatto che durò un'eternità. La celebrazione di tutto quello che aveva sempre pensato di lui. Un porto sicuro, lontano dal mondo.
« Cavolo, stai gelando... vieni dentro » 
« N-no, grazie. Sto raggiungendo i miei amici. Anzi, si staranno chiedendo dove sono finita » sorrise incerta.
Jeremy annuì, guardando un punto indefinito dell'asfalto. 
« Quindi auguri, di nuovo.. » alzò lo sguardo e lo posò negli occhi di lei, colpendola di nuovo come la prima volta. Dritto dove fa male.
Un cellulare squillò ed Hayley realizzò che fosse il suo solo quando la tasca della felpa cominciò a vibrarle distogliendoli entrambi da quel contatto non materiale. 
Jeremy spostò lo sguardo altrove grattandosi la nuca con una mano, mentre l'altra riposava in tasca.
Hayley prese il suo cellulare e rispose. 
« Ehi, Josh. Sto arrivando » 
Aspettò la risposta del suo interlocutore e richiuse la chiamata.
« Quindi.. io vado »
« Ci si vede a scuola, Hayley »
Da brava adolescente, pensò che il suo nome pronunciato da lui suonava molto meglio del solito.

*

 

Non era come guardare l'alba dalla spiaggia, ma se ti concentravi sulle sfumature dei colori e sulle altre sensazioni, potevi scoprire che forse quel panorama era anche meglio dell'oceano. 
Erano circa le sei della mattina quando Hayley, Josh e Zac avevano deciso di guardare l'alba dalla collina dietro casa di lei. Quel posto era uno dei primi che aveva colto la sua attenzione quando si era trasferita, e l'aveva aiutata a sopravvivere e a vedere in Franklin qualcosa che potesse assomigliare a casa. Il cielo aveva una strana sfumatura di azzurro, molto più tendente al bianco, e l'aria era fredda sulla sua pelle. Era sicura di avere il naso arrossato.
« Prima o poi ce lo dirai cosa ti prende questi giorni? » 
« E non rispondere che non è niente, perché non ci crediamo » aveva completato Zac.
« Ok, c'è qualcosa.. »
Che senso aveva continuare a mentire? Si era detta che il primo passo per ammettere a se stessa i sentimenti che provava per Jeremy, sarebbe stato ammetterli anche agli altri.
« Sapete, stavo pensando che ci potremmo chiamare Paramore » continuò, poi.
« Paramore? Ma che nome è? »
Zac si era voltato verso di lei con aria scettica.
« Oggi ho fatto una lezione di francese sull'amore nella storia e una delle tante tipologie di amore era quello segreto. Il termine usato per descriverlo è molto simile alla parola Paramore, ma più difficile da pronunciare » 
« E perché proprio “amore segreto”? » 
Hayley aveva sospirato e rivolto lo sguardo verso il sole oltre le colline. Non era quello il momento adatto, non si sentiva ancora pronta. Aveva fatto un passo verso la sincerità ed era rimasta bloccata con i piedi in due staffe. Dopotutto non sarebbe stato male rimanere in quella condizione posticcia ancora per un po'. 
In cuor suo sperava che i ragazzi ci sarebbero arrivati da soli, anche se la vedeva una prospettiva davvero molto lontana. 
Si era alzata dall'erba umida facendo pressione con le mani sul terreno, e una volta in piedi le aveva strofinate sulla stoffa dei pantaloni per asciugarle. 
« Magari ve lo dico un altra volta.. » 
Aveva porto una mano a Zac e una a Josh invitandoli ad alzarsi. Questi avevano accettato l'aiuto e si erano drizzati in piedi con un leggero slancio. 
« Adesso andiamo a casa » aveva concluso Hayley.
« Hayls, prima di andare abbiamo una cosa per te » le aveva detto Zac fermandola per un braccio. Josh aveva tirato fuori un involucro arancione dalla sua tracolla e glie lo aveva allungato.
Hayley l'aveva preso e se lo era rigirato tra le mani per qualche secondo, in preda alla felicità. 
« Che cos'è? » aveva chiesto alzando lo sguardo sui suoi amici.
« Aprilo » le aveva fatto cenno Josh.
Hayley aveva scartato il regalo con estrema calma accartocciando l'involucro in un pugno. Tra le sue mani c'era un microfono nuovo di zecca, e non un microfono come gli altri. Aveva l'impugnatura a righe arancioni e gialle e su un fianco padroneggiava la scritta “Hayley” in brillanti bianchi. Era il microfono più bello che avesse mai visto in vita sua. 
« Ragazzi, è bellissimo! » 
Era sicura che il suo sorriso sesse sprizzando gioia ovunque. 
« Per i nostri Paramore » 
Hayley aveva emesso un gridolino soffocato e aveva saltellato verso di loro, carica di felcità. Li aveva abbraccati con tutta la forza che aveva in corpo. 
« Vi voglio bene, ragazzi »
« Anche noi » le aveva risposto Zac per entrambi. 
« Ora andiamo o mia madre mi taglia la testa »
« Sono le sei e mezza della mattina, Hayley, non credo che tua madre possa arrabbiarsi più di quanto non sia ora » 
« Grazie della positività, Josh » glia aveva sorriso mentre si dirigevano verso la macchina.
E in quella serata qualcosa di grande era cambiato. Ora c'erano i Paramore, qualcosa di più di tre strumenti messi inseme, qualcosa di concreto in cui confidare, qualcosa in cui riporre le proprie aspettative. Erano loro tre a combattere contro il mondo, a discapito di tutto quello che sarebbe potuto succedere. 

*

Note. Bene, questo era il primo capitolo e da adesso in poi credo che aggiornerò un po' random, ovvero appena ho il capitolo pronto. Cercherò comunque di essere costante, ma non vi prometto niente dato che non ho nient'altro di pronto, per adesso. Ringrazio chiunque abbia un parere da esprimere, lasciate una recensione.

   
 
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