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Autore: Baby Moonlace    11/10/2011    1 recensioni
Londra, diciannovesimo secolo. Alla giovane ladra Daphne viene pagata la cauzione proprio dall’affascinante ragazzo che l’ha fatta arrestare. In cambio, Blake vuole il suo aiuto in un’impresa a prima vista per niente attraente e anche molto pericolosa.
Mentre lei e Blake si fanno sempre più vicini, Daphne si trova suo malgrado coinvolta in una fitta trama di inganni e menzogne, che riportano alla luce vecchi interrogativi che si era da tempo imposta di ignorare e, assieme ad essi, nuove domande senza risposta.
Che cosa è lei veramente? Che cosa si nasconde dietro alla sua capacità di vedere il piccolo popolo? E qual'è il significato del marchio che porta sulla mano? Ha qualcosa a che vedere con la misteriosa morte di sua madre tanti anni prima? Cos'è la Gilda? E che interessi ha Blake in questa storia? Vuole davvero solamente sventare un complotto ai danni della regina, o ha una motivazione più profonda?
*Classificata terza al Contest Scacco Matto! indetto da Fe85*
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Daphne respirò profondamente, la schiena poggiata al muro. Scoccò una rapida occhiata al corridoio vuoto. Edmund ancora non si vedeva. Eppure sarebbe già dovuto essere lì. Si mordicchiò nervosamente l’unghia del pollice, mentre l’altra mano serrava il talismano di ferro in una stretta che lasciava il segno.
Due uomini ben vestiti svoltarono l’angolo in fondo al corridoio. Uno era il nobile che aveva tentato di sedurla alcuni giorni prima, l’altro era Edmund. Daphne lo riconobbe da un dipinto che le aveva mostrato Blake quella mattina. Strinse gli occhi, preoccupata dagli effetti che la presenza dell’altro uomo poteva avere sul piano. E se l’avesse riconosciuta?
Non ha importanza, si disse,E’ la mia unica opportunità. Corse, scontrandosi con Edmund a metà corridoio, facendolo rovinare a terra, lei sopra di lui. “Mi dispiace terribilmente, mio signore! Lasciate che vi aiuti!” Afferrò il polso del duca e lo tirò in piedi, rassettandogli gli abiti. Sorrise, facendo del suo meglio per avere un’espressione contrita.
Edmund sembrava troppo sorpreso per ribattere, e Daphne si congedò con un piccolo inchino e di allontanarsi nella direzione da cui erano venuti i due uomini.
“Aspetta”
La ragazza si voltò. Era stato l’altro nobile a parlare. La guardava con espressione confusa. “Io ti ho già vista da qualche parte”
Daphne tacque, tenendo gli occhi bassi. Pregò che l’uomo non ricordasse il giorno preciso del loro incontro. Lui poteva anche non sapere nulla, ma Edmund avrebbe tirato le sue conclusioni. Non poteva permettersi di venire smascherata.
“Alcuni giorni fa ti ho chiesto di venire nella mia stanza. Ma tu non sei venuta. Come mai?”
La ladra sorrise, scoccando al nobile uno sguardo languido da sotto le lunghe ciglia nere. “Non ne ho avuta la possibilità. Ma oggi dovrei farcela, se l’offerta è ancora valida.”
L’uomo sogghignò “E’ ancora valida.”
“Bene” Daphne s’inchinò di nuovo e si allontanò. Contò tre porte nel corridoio affrescato ed entrò nella quarta. Si trovò in una biblioteca enorme, dai soffitti a volta. Si addentrò tra le pareti ricoperte di libri. Due a destra, due a sinistra. Giunse in una saletta senza librerie, gli unici mobili due poltrone di pelle scura. Anne era in piedi in un angolo della stanza, alle spalle di una grande finestra che dava sul giardino. “Ce l’hai?” Chiese la donna appena vide Daphne.
La ragazza aprì il palmo, mostrando la moneta di ferro che aveva sottratto dalla tasca di Edmund quando lo aveva aiutato a rimettersi in piedi. “Ovvio”
“Come hai fatto?”
“L’ho fatto cadere e poi gliel’ho tolta di tasca mentre lo aiutavo a rialzarsi.”
Anne sbatté le palpebre. “Io non sarei mai stata capace di fare una cosa del genere.”
Daphne si strinse nelle spalle. “E’ un trucco che impari in fretta quando vivi per strada.” Raggiunse la cameriera alla finestra. Era una giornata particolarmente soleggiata per essere Londra, ma soffiava un vento impetuoso, che piegava gli alberi. Un brivido le corse lungo la schiena. Quel vento non era naturale, lo sentiva. “Tocca a te, ora.”
Sentì Anne prendere un profondo respiro e la vide aprire la finestra con dita tremanti. Immediatamente il vento raggiunse le due giovani, scompigliando loro i capelli e sollevando loro le gonne. Anne afferrò con stizza l’orlo del suo abito per tenerlo a posto. “Perché devo farlo io?”
“Deve essere qualcuno che abita in questa casa a invitare Melinoe. Altrimenti l’invito non sarà valido.”
Anne annuì. “Le porte di questa casa sono aperte a Melinoe e al suo seguito quest’oggi.”
Il vento parve rafforzarsi, colmò la stanza, portando con sé grida e ululati lontani, che si fecero man mano più forti. Daphne vide le forme spettrali di cavalieri, destrieri e cani da caccia. Rabbrividì. “Corri”
Lei e Anne percorsero la via a ritroso, giunte nel corridoio dove Daphne aveva derubato Edmund si separarono. Anne si affrettò verso le cucine, Daphne proseguì per la sala degli scacchi. Il vento attorno a lei era insopportabile, i latrati e le grida assordanti. Daphne corse più veloce che poté, sino alla stanza dove Blake si trovava con Edmund. Spalancò la porta, e il vento la precedette. I due uomini stavano giocando a scacchi. Edmund aveva i pezzi bianchi.
“Cosa c’è?” Chiese il duca. Poi notò il vento, e sentì le urla. “Ma cosa…”
Blake impallidì e scattò in piedi, raggiunse Daphne in tre passi, la strinse a sé. “La caccia selvaggia”, mormorò, “Non guardare.”
Daphne ubbidì, stringendosi a Blake e nascondendo il viso nel suo petto. Il vento turbinava attorno a loro. Edmund gridò, e la ladra affondò il volto nella giacca del conte, decisa più che mai a seguire il suo consiglio. Non avrebbe guardato. Non voleva vedere nulla. Il vento spazzava la sala, le urla disumane riverberavano sulle pareti.
Poi tutto finì, il vento si placò e le grida si allontanarono lentamente. Blake e Daphne si separarono esitanti. La stanza era a soqquadro, i mobili rovesciati. Di Edmund, nessuna traccia.
“E’ finita”, mormorò Blake, “E’ finita davvero.”
 Daphne rise. “Ce l’abbiamo fatta!” Afferrò Blake per le spalle e lo scosse. “Ce l’abbiamo fatta!”
Il conte la abbracciò brevemente. Poi si separò da lei come se fosse stato scottato. Si guardarono per qualche attimo, entrambi a disagio. “Ora che farai?” Chiese Blake.
Daphne sospirò. Non voleva tornare sulla strada. “Non lo so. Forse andrò a cercare la gilda.”
Gli occhi del conte si illuminarono. “Mi sembra un’ottima idea. La cercheremo assieme.”
“Dici sul serio?”
“Mi hai aiutato con Edmund. Sono in debito con te. E poi…” Fece una pausa, “Ci sono tante cose che vorrei chiedere alla gilda, a proposito di Juliet, del perché lei aveva la vista e io no, perché le fate la amavano tanto…”
La ladra sorrise. “Abbiamo un accordo, allora.”
Blake annuì distrattamente. Stava guardando il tavolino con la scacchiera, l’unico mobile ancora in piedi  nella stanza. Quasi tutti i pezzi erano volati via, ne rimanevano solo due. Il re bianco e la regina nera. Il re era rovesciato su un fianco, e la regina torreggiava su di lui.
Il conte raggiunse il tavolo e prese con delicatezza il pezzo bianco, soppesandolo. “Scacco matto”, sussurrò.     
 
        
  
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