Intervista a Satana
Forse era sta la sua
insana
ambizione, oppure la sua proverbiale curiosità. A pensarci
bene non capiva come
fosse possibile. Probabilmente, tutto ciò che stava vivendo
era solo il frutto
della sua follia.
Da quanto era impazzita? Fino a pochi istanti prima era certa di essere
sana.
Anzi, la sua intelligenza superava di gran lunga la norma.
Magari era per questo che era stata scelta, ma in fondo non era certo
la più
sveglia giornalista della Terra.
Impossibile capire le motivazioni,
sarebbe stato molto più sensato rinunciarci,
tanto pur continuando ad
elucubrare sui motivi, non sarebbe mai giunta ad una conclusione.
“Piacere
di
conoscerti spero
che indovinerai il mio
nome”
Lei lo fissò con sguardo vuoto, era impossibile scegliere
tra la ridda di
sensazioni che stava provando: terrore, sgomento, eccitazione,
curiosità, ansia…
Perciò non disse nulla, limitandosi ad inghiottire un
po’ di saliva.
L’uomo davanti a sé non parve sorpreso della sua
reazione, si limitò
semplicemente a sorridere indulgente e poi con un cenno della mano
indicò una
poltrona.
“Prego, accomodati”
Era strano come Lui la trattasse con tutti i riguardi, che bisogno
c’era di
essere così gentili? Se solo lo avesse voluto avrebbe potuto
distruggere lei e
la sua anima in un istante, eppure era così riguardoso.
“Per favore permettimi di presentarmi: sono un uomo di
ricchezza ed eleganza, sono
stato in giro per un lungo, lungo anno ho rubato molte anime e fedi di
uomini.”
Lui parlava, ignorando il fatto che le cose che stava dicendo suonavano
così
insane.
Lei lo fissava, incapace di interromperlo, trattenuta da una forza
sconosciuta
che le impedisce di cercare di allontanarsi.
Vuole rimanere, sa già che se ne pentirà, ma il
suo cuore e il suo sangue da
giornalista le dicono di restare. Il Pulitzer? Un nonnulla se
paragonato allo
scoop di poter intervistare…
“…semplicemente chiamami Lucifero”
Ecco, lo sapeva che prima o poi il picco della follia sarebbe
finalmente giunto,
era seduta in una camera d’albergo, davanti ad un uomo che
affermava di essere
il demonio in persona e la cosa peggiore, era che lei gli credeva.
Da che era entrata in quella stanza non aveva avuto alcun dubbio sulla
reale
identità del suo interlocutore.
E come ci si potrebbe mai sbagliare? Impossibile non riconoscere Satana
in
persona, soprattutto se è proprio lui a palesarsi con tanta
ostentazione!
Non sa cosa fare, non sa cosa dire, il desiderio di chiudere gli occhi
per poi
riaprirli e ritrovarsi in un altro luogo è così
forte, che se non fosse per lo
sguardo magnetico di Lui che le impedisce quasi di respirare,
tenterebbe di
scomparire sul serio strizzando le palpebre.
Invece se ne sta seduta lì -con il fiato corto- in attesa
che qualcosa di
terribile ed inumano le accada.
“Ma cosa ti rende perplessa? è la natura del mio
gioco? Temi forse che voglia
rubarti l’anima o cose simili? Tranquilla, non ho questa
intenzione. Non che la
tua anima non mi interessi –ogni singola anima è
preziosa- ma oggi il mio
obbiettivo è un altro”
Sorride, mettendo in mostra i denti bianchi e dritti, e lei per un
momento
pensa che abbia una dentatura molto curata, per essere un demone.
“Sai è da tanto tempo che vorrei scrivere le mie
memorie, si certo c’è la Mia
Bibbia, però quelle sono più indicazioni per gli
adepti, siamo nel secolo della
comunicazione e poi tutti scrivono delle biografie. Perché
io che sono l’essere
più potente, conosciuto e temuto dalla storia
dell’umanità non dovrei avere una
biografia mia?”
Forse ha strabuzzato gli occhi per la sorpresa, perché la
risata di Lucifero si
leva alta nel silenzio del pomeriggio.
“Perché… si insomma, perché
non se lo
scrive da solo il libro?”
Ha esagerato? Come ci si rivolge al Demone atavico che infesta
l’umanità fin
dalla sua creazione?
Lui aggrotta le sopracciglia, forse infastidito da tanta intraprendenza:
“Abbi la cortesia, abbi la simpatia, e un po’ di
eleganza, usa tutta l'educazione
che hai ben imparato, quando ti rivolgi a me, o io prederò e
butterò la tua
anima”
Se non avesse avuto la vescica vuota, probabilmente a quella minaccia,
detta
con così tanta calma, si sarebbe bagnata la gonna. Si
limitò comunque a
sobbalzare vistosamente sulla poltrona e gli occhi iniziarono ad
inumidirsi per
il terrore.
Lui rise di gusto a quella reazione e probabilmente soddisfatto
sentendosi
indulgente spiegò:
“Non mi piace scrivere, preferisco raccontare… e a
quanto mi risulta a te
piacciono le storie”
Pronunciò quelle parole come se fossero un’arma di
seduzione, la più potente
dato che lei non seppe trattenersi dal muovere la testa con fare
affermativo.
“Bene, direi che siamo d’accordo” e senza
aggiungere altro fece materializzare
davanti alla giornalista –nonché ormai biografa
autorizzata- un computer
portatile.
“Se non ti dispiace, comincerò con il narrarti
alcuni episodi di cui vado
particolarmente orgoglioso”
Piccolo spazio
privato:
Storia
scritta per la challenge: Raccolte…
che passione!
Pacchetto
sovrannaturale.
la canzone di questo capitolo è Sympathy
For
The Devil dei Guns’n’roses