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Autore: Lindar    13/10/2011    0 recensioni
L'iniziazione d'un giovane Masai
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chui Insha era vecchio, vecchio come l’albero della vita che i bianchi chiamano Baobab, tanto vecchio da aver visto nel buio del passato, quando la terra era ancora ricca.
Chui Insha aveva visto molte lune dormire sul villaggio e molte stagioni invadere il Serengheti e l’acqua scorrere tra le praterie… aveva visto i branchi di nyumbu, gli gnu, tornare sui propri passi e il vecchio Mamba* aspettarli nell’acque basse del guado…
Chui Isha aveva visto il cerchio chiudersi e riaprirsi nella sua saggia legge.
Quell’anno il gregge era pieno di capre e vitelli giovani, i cacciatori riuscivano a trovar facili piste e Shimba*, il dorato re della savana, aveva condotto lontano dalle case e dal bestiame il suo branco… quell’anno Abàsi avrebbe imparato la legge del cerchio… sarebbe giunto uomo.
 
Il villaggio sorgeva entro una rientranza di un costone di roccia, affacciava sul corso d’un melmoso ruscello che diveniva arida pista per le suricate nella stagione calda che dimentica l’acqua. Ad ovest delle case v’era il recinto di rovo ove le capre erano custodite, ad est un grande albero di Baobab, Mbuyu il saggio, che era dimora di Chui Insha. Egli era lo sciamano del villaggio e il suo nome significava “leopardo saggio”, a lui spettava insegnare ai giovani uomini la legge della caccia e il cerchio della morte.
 
La notte sapeva d’incenso e di polvere nell’aura del vecchio albero, terso il manto del cielo era intessuto delle miriadi d’occhi dei Padri, e il fuoco gettava l’ombra di mille danze sin a lambire i piedi dello sciamano. Egli era alto e dinoccolato e una rada barba bianca copriva la pelle cotta dal sole, un osso di leone gli pendeva a monile al collo perché abbisognava di forza e al polso la pelle di Nyoka, colui che striscia, avvolgeva i pensieri a donar saggezza. Con il lungo bastone, che ora riposava con lui, aveva tracciato un cerchio di protezione perché la notte è il regno dei Roho e di Chaga che divorano la vita degli svegli.
Alle braccia nodose di Mbuyu, l’albero rosso, oltre ai frutti pendevano molti amuleti che al soffiar d’un alito lanciavano una voce tintinnante…la voce dei Padri che cantavano i sogni.
Abàsi giunse all’albero di Chui Insha, era coperto di pelle di sciacallo che donava astuzia e che proteggeva dai mali: “Chui Insha..la voce dei padri ha cantato per me??” chiese timido
Il vecchio era poggiato alla dura scorza dell’albero, pareva assopito o almeno così lo vedeva il ragazzo. Fece qualche passo, era quasi uomo sottile e snello come un giovane guerriero e aveva da tempo provato la magia dell’amore che inturgidisce la virilità, “Chui Insha..” chiamò ancora…
“Il piede del cacciatore non lascia le orme, poiché esso sa che gli ruberebbero la preda Abàsi” la voce pareva provenire dalla pianura intorno e farsi strada fino al corpo dello sciamano che aprì un occhio, quello destro, l’occhio della forza.
“Credevo dormissi ” disse Abàsi,
“Cercavo il canto della vita” disse sorridendo il vecchio aprendo entrambi gli occhi e lasciando cadere al suolo un paio di lucciole che iniziarono ad emettere balenanti intermittenze.
“Il canto dei padri è giunto per me saggio Chui?” incalzò il ragazzo, mentre si sedeva entro il cerchio del vecchio.
“Conosci la storia del cerchio della legge??” disse allora il vecchio opportunamente evitando la domanda del ragazzo
“Ma io..”sbuffò Abàsi arrestando il dire quando la palma aperta della destra del vecchio l’interruppe.
“Un uomo, piccolo Abàsi, ha il dovere di rispondere prima di domandare” lo rintuzzò Chui Insha.
“Saggio Chui…conosco le leggi della savana” si lamentò il ragazzo fissando con profondi occhi neri il viso barbuto di Chui Insha.
“Allora non conosci la storia, poiché vedo nei tuoi occhi poca saggezza e nella tua risposta poca virtù”.
 
Le nodose mani del vecchio si persero in un vecchio guscio di Tartaruga che conteneva della rossa terra, ne prese una manciata e cominciò a compiere dei disegni con essa sul suolo grigio.
Disegnò l’arco d’un grosso monte e sotto di esso una leonessa che dormiva, poi sorrise ad Abàsi e continuò aggiungendo due leoni, al termine soffiò nell’aria della notte la terra rimasta nella mano.
 
“Tutto ebbe inizio, cucciolo calvo, quando la savana era giovane e ‘Ngoro’ngoro una pentola bollente. L’uomo era ancora bambino e lasciava scure orme sul suo cammino, poiché faceva ancora la preda.
Wakati, la bianca madre dei leoni, dormiva ai piedi del monte del fuoco e aveva avuto due cuccioli” disse indicando dapprima la leonessa addormentata e di sequenza i due leoni sottostati.
“Wakati* era bella come il crepuscolo e fiera come l’alba, bianca pelliccia aveva ed occhi d’agata ed ella aveva insegnato al mondo il modo di essere madre. I due leoncini divennero adulti velocemente, poiché a quel tempo la terra era gentile ed ebbero a nome Shimba Maisha* e Shimba Kifo*.
Maisha era rosso come il tramonto e aveva la criniera d’oro, Kifo bruno come la terra di ‘Ngoro’ngoro e avea criniera nera.
I due fratelli erano tanto simili d’aspetto quanto diversi di animo; entrambi possedevano muscoli scattanti e padronanza della caccia ma Maisha era gentile ed uccideva una sola volta in una notte, che è l’ora della caccia, solo per bisogno, mentre Kifo usava la morte come diletto.”
 
Abàsi s’accoccolò alla calura del fuoco, poiché la bramosia di sapere che è del mondo era entrata in lui, osservava i gesti di Chui Insha e i suoi disegni come se essi serbassero la memoria di quel racconto.
 
“Kifo però covava in cor suo la fiamma del male poiché invidiava il bel Maisha per il vibrare del suo ruggito e l’orma della sua zampa e nella cupezza che avvolgeva il suo cuore tramava vendetta per la sua ingiustizia.
Accadde allora che entrambi i fratelli scesero al fiume Mara a bere e videro un’antilope nera. Essa era di bel aspetto e veloce. Allora Kifo, spregiandosi del fratello, lo sfidò alla caccia. Maisha, a malincuore poiché la caccia non è un gioco, accettò.”
 
Il vecchio continuava il suo racconto, mentre la legna sul fuoco scricchiolava forte e i grilli facevano a gara per far da musichieri. Un Galagone dai grandi occhi s’affacciò dall’abbraccio dei rami del Baobab quasi attirato dal racconto.
 
“Maisha e Kifo si divisero indi e compiendo un lungo giro puntarono da punti diversi la bella antilope che beveva. Ma Kifo, che era di malevolo pensiero, aveva con furbizia attirato il fratello nella sua trappola , poiché la sua vera preda era il bel Maisha e non la nera antilope.
Maisha strisciò ventre a terra sin a lambire l’ombra dell’antilope e proprio nello spiccare il salto ella implorò pietà per i suoi figli, Maisha, che era gentile, deviò il balzo atterrandole accanto. In quel frangente sbucò dall’erba alta lo scuro Kifo che iniziò subito a ruggire contro la gentilezza del fratello.
Egli accusò Maisha d’essere disonore e spregio dell’intera casa degli Shimba, i leoni, e che la sua mollezza avrebbe prodotto cuccioli stupidi e senza zanne. Maisha, che pur sempre era valente come qualsiasi figlio della prima terra, montò in collera e con una zampata sfregiò il fratello.”
 
La mano dello sciamano Chui saettò nell’aria proprio innanzi al naso di Abàsi e nell’ombra le nodose dita di Chui Insha parvero al ragazzo veri e propri artigli. Abàsi trasalì e sopraffatto sguainò la lama splendente del coltello…Chui Insha rise e continuò.
“Come te, giovane Abàsi, Kifò si difese e si lanciò con un balzo sul fratello. La malevolenza del cuore di Kifo l’aveva reso forte e battendo il fratello lo fece ruzzolar in una cava contro gli aguzzi denti della savana, quelli che i Bianchi chiamano stalattiti, e lì s’addormentò alla vita il bel Maisha.
Allora l’antilope, che era riconoscente al rosso Maisha, corse a chiamare Hakì che era il giudice del mondo, colui che per primo aveva scritto le leggi della vita.
Egli aveva lunghe zanne e una poderosa proboscide ed aveva per colorito la grigia terra dei fiumi.
Quando l’elefante arrivò trovò il rosso sangue di Maisha allargarsi in pozza sotto di lui e il Nero Kifo in preda alla paura. Hakì allora chiese motivo della lite e Kifo non seppe rispondere, poiché, nel segreto del suo pensiero, sapeva d’essere in grave errore.
Ma Haki ha la mente lunga e indovinò molto di più di quanto apprese e per sempre bandì dal mondo dei vivi Kifo e lo costrinse nelle fredde terre dei Soho, i non morti, a far da guardia alla luna. Infine decretò che nessun figlio della genia Shimba sarebbe nato nero nei secoli a venire finché il delitto non fosse ripagato. L’antilope però pregò il saggio Haki di ridare l’alito della vita a Maisha, ma nemmeno egli poteva riportarlo nel mondo degli svegli. Tuttavia donò il suo spirito al Sole così che i due fratelli avrebbero continuato la loro corsa intorno al mondo.
 Da quel momento tutti i figli dei leoni a sera intonano il canto a Maisha per assicurargli un buon riposo e tutti i figli degli uomini, che di Maisha sono servitori, quando desiderano aver nel cuore una famiglia e diventar adulti si vestono di rosso, che è il colore di Maisha il bello, e partono per la caccia a Shimba, il ruggente, così da ricordare la triste lotta dei due fratelli.”
 
Chui Insha sospirò sorridendo al ragazzo indi soffiò sul disegno ch’avvampò di viva fiamma.
“Quindi la storia del cerchio è la storia dell’eterna corsa tra giorno e notte Chui Insha?” chiese il ragazzo osservando le fiammelle seguire le linee tracciate.
“La lunga corsa tra vita che noi chiamiamo Maisha…e la morte che è Kifo” continuò il vecchio togliendosi dal collo l’osso di leone e offrendolo ad Abàsi e nel contempo dandogli una lucente punta di lancia “Coraggio e artigli.. vai Abàsi e diventa uomo per il villaggio di Mbuyu” disse poggiandosi nuovamente all’albero e richiudendo gli occhi. In quell’istante nella prateria ruggì un lepardo..la caccia di Insha era iniziata così come quella di Abasi…
“Buona caccia libere genti” mormorò Abàsi e parti verso il Masai Mara.

 
 
 
 
*Mamba> swahili=coccodrillo
*Shimba/Simba=leone
*Swaihili=Maisha-vita,Kifo-morte e Wakati-tempo
*Haki =giustizia




  
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