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Autore: Quintessence    13/10/2011    15 recensioni
Cosa striscia sotto la superficie? Cosa scuote violentemente il Cuore di Usagi, da quando è uscita dalla bolla di Pharaoh90? E cosa ha visto in quel momento, tanto da renderle gli occhi due voragini vuote, il sorriso una linea informe, i boccoli una massa appassita? Perché la ragazza solare, divertente e amabile che tutti conoscono è diventata all'improvviso scostante, grigia, e spenta? E perché evita così strenuamente Mamoru? Una storia che indaga la più profonda oscurità dell'animo umano, la depressione che spinge a chiudersi nel dolore, la paura di se stessi e la lotta strenua contro l'incomunicabilità delle proprie stesse emozioni.
Qual è la cosa che ti fa più paura...?
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inner Senshi, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Terza serie
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Non ho dimenticato gli altri lavori. Solo che questo è uscito più velocemente ancora grazie alla collaborazione di un'amica preziosa. Dentro è la storia di ciò che Usagi ha visto dentro Pharaoh90 e come questa visione l'ha scossa nel profondo. Del motivo per cui i suoi occhi sono così vuoti quando esce dall'orrida sfera rossa, e del motivo per cui si lascia portare via la bambina da Haruka e Michiru. Gli avvertimenti sono validi solo per i capitoli 3/4 di questa fanfiction, che è progettata per essere in quattro capitoli in totale. Quindi non mordetevi troppo il labbro. Conoscerete presto gli orrori che qui sono anticipati. NdA: Consiglio di guardare le puntate 124-125-126-127 prima di leggere la fic. Chi non le ha viste potrebbe avere qualche difficoltà di comprensione visto che la stessa è ambientata fra la 125 e la 126 pressapoco. In quei giorni, insomma. Datevi alla lettura di questa Usagi tutta inedita. E non colpevolizzatela troppo. LoveLove. ;)
 

1/4 ~ DENTRO USAGI


Un minuto passa.
Guarda fuori dalla finestra, Usagi. La luna ne delinea il contorno con delicatezza. Il resto, è completamente nero. Per fortuna c'è, questa notte, la luna. Per fortuna non è tutto buio. Per fortuna il buio non l'avvolge del tutto. Nel cielo, una scia diversa dalle stelle si scioglie in mille piccole luci. Le sue farfalle sono ancora vive, anche se lentamente si stanno spegnendo. E respira più forte, Usagi. Più velocemente. Gli occhi persi nel vuoto della coltre del cielo, comincia a contare le stelle. Uno, due, tre. Le viene la nausea. Smette. Si gira verso l'interno della stanza, seduta sul davanzale freddo. E così, scopre che l'interno della sua camera è scuro, e non c'è la luna. Non ci sono le luci della città a illuminarla, a renderla reale. La sua camera adesso non esiste. Si afferra i gomiti, Usagi, e ci affonda le unghie. Vibra, e serra i denti. Non trattiene un gemito.
Un altro minuto passa.
« Usagi-chan? » -La voce di Luna taglia di netto il buio e il silenzio- « Usagi-chan, che cosa ci fai ancora sveglia? »
Non si muove e non la guarda, Usagi. Non da' cenno d'averla sentita. L'eco nella sua testa occupa tutta la sua attenzione. Rosso. Così rosso, un rosso che fluttua. Qualcuno... no... Qualcosa che nasce. Il battito di un cuore. Un urlo si fa strada verso la sua gola, e lì si gonfia; si chiede se soffocherà per trattenerlo, Usagi, se morirà così. Se il battito l'assorderà. Con fatica, invece, lo ingoia. Prende aria.
Un altro minuto passa.
« Usagi-chan? » -Ripete Luna, e qualcosa nella sua voce rompe l'eco. Lo straccia con forza. Forse è la preoccupazione calda che la permea, forse una nota discordante, forse è il fatto che si è alzata dal cuscino confortevole e si dirige verso di lei. Ma sfonda il muro. Si volta, Usagi, con il respiro così affannoso che pare che abbia corso per milioni di chilometri.
« Luna. Non volevo svegliarti. Scusami » -Luna congela, nel sentire quel tono di voce. Così senza fiato. Così secco, così freddo. Così poco da Usagi. E per qualche strana ragione, improvvisamente ha paura.
« Cosa ci fai ancora sveglia, ho chiesto. » -Afferra la tenda sfumata di rosa con forza, Usagi, e la tira per chiuderla. Sente la ruvidezza del cotone morderle la pelle, e lentamente ordina alle sue dita di smettere di tremare, di rilassarsi, una per una. Con la rigidezza di chi è troppo stanco, o troppo vecchio, si dirige verso il letto. Lascia che la testa le riposi fra le mani e si siede sul materasso, i gomiti fissati alle ginocchia, lo sguardo piantato nel vuoto.
« Sono stanca, Luna. Stanca... »
« Allora forse dovresti andare a dormire » -le fa notare la gatta, un po' stupita. Non è all'altezza della situazione, lo sente. È come se tutto fosse troppo grande per un animale così piccolo. Ma annuisce, Usagi, e Luna fissa la sua giovane padrona ancora per qualche secondo.
Un altro minuto passa.
Si corica allora, Usagi, e solleva fino al mento, con mani cedevoli, la coperta con i conigli; dovrebbe essere confortevole, e morbida. Ma è troppo calda, e in pochi secondi lì sotto diventa tanto rovente che deve tirare fuori le braccia. La coperta l'intrappola, non può uscire. Ma deve resistere, deve, deve mostrare forza. Di fronte a Luna, almeno. Perché se non riesce a farlo con Luna, come potrà farlo con le ragazze? Si rigira, Usagi, e rivolta il cuscino. Il fresco del guanciale le da' sollievo per un momento; e respira. Luna si accuccia nella sua comoda cesta sul tappeto, e sentendo Usagi respirare si tranquillizza piano; il mix di paura e preoccupazione di poco prima sembra svanire, e il sonno prende lentamente il sopravvento su di lei.
Cerca di regolarizzare il respiro, Usagi, rannicchiata sotto le coperte troppo calde, il sudore troppo freddo che le scorre lungo la schiena. Deve ingannare bene, deve provarci almeno, altrimenti come farà domani a ricominciare? Inspira ed espira costantemente, con calma, scossa dai brividi. Ma la gatta non può vederli, per fortuna. Chiude gli occhi solo per un secondo, solo per riposarli un momento. E se gli incubi sono vivi ad occhi aperti, quando li chiude ruggiscono di piacere, le saltano addosso, la divorano, è rosso, tutto rosso, e ci sono quelle... Cose... Spalanca gli occhi di colpo. Guarda verso l'ombra scura della sua gatta sul pavimento, e vede che dorme già di nuovo. Placidamente. Almeno lei trovi la pace, almeno per stanotte.
Si alza di nuovo, Usagi. Si libera della prigione rosa con i coniglietti, e si solleva. Con sollievo riapre le tende. E guarda fuori dalla finestra, Usagi. Per fortuna c'è la Luna, questa sera, o il cielo sarebbe buio, sarebbe nero, sarebbe denso. Sarebbe terrificante. E lo è già abbastanza così. La sua vigilia ricomincia.
E un altro minuto è già passato.

*

L'alba strappa la notte di rosa e di pesca. Con violenza si prende il suo posto. Il fresco ancora agrodolce della notte svanisce lentamente, lasciando il posto al giorno nuovo. Guarda fuori dalla finestra, Usagi, mentre le linee temperate avvolgono il cielo e portano via le sue ultime farfalle. Si chiede come sia possibile che il mondo sia così normale, quando solo pochi giorni fa... Già, solo pochi giorni fa era sull'orlo dell'Inferno. Dovrebbe saperlo, Usagi; in fondo ci è stata, nel suo cuore.
Luna è andata via, presto, per una battuta di caccia notturna. Non ha dubbi su questo, Usagi, e ancora una volta ha finto di dormire. Per il suo bene. Non vuole che la sua leale amica si preoccupi per lei. Non vuole che nessuno si preoccupi per lei. È stato abbastanza, essere testimone dell'orrore; non c'è ragione di condividere un simile peso con loro. Non c'è ragione di condividerlo con nessuno.
Dove c'è innocenza, che resti intatta.
Rimarrebbe lì, di fronte alla finestra, a guardare la storia del giorno che cresce, se non fosse per un rumore di passi piccoli e ansiosi che improvvisamente si fermano raggiungendo la porta della sua stanza. Stringe gli occhi e ricompone subito il suo viso, Usagi, nelle solite linee divertite e allegre, e si volta per accogliere la piccola.
« Buongiorno, Chibi-Usa. Che cosa ci fai in piedi? » -Forse Chibi-Usa si sta chiedendo la stessa cosa. Cosa ci fa, Usagi, in piedi così presto? Oltrepassa il confine, e si getta nella stanza. Il tappeto morbido fa affondare un piede nel pelo; si rende conto solo ora di quanto sia lungo il suo pigiama. Quello di Usagi, invece, le sembra troppo corto: le lascia le caviglie scoperte, e non si è mai resa conto di quanto effettivamente la ragazza sia cresciuta.
« Uhm... Sono solo venuta... a... vedere... Beh, insomma, se stavi bene. Credo. » -Ha una terribile urgenza, Usagi, di collassare sul tappeto, e scoppiare in lacrime, e gridare al mondo che no, non sta bene! Non starà mai più bene. E forse, forse un mese fa solamente avrebbe fatto esattamente così, avrebbe strepitato e pianto, e sarebbe sembrato tutto a posto. Oggi, invece, è tutto diverso. Oggi il grido le cresce in gola, come un'onda, prima che lei lo spinga giù, in fondo, soffocandolo.
« Ma certo. » -Finge una risata malata, Usagi, e cerca di fare qualcosa che sia da lei. Da Usagi. Per un momento1 si chiede dove sia finita Usagi, in effetti. Poi trova un pezzettino di lei, che fluttua da qualche parte nell'oscurità, e lo tira con ogni forza, un pezzo di luce chiara, un pezzo di calore, un abito che l'avvolga, una maschera che l'aiuti.
Improvvisamente, la sua risata diventa più luminosa, e più vera in qualche modo. Il suo sorriso verso la bimba si allarga, e ridacchia soffice, Usagi.
« Ma certo! Dico, mi conosci o no, ragnetto? Anche se cado, rimbalzo e torno su! » -Fa un gesto di vittoria, e subito il senso di colpa cerca di distruggere quel genuino pezzetto di sincerità così faticosamente conquistato. Guarda verso Chibi-Usa, allora, e chiede velocemente- « E tu, come stai? Come... Insomma, sei molto triste per Hotaru, eh? » -Si morde il labbro, Usagi, aspettando una risposta.
Gli occhi di Chibi-Usa brillano per un momento. Di lacrime. Ma anche lei le trattiene, anche lei sorride vincitrice alla donna che un giorno sarà sua madre... Alla ragazza, in effetti. Non importa, adesso, che questa ragazza sarà sua madre, non vuole aggiungere preoccupazione a quegli occhi blu ed estremamente tristi. Occhi che dovrebbero essere felici, oggi.
« Sto bene. So che doveva andare così, e so che ci rivedremo, un giorno! » -Annuisce e poi sorride di nuovo. Sorride meglio. Usagi la fissa- « Ti aspetto giù, Usagi, c'è la colazione! »
Si dilegua prima che Usagi dica qualsiasi cosa. Prima di vedere l'oscurità riversarsi su sua madre. Crolla, Usagi, sotto il peso del dolore, sotto la pressione delle responsabilità e del rimorso che su di lei gravano. Senza un pubblico, può lasciarsi prendere, può lasciare che l'invadano, può lasciarsi cullare dalle lame che sembrano sbriciolarle le ossa.
Hotaru.
Non è stata in grado di salvarla. È entrata, seguendo una ragazza che irradiava forza, ed è uscita con una bambina senza nome fra le braccia. Ha fallito, Usagi, e ha trascinato sua figlia con sé nel fallimento. Allora meccanicamente si getta sul letto, e soffoca il grido nel cuscino, che nessuno lo senta. Poi, un ultimo sguardo alla finestra. È pronta di nuovo.

*

« Non mangia » -Annuncia Chibi-Usa, quel pomeriggio, a un gruppo di ragazze preoccupate e a un Mamoru pericolosamente distante- « è scesa a colazione, stamattina, ma è rimasta ferma. Sorrideva a tutti, scherzava. Ma non ha toccato nulla. Ha scombinato l'omelette, l'ha spinta tutta a destra. Ha detto non ne voglio più alla mamma, ma non ne aveva mangiato nemmeno un pezzo. E quando ho preso l'ultimo biscotto, non ha fiatato »
Le Inner cominciano subito a discutere animatamente della situazione. A volte lanciano uno sguardo all'uomo che se ne sta nell'angolo, e alla piccola dai capelli rosa che stringe la sua mano, nervosamente. Le Outer, o almeno quello che ne è rimasto dopo che Pluto è tornata alle porte del tempo e Hotaru... Beh, Hotaru... guardano le Inner con una leggera disapprovazione.
« Era ora che la ragazza si decidesse a dare un taglio a quelle orribili abitudini alimentari » -Haruka guarda il gruppo con disgusto aperto. Troppo rumore per nulla, per quanto la riguarda. Michiru resta in silenzio, invece, e si rigira lo specchio nelle mani magre e pallide, troppo magre e troppo pallide.
La stanza si ferma. All'improvviso è ferma come la morte. E tutti gli sguardi si puntano su Haruka. Le Inner sembrano tutte congelate nella sorpresa, come se nessuna sapesse come replicare ad un commento del genere. E in effetti, è così, finché un rumore profondo, di bestia si solleva dall'angolo, liberando il silenzio e facendo esplodere un movimento.
Mamoru non lo sa, che cosa sia stato. Sa solo che ha avuto questa sensazione. Questa orribile sensazione tutto il giorno, tutti quei giorni. E che Haruka ha appena insultato il suo... Il suo cuore, la sua vita. In un secondo ha scavalcato il tavolo ed è sopra di lei, la sovrasta, una mano enorme, mano di uomo, che le prende la camicia, stropicciandola sotto le dita forti e ruvide. Tutti i famosi riflessi di Haruka non possono niente contro la sua furia che impazza. Haruka non può che aggrapparsi al suo polso, e intimargli di lasciarla.
« Stà zitta. Stà solo zitta, tu, ingrata... pazza. Non sai niente! Niente! Lei ha salvato le vostre inutili vite, laggiù. Ci ha salvati tutti! Tutti! Di nuovo! Di nuovo! E se tu... Se voi... » -Smette, la sua gola improvvisamente si è chiusa. Haruka forse era spaventata al mostrarsi così improvviso di violenza, ma l'orrore si dipinge sul suo volto quando vede una lacrima formarsi negli occhi scuriti.
Solo allora Minako fa un passo avanti, verso Mamoru, che ancora trema, e gentilmente gli prende il braccio. Gli mette l'altra mano sulla spalla. Sussurra una parola che suona come una sorta di minaccia, nel suo orecchio. Mamoru chiude gli occhi, un muscolo si contrae nella sua mascella prima di lasciarla andare, distogliendo lo sguardo, e fissandolo su sua figlia. Lentamente, e quasi gentilmente, apre le dita. La lascia andare. E poi gira sui tacchi, prende Chibi-Usa fra le braccia, e lascia la stanza. Con lo stesso silenzio, anche le altre ragazze lo seguono, lanciando occhiate gelate alle ragazze più grandi che, invece, restano indietro. Sedute, sole, nella stanza carica d'elettricità.
Quando finalmente restano sole, Michiru si lascia scappare un sorriso all'espressione attonita di Haruka. Poi, le si rivolge con la dolcezza di una maestra che sgrida lo scolaro.
« Haruka, a volte sai essere davvero stupida. »

*

Prende un respiro profondo, Usagi, mentre fissa il Crown come se stesse guardando la bocca spalancata di un drago affamato. Alla fine, si è convinta che presto o tardi dovrà affrontarle tutte. Tutte loro. E Lui. Anche loro hanno le loro storie, da raccontare. Anche loro hanno qualcosa da superare. E lei di certo non negherebbe mai loro il suo supporto. Solo, non è sicura di essere in grado di reggere tutti i loro pesi. Ma prima o poi, in ogni caso, dovrà affrontare questa battaglia.
Così entra, Usagi, con passi misurati e quasi automatici, cammina e si dirige verso l'angolo più in ombra del locale. Muove la bocca senza dire nulla, accertandosi che i muscoli della sua mascella funzionino tutti a dovere. Perché dovrà sorridere, e molto.
Sei paia di occhi l'accolgono con gioia, mentre li stira con un dolore quasi insopportabile. Solleva una mano, Usagi, e accelera il passo, pregando in silenzio che il correttore per occhiaie che ha impiegato una mattinata intera ad applicare sia almeno valso a coprire per metà gli orribili cerchi neri che oramai si sono installati sotto i suoi occhi in pianta stabile.
« Ciao a tutti! » -Scivola al suo solito posto accanto a Mamoru. Rei, Minako, Makoto ed Ami la guardano attraverso il tavolo, mentre Chibi-Usa beve rumorosamente le ultime gocce di milkshake alla fragola con evidente piacere. Si aggrappa al tavolo, Usagi, e stringe fino a spezzarsi un'unghia. Stringe i denti talmente forte, a quel rumore risucchiante, calamitante, famelico, che teme che la sua paura faccia addirittura rumore. Ma deve controllarsi, Usagi; perciò non urla, non fa una piega. Con gentilezza, Mamoru le passa una mano attorno alle spalle. Allora, però, non può farci nulla: sentendo il contatto, salta sulla sedia.
« Usako? Ma che... ? »
Maledice la sua stupidità, Usagi, a voce più bassa di un respiro; la copre con un sorriso che porta più stranezza che sollievo. Guarda Mamoru con naturalezza.
« Niente, Mamo-Chan. Scusa, è stato un brivido. »
Lui annuisce un po' casualmente, ma la sua mano cade accanto alla sedia. Vorrebbe quelle mani calde fra le sue, Usagi, e vorrebbe annodare e sciogliere ogni suo dito, essere una ragazza che rassicura il suo amato. Ma lui è sempre stato in grado di leggere dentro di lei così facilmente attraverso i suoi occhi, la sua voce, il suo tocco. Che cosa leggerebbe questa volta, si chiede Usagi in silenzio, se si lasciasse andare al piacere del suo confortevole calore? Che cosa sentirebbe contorcersi sotto la superficie?
Quando Mamoru alza il braccio di nuovo, lentamente, cercando di non spaventarla, lei si forza a rimanere immobile. Combatte l'urgenza di avvicinarsi e lasciarsi abbracciare, Usagi, con la più pressante sensazione che dovrebbe solo spingerlo via e scappare.
« Allora, Usagi-Chan, vuoi un milkshake? Pago io, oggi! » -Makoto la guarda, e Usagi ha l'impressione che la veda bene, la sua orribile magrezza. Il volto un po' scavato. Makoto la guarda con una speranza nascosta. E la sente, Usagi. La vede.
« Ma certo. Grazie. »
Si sente quasi, il sospiro di sollievo delle ragazze, mentre Ami si volta entusiasticamente verso una cameriera che passa, forse timorosa che Usagi cambi idea. In poco meno di un minuto, un enorme milkshake al cioccolato ha preso il suo posto di fronte a Usagi. Per amore delle amiche, infila la cannuccia nel bicchiere e prende un sorso di quell'orrido intruglio gelido che le sembra polvere di ghiaccio. Non ingoia. Lo risputa nella cannuccia con una perizia che si direbbe maturata negli anni, sentendo il sapore e l'odore sulla lingua scenderle in gola e depositarsi come un grumo nel pozzo vuoto del suo stomaco.
« Allora » -Comincia, rigirandosi la cannuccia fra le dita- « Di che cosa state parlando, di bello? »
« Nulla di importante. Non stavamo dicendo niente di che, solo qualche sciocchezza aspettandoti » -Mente Minako. L'argomento della conversazione fino a solo un secondo prima che entrasse dalla porta era proprio Usagi stessa- « Ma adesso che sei qui, possiamo finalmente scambiarci impressioni sulla battaglia e capire che diavolo è successo »
Ami coglie il segnale di azione e prende il mini computer azzurro che si porta sempre dietro, spacciandolo per un portatile super sottile. Lo apre e comincia a riassumere le poche informazioni già inserite nel computer.
« Allora, come prima cosa ho inserito le nostre varie posizioni. Moon, Uranus, Neptune e Mistress9 erano dentro il palazzo. Noi Inner invece siamo rimaste fuori, cercando di controllare i demoni per evitare che si spargessero ovunque. Mamoru infine era in casa, con Chibi-Usa, per tenerla in vita anche senza il suo cuore puro. Da qui, possiamo cominciare. »
Sbianca, Usagi. Si chiede freneticamente, panicando, come sfuggire a quella situazione. Non vuole, non può parlarne. Non adesso. E forse, mai. Non vede nessuna via d'uscita da quella conversazione in ogni caso, e non vuole comunque impedire alle altre di parlare dei loro problemi. Per loro, è più facile. Se loro hanno sofferto un decimo di ciò che lei ha sopportato, allora i loro fardelli saranno più facili da portare tutte insieme.
Il suo lavoro, pensa Usagi, è solo non aggiungere il suo.
« Comincio io! Allora, inizio da quando ci siamo separate. Vediamo... Okay, allora, in pratica stavamo combattendo quella massa di roba appiccicosa che attaccava » -Dice Makoto.
« Ew, era veramente disgustoso! » -s'intromette Minako.
« Assolutamente. Allora, stavamo combattendo allo stremo, e a un certo punto paf! Una mano esce dal nulla e prende Sailormoon per la gola. La tira in una specie di buco dimensionale, Bum! E noi rimaniamo fregate. Questa enorme massa di roba vischiosa si agglomera ed è troppa per restare nell'area dell'edificio, no? E allora, in pratica abbiamo deciso di tirare su un muro, una specie di barriera, per tenere quei cosi lontani dalla città. »
« E' stato disgustoso! » -Rei si perde un attimo nel ricordo, e poi prende la parola- « Ci siamo messe tutte in ginocchio, ciascuna a un angolo della sorta di quadrato che circondava l'edificio. Ci siamo sostenute. Ma a un tratto... Qualcosa è esploso, e non sono più riuscita a tenerli indietro. Nessuna di noi ce l'ha fatta e... » -Si passa le dita incerte fra i capelli corvini, ridendo in modo vuoto quando si accorge che il silenzio è calato sulla tavola. Ciascuna guarda in basso- « Sono davvero sollevata che sia finalmente finita. »
Ami si allunga ad accarezzare il braccio di Rei, e poi le prende la mano che sta tremando leggermente. « Già, è stato sconvolgente per tutte » -Concorda- « Dubito che lo dimenticheremo presto, ma dobbiamo sempre ricordare un'altra cosa; che abbiamo combattuto come una squadra, e il nostro legame è stato forte. Oggi è ancora più forte, e non si spezzerà. Questo è quello che conta. »
Dal suo lato del tavolo, Usagi osserva in silenzio. Spera più di qualsiasi cosa che una scusa le salga alle labbra quando ne avrà bisogno. Si chiede se non ce ne sia una, anche adesso, per evitare questo orribile rendez-vous per darsi sollievo l'una con l'altra. Ricorda con precisione quel qualcosa che esplode. Ricorda. È stato il momento in cui Pharaoh90 è stato liberato. Ricorda anche cosa ha causato quella rottura, quel rumore di unghia su vetro, mentre tutto si fa rosso. Lei. Usagi. Ricorda con una precisione quasi sconcertante il momento in cui ha donato a Mistress9 il Chalice. Lo vede con chiarezza, come un film di scarsa qualità, correre sotto il suo sguardo. Una volta ancora è stata causa di sofferenza per le sue amiche, Usagi. Una volta ancora, deve aggiungere alla montagna delle colpe che porta un altro sasso.
« In ogni caso » -Sta dicendo Minako- « Dicci un po', che cosa è successo quando quel braccio ti ha afferrata, Usagi-Chan? » -Minako volta la testa e due occhi blu vibranti la guardano con curiosità viva. Quasi si ritira, Usagi. È solo un secondo. Quanto può dire? Quando sarà abbastanza? Quali sono le informazioni utili, quelle che servono alle ragazze? E quali sono quelle utili che non lasceranno che il male le raggiunga, che arrivi fino a loro?
« Uhm... Io... mi sono ritrovata in questa stanza... con Hotaru. Lei... lei sembrava così... così normale, sapete? Voleva sapere come stesse Chibi-Usa... » -Ingoia con fatica, Usagi, ricordando il sapore acre della paura sulle labbra, sapendo che la vita di Chibi-Usa era appesa a un filo. Ricordando come ha dovuto combattere contro il tempo. Ricordando come ha dovuto paragonare il valore di una ragazza innocente a quello di sua figlia e del resto del mondo.
« Io... Io le ho quasi dato il Chalice, ma poi... poi si è trasformata! In quello che era realmente, Mistress9. Uranus e Neptune sono arrivate, allora... insieme al Dottor Tomoe, e allora è stata solo una lotta cieca. Per non permettere che uccidessero Mistress9, e con lei il corpo di Hotaru. »
Può ancora vedere la scena, Usagi, se abbassa la guardia per un secondo. Vede Hotaru nel corpo della Mistress9, cercare di distruggere la sua prigione. Sente la voce infranta del Dottor Tomoe pregarla di salvare sua figlia, combattere contro gli urli rabbiosi di Uranus e Neptune che le ordinano di uccidere, uccidere la donna, prima che scateni Pharaoh90.
Raggiunge con una mano il milkshake, Usagi, ma la ritira subito, rendendosi conto di quanto stia tremando. La unisce con l'altra, sul grembo.
« Ah, insomma, in ogni caso ad un tratto Mistress9 è riuscita a prendere il Chalice... In qualche modo... E ha aperto la via a Pharaoh90. È stato allora che Sailorsaturn è apparsa. Ha ripreso il controllo del suo corpo, ed è saltata dentro... la massa... di... di... oscurità, credo che fosse, e io l'ho seguita. Non ricordo altro. » -Ma ricorda, Usagi. Ogni dettaglio.
Si gira nervosamente per trovare Mamoru a fissarla, con gli occhi di chi ha visto troppo. C'è una luce, dentro di essi, che Usagi teme essere consapevolezza e... comprensione. Prega di essersi sbagliata. Ma in qualche modo, ne è snervata.
« Oh, bene, spero che questo possa esserti utile, Ami-Chan. Io... Io devo andare. Davvero. » -Non dà scuse, Usagi. Perché semplicemente, non ne ha nessuna. Semplicemente vuole andarsene. Via. Lontano. Perché fa male vedere le loro facce, preoccupate e interrogative, sapendo che non potrà mai, mai dir loro la verità. Non a costo della loro salute mentale. Così fugge e si dilegua, Usagi, lasciando il braccio di Mamoru abbandonato sul suo fianco, lasciando che cada seccamente dalla sua spalla.
Mamoru sente un dolore lancinante da qualche parte vicino al cuore. Se solo potesse mettere le dita su questa ferita invisibile, su tutta questa faccenda che sembra così... sbagliata, e se solo capisse perché Usako, la sua Usako sta costruendo un muro invisibile così meticolosamente per tenerlo fuori. Per tenerli tutti fuori. La parte di lui che è sempre connessa a lei, di solito la più vitale, la più pura, la più rumorosa, la parte più luminosa e colorata del suo cuore è semplicemente un cumulo di polvere, grigia e spenta in un plumbeo silenzio di morte. Lo sta cacciando via. Sta scivolando lontano da lui, forse nella speranza che Mamoru non se ne accorgesse. Come se potesse essere possibile non accorgersi di perdere un organo vitale. Come se potesse continuare comunque a vivere.
Mamoru ne è semplicemente terrorizzato.
« Sembra un po' smagrita, ma mi è parsa felice come sempre » -Sta dicendo Makoto.
« No, penso che fosse decisamente tesa. Come se stesse tentando disperatamente di... di... Non so come dire. » -Ami si arrende, per la prima volta nella vita, senza trovare le parole. Chiude il computer, e poggia la fronte sul metallo freddo- « Non lo so. »
« Beh, se qualcuno ha diritto di essere tesa, quella è Usagi-Chan! Senza dubbio sta tentando di minimizzare qualsiasi esperienza abbia appena attraversato. Insomma, tutte noi ricordiamo i suoi occhi inespressivi quando è ricomparsa, avvolta dalla luce del suo Cuore Puro. Una persona come Usagi non dovrebbe davvero... Mai dover avere uno sguardo simile. » -Mormora Minako.
« Non ha nessuna energia negativa in sé, comunque. Non c'è niente di strano o sbagliato in lei, almeno, insomma, non è posseduta. Quando però ho provato ad entrare nella sua psiche in profondità... Sono stata chiusa fuori. Non bruscamente, insomma, è stata più una cosa come... Come se mi avesse chiuso una porta in faccia » -Rei tamburella le dita sulla tavola, senza riposo- « Non sapevo nemmeno che sapesse farlo! Mamoru-San, che ne pensi? »
Lui si appoggia allo schienale, e chiude gli occhi per riposarli. Le ragazze sono tutte impressionate dal dolore così nudo sul suo viso, da una tristezza così disperata.
« Non lo so. Mi ha chiuso fuori. Fa male... Qui. » -Batte il pugno esattamente in mezzo al suo petto.
Un silenzio sbalordito striscia lungo tutto il tavolo. Chibi-Usa testimonia in silenzio le facce preoccupate e sbigottite degli adulti intorno a lei, e sente un brivido correre dritto dal collo alle scarpe. Si spinge vicino a suo padre, e lui l'abbraccia stretta, fin quasi a farle male. E lei sussulta, ma non dice nulla.
« Hey, ragazzi, almeno ha mangiato! » -Cerca di dire Minako con forzato ottimismo. Tutte si voltano verso il posto vuoto di Usagi.
« Sì, » -La sostiene Makoto- « Almeno ha... »
Tutte gelano, fissando il milkshake al cioccolato completamente sciolto nel bicchiere pieno fino all'orlo. La cannuccia, sbrindellata dai morsi all'estremità, giace senza vita, completamente immersa nel liquido marroncino e vischioso.

   
 
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