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Autore: Candy Floss    15/10/2011    3 recensioni
Terza classificata al contest "Fobie" indetto da Dark Aeris
"Mihael sapeva di essere stato un stupido a comportarsi così, ma non riusciva a sopportare tutta quell'attenzione, tutte quelle parole. Gli ultimi mesi erano stati una bolla di solitudine, pesante ma confortante. Una solitudine appena appena intaccata dalla voce profonda e rassicurante di Rob e dal ronzio della vodka, la vodka con cui cercava di mettere a tacere i ricordi per qualche ora.
E' quasi come se volessi dimenticarmi.
Mihael chiuse gli occhi e prese un altro sorso dalla bottiglia.
-Sai che non è così, Nate.
Silenzio nella stanza vuota."
[MattxMello accenni ad un passato MelloxNear]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: WindOfTheNight
Titolo: Remember me
Fandom: Death Note
Personaggi: Matt, Mello, Near, Rob (altro personaggio)
Fobia: Athazagorafobia, paura di dimenticare o essere dimenticati
Rating: Verde
Avvertimenti: Shonen ai, AU
Scenario/i scelto/i(se presente). Scenario E: stanza del computer buia, sala giochi affollata, ospedale in centro città
Nda: alla fine, ma il nome “Mail” si pronuncia come si legge, come “Mile”, e “Mellow” in inglese significa “dolce”.

 

 

 

Remember me

 

 

Athazagoraphobia: The fear of forgetting or being forgotten about.

 (Urban dictionary)

 

Andava sempre in quel bar perché assieme, lui e Nate, non c'erano mai stati. Era l'unico luogo privo di ricordi che frequentasse. Nate odiava i posti affollati, a malapena riusciva a convincerlo ad uscire fuori di casa.

Era accogliente -accogliente quanto sarebbe potuto essere un bar col televisore acceso tutto il giorno sulle corse dei cavalli- e la vodka era decente. Il barman si chiamava Rob, un uomo sulla sessantina, dalla pelle nera e alto quasi due metri, che teneva le foto dei tre figli e della moglie sullo scaffale degli alcolici. Era un uomo che in vita sua aveva sentito e visto di tutto, quindi Mihael per lui non era una novità. Un ragazzo di venticinque anni, vestito di pelle attillata, occhi blu e capelli biondi che arrivavano alle spalle. E cicatrici, visibili in volto e invisibili nell'animo.

-Ehi Mello, il solito?

Mihael si era appena seduto e fece un cenno d'assenso col capo all'uomo, che riempì uno shot di liquido trasparente. Il biondo stava cincischiando col bicchierino di vetro quando sentì una presenza alle sue spalle che lo fece mettere in tensione come una corda di violino.

-Ehi amico, posso offrirti qualcosa?

-Sparisci.

Mihael non si era voltato verso lo sconosciuto che voleva abbordarlo, ma lo studiava con la coda dell'occhio. Capelli rossi e strani occhiali, maglia a righe e guanti da saldatore. Un dannatissimo nerd.

-Andiamo, dai, non sta bene rifiutare.

-Sento che non mi metterò a piangere.

Lo sconosciuto scoppiò a ridere.

-Ahi ahi, questa brucia! Beh, posso sedermi qui, almeno? Spero tu non stia aspettando nessuno.

A questo punto Mello si voltò per guardare in faccia quello scocciatore. -Stammi a sentire, pezzo di…

-C'è qualche problema, Mello?

Rob era apparso dietro di loro con un boccale di birra scura che poggiò accanto allo shot di vodka del biondo, proprio di fronte al nuovo arrivato.

-Il nostro Mail ti sta infastidendo? Non farci caso, è Irlandese, è nel suo sangue essere una scocciatura.

Il rosso rise ancora, una risata che partiva direttamente dal diaframma e che riempiva l'aria attorno di vibrazioni.

-Ehi, grazie vecchiaccio! Almeno il tuo lavoro lo sai fare bene.

Per Mihael oramai era troppo tardi per dire al ragazzo di smammare, perché si era già seduto sull'alto sgabello del bancone e stava sorbendo la birra con calma e con uno scintillio degli occhi, nascosto da quegli strani occhiali.

-Mi chiamo Mail. M-a-i-l, non M-i-l-e-s, mia madre quando è andata a registrarmi all'anagrafe doveva essere ubriaca, però ormai il danno era fatto. Però chiamami Matt. Mello, giusto? E' un bel nome, non lo avevo mai sentito, è italiano? Ho voluto imparare l'italiano, ma tra una cosa e l'altra…

Mihael guardò il ragazzo che continuava a parlare e non si fermava più con un'espressione esterrefatta. Ma non prendeva mai fiato?

Rob stava sghignazzando mentre lavava dei bicchieri nel lavandino osservando la faccia sbalordita del biondo. Era un ragazzo taciturno, in quattro mesi che veniva lì non aveva pronunciato più di una decina di parole. Ascoltava molto, in compenso. In un bar c'era sempre gente pronta a dare consigli e opinioni, e Rob amava il suo lavoro proprio perché in un locale del genere era impossibile sentirsi soli. Dentro di sé covava la convinzione che fosse per questo che il ragazzo lo frequentasse.

-… e così mi sono ritrovato a lavorare in una fabbrica in cui si inscatola pesce in Groenlandia. Tu non hai idea di quanto ti paghino bene per una cosa del genere lassù! Gente simpatica, ma un po' troppo, come dire, "rude". Non che non mi piacciano gli uomini rudi, ma sai, io non sono proprio un vichingo. Ma ti ho annoiato abbastanza, che mi dici di te?

Matt si zittì di colpo e gli indirizzò un sorriso amabile. Mello guardò Rob che scrollò le spalle divertito e all'improvviso si sentì soffocare. Si alzò barcollante dallo sgabello e fuggì.

 

ooooooooooooooooo

 

Mihael sapeva di essere stato un stupido a comportarsi così, ma non riusciva a sopportare tutta quell'attenzione, tutte quelle parole. Gli ultimi mesi erano stati una bolla di solitudine, pesante ma confortante. Una solitudine appena appena intaccata dalla voce profonda e rassicurante di Rob e dal ronzio della vodka, la vodka con cui cercava di mettere a tacere i ricordi per qualche ora.

E' quasi come se volessi dimenticarmi.

Mihael chiuse gli occhi e prese un altro sorso dalla bottiglia.

-Sai che non è così, Nate.

Silenzio nella stanza vuota.

oooooooooooooooooo

 

Non sapeva perché avesse deciso di ritornare al bar col rischio di rivedere quel ragazzo, Mail. Però il vuoto dell'appartamento e il suo silenzio cominciavano a premere troppo contro i suoi timpani e i postumi della sbornia passavano troppo in fretta.

Prese un gran respiro e pregò che lo squinternato dai capelli rossi fosse assente. Ma come tante altre volte nella sua vita, la sua preghiera rimase inascoltata.

Eccolo lì, che rideva con Rob. La sua risata riempiva il bar, sovrastava la tv che blaterava il commento delle corse. C'era poca gente a quell'ora. Sia il barman che il ragazzo si voltarono quando sentirono il campanello della porta tintinnare.

Il rosso fu al suo fianco in un attimo.

-Mello, mi dispiace tantissimo per l'altro giorno! Devo averti fatto venire il vomito con tutto il mio bla bla bla, non volevo spaventarti, hai sentito Rob, sono Irlandese e non riesco a tenere la bocca chiusa…

Un'occhiata a Rob gli fece capire che anche l'omone si era preoccupato per lui. Da quando a così tanta gente importava cosa gli capitasse?

A quel punto gli venne da ridere. Che situazione: un barman, un Irlandese logorroico e lui che scappa come un ragazzino.

Matt si interruppe quando lo vide scuotere la testa e scoppiare a ridere. Anche Rob sembrò incredulo.

A quel punto il rosso si unì alla sua ilarità e Mello sentì le spalle rilassarsi dalla tensione che sembrava annodargli lo stomaco da qualche tempo.

-Va bene, Mail-chiamami-Matt, credo che ti permetterò di offrirmi da bere.

 

ooooooooooooooooooooo

 

-… però non ho mai visto un paese come l'Irlanda in primavera. Ho viaggiato veramente molto in vita mia, ma i campi di erica viola e le vallate verdi sono impareggiabili. Anche se non ho mai visto l'Italia. Sì, l'Italia mi manca. Ma sono ancora giovane, ho tempo per andarci, no? E tu, Mello? Qual'è il paese più bello che tu abbia mai visto?

Mello fu preso alla sprovvista quando fu tirato in mezzo al discorso. Lo aveva ascoltato per quasi un'ora parlare di città e paesi e strade da percorrere. Da qualche giorno la presenza di Mail si era fatta strada nella quotidianità di Mello. Ogni sera andava al bar, e ogni sera Mail si raccontava a lui. E Mello era contento, incredibilmente, di ascoltare.

-Io non ho mai viaggiato molto.

Non con la salute di Nate. Era delicato, non avrebbe retto gli aeroporti, le stazioni, e i bagagli. Anche a lui sarebbe piaciuto andare in Italia, si ricordò, ma Mihael aveva detto di no. Il clima, il viaggio… Troppo pericoloso e faticoso aveva detto. E così Nate non aveva mai visto Venezia.

-Però sono cresciuto in Russia. A San Pietroburgo. Beh, a dir la verità lì vicino, ma era un paesino talmente piccolo che non c'era nemmeno una scuola, quindi dovevo andare fino a San Pietroburgo, e lì avevo i miei amici.

-Davvero?- Matt sembrava estasiato. -Meraviglioso! Ma non hai nessun accento, come mai?

-Siamo andati via dalla Russia quando avevo dodici anni, e i ragazzini della scuola dove siamo andati mi prendevano in giro per l'accento, così mi sono imposto di farlo andare via.

-Oh, ma dai! E' un vero peccato!- Matt aveva stornato gli occhi e gonfiato le guance come un bambino che faceva i capricci. -Trovo che gli accenti siano assolutamente adorabili! Il mio l'ho conservato gelosamente…

-Nessuno se n'è accorto, vero?- Si intromise Rob da dietro il bancone.

-Stai zitto, vecchio americano inacidito! Ma dai, raccontami della Russia, com'è?

-Tanto per cominciare, il mio nome è Mihael, non Mello. Quello è un soprannome che mi ha dato Rob.

Lanciò un occhiata all'uomo che sorrideva ironico.

-Già, non potevo credere che quella ragazza ti avesse chiamato dolcezza. Ma visto che non sapevo il tuo nome non ho potuto fare a meno di pensare che "Mellow" sarebbe stato un bel soprannome.

E così Mihael fu portato a parlare. Parlò e parlò fino a quando quasi non ebbe più voce, e Matt rimase rapito ad ascoltarlo.

-… D'inverno, quando c'era la neve, mio padre mi portava fino in città con un gatto delle nevi. Ho imparato a guidarne uno ancor prima di togliere le rotelle alla bicicletta.

Risero entrambi e Mihael sentì di nuovo quel senso soffocante che lo aveva spinto a  fuggire il giorno che aveva conosciuto il rosso. Prese un respiro perché non voleva dare a vedere che stesse scappando e si alzò lentamente dallo sgabello.

-Ora devo andare, Matt. E' bello parlare con te, sei simpatico.

Piegò le labbra in una smorfia che avrebbe voluto essere un sorriso e si voltò per uscire.

-Mihael, aspetta.

Il biondo obbligò i piedi a fermarsi ma non se la sentì di voltarsi.

-Mello, senti, che ne dici di uscire una di queste sere? Voglio dire, non che il bar di Rob non sia fantastico…

Il barman emise uno sbuffo.

-… però mi piacerebbe invitarti a cena.

Mello scosse piano la testa.

-Non credo sia una buona idea, Mail.

Sentì di nuovo la presenza del ragazzo dietro di sé come la sera che l'aveva incontrato, però in quel momento non si sentì teso. O meglio, non era teso per quello, ma per qualcos'altro.

-Andiamo, Mello. Non ti sto chiedendo un "vero appuntamento". Trovo che tu sia una buona compagnia. Voglio portarti in un posto. Dai, accetta!

A quel punto il biondo non sopportò che Matt stesse parlando alla sua schiena e si voltò. Sul viso del rosso c'era un'espressione speranzosa e buffa. Ancora gli venne da ridere, e il senso di soffocamento parve recedere appena.

-Mmm…- Mihael era ancora dubbioso, ma quando sentì Rob schiarirsi la gola e lanciargli uno sguardo eloquente cedette.

-Va bene, d'accordo.

Il rosso parve illuminarsi come una lampadina e si misero d'accordo per vedersi la sera dopo.

Quando Mihael tornò a casa, sentì tutto il peso della giornata piombargli addosso.

Cosa aveva in mente? Come aveva potuto accettare l'invito? Certo, Mail aveva detto che quello non era un vero appuntamento, ma era evidente che al rosso lui interessava. E anche a lui interessava il rosso. Ma come poteva? No, non poteva. Doveva assolutamente annullare l'app… Qualunque cosa avesse accettato da Matt.

Sarebbe stupido rinunciare, e lo sai.

-Stai zitto!

Come se fosse stato ascoltato, la stanza gli restituì solo silenzio.

Preso un profondo respiro, si diresse allo studio che era stato adibito a camera del computer. Da lì Mello lavorava, senza la necessità di dover uscire di casa o recarsi in un ufficio. La lampadina si era fulminata da diverso tempo e non si era mai preoccupato di cambiarla. Mosse appena il mouse e il salvaschermo apparve lentamente con una luminescenza bluastra.

Il volto calmo di Nate, sorpreso a comporre un puzzle sul tappeto, gli restituì lo sguardo e Mihael dovette chiudere gli occhi.

Come poteva pensare di uscire con un altro ragazzo?

Come poteva anche solo immaginare di dimenticare Nate? Con quale crudeltà poteva pensare di andare avanti e lasciarlo indietro?

Andare avanti non significa dimenticare, Mihael.

Il biondo si accasciò sulla sedia.

Non trovò nulla da replicare

 

oooooooooooooooooo

 

Mancava un'ora all'app… all'incontro, e non aveva ancora pensato a cosa mettersi. Si trovava in piedi di fronte all'armadio e navigava nel vuoto totale.

Dove lo avrebbe portato Matt? Aveva detto che voleva mostrargli un posto, ma di cosa si trattava?

Chic? Ne dubitava. Da come si vestiva quel pazzo, non riusciva proprio ad immaginarlo in un posto diverso da un McDonald.

Pelle?

Mihael emise un verso sconfortato. La pelle era una scelta rischiosa. Andava bene per il breve tragitto da casa al bar di Rob, e non è che nel locale ci fosse molta gente a lamentarsi della sua dubbia scelta d'abiti, ma se fossero andati in un posto dove sarebbe stato guardato male e magari invitato ad uscire? Avrebbe rovinato la serata al rosso.

Alla fine, Mello optò per un paio di jeans neri e una t-shirt. Ottimo: neutro, casual, adatto per tutte le occasioni. Tranne che per qualche ristorante francese che probabilmente non avrebbe nemmeno fatto avvicinare Matt a venti metri di distanza. Si pettinò i capelli e li legò con un elastico: era pronto ad uscire.

Il rosso lo stava già aspettando all'angolo della strada dove avevano deciso di incontrarsi e gli fece un cenno di saluto. Matt rispose con un sorriso.

Lo stomaco di Mihael fece una capriola e subito si rimproverò di essere un idiota. Non era il caso di fare la teen-ager in fase ormonale.

Fortunatamente, anche l'altro era vestito in maniera del tutto casuale, sempre con con una maglia a righe rosse e nere, gli atroci occhialoni arancioni e un paio di jeans stretti che mettevano ben in evidenza il suo sedere sodo. In quel momento, Mihael avrebbe voluto spararsi.

-Allora, per prima cosa, la cena! Non hai già mangiato, vero?

Mihael rise al tono preoccupato dell'altro, e si rese conto, decisamente in ritardo, che era da molto tempo che non stava così bene. Da molto prima della morte di Nate.

Il rosso li condusse in un ristorante che grazie a dio non era né uno chiccosissimo restaurant francese, né un fast food americano. Era pulito, alla mano e si mangiava bene. Durante il pasto, il biondo rimase ad ascoltare ancora per un po' l'allegro ciarlare del suo accompagnatore.

-Era un ragazzo meraviglioso, te l'assicuro, e anche niente male a letto, ma aveva un complesso del "figlio di mamma". Temo che avrei dovuto fiutare l'inghippo dal fatto che era italiano. Ma era così carino!

-Sei davvero ossessionato dall'Italia.- disse Mihael interrompendo per la prima volta il monologo del ragazzo.

-Aaah, sì. Purtroppo è il mio punto debole. Vedi, a casa nostra, in Irlanda, avevamo una fotografia. L'aveva scattata il mio vecchio quando era andato a Venezia. Un tramonto meraviglioso nella laguna, e il campanile di San Marco illuminato di rosso. Da quel momento mi sono innamorato. Ho visto migliaia di immagini, e voglio andare dappertutto. Sicilia, Toscana, Campania… Ma Venezia! Venezia sarà la ciliegia sulla torta.

Mihael lo guardò con un misto di tristezza e tenerezza. Non voleva pensare a Nate in quel momento, ma sentir nominare quella città gli riportava alla mente troppi ricordi.

-E tu, Mello? Avanti, parlami delle tue conquiste. Sicuramente avrai una lista di cuori infranti ai tuoi piedi lunga come il Mississippi.

Mello sorrise e scosse il capo.

-No, a dire la verità. Solo uno.

-Oh.- Matt parve sconcertato. -Ma come? Un ragazzo come te? Perdonami la maleducazione, ma sei davvero uno schianto…

Lo sguardo che gli rivolse il rosso lo fece rabbrividire, e non per la maleducazione.

-Se non ti dispiace, preferirei non parlarne, Matt.

L'altro parve cogliere e avvampò.

-Perdonami, Mel. Sono un Irlandese idiota, lasciami perdere-

Mel? si disse il biondo divertito. Questo ragazzo, nonostante le apparenze, non aveva vergogna.

Finirono la cena e a quel punto Matt cominciò ad apparire irrequieto.

-Vuoi andare da qualche parte in particolare? Hai già degli impegni?

-Pensavo che tu volessi farmi vedere un posto.

-Sì! Voglio dire, no, cioè, se non hai di meglio da fare.- Se Matt fosse stato un cane, probabilmente in quel momento avrebbe scodinzolato, eccitato.

-Matt, portami in questo posto.- disse Mello, fingendosi esasperato, ma in realtà molto divertito.

Con un breve cenno del capo e con un notevole sforzo per calmarsi, Matt si avviò lungo una via, con Mello al seguito. Il biondo lo raggiunse e cominciò a bombardarlo di domande, che però venivano ignorate con un vago sorrisetto. Sconfitto, Mihael lasciò che si cambiasse argomento. Camminarono con calma per un po', quando Matt si fermò e guardò Mello serio.

-Adesso devo coprirti gli occhi.- disse con voce solenne.

-Come prego? - Mello era esterrefatto.

-In pochi conoscono il luogo in cui siamo diretti, non posso permettere che chiunque sappia come arrivarci.

-Ehi, io non sono chiunque!

Matt non fece una piega.

Con un sbuffo, Mello accettò. -E va bene, coprimi gli occhi.

Con un ghigno improvviso, Matt gli andò alle spalle e gli mise le mani sugli occhi. Era appena più alto di lui, si rese conto il biondo. Aderiva al suo corpo dai fianchi alle spalle, e le sue mani erano asciutte e calde, prive di guanti. Il suo respiro gli solleticava il collo.

Con un brivido, si fece guidare dalla voce di Matt ad un millimetro dall'orecchio. Forse si stava immaginando le cose, però gli sembrava che la voce del ragazzo fosse calata in maniera sensuale.

-Ci siamo quasi…

E quasi Mello sperò che mancasse ancora un chilometro alla loro destinazione. Non voleva che il corpo di Matt si allontanasse dal proprio.

-Eccoci. Ora tieni gli occhi chiusi e aprili lentamente.

Mello sentiva un gran baccano, una cacofonia di trilli, voci umane e musichette elettroniche. Fece come gli era stato chiesto e dovette sbattere le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco il caleidoscopio di colori che gli stava esplodendo davanti.

-Allora, che te ne pare?- gli chiese Matt con un sorriso a trentadue denti.

-E' una sala giochi.- rispose Mello non sapendo che altro dire.

-Non è una semplice sala giochi! E' LA sala giochi! La più grande di tutta la città!- e detto questo trascinò Mello dentro.

Il biondo non era mai stato un grande fanatico di video games, ma durante l'adolescenza aveva ovviamente avuto modo di frequentare alcuni parchi divertimenti e sale con gli amici. Entrare in quel caos fu come fare un tuffo nel passato. C'erano tutte le consolle che avevano consumato la sua giovinezza, e nuovi giochi virtuali che sembravano poter creare dipendenza.

Effettivamente non era un posto per un appuntamento galante… Ma chissà qual era l'idea di galanteria per Matt?

Parlando del rosso, sembrava avesse raggiunto il nirvana. Tutti lo conoscevano e lo salutavano come se fosse il padrone del posto, e in breve Mello capì il perché. Era un dio alle consolles.

Il biondo non lo avrebbe mai detto, ma si divertì come non mai. Matt voleva fargli provare almeno una volta tutti i giochi della sala, e dovette strapparlo più volte agli sparatutto che sembravano catturare particolarmente il suo interesse. Non si accorse nemmeno del tempo che passava, non quando c'era ancora così tanto da fare.

-Mel.- Sentì una voce all'orecchio che lo fece sobbalzare.

-Matt! Mio dio, mi hai fatto prendere un infarto!

Una musichetta dalla macchina a cui stava giocando lo informò che il suo personaggio era morto. Emise un verso frustrato. -E ho perso la partita.

Matt rise.

-Mi spiace, biondo, ma dobbiamo andare. Stanno chiudendo.

Mello si guardò attorno stupefatto, e vide che tutti si stavano dirigendo all'uscita.

-Oh, ok. Però ci devo assolutamente tornare.- disse.

Matt sorrise solo, contento.

-Vieni, ti riaccompagno a casa.

Si diressero verso la macchina che avevano lasciato al ristorante, e notò quasi a malincuore che Matt non gli coprì gli occhi.

-E' stata davvero una serata bellissima. Ti ringrazio.

Matt scrollò le spalle, aprendogli in modo cavalleresco la portiera della sua Camaro rossa.

-E' stato un vero piacere.

Mello rise e scosse il capo. Il viaggio fino a casa fu alquanto silenzioso. La testa di Mello era ancora piena della cacofonia della sala giochi e delle chiacchiere di Matt, che era una presenza calda e sicura accanto a lui. Si sentiva felice, non poteva negarlo.

Matt parcheggiò fuori da casa sua senza che il biondo se ne accorgesse, seguendo le istruzioni che gli aveva dato.

-Siamo qui.

Mihael si riscosse lentamente, uscendo dal torpore in cui era caduto.

Scese dall'auto e registrò vagamente il fatto che Matt lo stava accompagnando alla porta.

-Mihael.

Il rosso dava le spalle alla porta.

-Matt…?

Dovette ammettere che non se lo aspettava. Matt era stato rapido, ma anche dolce. La sua bocca aveva accarezzato la propria prima lievemente, come una farfalla che sfiorasse lentamente un fiore, e poi con appena più sicurezza, catturando quella del biondo. Troppo sotto shock per capire cosa stesse accadendo, Mello mosse le labbra contro quelle di Matt senza nemmeno accorgersene. Le sue labbra erano calde, morbide, appena screpolate. Erano reali, ed erano lì per lui. Mesi, erano passati così tanti mesi da quando qualcuno gli aveva riservato quelle attenzioni, perché Nate, dopo quello che gli era successo…

Nate!

Spinse indietro il ragazzo che adesso aveva avvolto un braccio attorno alla sua vita e lo guardò sconvolto.

-Io…- disse lentamente.

-Mello, oddio, perdonami…

Non riuscì ad ascoltarlo. Si voltò e corse via.

 

oooooooooooooo

 

 

 

 

 

Non voleva tornare a casa. La mezzanotte era passata da un pezzo, ma aveva troppa adrenalina in corpo per pensare di dormire. Si sentiva perso, e stupido, e un'altra lunga lista di aggettivi che non riusciva ad elencare.

Era scappato di nuovo, e questa volta aveva fatto una vera cazzata.

Era colpevole nei confronti di Matt e di Nate. Il primo perché gli aveva lasciato intendere di essere disponibile per un tipo di relazione che andasse oltre l'amicizia, e nei confronti di Nate perché…

Tu non mi devi nulla, Mihael.

Cercò di scacciare la sua voce. Certo che gli doveva qualcosa. Gli doveva la sua memoria. Era poco, così poco, ma almeno questo glielo doveva.

Non poteva dimenticarlo.

I suoi piedi lo portarono quasi di loro spontanea volontà davanti al bar di Rob. Le serrande erano tirate, ma non erano chiuse col catenaccio e una luce all'interno gli disse che il barman doveva essere ancora dentro.

-E' permesso?

C'erano poche luci accese, e l'atmosfera aveva una sfumatura arancione. Le sedie messe a testa in giù sui tavoli creavano ombre strane sui muri.

-Chi è? Oh, Mello, cosa ci fai qui?

Rob comparve dal retro del locale asciugandosi le mani.

-Non avevi un appuntamento con Matt? Ma che ora è?

-E' tardi, e l'appuntamento è finito…- Mello lasciò che la frase aleggiasse nell'aria.

Rob lo guardò un momento, poi sospirò.

-Perché non ti siedi?- disse con voce rassicurante.

Mello si avvicinò al bancone e tirò giù uno sgabello.

-Perdonami se piombo così all'improvviso, Rob. Non so cosa mi sia passato per la testa. Tolgo subito il disturbo, avevo bisogno di sedermi un momento.

L'uomo lo guardò un momento in tralice, poi prese due bicchieri di cristallo dallo scaffale degli alcolici e li riempì con un liquido ambrato.

-E' successo qualcosa con Mail.- disse in tono ovvio.

Mello annuì soltanto, prendendo un sorso di scotch.

-Perché non me parli?

Il biondo lasciò che il silenzio si prolungasse un attimo ancora, poi prese fiato e disse con un sospiro: -Mi ha baciato.

Guardò Rob quando questo non disse nulla. L'altro ricambiava lo sguardo con un sopracciglio sollevato, perplesso.

-E' stato così terribile?

Mello scosse il capo.

-Al contrario. E' stato splendido. Però io… Io non posso. Davvero, non posso farlo. Non voglio deludere Matt. E non posso farlo.

Rob continuava a guardarlo, pensoso.

-Perché no?- disse infine.

-Ecco, io…- si morse il labbro inferiore. -Io… Ho perso il mio fidanzato. Sei mesi fa. Mi ci sono voluti due mesi solo per mettere piede fuori di casa, e ho trovato questo bar. E adesso Matt… Io non lo so se sono pronto per qualcun altro. Anzi, ne sono certo. Io non posso fare questo… A Nate, o a Matt. Io oramai sono rovinato per chiunque.

Stringeva il bicchiere con una presa di ferro, si aspettava quasi che il cristallo esplodesse sotto la pressione del suo palmo.

-Perché dici così, Mello?

Il biondo distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello dell'uomo.

-Io non posso dimenticarlo.

Rob sospirò profondamente e riempì nuovamente i bicchieri vuoti.

Mello prese un respiro, e decise di raccontare.

-Era un ragazzo delicato.- cominciò -Era albino. Sensibile al sole, allergico a qualunque cosa. Ma bello, così dannatamente bello…- Prese un sorso dal bicchiere e fece una smorfia mentre l'alcol gli scivolava in gola. -Ci siamo conosciuti l'ultimo anno di liceo. Incredibile, eravamo giovanissimi, e io ero uno stupido ragazzino ricco e arrogante. Lui si era trasferito da un altro liceo, era due anni più giovane di me, ma frequentava il mio stesso anno, ed era anche il migliore, per giunta. Un fottuto genio, e lo odiavo per questo. Mi avevano parlato di lui, un introverso malaticcio che io mi immaginavo emaciato e con un paio di spessi occhiali. Quanto mi sbagliavo. Era sottile, sì, però aveva un bel viso pieno, e i suoi occhi… Tu credi ai colpi di fulmine, Rob?

L'uomo annuì appena con un lieve sorriso.

-Come me e Rosie.- esclamò convinto. Poi fece un cenno al ragazzo. -Vai avanti, Mello.

Il ragazzo annuì appena, con la gola secca. Non aveva mai parlato di lui a nessuno.

-E' vero, era un ragazzo incredibilmente introverso. Mai avuto un amico, o un ragazzo, o una ragazza, se è per questo. Tutti pensavano che ad un genio cose del genere non interessassero, ma non era così. Si sentiva incredibilmente solo. Lo invitai ad uscire, e non scorderò mai la sua espressione. Una delle rare volte in cui mi fu facile leggergli dentro. Era un mistero per tutti, e per me non faceva eccezione. Però la sua salute… Quella era davvero pessima.

Scosse il capo. Era doloroso pensare a tutte le corse in ospedale, alle medicine, alle rare ma atroci operazioni.

-Facevamo dentro e fuori dagli studi dei dottori. Se non era la polmonite era shock anafilattico, o anemia, o qualcos'altro. Epilessia. Un giorno ebbe un attacco e…

Dovette prendere fiato. Quel giorno gli era chiaro come fosse stato ieri.

-Non sono sicuro di cosa sia successo. Sta di fatto che le tende della cucina presero fuoco, e io non ero a casa. Solo per un fortunato caso stavo rientrando, ma i pompieri erano già arrivati. Sembrava che non avessero alcuna intenzione di correre dentro per prenderlo, lo davano già per morto, così presi io l'iniziativa.

-E' così che ti sei fatto questa?- Rob si toccò la parte sinistra del viso dove, marchiata sulla pelle, Mello aveva la sua cicatrice.

Il biondo annuì.

-Sì. Però lo salvai. Per poco non morimmo entrambi, ma lo salvai. Gli regalai quattro mesi di vita.

A questo punto la voce gli si spezzò.

-Siamo stati insieme per quasi sette anni, Rob. Quasi un matrimonio. E ho dovuto guardarlo morire. Il fumo gli aveva danneggiato troppo i polmoni, ha dovuto vivere attaccato ad una macchina per respirare. Non sono stato lì quando aveva più bisogno di me.

Si nascose il viso nelle mani, sopraffatto dai ricordi. Quell'ospedale nel bel mezzo della città con le pareti arancioni e scrostate, lo smog e  il rumore del traffico fuori dalle finestre aperte per il caldo. E il corpo di Nate, i suoi occhi che si spegnevano a poco a poco ma che ancora conservavano la scintilla. Le sue piccole mani che stringevano quelle del biondo. La sua voce che si affievoliva, ma che non mancava mai di dirgli quanto lo amasse.

-Gli ho giurato sul letto di morte che non lo avrei dimenticato. E non voglio che Matt stia con una persona che non è in grado di dargli ciò che merita. Lui… So come andrà a finire. Sento  di provare qualcosa, anche se lo conosco da poco. Come posso far soffrire così un ragazzo per cui già provo affetto e di cui potrei innamorarmi? Imporgli il ricordo di un fidanzato morto, il compito di raccogliere pezzi che gli faranno solo del male?

Per qualche minuto nel silenzio del bar si sentì solamente il rumore del ghiaccio che si scioglieva. Poi Rob sospirò ancora e si decise a parlare.

-Vedi Mello…- L'uomo sembrava addolorato per il racconto del ragazzo -La mia cara moglie, che credimi ha sempre ragione, una volta mi ha detto: "Andare avanti non significa dimenticare, ma ricordare in modi diversi".

Mello quasi smise di respirare a quelle parole.

-Una cosa del genere non si può dimenticare. Non è un mazzo di chiavi che perdi dietro al divano. Tu non puoi dimenticare Nate. Ma non credo che lui avrebbe voluto che ti scordassi di vivere per ricordarlo. Mail è un bravo ragazzo. Conoscevo suo padre, un bravo poliziotto del quartiere, la cui più grande soddisfazione era portare a casa la cena per il figlio e la moglie e che per questo ha dovuto lasciare la sua patria. Quel ragazzino è dovuto crescere troppo in fretta, abbandonare la sua casa, e non è uno stupido. Ha notato te molto prima di quanto tu non abbia notato lui. Deve aver visto qualcosa che si può ancora salvare. Se Nate ti amava sul serio allora avrebbe voluto vederti felice e credimi, Matt vale il tentativo.

Mihael poggiò la testa sulle braccia, allungandosi sul bancone. Perché le parole di Rob parevano maledettamente ragionevoli ma dannatamente difficili?

Il ragazzo si sentì toccare una spalla e per poco non fece un salto di due metri.

Occhi verdi. Matt aveva gli occhi verdi.

Quegli occhiali orribili erano appesi al collo, lasciando scoperti gli occhi più verdi ed espressivi che Mello avesse mai visto.

-Mihael…

Il ragazzo scuoteva la testa, come per schiarirsi le idee.

-Mio dio, Mihael…

Matt aveva sentito tutto. Glielo leggeva negli occhi.

-Matt, ma da dove…

-Era nel retro.- si intromise Rob. -Ora devo andare, ragazzi. Vi lascio le chiavi. Mettete a posto le sedie. 

Rimasero soli nel bar in penombra, uno di fronte all'altro. Mihael non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. Si sentiva scompensato e vulnerabile.

-Mihael, ti prego, guardami.

Il biondo dovette fare violenza su se stesso per riuscire ad alzare lo sguardo.

-Mihael, mi dispiace.

Il biondo si mise una mano sugli occhi e fece un cenno secco con la testa.

-No Matt, non è colpa tua. Mi spiace anche che tu abbia sentito la mia triste storia strappalacrime. Devo farti pena.

Tutto questo è patetico, si disse il biondo. Adesso Matt lo avrebbe visto come il povero ragazzo sfortunato come in un triste telefilm di seconda categoria.

-Non scherzare, Mel! Colpa tua per cosa? Non avrei dovuto origliare, ma questo spiega molte cose. Spiega perché io abbia visto qualcosa di diverso in te. Qualcosa di speciale.

Mello si tolse la mano dal viso e guardò l'altro.

-Mello, sei una persona forte. So che lo sai, ma voglio che ti renda conto che anche chi ti sta attorno se ne accorge. Nessuno è qui per avere pietà di te. Io di sicuro no. E non sei rotto, sei tutto tranne che da buttare via.

Matt allungò una mano e prese quella di Mihael.

-Ciascuno di noi ha le sue battaglie da combattere, e ciascuno di noi ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a vincerle. Quindi chiedo a te di essere quel qualcuno. E lascia che quel qualcuno sia io. Lasciami tentare.

Una lacrima rotolò lungo la guancia del biondo mentre guardava Matt tendergli una mano. Non doveva per forza essere solo.

Andare avanti non significa dimenticare, ma ricordare in modo diverso.

-Non voglio che tu dimentichi Nate- proseguì il rosso. -Dio, non posso nemmeno pensare come una cosa del genere potrebbe accadere. A meno che tu non venga rapito dagli alieni.

Mello rise, perché era giusto, perché questo era il modo di Mail di aiutarlo.

-Ma ti sto chiedendo di ricordarlo assieme a me, e di costruire qualcosa di nuovo da ricordare. Smettila di scappare, Mihael.

 Il biondo annuì appena, e Matt gli sorrise.

Mello era stanco di scappare, e sapeva che per quanto ne avesse paura, dimenticare sarebbe stato impossibile.

 

Alcuni mesi dopo.

 

-Mello, ma non hai ancora finito di fare la valigia?!

Nella camera da letto regnava il caos più totale, e Mello ne era esattamente al centro.

-Non so cosa prendere, Matt!

-Che vuol dire che non sai cosa prendere?! Non hai letto la lista che ti ho preparato?!

-Sì che l'ho letta, ma non è possibile che per un viaggio così lungo servano così poche cose!

Matt sbuffò e si coprì la faccia con le mani per nascondere il ghigno divertito che gli piegava le labbra ed esalò uno sbuffo divertito.

-Mello, non stiamo andando nel deserto del Sahara. Se dovesse mancarci qualcosa sono sicuro che in Italia potremmo comprarlo. E in Russia andremo a stare dai tuoi, no? Quindi è inutile caricarci di roba. Dammi retta, e segui le istruzioni della lista.

Il biondo mise su un broncio che fece scoppiare a ridere l'Irlandese, che lo abbracciò e gli posò un bacio sulle labbra sporgenti.

-Mi piace quando fai la signorina.- gli disse sulle labbra e scostandosi prima che l'altro potesse morderlo.

Mello esibì un sorriso da Ghignagatto. -E a me piace quando fai l'uomo maturo ed efficiente.

-Shh!- esclamò Matt. - Non vorrai far saltare la mia copertura!

-Certo che no. - rispose il biondo baciandolo un'ultima volta. -Ora sparisci, devo finire di fare la valigia.

Matt fece per uscire, ma prima di allontanarsi diede una veloce pacca sul sedere di Mello e fuggì per evitare di essere ucciso.

La foto di un ragazzo col viso incorniciato da boccoli bianchi sorvegliava la scena con un impercettibile sorriso sulle labbra pallide.

Sì, tutto sarebbe andato bene.

 

 

 

 

Note dell’autore: Credo di dover ringraziare l’influenza per la riuscita di questa storia, senza un paio di giorni di ferie da scuola non ce l’avrei mai fatta!

Dunque, il titolo non c’entra nulla col film di Robert Pattinson (che tra l’altro non ho visto). Ho voluto trattare la mia fobia, che affligge la memoria delle persone in una maniera più intimista e meno eclatante di quanto avessi pensato inizialmente.

Mello è ossessionato dalla memoria: sembra volersene allontanare, ma in realtà vi si aggrappa con tutte le sue forze. Non può lasciare andare il ricordo, o meglio, non vuole rischiare di creare nuovi ricordi, perché è terrorizzato all’idea di scordare il suo primo amore Nate. Credo che solo un personaggio solare come Matt e uno paterno come Rob avrebbero potuto aiutarlo a superare la sua fobia di dimenticare. Anche Matt, tuttavia, anche se a prima vista non si direbbe, ha una parte ossessionata dai ricordi: quelli dell’Irlanda, e la sua passione per gli accenti, che altro non sono che parti di un paese che ha paura di dimenticare. Spero di aver tracciato bene il percorso psicologico del protagonista e il dolore della sua perdita con la conseguente comparsa della fobia, e quello degli altri due personaggi, senza scadere nel banale. Spero anche di aver ben delineato Near che qui è una presenza incorporea ma decisiva per la riuscita della trama. Ho cercato di attenermi al personaggio come ho potuto, considerando che questa è una AU.

Ringrazio ancora per il bellissimo cotest!

 

N.d.A 2.0: Dunque, non metto qui il giudizio perché credo che verrà inserito nelle recensioni. XD Sono piuttosto soddisfatta da questa storia, nonostante i numerosissimi errori e sviste, che ho corretto grazie al giudizio dettagliatissimo della giudice. Sono riuscita a scriverla nei due giorni antecedenti la scadenza del contest, una specie di record per me XD Ammetto di dover ringraziare la febbre e il film “Letters to Juliet”, di cui non ricordo assolutamente nulla, ma che mi ha fatto da sottofondo alla storia XD

Va bene, dopo queste lunghissime note dell’autrice vi informo che recensioni e commenti sono sempre molto graditi, e vi ringrazio per aver letto ^__^

  
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