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Autore: john pranzo    16/10/2011    0 recensioni
tivoli, provincia di roma, una città simbolo per molti da queste parti ... una città ben vista, una città che ha sempre avuto l'arte nel cuore ... ma il crimine è sempre dietro l'angolo ...
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TIBUR FUIT
TIBURT EST
 

Sin dalle origini,l’imponente collina tiburtina vedeva le impronte della banda Sterminio come quelle del vero padrone dell’intera valle dell’Aniene.
Non c’era niente e nessuno che avrebbe potuto far ristabilire l’ordine nel crimine organizzato Tiburtino: quello della banda Sterminio divenne un primato assoluto, che avrebbe nel tempo coinvolto un maggior numero di persone, fino a giungere al totale controllo della città, la quale contava quasi 70mila abitanti.
Tuttavia, nella parte centrale della nuova Tivoli, quella moderna, si vennero a formare nuovi quartieri, sempre più ricchi e ben costruiti, sostenuti da un nuovo regime criminale grazie al carisma del Brusco, noto perlopiù come Er Parro nel mondo del crimine tiburtino.
Ma nell’aria c’era qualcosa che si stava lentamente modificando, un qualcosa che non poteva essere percepito così facilmente, ma di certo un vero tiburtino se ne sarebbe accorto anche bendato … Negli occhi della gente la speranza sembrava svanire e sciogliersi come neve al sole tanto che si diceva che il Sindaco Rinaldi avesse appena dato le dimissioni per motivi di incolumità … Di lì a due mesi ci sarebbero state nuove elezioni per il nuovo primo cittadino dell’antica Tibur … O il signor Berni … O l’ex terrorista Michele Ferri …
 
1 CAPITOLO
Il paesaggio rappresentatoci dall’autore non sembra per niente Tivoli. L’idea di una collina viene spazzata via da quella che è chiaramente una montagna; il paesaggio è collocato su tale monte come fosse un vero e proprio impero. Le nuvole del cielo le scivolavano accanto e molto lentamente come se sorvegliassero il luogo che ci stiamo apprestando ad esaminare. Anzi, l’autore vorrebbe che noi ci infiltrassimo all’interno delle mura nemiche: vi fidate? Regola numero uno: che sia errato o no, il lettore deve essere assolutamente certo che di un autore ci si può fidare. L’autore ha chiaramente espresso la sua volontà. Quella di entrare … Il lettore non sembra avere alcuna scelta, non può essere sottomesso all’idea che quel luogo possa recare pace, ma al tempo stesso, non può neanche fuggire a gambe levate dalla realtà dei fatti.
Prendete carta e penna, accompagnate da qualche scorta di cibo e da qualche arma di riserva, vi sarà utile, specie in questi luoghi dove il crimine organizzato la fa da padrona. Ci troviamo a fare da spettatori e davanti ai nostri occhi, l’autore ci vuole mostrare una lunga e larga strada che collega la periferia al centro del paese. Ci sono due corsie, questo è chiaro a vista d’occhio ma non è quello il problema che tratteremo quest’oggi. Siamo studenti modello, noi, dovremo aguzzare l’ingegno … E forse non solo quello.
Sulla nostra destra, due uomini stanno silenziosamente conversando, è ovvio che non vogliano far chiasso a quell’ora della notte. O forse, il caro lettore, si starà chiedendo perché l’autore abbia deciso di puntare l’occhio su questi due tizi. Semplice, i due trattengono un enorme sacca nera al cui interno ci sono soltanto 300.000 euro. Niente di che, a dire la verità, solo 300 mila soldoni che andranno a consumare per qualche roulette di troppo, se mai abbiano questa dannata voglia.
Sembrano stia utilizzando il loro tempo e quella parte della notte per dividersi il bottino. Sembra che vogliano fare le cose equamente, anche se il tipo biondo non sembra affatto felice, c’è qualcosa che non quadra, secondo lui. Ed infatti glielo esprime a parole, come meglio si sa fare:
“  O sai che sì ‘n testa de cazzo??!!! Damme lu denaru che m’appartiene. Nun me va de strilla o cazzi vari, damme solo quello ch’è meo. E tu sai de che sto a parla. “
Il tizio rasato non volle ribattere, perciò si mantenne alla larga dai guai; sembrava abbastanza timido, o forse troppo taciturno. Il suo sguardo divenne freddo improvvisamente, gelido di fronte all’arma puntatagli improvvisamente contro. Era stata una trappola sin dall’inizio e, cari amici, quel tipo c’era cascato in pieno in quel tranello. D’altronde pochi riescono ad evadere o a sfuggire dalla tela del ragno e uno di questi sta per fare una brutta fine. Il tizio biondo dall’accento tiburtino si avvicinò e gli mostrò un foglietto nel quale c’erano una serie di nomi. Allora, per la prima volta, il rasato sussurrò alcune parole:
Non ti interessano gli affari, dunque? Credevo fosse il tuo compito quello di badarvi. Ma ho commesso un errore. Ho sbagliato a darti la mia parola. Cosa che tu non hai fatto per tutto il tuo tempo. Pensi che questi nomi mi possano turbare in qualche modo? Er Trux, Bisco, Negativo, sono nomi che hanno fatto la storia di Tivoli, non di questo luogo. Per dirla tutta, non mi metti paura. “ Si sarebbe potuto dire di tutto riguardo quell’individuo, ma non che non fosse coraggioso. Insomma, cari lettori, quanti di fronte ad una pistola sarebbero andati pazzi nel pieno della notte? Avrebbe potuto strillare per il terrore, rischiando però di far scatenare l’ira del biondo ma, al tempo stesso, avrebbe potuto richiamare l’attenzione sul furto da loro commesso. Pensateci un momento e domandatevi cosa fareste voi al posto di questo tizio, immedesimatevi, se ne avete la benchè minima voglia. Scommetto che vi sareste pisciati in mano tutti quanti, da bravi codardi come siete tutti quanti!!!
Regola numero uno, ve la ricordo: non negare la fiducia che avete riposto nell’autore!!! Ora che avete iniziato a leggere il romanzo e dopo aver accettato questa regola qualche riga più sopra, be’ non avrete neanche il tempo di tornare indietro. La vita del criminale è questa, che una lo voglia o no. Quando entri, volente o nolente, non hai la benché minima chance di tirarti indietro, di far sì che tu non abbia mai firmato alcun trattato. In effetti, in questo universo non esistono firme, non esistono trattati, sono cose così banali, come un pezzo di carta ed una sola penna. Questo è il tipico lavoro dello scrittore, del poeta e di chicchessia. Ma non del criminale. Regola numero 2: Il criminale non ha scelta quando entra a far parte di una banda. Muori o presta i tuoi servigi al capo. Questa non è per niente la mia teoria, non me la sono inventata adesso, altrimenti l’avrei detto all’inizio. E inoltre, rifacendomi alla regola n1, sapete che non dico falsità.
Veramente commovente, stronzo che n sì altro … Nu sto qui a perde quer cazzo de tempu che tu me sì già fattu perde. Damme li soldi, don Mattia, vecchiu e te risparmio. “
L’uomo che avrebbe dovuto chiamarsi Don Mattia aspettò qualche attimo, ci pensò su, fissando prima la sacca nera poi il volto dell’uomo, la cui mano era ferma e sicura. Non avrebbe potuto fallirlo, un colpo del genere, sarebbe stato uno scherzo per un tizio che non mostrava il benché minimo pentimento. Regola n3: Il vero criminale non si pente di quello che fa, è stata la sua vita, costretto o no, l’ha dovuto fare.
E il tiburtino non mostra alcun segno di pentimento, né tantomeno quello di abbassare l’arma. Se l’avesse fatto, sarebbe morto, questo lo sapeva. Sarebbe morto perché avrebbe rinfacciato tutto ciò che gli era stato insegnato dalla sua famiglia. Il crimine non perdona, ha sete di vendetta e lascia macchie indelebili!!! Don Mattia preferì fare a modo suo, gli consegnò il sacco lanciandoglielo. Il biondo perse per un attimo l’arma, mentre l’altro tirò fuori la sua Mateba 1997 dotata di silenziatore incorporato, una tipica e moderna Revolver che sputò fuoco per ben due volte. I colpi furono come dei sospiri che si assottigliarono tra le ondate di vento della lunga notte di Caggiano.
Il primo colpo sfiorò la sacca, mentre il secondo gli aprì un bel buco alla spalla, dalla quale fuoriuscirono fiotti di sangue quasi come fosse una fontana. Il rasato diede un calcio all’arma del biondo allontanandola in un tombino. Poi, con il sorriso di un killer professionista stampato sul volto, agguantò la sacca del denaro e preferì andarsene per evitare guai peggiori.
Proprio in quel momento, appena voltò le spalle all’uomo, un colpo lo trafisse direttamente al cranio, spappolandogli le cervella in mille pezzettini. Don Mattia crollò al suolo in avanti, proprio sulla sacca, tingendo di rosso la sacca nera. Il colpo avrebbe messo in allarme tutto quanto l’abitato in meno di venti secondi, perciò, doveva fuggire.
Regola numero 4: I duri criminali hanno sempre un’arma di riserva, mai voltar loro le spalle in questo modo. L’errore viene pagato con la stessa vita.
Errore di valutazione quello del Don che era stato ucciso sul colpo, un proiettile sparato con una precisione assurda. Il tiburtino si trascinò con sé la sacca, mettendosela a tracolla, cercando di tamponare con alcuni fazzoletti di carta la ferita alla spalla che continuava a sputare sangue. Vi stareste domandando cosa aspettano i caggianesi ad uscire dalle loro tane per capire l’accaduto. Be’, di solito, nei paesi gironzola questo detto: chi si fa gli affari propri, campa cent’anni. Esatto, anche questo caso non cambia. Con la beretta92 in una mano e con l’altra impegnata a tamponare la ferita, continuò il suo viaggio verso l’automobile che aveva lasciato fuori dall’abitazione del Don.
“ Prima ve spiego na cosa. 20 anni d’ esperienza alle spalle, 20 fottuti anni nei quali so soffertu troppu per continuare a vive de sta merda. So pensato più all’atri che a me stesso. So soffertu pe miserie e doluri, ma ora basta ste sciocchezze. T’ho preso la vita, Don Mattia, n me sì lasciatu scampu. Me voleva mbrogghià, ma so io che lo so mbrogghiato. So io che me so portato a casa li soldi. Io. Er Brusco. Lu boss.“
 
L’Infame stava osservando se qualcun altro fosse nei dintorni. Nessuno, per fortuna l’agire di notte lo agevolava di gran lunga, rispetto alle esecuzioni giornaliere, molto più pericolose, situazioni che a lui non piacevano affatto. Amava la notte perché in quelle occasioni il fattore che lo avvantaggiava era il silenzio dell’oscurità, causa della freddezza dei suoi duri colpi. L’oscurità era come una sorella per lui, per come era stato abituato a combattere, c’era una sorta di rapporto fraterno, per dirla tutta. Non lo tradiva mai, né tantomeno quella volta; il figlio del Sindaco Ferri era un ragazzo che, stando all’identikit, avrebbe dovuto indossare una lunga giacca nera chiusa con grossi bottoni. Il denaro di certo non gli mancava a quel tipo, beato lui. Ma i criminali non pensano solo ai soldi, forse il lettore ha capito male leggendo la prima parte dell’opera. I criminali lo sono in tutto e per tutto. E l’infame ne era un esempio lampante, chiaro, evidente. Tuttavia, il capo si fidava ciecamente di lui e di questo ne era estremamente orgoglioso. Il suo obiettivo? Semplice, si era posizionato all’interno di una vettura scura con il suo dragunov silenziato. Quella splendida arma gli era stata conservata da tempo dal fratello, noto come Nervo, per il fatto di avere sempre i nervi a fior di pelle. Di sicuro avevano due caratteri abbastanza similari: entrambi amavano la violenza, sebbene in molti casi, si trattava di violenza giustificata. Nervo aveva passato gran parte della sua vita nell’ex Unione Sovietica tanto da essere addestrato dagli stessi russi; come regalo per una importante missione svolta in Kirghizistan, aveva ottenuto quel fucile da cecchino a dir poco eccezionale. Lo mantenne illeso dagli urti e dagli altri per almeno un anno, poi decise di donarlo al fratellone, come fosse un ricordo. In passato, gli aveva dato grandi soddisfazioni, grazie anche ad un ottimo sistema di illuminazione che, in quei casi, era fondamentale. L’esecuzione sembrava oramai pronta, mancavano pochi secondi e …
“ Eccoli sti figghi de puttana ... Avarda che vestiti da stronzi “
L’odio verso il figlio del sindaco aumentò notevolmente alla vista di quella giacca nera il cui acquisto avrebbe mandato alla rovina chiunque. Il sindaco Ferri non rientrava tra queste persone, ovviamente. L’Infame aveva una voglia matta di farlo fuori, ma per ora si sarebbe dovuto accontentare del figlio. Un secondo uomo raggiunse il figlio del sindaco.
Marchetto de zio. Te vedo n gran forma, figghio meo!!! Tu zio comme sta?”E i due tizi si abbracciarono quasi non si vedessero da tanto tempo; era invece una quotidianità quel gesto, soprattutto a Tivoli, l’abbraccio veniva visto come un segno di rispetto, paragonabile ad una stretta di mano. L’Infame era attento ad ogni loro movimento, anche il minimo gesto dall’erta potevo essere importante, quasi fondamentale.
In grandi condizioni, ziettu. Glie manca tantu la nonna come sempe … Poracciu, ma li soldoni non glie mancano de certo. Piglia quissu, ziè …”
Il giovanotto gli passò uno strano pacchetto, forse contenente qualcosa di valore, qualcosa che potesse servire al ” famoso “ zietto …
Era il momento adatto per colpire … Ora o mai più avrebbe dovuto premere quel cazzo di grilletto, avrebbe dovuto sputar fuoco.
L’urlo del figlio del sindaco penetrò nell’oscurità della notte, risvegliando l’intera cittadina, immergendola in un incubo ad occhi aperti. Mise in moto senza perdere altro tempo, ma in quel momento un auto gli bloccò la strada coprendola orizzontalmente. Dovette fare una larga manovra per evitare l’arrivo degli sbirri, però non era sicuro che non l’avessero riconosciuto. Quelle dannate luci delle varie auto lo avevano messo troppo allo scoperto. Probabilmente, l’indomani su tutti i giornali ci sarebbe stato scritto il suo nome a carattere cubitali, già se l’immaginava, il grande ricercato di Tivoli, per aver eliminato quel bastardo, quello stronzo che pensava solo a stuprare le ragazzine e a vendere qualche oggetto di troppo. Ed ovviamente nessuno osava andare a denunciarlo per paura delle conseguenze pianificate dai piani alti della città di Tivoli. D’altronde, i veri criminali sono sempre coloro che sono adornati dal potere stesso, coloro che parlano bene ed agiscono male.
Eliminando dalla sua mente quest’argomento, l’Infame raggiunse il garage della base segreta della banda del Parro, situata in Viale Cassiano. Si trattava di un luogo abbastanza sicuro per i componenti della gang, ma ovviamente ci doveva essere sempre molta prudenza e cautela nell’accedervi per non dare troppo nell’occhio. Ad attenderlo all’ingresso c’era la donna del boss, Ellen, sempre molto seducente.
Forse anche perché indossava una vestaglia abbastanza scollata, ma all’Infame non gliene poteva fregare di meno di questo. Era riuscito a fuggire dalle autorità locali, ma ne era certo: quello era solo l’inizio!!!
N me dì che t’hanno vistu, pe la Peppa!!! “
Esclamò la ragazza istericamente, dando una pacca sulla schiena all’Infame che neanche la ascoltò; se ne andò direttamente dal capo che l’aspettava disteso su una larga poltrona viola.
Appena fece il suo ingresso, l’Infame esitò qualche secondo prima di fiatare, anzi decise di aspettare che fosse Er Parro a dire la sua. Con il boss, tutto era semplicemente differente. Il boss, disteso sulla poltrona viola con gli occhi ancora chiusi e con una mano immerso in uno strano liquido. Il lettore avrà sicuramente pensato a qualche rito satanico, potete stare tranquilli, si tratta solo di un passatempo per dimenticare il freddo di quelle nottate. L’Infame si avvicinò lentamente e, soltanto quando Ellen tornò in sala, il boss aprì gli occhi, quasi ci fosse una sorta di connessione tra i due fidanzatini.
Amò, avarda quissu, me pare tornato da na guerra. Se po sape che fine si fattu??? Perché n si tornatu prima?? “
Ma la ragazza venne fermata dall’imponente voce del capo, dal Parro, che appariva a prima vista davvero molto incazzato, come se già sapesse quello che era successo lì fuori. Tuttavia, non appariva preoccupato, che non gliene importasse niente? Il lettore si sarà posto una domanda seria: e se si fosse portato dietro gli sbirri?? Ma Er Parro non sembrava per niente d’accordo, era convinto che ciò non fosse accaduto e che la sede era ancora al sicuro tra quelle mura. D’altronde, lì aveva molti amici e nessuno mai avrebbe parlato, a meno che non avesse voluto fare la fine di qualche traditore. E non gli conveniva affatto. E poi Parro era un tizio che aiutava molte persone, sebbene non avesse una fedina penale molto pulita. I suoi delitti, le sue aggressioni, le sue rapine erano note in tutta Italia, ma nessuno lo era mai riuscito a mettere agli arresti.
Statte calma, Ellen, n serve esse ssosì impazienti. Sto reazzo c’ha bisogno de riposasse n poco. Su, vagli a prepara quarcosa, quissu mo sviene pe terra. “
Sempre molto spiritoso, il nostro boss. Il suo tono era sempre abbastanza severo nei confronti dei suoi allievi, però era certamente un capo sul quale ci si poteva fidare ciecamente. L’ambiente era tappezzato nel migliore dei modi, sempre con ritratti di personaggi fantasiosi e personaggi che secondo Parro hanno fatto la storia del mondo intero. Insomma, una vera ed autentica enciclopedia su quelle pareti. Quando Ellen portò un vassoio con due tazze di thè al limone, il boss si avvicinò al suo killer e chiese con tono pacato:
T’hanno vistu, n’evvero? “La sua non era molto una domanda; no, non lo era affatto, o meglio, sta a voi capire se lo era o meno. Insomma, anche il lettore deve avere un ruolo all’interno dell’opera stessa, non solo i personaggi, come nella vita reale, molte cose rimangono ignote,e lo stesso vale per i romanzi stessi. L’Infame non rispose immediatamente per una ragione ovvia: non ne era molto sicuro e quindi non voleva dire una bugia al suo stesso capo. Non voleva mentirgli, perciò rispose con tono altrettanto pacato:
Nun lo sacciu, capo. Penso de sì. “
Le parole gli uscivano a malapena come se lo sguardo gelido, fisso del boss gliele risucchiava e gli impediva di esprimersi come meglio poteva. Il boss si alzò e si andò a riporre sulla sua poltrona viola, dove intinse di nuovo  i piedi in quel liquido. Poi, improvvisamente, mentre Ellen tornò dalla cucina, stanca più che mai, chiuse gli occhi. I lettori penseranno probabilmente che questo Parro non abbia molto a cuore la salute dei suoi uomini, né tantomeno quella della sua famiglia. Ma diciamo che al momento si sente abbastanza sicuro di sé e, nonostante la presenza di minacce sempre più potenti, crede che la speranza, essendo l’ultima a morire, lo porterà in salvo, quella speranza che lo aveva aiutato a sopravvivere sino a quel momento. Non poteva non pensare a chi in quel momento se la godeva in qualche luogo migliore di quello, magari assieme alle autorità locali, chi come lui era stato in passato in galera e chi, come lui, era stato il responsabile di numerosi omicidi.
Diamante, la domestica di casa Parro, era piuttosto preoccupata del fatto che l’Infame avesse sbagliato un compito all’apparenza, tanto semplice; ma non erano affari suoi, gliel’aveva promesso al Parro che si sarebbe messa in disparte quando in gioco c’era qualche missione criminale. La giovane quindicenne avrebbe dovuto badare solo alle faccende di casa, talvolta accompagnata dalla bella Ellen.
Cari lettori, siamo agli sgoccioli del primo episodio, insomma, riassumendolo abbiamo visto come l’Infame, pur essendo riuscito nel suo compito, nella sua missione, non è sembrato essere soddisfatto del suo operato; il motivo? Be’, qualcuno lo ha riconosciuto, qualcuno che forse aveva messo il figlio del sindaco come esca, come bersaglio facile. Eppure, perché non intervenire prima? Insomma, sta di fatto che qualcuno molto probabilmente l’ha visto, anzi questa è una notizia sicura perché l’indomani sul giornale di Tivoli, il noto Tiburno, sulla prima pagina, ecco il suo volto immortalato ed accanto delle dure parole nei suoi confronti:
Il crimine tiburtino ha ripreso a colpire; l’obiettivo scelto stavolta è stato il figlio del sindaco, Marco Ferri, ucciso a sangue freddo dal criminale noto come Infame, appartenente alla banda del Parro. La polizia, diretta dal capitano Ruggeri, ha aperto tutte le indagini e, nel breve periodo di qualche giorno, il sindaco, ancora sottoshock, ha promesso che l’Infame sarà solo la prima delle vittime che le autorità locali cattureranno e stavolta sarà la fine del crimine nella valle dell’Aniene. Stefano Conti “

  
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