<<
Finalmente... >>
esclamò il ragazzo più giovane balzando in piedi
prima ancora che la carrozza
fosse ferma << ...quel dannato sedile di legno ha
piallato a dovere il
mio povero... >>
<<
Oh, ma allora?! Che t’avevo
detto riguardo al linguaggio? >>
<<
Ah sì scusa Carlo...niente cafonate
quando siamo in Francia. Pardonne moi. >>
La
carrozza si arrestò nell’ampio
spiazzo sterrato. I due uomini scesero e presero a disfare i bagagli.
<<
Ho con me i disegni
preparatori per le sculture che mi avete richiesto. >>
<<
Attenda qui, per favore. >>
La
guardia sparì dietro un enorme
drappo rosso e i due artisti rimasero al centro della sala.
Le
stanze sfarzose della reggia di
Versailles erano qualcosa che esulava dai gusti più discreti
di Carlo. Eppure
in qualche modo quell’ambiente esercitava un certo fascino su
di lui.
Tommaso,
il suo fedele compagno di
scalpello, aveva deciso di accompagnarlo in quel viaggio da Roma a
Versailles e
ora sostava alla sua destra, tenendo sotto braccio la grossa mole di
schizzi
preparatori frutto di un anno di duro lavoro.
<<
Bè ma non sei contento? >>
Gli
chiese sorridendo. Carlo lo guardò
un po’ perplesso.
<<
Voglio dire...ti ci sei
ammazzato su questi schizzi! >>
<<
...è un lavoro come un altro.
>>
<< Oh
santissimo iddio...non è che ti
farebbe male concederti un po’ di soddisfazione, ogni tanto!
>>
Carlo
grugnì qualcosa di
incomprensibile come risposta e Tommaso sollevò lo sguardo
al cielo. Combattere
tutti i giorni con uno che aveva un simile caratteraccio era una bella
sfida.
Ma infondo non gli dispiaceva. Poteva dire di essere una delle poche
persone
che riuscivano a comprenderlo e a stargli accanto.
La
guardia tornò da loro accompagnata
da un uomo. Era un uomo che i due non avevano mai visto prima.
Vestiva
di tutto punto e aveva un
portamento nobile. Lunghi ricci ramati gli scendevano sulle spalle e i
suoi occhi
erano pieni di una luce che di solito i nobili non avevano. Un furetto
bianco
dormiva placidamente tra le sue braccia.
<<
Vi presento Nicolas Fouquet,
sovrintendente alle finanze e protettore di scrittori e artisti.
>>
Nicolas
Fouquet sorrise e i due
artisti fecero un mezzo inchino.
<<
Ho portato gli schizzi
preparatori come mi era stato richiesto. >>
Disse
Carlo alludendo al raccoglitore
che il suo amico teneva sotto braccio.
<<
Ah sì, ma vedi mio caro, c’è
stato un cambio di programma. >> Esordì il
Fouquet accarezzando il
furetto con disinvoltura << Visto che la gestione
artistica di Versailles
è passata sotto il mio controllo, ho deciso di privilegiare
gli artisti
francesi. Tu mi capirai, è troppo dispendioso di tempo ed
energia convocare voi
italiani. Voglio poter controllare i lavori da vicino, cosa che con voi
italiani è molto più difficile. >>
Tommaso
rivolse uno sguardo colmo di
preoccupazione in direzione di Carlo, che era rimasto momentaneamente
impassibile.
<<
E poi ho selezionato solo
artisti che rispecchiano il mio gusto artistico, escludendone tanti
altri.
Quindi temo che per questa volta tu non sia stato molto fortunato mio
caro. >>
Ci
fu un attimo di silenzio.
Tommaso
sapeva esattamente che quel
silenzio non prometteva bene. Nel giro di pochi secondi il campo visivo
di
Carlo si sarebbe ristretto come quello di un toro che si prepara a
caricare il
mantello rosso agitatogli davanti al naso. In questo caso il mantello
rosso era
Nicolas Fouquet.
I
suoi peggiori timori si avverarono in
un batter d’occhio: Carlo portò la mano al fodero
dello spadino e Tommaso
prontamente lo trattenne con tutta la forza che aveva. Il raccoglitore
cadde a
terra e gli schizzi preparatori si riversarono sul pavimento. Il
Fouquet
indietreggiò cercando di mascherare lo spavento e le guardie
rimasero attonite
a guardare, indecise se intervenire o meno.
<<
MA IO TI AMMAZZO!!! Sei un
disgraziato!! Esci fuori e battiti, bastardo!!!! >>
Nicolas
Fouquet deglutì a vuoto. Il
furetto si divinicolò dalle sue braccia e scappò
via spaventato.
Intanto
Tommaso faceva del suo meglio
per trattenere la furia dell’amico.
<<
Vieni qua, bastardo!!! Esci e
battiti!! >>
Mascherando
la paura meglio che
poteva, Nicolas Fouquet indietreggiò.
<<
Oh, questi italiani...sempre
così rozzi e irascibili. Addirittura un duello...ma che
esagerazione! >>
Farfugliò
distogliendo lo sguardo e
voltandosi per sparire dietro il grande drappo rosso.
<<
SEI UN VIGLIACCO!! >>
L’urlo
di Carlo risuonò per tutta la
reggia raggiungendo anche il diretto interessato. Il Fouquet
affrettò il passo.
<<
No, no, no basta! >>
Dichiarò
Carlo uscendo dalla reggia
con i nervi a fior di pelle.
<<
Oh, ma dove vai?! I disegni!!
>>
Tommaso
gli tenne dietro, con un
mucchio di carte stropicciate strette al petto.
Raggiunse
l’amico e l’afferrò per un
braccio, costringendolo a fermarsi.
<<
BASTA! Questa è l’ultima
volta che metto piede in Francia. Torniamocene a Roma. >>
Tommaso
lo guardò tra l’incredulo e
l’esasperato.
<<
Torniamocene a Roma? Fino a
un secondo fa urlavi che volevi ammazzarlo a quello stronzo del Fouquet
e mo’
vuoi tornare a Roma? >>
<<
Non me lo nominare MAI PIU’! >>
Carlo
riprese la sua marcia verso la
carrozza. Tommaso non si perse d’animo.
<<
Ma scusa e vuoi lasciar
correre tutto così?! No dico...ti rendi conto del torto che
ti ha fatto? >>
<<
Sì mi rendo conto.Voglio solo
dimenticare tutto, andiamocene via. >>
Ora
la rabbia di Carlo stava scemando
in qualcosa di più simile a una cupa desolazione.
E
questo fece infuriare a sua volta
anche Tommaso. Gli si parò davanti sbarrandogli il passo e
spinse a forza tutti
i disegni tra le braccia del legittimo proprietario.
<<
Li vedi questi? Li vedi o
no?? >> Carlo guardò i disegni con poca
convinzione, come se non fossero
realmente lì.
Tommaso
proseguì: << Sono
capolavori frutto di un anno di fatica!! Te lo sei dimenticato? Io no!
Ti ci
sei ammazzato perchè LORO te li hanno chiesti. E adesso,
dopo tutto il viaggio
e tutta la fatica che hai fatto, ci sputano sopra senza neanche
guardarli!! Non
puoi dargliela vinta così, non ti riconosco più!!
>>
Carlo
sospirò continuando a fissare i
disegni con poca convinzione.
<<
Carlo, dammi retta.
Fermiamoci almeno una notte. Partiamo domani. >>
Alla
fine Tommaso l’aveva avuta vinta
e aveva prenotato una stanza in una locanda lì vicino.
Carlo
sedeva vicino al fuoco avvolto
in una coperta, sorseggiando del buon vino caldo. I disegni
troneggiavano sul
tavolino di legno al centro della stanza.
<<
Adesso tu te ne starai buono
qui a rilassarti e io andrò a fare quattro chiacchiere con
chi dico io. Intesi?
>>
Aveva
detto Tommaso prima di
richiudersi la porta alle spalle.
Erano già quattro ore che era fuori.
Carlo
sospirò sempre più convinto che
non valeva la pena accanirsi così su quella situazione. La
rabbia di quella
mattina era quasi del tutto sbollita e ora si sentiva anche piuttosto
calmo.
Avendo
deciso di non rimettere più
piede in Francia, non capiva perchè avrebbe dovuto
continuare quella futile
guerriglia....
il
Fouquet era stato stronzo e su
questo non ci pioveva. Ma Carlo aveva avuto la netta sensazione che non
l’avesse fatto con cattiveria. Forse con qualcosa di
più simile all’immaturità
e all’incoscienza.
Era
un uomo che con i suoi modi
superbi e vanitosi lo infastidiva molto, ma non riusciva a odiarlo
né a serbare
rancore nei suoi confronti.
Anche
se non avesse fatto il vigliacco
e avesse accettato di scontrarsi con lui in duello, sarebbe stata
piuttosto una
ridicola scaramuccia in cui nessuno dei due si sarebbe fatto male. Come
una
scazzottata tra amici, insomma. Forse quel presuntuoso dallo sguardo
vivace
oltre a stargli antipatico gli faceva pure una certa (inspiegata)
simpatia...gli
faceva prudere le mani ma non gli avrebbe mai fatto nulla di male.
Era
assurdo...di solito simpatia e
antipatia si escludevano a vicenda. Non era così per Nicolas
Fouquet.
Sospirò
maledicendosi per aver messo
piede in Francia e desiderando solo di poter tornare alla sua routine
italiana.
In
quel momento si spalancò la porta e
Tommaso fece il suo ingresso, tutto pimpante.
<<
Ho parlato con Courbet. Buone
notizie! >>
Esordì
con un sorriso ampio.
Carlo
restò in attesa, senza
scomporsi.
Tommaso
afferrò uno sgabello e si
sedette di fronte a lui.
<<
Prima di tutto devo dirti che
ascoltato il mio racconto, uno dei cortigiani ti ha fissato un
appuntamento a
casa sua per domani: lui e sua moglie ti conoscono di fama e vorrebbero
inserire dei busti nella sala da pranzo. Domani pomeriggio hai
appuntamento con
la signora...mi raccomando fai il bravo... >>
<<
Farò il bravo. >>
Promise
Carlo divertito pensando alla
sua fama di Casanova tra le donne sposate che puntualmente non si
accontentavano dell’opera che gli commissionavano ma volevano
anche l’artista
incluso nel prezzo.
<<
E poi eccoti la notizia
forte: ho fatto presente sia a Courbet che ad altri pezzi grossi di
corte, che
oggi il nostro caro Fouquet non si è comportato in maniera
molto corretta. E
sai che mi hanno detto? >>
<<
Che ti hanno detto? >>
<<
Che non mi devo preoccupare. Praticamente
è da un bel pezzo che il Fouquet sta collezionando una
stronzata dopo
l’altra...e sono stronzate di un certo livello
insomma...tempo qualche anno e addio
Fouquet! >>
Carlo
a quelle parole scattò in piedi.
<<
Come sarebbe ‘addio Fouquet’?
>>
Tommaso
sorrise soddisfatto.
<<
La corte sta già complottando
contro di lui da molto tempo. Sono tanti e sono potenti. E sanno anche
come
muoversi con il re. Conosco Courbet...il Fouquet non ha speranze, si
è scavato
la fossa da solo. >>
Carlo
lo fissò con aria sconvolta.
Tommaso
gli rivolse uno sguardo
perplesso.
<<
E mo che c’è? >>
<<
... >>
<<
Ma scusa, non sei felice? >>
<<
No. >>
<<
Occristo satissimo Carlo!! >>
Il
sole brillava nel cielo azzurro di
Francia e i due artisti camminavano insieme per una delle vie
più sfarzose di
Parigi.
<<
No scusa...ripetimi perchè
mai ti sei messo in testa che è colpa tua. >>
Chiese
bruscamente Tommaso nella
fiumana di nobildonne e articoli commerciali di ogni genere.
<<
Se non dicevamo niente a
Courbet magari era meglio... >>
<<
Innanzi tutto sono stato io a
parlare con Courbet ed è stata mia l’idea...quindi
semmai è colpa mia e non
tua. >> Ribadì Tommaso, secco.
<< Ma poi ti ho detto che se lo
stanno lavorando già da anni! Quello che è
successo ieri non c’entra, lo
faranno condannare dal re in persona, per lesa maestà!
>>
<<
Mi sento male solo all’idea. >>
<<
Oooooh Carlo!!! Ti giuro io non
ti capisco certe volte...! >>
Arrivarono
a destinazione.
Furono
accolti in casa con gentilezza
e la signora spiegò a Carlo come voleva che la statua fosse
realizzata. A Carlo
non sfuggì il suo sguardo malizioso.
In
tutta onestà non aveva mai capito il
mistero del fascino irresistibile che esercitava sulle donne di
casa...era un
ragazzo come tanti, vestiva piuttosto trasandato e aveva una chioma di
ricci
scuri e ribelli che non avevano mai visto una parrucca né un
parrucchiere.
I
suoi modi erano rozzi e schietti, il
suo sguardo serio e determinato. Non c’era nulla in lui che
lasciasse a intendere
che era disponibile a questo tipo di avventure, eppure se ne ritrovava
puntualmente sommerso.
A
detta di Tommaso, non poteva
lamentarsi. Ma se doveva essere sincero a volte la cosa diventava
pesante...specie perchè non provava nulla se non
un’eventuale attrazione fisica
per tutte le donne che gli ronzavano intorno. E questo rendeva tutte le
sue
“attività para-lavorative” vuote e fini
a sé stesse. Non si era mai innamorato
e la moglie che era stato costretto a sposare era una perfetta
sconosciuta con
cui non aveva mai condiviso nulla al dilà di discorsi molto
materiali.
Tutto
questo perchè nella sua vita non
gli era mai stato dato di incontrare una persona speciale che con un
solo
sguardo ti colpisce l’anima e ti trafigge il petto in un modo
che non puoi mai
più dimenticare.
Proprio
mentre faceva di queste
riflessioni, si accorse che fuori dalla finestra, tra le maschere da
festa e le
parrucche più stravaganti, stava avanzando un uomo
attorniato da un gruppo
consistente di damigelle.
Lo
riconobbe all’istante e si
precipitò fuori senza dare spiegazioni.
Scese
in strada e si guardò attorno
temendo d’averlo perso di vista...poi lo intravide di nuovo.
Stava per entrare
dentro un negozio di vestiti.
Guidato
da forze occulte, lo raggiunse
di corsa e lo bloccò afferrandolo per un braccio.
Nicolas
Fouquet, che stava flirtando con
una delle sue dame, sgranò gli occhi nel sentirsi trascinare
altrove. Carlo lo
strattonò in disparte. Nicolas gli rivolse uno sguardo
spaesato.
<<
Devo dirvi una cosa
importante. >>
<<
Ma voi italiani...! Io stavo
tranquillamente passeggiando con le mie compagne...cosa
c’è di tanto importante?!
>>
<<
La corte sta complottando
contro di voi. Courbet e gli altri hanno deciso di farvi condannare per
lesa maestà.
>>
Ci
fu un attimo di silenzio.
Carlo
si sentì alleggerire il petto da
un gran peso. Sicuramente il Fouquet avrebbe preso in considerazione la
cosa e
magari avrebbe agito in modo da sventare la condanna...
<<
Oh, voi italiani sempre
esagerati! Ma no che non succederà! Non mi angosciare con
questi discorsi per
favore. Oh, ecco, sono qui mie care...eccomi che arrivo.
>>
Carlo
rimase a guardarlo mentre
scompariva in un negozio accompagnato dalla sua schiera di galline
urlanti.
Si
domandò come si potesse vivere
così, senza prendere niente sul serio...neanche la sua
stessa morte.
L’amarezza
gli riempì la gola.
Non
c’era più nulla che potesse fare.
Basta. Era finita.
Doveva
solo lasciar perdere.
Gli
anni passarono e Carlo riprese il
suo lavoro di sempre a Roma.
Era
il 1661 quando arrivò la notizia
dell’incarcerazione del Fouquet.
Stava
lavorando ad un busto di donna
quando Tommaso, al settimo cielo, glielo comunicò.
Lasciò
cadere il martello e anche lo
scalpello.
Guardò
la scultura e decise che per
quel giorno aveva finito.
Tra
le grida e gli insulti del
capomastro, se ne tornò a casa sua, dove trascorse tutta la
giornata nel buio
di una stanza.
Nel
buio
di una cella, molto lontano da Roma, l’eccesso di galanteria
e l’eccesso di
splendore si spengevano in 19 anni di reclusione stroncati infine da
una morte
ancora avvolta dal mistero.