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Autore: Capricornina    16/10/2011    0 recensioni
Ricordi di una vita precedente...nel 1600, con Nicolas Fouquet.
Genere: Malinconico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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<< Finalmente... >> esclamò il ragazzo più giovane balzando in piedi prima ancora che la carrozza fosse ferma << ...quel dannato sedile di legno ha piallato a dovere il mio povero... >>

<< Oh, ma allora?! Che t’avevo detto riguardo al linguaggio? >>

<< Ah sì scusa Carlo...niente cafonate quando siamo in Francia. Pardonne moi. >>

La carrozza si arrestò nell’ampio spiazzo sterrato. I due uomini scesero e presero a disfare i bagagli.

 

<< Ho con me i disegni preparatori per le sculture che mi avete richiesto. >>

<< Attenda qui, per favore. >>

La guardia sparì dietro un enorme drappo rosso e i due artisti rimasero al centro della sala.

Le stanze sfarzose della reggia di Versailles erano qualcosa che esulava dai gusti più discreti di Carlo. Eppure in qualche modo quell’ambiente esercitava un certo fascino su di lui.

Tommaso, il suo fedele compagno di scalpello, aveva deciso di accompagnarlo in quel viaggio da Roma a Versailles e ora sostava alla sua destra, tenendo sotto braccio la grossa mole di schizzi preparatori frutto di un anno di duro lavoro.

<< Bè ma non sei contento? >>

Gli chiese sorridendo. Carlo lo guardò un po’ perplesso.

<< Voglio dire...ti ci sei ammazzato su questi schizzi! >>

<< ...è un lavoro come un altro. >>

 << Oh santissimo iddio...non è che ti farebbe male concederti un po’ di soddisfazione, ogni tanto! >>

Carlo grugnì qualcosa di incomprensibile come risposta e Tommaso sollevò lo sguardo al cielo. Combattere tutti i giorni con uno che aveva un simile caratteraccio era una bella sfida. Ma infondo non gli dispiaceva. Poteva dire di essere una delle poche persone che riuscivano a comprenderlo e a stargli accanto.

La guardia tornò da loro accompagnata da un uomo. Era un uomo che i due non avevano mai visto prima.

Vestiva di tutto punto e aveva un portamento nobile. Lunghi ricci ramati gli scendevano sulle spalle e i suoi occhi erano pieni di una luce che di solito i nobili non avevano. Un furetto bianco dormiva placidamente tra le sue braccia.

<< Vi presento Nicolas Fouquet, sovrintendente alle finanze e protettore di scrittori e artisti. >>

Nicolas Fouquet sorrise e i due artisti fecero un mezzo inchino.

<< Ho portato gli schizzi preparatori come mi era stato richiesto. >>

Disse Carlo alludendo al raccoglitore che il suo amico teneva sotto braccio.

<< Ah sì, ma vedi mio caro, c’è stato un cambio di programma. >> Esordì il Fouquet accarezzando il furetto con disinvoltura << Visto che la gestione artistica di Versailles è passata sotto il mio controllo, ho deciso di privilegiare gli artisti francesi. Tu mi capirai, è troppo dispendioso di tempo ed energia convocare voi italiani. Voglio poter controllare i lavori da vicino, cosa che con voi italiani è molto più difficile. >>

Tommaso rivolse uno sguardo colmo di preoccupazione in direzione di Carlo, che era rimasto momentaneamente impassibile.

<< E poi ho selezionato solo artisti che rispecchiano il mio gusto artistico, escludendone tanti altri. Quindi temo che per questa volta tu non sia stato molto fortunato mio caro. >>

Ci fu un attimo di silenzio.

Tommaso sapeva esattamente che quel silenzio non prometteva bene. Nel giro di pochi secondi il campo visivo di Carlo si sarebbe ristretto come quello di un toro che si prepara a caricare il mantello rosso agitatogli davanti al naso. In questo caso il mantello rosso era Nicolas Fouquet.

I suoi peggiori timori si avverarono in un batter d’occhio: Carlo portò la mano al fodero dello spadino e Tommaso prontamente lo trattenne con tutta la forza che aveva. Il raccoglitore cadde a terra e gli schizzi preparatori si riversarono sul pavimento. Il Fouquet indietreggiò cercando di mascherare lo spavento e le guardie rimasero attonite a guardare, indecise se intervenire o meno.

<< MA IO TI AMMAZZO!!! Sei un disgraziato!! Esci fuori e battiti, bastardo!!!! >>

Nicolas Fouquet deglutì a vuoto. Il furetto si divinicolò dalle sue braccia e scappò via spaventato.

Intanto Tommaso faceva del suo meglio per trattenere la furia dell’amico.

<< Vieni qua, bastardo!!! Esci e battiti!! >>

Mascherando la paura meglio che poteva, Nicolas Fouquet indietreggiò.

<< Oh, questi italiani...sempre così rozzi e irascibili. Addirittura un duello...ma che esagerazione!  >>

Farfugliò distogliendo lo sguardo e voltandosi per sparire dietro il grande drappo rosso.

<< SEI UN VIGLIACCO!! >>

L’urlo di Carlo risuonò per tutta la reggia raggiungendo anche il diretto interessato. Il Fouquet affrettò il passo.

 

<< No, no, no basta! >>

Dichiarò Carlo uscendo dalla reggia con i nervi a fior di pelle.

<< Oh, ma dove vai?! I disegni!! >>

Tommaso gli tenne dietro, con un mucchio di carte stropicciate strette al petto.

Raggiunse l’amico e l’afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi.

<< BASTA! Questa è l’ultima volta che metto piede in Francia. Torniamocene a Roma. >>

Tommaso lo guardò tra l’incredulo e l’esasperato.

<< Torniamocene a Roma? Fino a un secondo fa urlavi che volevi ammazzarlo a quello stronzo del Fouquet e mo’ vuoi tornare a Roma? >>

<< Non me lo nominare MAI PIU’! >>

Carlo riprese la sua marcia verso la carrozza. Tommaso non si perse d’animo.

<< Ma scusa e vuoi lasciar correre tutto così?! No dico...ti rendi conto del torto che ti ha fatto? >>

<< Sì mi rendo conto.Voglio solo dimenticare tutto, andiamocene via. >>

Ora la rabbia di Carlo stava scemando in qualcosa di più simile a una cupa desolazione.

E questo fece infuriare a sua volta anche Tommaso. Gli si parò davanti sbarrandogli il passo e spinse a forza tutti i disegni tra le braccia del legittimo proprietario.

<< Li vedi questi? Li vedi o no?? >> Carlo guardò i disegni con poca convinzione, come se non fossero realmente lì.

Tommaso proseguì: << Sono capolavori frutto di un anno di fatica!! Te lo sei dimenticato? Io no! Ti ci sei ammazzato perchè LORO te li hanno chiesti. E adesso, dopo tutto il viaggio e tutta la fatica che hai fatto, ci sputano sopra senza neanche guardarli!! Non puoi dargliela vinta così, non ti riconosco più!! >>

Carlo sospirò continuando a fissare i disegni con poca convinzione.

<< Carlo, dammi retta. Fermiamoci almeno una notte. Partiamo domani. >>

 

Alla fine Tommaso l’aveva avuta vinta e aveva prenotato una stanza in una locanda lì vicino.

Carlo sedeva vicino al fuoco avvolto in una coperta, sorseggiando del buon vino caldo. I disegni troneggiavano sul tavolino di legno al centro della stanza.

<< Adesso tu te ne starai buono qui a rilassarti e io andrò a fare quattro chiacchiere con chi dico io. Intesi? >>

Aveva detto Tommaso prima di richiudersi la porta alle spalle.
Erano già quattro ore che era fuori.

Carlo sospirò sempre più convinto che non valeva la pena accanirsi così su quella situazione. La rabbia di quella mattina era quasi del tutto sbollita e ora si sentiva anche piuttosto calmo.

Avendo deciso di non rimettere più piede in Francia, non capiva perchè avrebbe dovuto continuare quella futile guerriglia....

il Fouquet era stato stronzo e su questo non ci pioveva. Ma Carlo aveva avuto la netta sensazione che non l’avesse fatto con cattiveria. Forse con qualcosa di più simile all’immaturità e all’incoscienza.

Era un uomo che con i suoi modi superbi e vanitosi lo infastidiva molto, ma non riusciva a odiarlo né a serbare rancore nei suoi confronti.

Anche se non avesse fatto il vigliacco e avesse accettato di scontrarsi con lui in duello, sarebbe stata piuttosto una ridicola scaramuccia in cui nessuno dei due si sarebbe fatto male. Come una scazzottata tra amici, insomma. Forse quel presuntuoso dallo sguardo vivace oltre a stargli antipatico gli faceva pure una certa (inspiegata) simpatia...gli faceva prudere le mani ma non gli avrebbe mai fatto nulla di male.

Era assurdo...di solito simpatia e antipatia si escludevano a vicenda. Non era così per Nicolas Fouquet.

Sospirò maledicendosi per aver messo piede in Francia e desiderando solo di poter tornare alla sua routine italiana.

In quel momento si spalancò la porta e Tommaso fece il suo ingresso, tutto pimpante.

<< Ho parlato con Courbet. Buone notizie! >>

Esordì con un sorriso ampio.

Carlo restò in attesa, senza scomporsi.

Tommaso afferrò uno sgabello e si sedette di fronte a lui.

<< Prima di tutto devo dirti che ascoltato il mio racconto, uno dei cortigiani ti ha fissato un appuntamento a casa sua per domani: lui e sua moglie ti conoscono di fama e vorrebbero inserire dei busti nella sala da pranzo. Domani pomeriggio hai appuntamento con la signora...mi raccomando fai il bravo... >>

<< Farò il bravo. >>

Promise Carlo divertito pensando alla sua fama di Casanova tra le donne sposate che puntualmente non si accontentavano dell’opera che gli commissionavano ma volevano anche l’artista incluso nel prezzo. 

<< E poi eccoti la notizia forte: ho fatto presente sia a Courbet che ad altri pezzi grossi di corte, che oggi il nostro caro Fouquet non si è comportato in maniera molto corretta. E sai che mi hanno detto?  >>

<< Che ti hanno detto? >>

<< Che non mi devo preoccupare. Praticamente è da un bel pezzo che il Fouquet sta collezionando una stronzata dopo l’altra...e sono stronzate di un certo livello insomma...tempo qualche anno e addio Fouquet! >>

Carlo a quelle parole scattò in piedi.

<< Come sarebbe ‘addio Fouquet’? >>

Tommaso sorrise soddisfatto.

<< La corte sta già complottando contro di lui da molto tempo. Sono tanti e sono potenti. E sanno anche come muoversi con il re. Conosco Courbet...il Fouquet non ha speranze, si è scavato la fossa da solo. >>

Carlo lo fissò con aria sconvolta.

Tommaso gli rivolse uno sguardo perplesso.

<< E mo che c’è? >>

<< ... >>

<< Ma scusa, non sei felice? >>

<< No. >>

<< Occristo satissimo Carlo!! >>

 

Il sole brillava nel cielo azzurro di Francia e i due artisti camminavano insieme per una delle vie più sfarzose di Parigi.

<< No scusa...ripetimi perchè mai ti sei messo in testa che è colpa tua. >>

Chiese bruscamente Tommaso nella fiumana di nobildonne e articoli commerciali di ogni genere.

<< Se non dicevamo niente a Courbet magari era meglio... >>

<< Innanzi tutto sono stato io a parlare con Courbet ed è stata mia l’idea...quindi semmai è colpa mia e non tua. >> Ribadì Tommaso, secco. << Ma poi ti ho detto che se lo stanno lavorando già da anni! Quello che è successo ieri non c’entra, lo faranno condannare dal re in persona, per lesa maestà! >>

<< Mi sento male solo all’idea. >>

<< Oooooh Carlo!!! Ti giuro io non ti capisco certe volte...! >>

Arrivarono a destinazione.

Furono accolti in casa con gentilezza e la signora spiegò a Carlo come voleva che la statua fosse realizzata. A Carlo non sfuggì il suo sguardo malizioso.

In tutta onestà non aveva mai capito il mistero del fascino irresistibile che esercitava sulle donne di casa...era un ragazzo come tanti, vestiva piuttosto trasandato e aveva una chioma di ricci scuri e ribelli che non avevano mai visto una parrucca né un parrucchiere.

I suoi modi erano rozzi e schietti, il suo sguardo serio e determinato. Non c’era nulla in lui che lasciasse a intendere che era disponibile a questo tipo di avventure, eppure se ne ritrovava puntualmente sommerso.

A detta di Tommaso, non poteva lamentarsi. Ma se doveva essere sincero a volte la cosa diventava pesante...specie perchè non provava nulla se non un’eventuale attrazione fisica per tutte le donne che gli ronzavano intorno. E questo rendeva tutte le sue “attività para-lavorative” vuote e fini a sé stesse. Non si era mai innamorato e la moglie che era stato costretto a sposare era una perfetta sconosciuta con cui non aveva mai condiviso nulla al dilà di discorsi molto materiali.

Tutto questo perchè nella sua vita non gli era mai stato dato di incontrare una persona speciale che con un solo sguardo ti colpisce l’anima e ti trafigge il petto in un modo che non puoi mai più dimenticare. 

Proprio mentre faceva di queste riflessioni, si accorse che fuori dalla finestra, tra le maschere da festa e le parrucche più stravaganti, stava avanzando un uomo attorniato da un gruppo consistente di damigelle.

Lo riconobbe all’istante e si precipitò fuori senza dare spiegazioni.

Scese in strada e si guardò attorno temendo d’averlo perso di vista...poi lo intravide di nuovo. Stava per entrare dentro un negozio di vestiti.

Guidato da forze occulte, lo raggiunse di corsa e lo bloccò afferrandolo per un braccio.

Nicolas Fouquet, che stava flirtando con una delle sue dame, sgranò gli occhi nel sentirsi trascinare altrove. Carlo lo strattonò in disparte. Nicolas gli rivolse uno sguardo spaesato.

<< Devo dirvi una cosa importante. >>

<< Ma voi italiani...! Io stavo tranquillamente passeggiando con le mie compagne...cosa c’è di tanto importante?! >>

<< La corte sta complottando contro di voi. Courbet e gli altri hanno deciso di farvi condannare per lesa maestà. >>

Ci fu un attimo di silenzio.

Carlo si sentì alleggerire il petto da un gran peso. Sicuramente il Fouquet avrebbe preso in considerazione la cosa e magari avrebbe agito in modo da sventare la condanna...

<< Oh, voi italiani sempre esagerati! Ma no che non succederà! Non mi angosciare con questi discorsi per favore. Oh, ecco, sono qui mie care...eccomi che arrivo. >>

Carlo rimase a guardarlo mentre scompariva in un negozio accompagnato dalla sua schiera di galline urlanti.

Si domandò come si potesse vivere così, senza prendere niente sul serio...neanche la sua stessa morte.

L’amarezza gli riempì la gola.

Non c’era più nulla che potesse fare. Basta. Era finita.

Doveva solo lasciar perdere.

 

 

 

Gli anni passarono e Carlo riprese il suo lavoro di sempre a Roma.

Era il 1661 quando arrivò la notizia dell’incarcerazione del Fouquet.

Stava lavorando ad un busto di donna quando Tommaso, al settimo cielo, glielo comunicò.

Lasciò cadere il martello e anche lo scalpello.

Guardò la scultura e decise che per quel giorno aveva finito.

Tra le grida e gli insulti del capomastro, se ne tornò a casa sua, dove trascorse tutta la giornata nel buio di una stanza.

Nel buio di una cella, molto lontano da Roma, l’eccesso di galanteria e l’eccesso di splendore si spengevano in 19 anni di reclusione stroncati infine da una morte ancora avvolta dal mistero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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