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Autore: itsjjoy    16/10/2011    8 recensioni
"La cosa peggiore era che sapeva perfettamente che se Adam avesse anche solo accennato a scusarsi lui sarebbe tornato a gettarsi tra le sue braccia come se non fosse successo nulla. Anche se continuava a fare male, anche se Adam avrebbe continuato a tradirlo ed a utilizzarlo come valvola di sfogo quando era nervoso, Tommy sarebbe stato lì a lasciarglielo fare, senza battere ciglio, perché non era capace di fare altrimenti."
Forse Adam meritava una persona che lo amasse all’inverosimile, ma Tommy meritava davvero una persona che lo trattasse in quel modo?

[Adam/Tommy; Adam/Sauli; Tommy/OMC; Isaac]
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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demolition lovers ~
I’M NOT DEAD


Disclaimer:
I protagonisti non mi appartengono (già, che peccato, eh?) fatta eccezione per un OMC che poi incontreremo più avanti *si tappa la bocca in fretta per non fare spoiler*...
Quindi dicevamo?
Oh, sì, ecco, Adam, Tommy e Isaac non mi appartengono, non li conosco, né so cosa fanno dalla mattina alla sera, non li spio mica con le telecamere..!
*controlla lo schermo con le telecamere spia e cinguetta* OH! AMOREGGIANO! Che cari.. *torna a guardare i lettori* Noo, non è come pensate, è il Grande Fratello! *sorride innocentemente*
Oh, e non ci guadagno nulla scrivendo questa roba!


Nota:

Questa storia è una mia interpretazione tutta personale della canzone ‘I’m not dead’ di P!nk, e ho cercato di rappresentare e spiegare il mio modo di percepire ogni parola del testo. Ovviamente il tutto dal PoV di Tommy, perché ho una certa ossessione per quest’uomo.
Mi scuso per l’infinita depressione che questa storia potrebbe causare, ma ehi, che gusto c’è a scrivere senza neppure un po’ di angst?

Ho diviso la storia in cinque parti che, dopo un lunghissimo periodo di indecisione, ho deciso di postare separate; ognuna è una strofa della canzone e vi ho abbinato una frase tratta dal testo di un’altra canzone, che funge da titolo della ‘parte’. Tutte queste canzoni fanno parte della piccola playlist che mi ha ispirato la storia, ve le consiglio tutte, anche perché ovviamente sono tra le più ascoltate del mio iPod.




VERSE 1:    
in this tug of war you’ll always win
even when I’m right.

There's always cracks,  
crack of sunlight,    
crack in the mirror, or on your lips.  
It's the moment of a sunset Friday    
when our conversations twist;  
It's the fifth day of ice on a new tattoo,
but the ice should be on our heads.    
We only spun the web to catch ourselves,
so we weren't left for dead.    
And I was never looking for approval  
from anyone but you,    
and though this journey is over  
I'll go back if you ask me to...    

~

Tommy sospirò e osservò una piccola parte del proprio riflesso in uno dei frammenti dello specchio rotto, che giacevano sparsi disordinatamente sul pavimento del salone. Assieme a loro, i cocci di un vaso e l’acqua e i fiori che quest’ultimo conteneva prima di finire infranto sul pavimento. Tommy osservava le proprie labbra nel piccolo pezzetto triangolare di vetro quasi come se da un momento all’altro avesse potuto vederle muoversi indipendentemente da lui e dirgli qualcosa. Ovviamente non accadde nulla.

Sospirò ancora, guardandosi intorno alla ricerca di una sigaretta. Una sigaretta. Possibile che non avesse una sigaretta? Sì, okay, era possibilissimo che non ne avesse, non fumava. Ma, insomma, quella era un’eccezione! (Una delle tante.)

Be’, ne sarebbe andato a prendere un pacchetto più tardi. Ora doveva ripulire quel disastro. Ma il solo guardare tutti quei cocci sparsi per terra gli ricordava il motivo per cui erano lì e lo lasciava paralizzato. Era seduto nella stessa posizione, per terra, da quelli che gli sembravano secoli, e fissava il pavimento e quei cocci e i resti dello specchio infranto. Non si muoveva da lì da quando la porta era stata sbattuta con violenza ed era calato il silenzio in casa. Chissà quanto era passato. Sfortunatamente, nella sua testa c’era ancora un’indescrivibile caos, aggravato da un dolore tanto persistente che vi si stava quasi abituando. E poi rumore. Tanto rumore. Come se tutti i pensieri, le frasi e i suoni che aveva sentito quel giorno si ripetessero all’infinito nella sua testa, tutti insieme, tutti nello stesso momento.

Chiuse gli occhi, prendendosi la testa tra le mani. Doveva calmarsi. Tutto sarebbe andato per il meglio. E mentre respirava profondamente, cercando disperatamente di cacciare indietro le lacrime, fra gli spiragli tra le tende filtravano i sottili raggi di luce di un soleggiato venerdì mattina come un altro, raggi che andavano poi a posarsi morbidamente sul pavimento e sul tavolino accanto a lui. Delicati e morbidi. Indolori.

Un singhiozzo soffocato, poi un altro ed un altro ancora.

Per essere un soleggiato Venerdì mattina, faceva abbastanza schifo.


Adam lo guardò e scosse la testa.
“Ma lo capisci o no che non posso? Non posso lasciarlo, Tommy!” La sua voce pareva esasperata.

Tommy esitò a rispondere, ma alla fine tutta quella rabbia repressa esplose, prima ancora che lui riuscisse a trattenerla. “Non ti ho chiesto se puoi o no. Ho detto che devi!”

Be’, non posso. Cosa fai adesso, mi lasci?” Adam inarcò un sopracciglio, le labbra serrate, assottigliate in una smorfia di rabbia e gli occhi puntati nei suoi, chiaramente alla ricerca di una qualunque reazione alla sua provocazione. Era così terribilmente sicuro di sé, e il peggio era che poteva permetterselo.

Potresti almeno evitare di andarci a letto? Sai com’è, sei il mio ragazzo. Ami me, non lui! Lui è quello di copertura, ricordi?” Tommy aggirò la sua domanda ma non mancò di rivolgerglisi duramente e iniettando di veleno ogni singola parola.

Quello che faccio non sono cazzi tuoi.” borbottò Adam poco convinto, e visibilmente in colpa. Tommy si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto. Eccolo là, il punto debole, il senso di colpa. Rise senza allegria.

Ah, no? E dimmi Adam, non sono cazzi miei quando ti presenti ubriaco qui, a casa mia, dicendo che non ce la fai più, che lo odi e che vuoi stare solo con me? E non sono cazzi miei quando mi scopi? Non sono cazzi miei quando mi dici che mi ami?” Tommy sentì qualche lacrima bagnargli gli occhi, ma non si fermò. “Non sono cazzi miei quando stai male e ti sto accanto mentre lui si gode i tuoi soldi e di te se ne frega? Non sono cazzi miei neppure quelle volte dopo certi terribili litigi, che torni da me e mi implori perdono? Oh, sì, capisco!”

Lo sguardo di Adam guizzò da una parte all’altra della stanza, dovunque, ma non negli occhi di Tommy. Si soffermò sui fiori che gli aveva portato la settimana prima. Colpito e affondato.

Non dovresti parlare così di Sauli.” borbottò, continuando ad evitare accuratamente lo sguardo del biondo.

E tu non dovresti scopartelo. Siamo pari.” Tommy non si lasciava sfuggire mai l’occasione di propinargli una risposta tagliente e si chiese per quanto ancora Adam avrebbe mantenuto la calma.

Adam esitò prima di rispondere. Le labbra gli tremavano appena. “Non è cattivo. Mi vuole bene, Tommy.”

Tommy rise di nuovo senza alcuna allegria.

Adam, non mi interessa. Non so se mi fa più schifo lui che va a letto con uno fidanzato o tu che mi tradisci.” O se mi faccio più schifo io che non riesco a fare a meno di un cazzone come te.

La mano di Adam tremava lievemente. Tommy si morse le labbra. Eccolo che partiva. Era quello che aveva voluto, no? L’aveva provocato per godere della sua rabbia. Per sentire che aveva ancora potere su di lui. Ma forse non era quello che voleva davvero.

Perché non provi per una santa volta a pensare agli errori che fai tu?” Adam fece una breve pausa e si decise a guardarlo negli occhi. “Perché non la smetti di criticarmi e criticarmi e criticarmi in continuazione e provi , per esempio, ad essere più coerente? Potresti anche evitare di dire che non vuoi venire a vivere con me per nessun motivo al mondo quando te lo chiedo e poi cambiare idea quando la settimana dopo decido di ospitare Sauli. Perché non la smetti di comportarti come un fottutissimo bambino capriccioso?“

Tommy non lo stette a sentire in silenzio. Non provò neanche a mantenere la calma. Bambino capriccioso, lui?
“Spero tu stia scherzando, Adam.” Lo disse con una innaturale tranquillità, ed Adam di tutta risposta scosse la testa con decisione.
“Scherzando? No, sono serissimo.”

Ah, quindi io sarei un bambino capriccioso? Io?! Ti faccio presente, Adam, che tu hai tutto quello che una persona potrebbe desiderare. Successo, soldi a palate, una famiglia che ti ama, degli amici fantastici, dei fans accanitissimi e adoranti, milioni di persone che ti amano alla follia. Hai me, il tuo ragazzo, Adam, e dici di amarmi e di voler passare la tua vita con me e io voglio lo stesso. Eppure non sei mai contento! Mai! Ti scopi quel Sauli e chissà quante altre persone per motivi che ancora non riesco a comprendere, ti lamenti della tua auto, della tua casa e del fatto che hai continuamente impegni. Ed io sarei il bambino viziato?”

Tommy urlò quasi senza prendere fiato e alla fine lo spinse via: non sopportava di stargli così vicino, avrebbe voluto che scomparisse e la smettesse di fargli così male. Ma allo stesso tempo non voleva che andasse via. E non voleva dirgli neanche una delle cose che aveva detto fino a quel momento. Forse erano vere, ma a lui non importava quanti difetti avesse o quanti errori facesse, aveva bisogno di lui. Non era che non volesse lasciarlo, semplicemente non ne era capace. Tommy cercò disperatamente di riprendere il controllo, di ricominciare a pensare e poi parlare, ma sapeva che chiedere scusa non sarebbe servito. Dall’espressione di Adam capì che neanche lui cercava più di trattenersi. Capì che avrebbe fatto esattamente quello che il corpo e il cervello gli avrebbero ordinato di fare, senza riflettere, senza pensare a cosa fosse giusto e sbagliato. E capì che era troppo tardi per fare un passo indietro.

La reazione di Adam fu improvvisa. Per una trentina di secondi dopo le parole di Tommy, scese il silenzio. Furono trenta secondi lunghissimi. Poi, Adam lo spinse, forte, più forte di quanto avrebbe voluto. Tommy non cadde per miracolo, e arretrò di qualche altro passo, verso la parete, con aria preoccupata, mentre l’altro gli si avvicinava con fare deciso. Non minaccioso, Adam non aveva mai un’espressione minacciosa. Solo deciso.

Sei uno stronzo.” Adam sibilò quasi, incollerito.

Tommy si guardò intorno e fece un altro passo indietro. Oramai era praticamente appoggiato alla parete. Ma non si diede per vinto. Era Adam a dovere chiedere scusa per come lo stava facendo sentire e per come lo faceva sentire in continuazione, non viceversa.

E tu sei una puttana.” Tommy sbottò, guardandolo negli occhi. Neanche un briciolo di insicurezza gli si lesse negli occhi, mentre lo diceva. Vide le lacrime riempire gli occhi di Adam e scivolare lentamente lungo le sue guance, sentì il senso di colpa attanagliargli lo stomaco e notò un’ombra di rabbia negli occhi del moro, improvvisamente cupi come non ricordava di averli visti mai. Ma prima che potesse dire o fare qualcos’altro, Adam lo spinse con violenza contro il muro.

Tommy sbatté la testa contro lo specchio che neanche si era accorto fosse dietro di lui prima di quell’istante, e che si frantumò sotto il violento impatto, mentre il dolore sembrava prenderlo ovunque e da nessuna parte, e la testa gli girava orribilmente. Scivolò a terra, mentre cercava ancora di capire cosa diamine fosse successo.

La prima cosa che fece quando riuscì a riaprire gli occhi fu cercare Adam con lo sguardo; lui era in piedi accanto alla porta d’ingresso. Lo stava guardando. Tommy aveva la vista vagamente offuscata e non seppe dire se piangesse. Era tutto così assurdo, paurosamente assurdo, non aveva senso. Non era mai successa una cosa simile. Non era da Adam.

Tommy era spaventato. Non riusciva neanche a piangere. Era terrorizzato, e sorpreso, sì, ma soprattutto, era deluso. E sapeva che non avrebbe avuto bisogno di dire quanto lo fosse, perché era certo che Adam glielo avrebbe letto negli occhi. In quel momento, Tommy sperò che i propri occhi, e la delusione, la paura, la confusione, il dolore che provava in quell’istante, avrebbero tormentato la coscienza di Adam per sempre. Era crudele, lo sapeva, ma era l’unica cosa che poteva sperare. Oramai Tommy era certo che il senso di colpa era l’unica cosa che gli permetteva di tenere Adam con sé: il cantante non voleva ferirlo e allora trascinava avanti quella relazione che non voleva più.

Tante volte se ne era andato, ed era sempre tornato. All’inizio, Tommy era convinto che tornasse perché lo amava, anche se, con il passare del tempo, aveva iniziato a dubitarne, un po’ alla volta; ma non aveva mai abbandonato la speranza. In fondo erano fatti l’uno per l’altro!
“Non chiamarmi, non mandarmi messaggi, non cercarmi. È finita, okay?” la voce di Adam interruppe di colpo le sue riflessioni, improvvisa e violenta come uno schiaffo in pieno volto, e dolorosa come un trapianto di reni senza anestesia. Adam era esitante, aveva il fiatone e lo sguardo basso, i pugni stretti, sembrava ancora così pieno di rabbia.

Tommy riuscì a metterlo a fuoco, finalmente, e lo guardò praticamente sotto shock. Mosse appena le labbra, ma nessun suono le lasciò. Serrò le gli occhi e chiuse la bocca di scatto, sentendo l’impellente bisogno di vomitare. Si prese la testa tra le mani, e nel tentativo di lenire almeno un po’ di tutto quel dolore, portò le mani dietro la testa, lì dove aveva urtato lo specchio e dove bruciava e faceva male; sentì tanti piccoli e pungenti pezzi di vetro sotto le dita, ancora impigliati tra i capelli biondi. Un po’ di sangue gli bagnò i polpastrelli e quando lo vide la nausea tornò, ancora più forte, per poi passare dopo qualche istante, e lasciarlo boccheggiante. Si chiese se era possibile sentire tutto quel dolore ed essere ancora vivi, e quello fu l’unico pensiero chiaro ad attraversargli la mente.

Sentì Adam deglutire e quando alzò lo sguardo, lui tirò un calcio alla prima cosa che vide: un vaso, laccato di nero, che conteneva l’ultimo mazzo di fiori che lui stesso gli aveva spedito; il vaso si frantumò in mille pezzi, e l’acqua e i fiori caddero a terra. A quel gesto Tommy gemette, di paura, dolore, tristezza, rabbia. Confuso come non mai, desiderava solo di chiedergli di restare. Desiderava solo che gli dicesse che sarebbe andato tutto bene.

Adam non parve neanche far caso a lui; si voltò, aprì la porta e la richiuse sbattendola.

Il silenzio che scese nella casa fu disturbato soltanto da sporadici singhiozzi soffocati.


Tommy si accoccolò meglio sotto le lenzuola, nonostante facesse caldo. Teneva il condizionatore al massimo solo per potersene stare a letto sotto le coperte, ma il freddo che sentiva non dipendeva dal condizionatore, anzi, sembrava partire dal suo interno, sprigionarsi dalle sua ossa, dal centro del suo petto e diffondersi in tutto il corpo. Si sentiva la febbre, ed erano ormai tre giorni che non usciva di casa, né mangiava, né parlava con nessuno se non era strettamente necessario. A stento beveva ed andava in bagno, giusto perché morire di sete in un letto puzzolente di piscio non era proprio il massimo. Si strinse le ginocchia al petto, e con un flebile lamento ricominciò a piangere, senza neppure accorgersene. Poi tossì, numerose volte. Una terribile tosse, secca, che sembrava rastrellargli la gola. Tirò su col naso. Aveva perso ogni genere di controllo su sé stesso e ogni briciolo di dignità, tanto a cosa serviva? Nessuno poteva vederlo.

Non riusciva a smettere di pensare ad Adam, a come tutto fosse perfetto cinque giorni prima, quando era corso da lui entusiasta, a mostrargli il suo nuovo tatuaggio e a spiegargliene il significato. Era felice, e lo guardava con gli occhi che brillavano e un sorriso sognante. In quel momento era l’uomo che Tommy amava, in tutto e per tutto, senza sconti, senza vergogna. Adam l’artista, il ragazzone divertente, dolce e sensibile, quello col sorrisetto malizioso e il profumo irresistibile. Tra loro andava tutto magnificamente. Avevano parlato un sacco, riso e scherzato, cenato insieme, avevano fatto l’amore e poi si erano addormentati abbracciati. Cosa era successo poi?

Tommy si morse le labbra e chiuse gli occhi, stringendosi ancora di più le ginocchia al petto, il corpo scosso dai singhiozzi e dai colpi di tosse. Piangeva da così tanto che oramai si stupiva non solo di avere ancora lacrime, ma persino di avere la forza di soffrire ancora. Iniziava a scivolare in uno stato di apatia: non gli importava quasi più di nulla, neanche di sé stesso, riusciva solo a ripensare ad Adam e a piangere; se ne rendeva conto, eppure non si sentiva capace di fare niente per cambiare tutto ciò. Passava il suo tempo a rimuginare su cosa era successo, aveva ripercorso col pensiero l’ultima settimana almeno una decina di volte al giorno e ancora non riusciva a spiegarsi perché: perché Adam si era comportato così? Non aveva mai alzato un dito su di lui, fino a quel momento, non era una persona violenta. Cos’era che lo aveva spinto a comportarsi così? Il senso di colpa era davvero così forte ed il dolore così accecante? O era la frustrazione? Cosa era che lo spingeva a trattarlo come se di lui non gli importasse nulla? Perché lo tradiva, perché faceva finta che gli piacesse comportarsi così? Forse Adam davvero non lo amava. Forse, se tornava era solo perché, fondamentalmente, era una persona buona, e non voleva farlo soffrire.

L’unica cosa che gli faceva dimenticare tutte quelle domande, l’unico spiraglio di luce che lo separava dall’oblio dell’apatia totale e della depressione, era il pensiero di Adam. Era così assurdo: la stessa persona che lo faceva stare così male era quella che gli impediva di abbandonare definitivamente ogni speranza.

Sì, tutto pareva riguardare Adam e averlo in continuazione nella testa gli faceva male, ma poi era proprio quello che lo tirava su.

Da qualche parte dentro di sé sapeva che per Adam era lo stesso, che anche lui non riusciva a smettere di pensarlo. Insomma, dopo tutte quelle promesse, quei giuramenti.. Tommy l’aveva guardato negli occhi, sapeva che era tutto vero. Ne era convinto.

Se c’era una cosa che Tommy aveva imparato su Adam in quei due anni era che ciò che lo spaventava più qualsiasi cosa era restare solo. Era una delle persone più forti che Tommy avesse mai conosciuto, sapeva essere forte per sé e per gli altri, aveva imparato a tenere il dolore e le preoccupazioni dentro e a mostrare al mondo solo ciò che voleva mostrare; ma aveva sempre avuto accanto qualcuno che gli voleva bene e che lo accettava, e la sua unica paura era perdere queste persone, perché era certo che non ce l’avrebbe fatta ad andare avanti da solo. Tommy si domandava perché, allora, facesse di tutto per rovinare quello che avevano insieme, che già di per sé era qualcosa di instabile ed incerto.

Ma la paura fa fare cose stupide alle persone, cose che non si possono capire, si possono solo accettare. Tommy lo sapeva fin troppo bene, ed era per questo che accettava ogni errore e difetto di Adam. Lui gli chiedeva scusa, era sincero, perché non perdonarlo? Se lo meritava. Meritava qualcuno che lo amasse all’inverosimile. E Tommy sentiva – anzi, sapeva – di essere lui quel qualcuno. Perché ogni volta, anche solo a guardarlo, si sentiva il cuore gonfio d’amore dibattersi nel petto; perché ogni singola volta che Adam lo feriva, era capace di nascondere il dolore e dirgli che non importava, e quando alzava lo sguardo e lo guardava negli occhi non importava più per davvero, perché Adam piangeva, ma gli spuntava un sorriso e gli diceva ‘grazie’ e Tommy avrebbe dato la vita pur di vederlo sorridere sempre; perché ogni volta che facevano l’amore era come essere in paradiso, ed era certo che non esistesse sensazione che potesse essere paragonata a quella che provava in quei momenti.

Era per questo che Tommy cercava sempre di capire le ragioni Adam, anche quando ragioni non ne aveva. Era lì che sbagliava? Qualcosa doveva pur sbagliare, perché erano ormai quattro giorni che Adam aveva sbattuto quella porta, e non era tornato indietro. Chissà se si era almeno voltato. Le altre volte non era stato così; questa volta Adam non l’aveva chiamato, non gli aveva scritto messaggi, email, o lettere e bigliettini di nessun tipo. Pareva che l’avesse cancellato dalla propria vita, che avesse semplicemente chiuso quella porta e dimenticato di averla mai aperta.

Ai suoi amici che l’avevano chiamato aveva detto che stava bene e aveva solo bisogno di stare un po’ da solo. Aveva dovuto insistere un po’, ma alla fine avevano ceduto e l’avevano lasciato stare.
A Tommy sfuggì un ennesimo singhiozzo, e si asciugò le lacrime con le lenzuola, ancora umide di altri pianti.

Come faceva Adam a non avere voglia di sentirlo? A non voler sapere se stava male o bene? Non era preoccupato per lui, neppure un po’?

Scosse la testa. Si sentiva ignorato. Inutile. E iniziava a pensare di essere davvero un illuso. Alla fine Adam non aveva certo bisogno di lui per non sentirsi solo, aveva tantissime altre persone che gli volevano bene, che lo amavano. Forse l’unico motivo per cui si erano messi insieme era il desiderio di Adam di non essere solo, ed ora che non si sentiva più così non aveva senso stare con lui...

Tossì un paio di volte e scrollò le spalle, innervosito tanto dal mal di gola quanto dai propri pensieri.

Non poteva credere ad una cosa del genere! Lo pensava solo perché era giù. Se lo disse tra sé e sé un paio di volte e poi annuì piano. Era solo per quello. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e guardò il cellulare con aria malinconica.

Gli sarebbe bastato un sms da parte di quell’unica persona al mondo che aveva fatto di tutto per compiacere e rendere fiera di lui, dall’unico ragazzo di cui si era sempre fidato ciecamente nonostante tutto, e di cui anche in quel momento, dopo tutto quello che era accaduto, continuava a fidarsi; anche solo un ‘tutto okay?’ dall’uomo che amava e che non aveva intenzione di smettere di amare mai, un semplice squillo da colui la cui opinione era l’unica al mondo che contasse per Tommy.
Adam era tutto. Era troppo chiedere una telefonata, giusto per controllare che non fosse morto dissanguato?

Tommy fece una smorfia.

La cosa peggiore era che sapeva perfettamente che se Adam avesse anche solo accennato a scusarsi lui sarebbe tornato a gettarsi tra le sue braccia come se non fosse successo nulla. Anche se continuava a fare male, anche se Adam avrebbe continuato a tradirlo ed a utilizzarlo come valvola di sfogo quando era nervoso, Tommy sarebbe stato lì a lasciarglielo fare, senza battere ciglio, perché non era capace di fare altrimenti.

Forse Adam meritava una persona che lo amasse all’inverosimile, ma Tommy meritava davvero una persona che lo trattasse in quel modo?






Note di fine capitolo:
Che dire, ringrazio la mia cara Romea (per gli amici FrankieSleepWalker, per me Romy u.u) per avermi fatto da Beta e per avermi assicurato che questa schifezzuola è leggibile ed anche carina. Ogni errore, imprecisione, bruttura, o schifezza che trovate (specialmente il disclaimer!) mi appartiene (e ne vado anche fiera D:).
Mi scuso in anticipo del dolore che vi causerà, e vi prego gentilmente di fornirmi ogni dettaglio di quanto abbiate pianto e vi siate sentite male per i miei tesorini, perché mi provoca un piacere immenso *evilgrin*
E.. nulla, se siete arrivati fin qui recensitemi almeno. Per favore...? *-*
P.S.: La canzone di questa parte è "I love the way you lie (Part II)" di Eminem e Rihanna.

   
 
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