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Autore: Fog_    17/10/2011    4 recensioni
Laura e Taylor hanno deciso di provarci.
Hanno deciso di provare a realizzare quel piccolo sogno nel cassetto che si portano dietro da quando si conoscono.
Andare a Londra.
Grazie a un progetto scolastico avranno l’occasione di vivere il loro sogno, un soggiorno di due settimane in famiglia, durante il periodo natalizio.
Ma, una volta arrivate lì, le cose prenderanno una piega che non si sarebbero mai aspettate. Partendo dalla famiglia neo trentenne a cui verranno affidate e finendo con dei vicini piuttosto… particolari, la loro vita sarà completamente scombussolata.
Conosceranno una Londra tutta nuova, fatta di party e pub, di concerti e serate di gala, di fan urlanti, di rifugi segreti, di costosissimo shopping. Il tutto animato da cinque ragazzi speciali. Anzi sei, visto che un caro amico degli One Direction sta soggiornando nella capitale degli UK con la sua ragazza.
Il nome Bieber vi dice niente?
Si? No? Non importa, basta sapere che la sua presenza sconvolgerà tutto.
E se…?
Storia a quattro mani di Comiky e If_you_Believe
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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__Vas Happenin'?__
Salve gente!
Qui If_you_Belive e Comiky vi dicono ciao!
Questa non è la nostra prima storia, ma è la prima che scriviamo insieme :3
è da un po' che ci pensiamo e ora eccoci qui, vi presentiamo questa ff un po'...diversa dalle altre per la presenza di Justin.
Volevamo solo spiegarvi solo una cosa: Io, 
If_you_Belive , scriverò i POV di Taylor e dei One Direction, mentre Comiky quelli di Laura, Justin e Selena.
Tutto qui, giusto per puntualizzare :)
Lasciateci un commentino e fateci sapere che ve ne pare, se una storia nata su una canoa va scritta e pubblicata o va chiusa nelle nostre menti!
Alla prossima, enjoy the read!

Comiky e If_you_Belive <3

Cap 1.

 

Laura

“It’s like a year without raaaaaain, yhea”
Odio profondo per Selena Gomez, ovvero odio profondo per la mia sveglia.
Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è una foto di me e mio cugino Gianmarco il giorno della mia comunione. ‘Non mi va di pensare a Gianmi…’ e mi giro facendo cadere il piumone per terra e il cuscino sopra di esso.
«Laura sbrigati che fai tardi a scuola!» urla mia madre dalla cucina.
«Se,se…» rispondo con una voce degna dell’oltretomba.
Apro gli occhi e come ogni mattina riesco a svegliarmi grazie ad una personcina che anche se non sa nemmeno che esisto mi fa sempre ridere. Justin Drew Bieber.
Poi mi accorgo che sono le 8 e 25 e che io se non esco entro e 38 a scuola è difficile che ci arrivo,quindi dopo uno scatto -degno di questo nome se mi permettete- verso il bagno mi vesto con la solita felpa imbottitissima, la maglia della Bieber for life - la mia maglia preferita- e i miei mitici Jeans che ho da circa la terza media e mi vanno ancora. Corro a salutare mamma e papà, mi infilo il giubbotto ed esco con la cartella infilata ad una spalla e le mani in tasca. Ore 8 e 40 e mi sto già rompendo le palle. Evviva.
 

Taylor.

 
La sveglia è semplicemente gelosa della relazione che ho con il mio letto.
È questo l’unico motivo che mi trattiene dal prenderla e lanciarla contro il muro. Mi dispiace, poveretta, la gelosia è una brutta bestia.
Mi decido ad aprire gli occhi quando, per qualche sconosciuto motivo, anziché staccare quel bip bip stressante riesco solo ad alzare il volume.
Se il buongiorno si vede dal mattino allora quella doveva proprio essere una giornata di merda.
Mi giro a pancia in su e trovo gli sguardi allegri di quelle cinque teste di carota che mi guardano dai poster sul soffitto, riescono come sempre a strapparmi un mezzo sorriso, che dura finché non mi rendo conto che manca solo mezzora al suono della campanella. Mi fiondo fuori dal letto, inciampo in un paio di jeans che afferro e decido di indossare, prendo la prima maglietta dall’armadio, il solito felpone grigio scuro e mi dirigo in bagno.
Faccio una doccia veloce, neanche dieci minuti, poi cerco di sistemare quell’ammasso di capelli la quale forma non è ancora stata riconosciuta dall’universo dei parrucchieri. Sta mattina sono mossi, perfetto, la mia versione preferita.
Striscio i piedi fino in cucina, mi getto sulla solita sedia e ingurgito tutto il latte nella grande tazza bianca dello Sturbucks che ho comprato qualche anno fa in Spagna. Mamma continua a ripetermi che è tardi, come se non lo sapessi. Mio fratello saltella per casa, papà è già uscito.
Il solito caos del mattino.
Mi affretto ad uscire il prima possibile di lì, a volte casa è il posto più invivibile. Non per i miei, che rompono e non capiscono le mie esigenze, e neanche per mio fratello che è sempre lì a dare fastidio, ma perché lì è sempre tutto uguale.
Non succede mai niente di clamoroso, di interessante.
Preferisco stare fuori casa, anche semplicemente in giro per il centro, ad osservare le persone che passano e a catturare le loro espressioni, i loro movimenti o magari al porto, in riva al mare, per immortalare le onde con la mia macchina fotografica professionale.
Reflex di quelle ancora con il rullino, una compagna fedele.
Tanto quanto l’iPod che sto facendo saltare tra le mie mani.
Canzone di quella mattina? Mmm…How to love, la nuova di Lil Wayne, ultimamente la ascolto sempre.
Riesce sempre a rilassarmi.
Mi raddrizzo il cappello di lana che ho in testa per non ghiacciarmi le orecchie, l’aria è fredda, ma non esageratamente considerando che siamo a dicembre.
Il Natale è già nell’aria, in città stanno iniziando a montare le solite lucine colorate e i negozi addobbano le solite vetrine.
Una cosa carina, ma che si ripete tutti gli anni.
Voglio qualcosa di diverso per quest’anno, qualcosa di…di esplosivo, di irripetibile.
Oggi è un tipico giovedì, di una tipica settimana, di un tipico mese, di un tipico anno, niente di nuovo. Bene, le cose devono cambiare.
Non avrei mai immaginato che i miei desideri sarebbero stati esauditi.
 

Laura.

 
Ora di disegno tecnico. Che palle. Fa freddo.
La prof di tecnica sta parlando con la prof di inglese. Quelle due fanno sempre comunella. Le prof rientrano e quella di inglese mi si avvicina mentre quella di tecnica continua a spiegare a quel complessato di Mirko che per mettere la squadra a 45° la doveva girare dall'altro lato.
«Laura» dice serissima «Chiama dalla 1F Letizia Montaruli e raggiungetemi nel laboratorio di informatica subito.»
Un po' perplessa mi alzo per andare verso la prof di tecnica a chiederle il permesso di uscire, ma non ho neanche il tempo di arrivare alla cattedra che lei alza lo sguardo dal banco di Mirko e mi fa cenno con la testa di andare.
Eccomi al terzo piano. La 1F è infondo a destra come i bagni nei film. Questa non è una mia considerazione personale ma una voce che gira in tutto il liceo. Ora vi sarete fatti una idea di cosa pensano gli altri della sezione F. Se non avete capito intendevo dire che è un cesso di classe. Oppure una classe di merda. Scegliete la versione che preferite.
«Salve, la professoressa Marcelli desidera Letizia Montaruli nell'aula di informatica, potrebbe uscire un attimo?» dico tutto d’un fiato.
«Montaruli è appena andata in bagno, aspettala qui se vuoi o direttamente fuori dalla porta.»
«Ah,va bene,aspetterò fuori, grazie professoressa.» dico uscendo, ma la prof mi blocca chiedendomi cosa volesse la Marcelli e questa frase da inizio ad una serie di film mentali, i quali però contengono anche troppi finali con punizioni o note di demerito, la più catastrofica finisce con una sospensione per una settimana, mentre quella con il finale migliore finisce con la frase: "Ragazzi mi date una mano ad allestire il teatro per la rappresentazione di domani pomeriggio?".
Nel frattempo che mi faccio tutti queste paranoie Letizia arriva e saliamo al 5° piano per poi andare nell'aula di informatica.
Letizia apre la porta e la prof ci invita a sederci, per poi rivelarci una cosa che ci sconvolge - che mi sconvolge- tutti i programmi che avevo per il natale ed il capodanno.
 

Taylor.

 
«Iniziate!» grida la professoressa di educazione fisica, la sua voce da strega rimbomba tra le pareti della palestra e ci fa sussultare.
Quella nanetta è una specie di reincarnazione di Hitler, mi fa sinceramente paura, soprattutto quando ci ordina di disporci con le spalle al muro e inizia a camminare tra noi, additandoci mentre chiama i nostri cognomi, come se volesse fucilarci.
Agghiacciante.
La lezione di stamattina prevede “cinque si schiaccia”, che nel nostro caso è più una cosa tipo “a cinque si ammazza”. Ogni volta che giochiamo qualcuno si fa male, dire che ne sono successe di tutte i colori non rende l’idea. Avete mai visto un dito che si spezza sotto i tuoi occhi? E un naso che si storce per una pallonata? Cose davvero raccapriccianti, dovremmo smetterla con quel gioco-killer.
«Cinque!» grida Luca, il ragazzo al mio fianco, mentre mi schiaccia contro.
Schivo la palla con una mossa in pieno stile matrix abbassandomi di scatto e facendo rimbalzare la palla prima sul muro, poi contro la guancia di Ilaria che inizia subito ad arrossarsi. Primo ferito neanche dopo cinque minuti, ottimo direi.
Andiamo avanti e l’adrenalina si alza, come se quella fosse una lotta alla sopravvivenza.
Continuiamo per una mezzoretta finché da ventinove non restiamo in cinque, io, Luca, Eva, Michele e Federico. I tre ragazzi si sono alleati contro di noi, decisi a cacciarci dal gioco con qualche osso rotto. Il loro schema lo conosciamo, a Federico tocca il terzo passaggio, Luca alza e Michele schiaccia e fidatevi, quando Michele schiaccia è la fine per tutti.
La prima palla arriva contro la biondina a 1273482375486754 chilometri orari, lei cade a in ginocchio mentre Michele si massaggia il polso, ha schiacciato troppo forte.
Guardo Eva e mi sale una piccola risata, non l’ho mai sopportata quella finta bionda, si crede la migliore qui, ma non lo è. Vederla in quello stato non mi dispiace.
«Porca Eva!» grida Michele aprendo e chiudendo le dita della mano.
«Ehi!» si lamenta Eva rialzandosi, io e Luca scoppiamo a ridere.
«Abbassate i toni» ci ammonisce Hitler dalla sua postazione strategica dietro la cattedra, con il registro aperto come a ricordarci il suo potere. Che poi, comunque, nessuno di noi ha più paura di quel registro, è così pieno di note che una in meno o una in più non fanno la differenza.
Rincominciamo con i passaggi, ora il bersaglio sono io e in quel momento penso di riuscire a capire come si sente una volpe durante il periodo di caccia.
Luca mi salva all’ultimo da una palla che mi avrebbe di sicuro ammazzato, lo ringrazio con un sorriso che ricambia caloroso. Al turno successivo il cinque tocca a me che, con una specie di salto alla Mila e Shiro e una rotazione del pallone che neanche Holli e Benji, schiaccio contro la spalla di Federico. Ora, ciò doveva essere una cosa positiva, se non fosse che la palla, rimbalzando, finisce in testa alla prof.
Guai in arrivo.
«TAYLOR» tuona lei alzandosi dalla sedia minacciosa, mi sento improvvisamente piccola e indifesa, ma quando si avvicina e il mio mento supera di molto la sua testa la sua aria superiore svanisce in pochi secondi. Inizia a blaterare le solite cose, “Taylor, sei sempre tu”,  “Taylor sei una scostumata”, “Taylor finiscila, sei in terzo non all’asilo!” e nel frattempo io me la immagino con dei capelli da uomo, un pizzetto nero e folto proprio sotto le narici e un accento tedesco che scandisce tutte le parole.
Le scoppio a ridere in faccia, con tanto di mano sulla pancia e bocca spalancata.
«Taylor, fuori!» ordina indicandomi la porta, ancora ridendo e sotto lo sguardo divertito dei miei compagni mi avvio verso quello che mi sembra tanto il passaggio d’uscita dell’inferno.
Mi faccio un giretto per la scuola, passo dal teatro sperando che qualcuno mi chieda “ehi tu, ci dai una mano ad allestire il palco?” e mi fermo un po’ davanti alla macchinette per aggiornarmi sui vari pettegolezzi settimanali, quando il repertorio delle due ragazze con cui stavo parlando si esaurisce mi decido a salire fino al 5° piano, giusto per perdere tempo.
Arresto la scalata dell’Everest con tanto di piccone e diecimila maglioni a coprirmi  -quelle dannate scale!- solo quando vedo una ragazza vagamente familiare che mi viene incontro.
«Taylor!» grida lei iniziando a scendere le scale due a due e allora la riconosco, è Laura, chi altri può essere?
«Ciao Laura!» esclamo allungandole una mano, lo sa che la gente la preferisco salutarla battendo un cinque e non con quei stupidi due baci.
«Non hai la più pallida idea di ciò che mi è appena successo» dice con gli occhi che quasi le escono dalle orbite, un sorriso grandissimo si è impossessato del suo viso.
«Che c’è, hanno deciso di produrre uno dei tuoi manga?» scherzo riferendomi alla sua innata capacità nel disegno, i miei otto in arte dipendono tutti da lei.
«No, meglio» continua e ci manca poco che inizia a saltellare sul posto, deve essere qualcosa di davvero straordinario.
«Cosa c’è di meglio?»
«Non ci crederai mai, ma…» Laura non fa in tempo a terminare la frase che sulle scale ci raggiunge la mia prof. di inglese, la Ranieri, che complotta qualcosa con un’altra prof. non del mio team.
«Oh, Laura, sei ancora qui?» dice la tizia che non conosco, ha un’aria giovanile e dei capelli biondi super laccati.
«Si, stavo parlando alla mia amica della grande opportunità che mi avete offerto» spiega ancora sorridendo, la professoressa annuisce.
«Che “vi” è stata offerta» la corregge la Ranieri e io guardo tutte e tre interrogativa, non ho idea di quale possa essere questa “grande proposta” «Taylor, stavo cercando proprio te»
«Non vi seguo…» dico e Laura mi fa un cenno con la testa.
«Taylor, i tuoi ultimi voti in inglese sono eccellenze, no?» fa la Ranieri muovendo ripetutamente le mani, una cosa davvero, davvero snervante.
«Si, è l’unica materia in cui ho questo risultati» rido, ma lei è serissima.
«Puoi seguirmi?» chiede facendomi cenno di affiancarla, la cosa mi puzza di bruciato, ma Laura sta sorridendo ancora più di prima e mi guarda incoraggiante, così mi sento un po’ più sicura.
Cosa vogliono da me, però, non l’ho ancora capito.




 
   
 
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