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Autore: Blackie_    18/10/2011    1 recensioni
Un atmosfera singolare; un incontro sovrannaturale; un dialogo surreale... Un argomento profondo e misterioso come la morte espresso in un breve storia.
"Due grandi fari luminosi mi accecarono; ricordo la botta, l'asfalto,
il sangue, il buio… ma nessun dolore. I lampioni saltarono, le stelle esplosero ed io restai immobile, vittima di quell'immenso blackout."
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Angelo della Morte


Era tarda notte, pochi lampioni lontani illuminavano quel vicolo di una pallida luce giallognola.
Ancora stordita, mi sedetti sul marciapiede, davanti ad uno squallido locale di cui nemmeno ricordo il nome.
Svuotai un'altra bottiglia, l'ultima, cavolo! Dovevo bere ancora, volevo soffocare nell'alcool tutto il dolore che sentivo dentro e che facevo fatica ad ammettere persino a me stessa.
Con rabbia sbattei a terra la bottiglia di vodka che si infranse in migliaia di schegge di vetro, ferendomi la mano e il polso. Sorrisi alla vista del mio stesso sangue e, con un ghigno sadico, leccai lentamente le gocce scarlatte che colavano dalle mie ferite, assaporandone il gusto metallico e sentendomi stranamente appagata da quel mio masochismo… O forse era soltanto l'effetto della sbronza.
Nessuno si accorse di me, ma d'altronde, chiunque possedesse ancora un minimo di lucidità non avrebbe mai messo piede fuori di casa a quell'ora di notte, nel quartiere più malfamato di tutto il Bronx.
La mano non mi faceva nemmeno male, ormai ero diventata insensibile a tutto e a tutti… Ero solo stanca, tremendamente stanca. Strizzai forte gli occhi, ora appannati da un velo di lacrime, ma mi trattenni; non volevo dare alla vita la soddisfazione di vedermi soffrire dentro.
Mi rialzai barcollando, decisa a rientrare, in qualche modo a quella topaia che era la mia casa.
Due grandi fari luminosi mi accecarono; ricordo la botta, l'asfalto, il sangue, il buio… ma nessun dolore. I lampioni saltarono, le stelle esplosero ed io restai immobile, vittima di quell'immenso blackout.
Non ho mai avuto paura della morte, almeno, non fino a quella sera.
Non ho idea del tempo in cui rimasi chiusa là dentro, sempre che mi trovassi dentro a qualcosa; ero seduta sul nulla, nel bel mezzo del niente, le ginocchia rannicchiate strette contro al petto e la testa nascosta fra di esse. Piansi, senza alcun ritegno, spaventata da ciò che mi era successo e terrorizzata da ciò che mi sarebbe potuto accadere a breve.
D'un tratto la luce cominciò a tornare, milioni e milioni di lampioni illuminarono una strada che si protendeva fino ad oltre l'orizzonte.
Ma, allora… Possibile che fossi rimasta seduta sull'asfalto per tutto quel tempo? Il mio corpo prese a tremare istintivamente, non c'era nulla di buono, non sarei mai riuscita a ritrovare la speranza oltre quella strada infinita.
Mi alzai in piedi, decisa ad andare sempre e comunque avanti, non mi ero mai fermata davanti a nulla, ma, ahimè, nemmeno la mia anima forte, seppur tormentata, avrebbe potuto prevalere contro quella soprannaturalità.
Contrariamente alle mie aspettative, però, non ebbi bisogno di andare io stessa incontro al mio destino; esso infatti venne da me, apparendomi prima come un puntino scuro in lontananza, per poi farsi sempre più vicino, acquisendo una forma che mi paralizzò all'istante lì dov'ero e mi fece pensare, piuttosto, ad una stana allucinazione; perché davvero, una creatura del genere non poteva esistere né in questo, né in qualunque altro mondo. Eccolo! Oscuro, terrificante, macabro… E bellissimo.
Aveva un aspetto vagamente umano, così alto e sottile che sembrava sul punto di spezzarsi; i capelli corvini, che incorniciavano la sua figura longilinea, arrivavano lunghi fino alle caviglie e sembravano muoversi con vita propria come tanti serpenti neri. Nera era anche la sua veste e le piume delle sue enormi ali d'angelo; ogni tanto le sbatteva leggermente, mostrandole in tutta la loro maestosità, alla quale anche il più potente dei sovrani non avrebbe potuto fare altro che chinare il capo in segno di totale obbedienza e sottomissione. Il viso poi, era di una pallore etereo, quasi irreale, talmente bianco e perfetto che sembrava fosse stato scolpito direttamente nel marmo, ma nemmeno il più talentuoso scultore al mondo avrebbe saputo riprodurre fedelmente la simmetria e la dolcezza di quei lineamenti. Le labbra carnose, macchiate di sangue scarlatto, sembravano quasi una profonda ferita, in contrasto con il candore del volto; e rossi erano anche i suoi occhi, come il sangue che mi si gelò nelle vene non appena incrociai quei grandi e maligni rubini.
L'essere si guardò un po' introno, finché i suoi occhi scarlatti incrociarono i miei e lì si fermarono.
Era venuto per me; Dio, o chi per lui, aveva finalmente mandato il suo Angelo della Morte a prendermi.
Mi prostrai umilmente ai suoi piedi; era ovvio che si trattasse di qualcosa di divino e superiore a me, ma, nonostante la sua figura inquietante, non riuscii a non sentirmi onorata di aver potuto ammirare quell'immagine meravigliosa, anche se fosse stata l'ultima cosa che avrei fatto.
Il demone si avvicinò con una lentezza estenuante e si chinò su di me spostandomi una ciocca di capelli dal viso. Rabbrividii al contatto con la sua pelle, gelida come un vento invernale.
-Che cosa sei tu?- Chiesi con un filo di voce, nonostante ormai sapessi già la risposta
-Sono la Morte-
Contrariamente alla figura macabra, la sua voce era dolce e morbida, quasi come una piacevole ninna-nanna
-Non voglio!- gemetti triste - Quell'auto mi è venuta addosso… Io… non è colpa mia-
Mi accorsi di stare piangendo quando l'angelo mi sollevò il mento con due dita e asciugò le mie lacrime con il suo tocco glaciale
-Non è colpa di nessuno, oggi tu, domani qualcun altro… non credere di poter valere di più di qualunque altra creatura nell'universo!- Disse in tono di rimprovero; mi tappai le orecchie, la sua voce era cambiata; ora in essa sentivo le urla di tutte le anime dannate che il demone aveva portato via prima di me. Chinai il capo, rassegnata.
-E dove mi porterai?- Gli chiesi tremante
-Dove deve andare chiunque, al centro esatto dell'infinito, dove si trovano la fine ed il principio di ogni cosa, laddove i ricordi terreni bruciano e l'anima attende paziente la purificazione.-
Chiusi gli occhi e mi ritornò alla mente tutta la mia vita; non mi era mai piaciuta, non avevo affetti, passavo le mie serate ubriacandomi nei locali e illudendo chi cercava un po' di calore e felicità accanto a me. Ma non avevo mai pensato di farla finita, e nemmeno che potesse finire così.
-Fai in fretta!- Lo pregai, serrando ancora di più gli occhi e preparandomi al compimento del mio destino, all'atto finale della commedia.
Sentii l'angelo avvicinarsi, lo sentii prendermi il viso fra le mani e sentii un forte calore sulle mie labbra. Riaprii cautamente gli occhi e notai le labbra del demone congiunte con le mie.
Percepii un dolce brivido scorrermi lungo la schiena, mentre l'Angelo della Morte mi succhiava via l'anima e, nonostante sentissi sempre più vicino il fuoco degli Averni, non potei fare a meno di provare un senso di leggerezza e libertà. Mentre il demone mi trascinava sempre più in basso mi sentivo… Felice, sì, un folle piacere pervadeva completamente ciò che restava della mia essenza.
In un disperato sorriso, dato dall'ultimo battito sordo del mio cuore, mormorai un -Grazie- Sulle labbra dell'angelo, perché davvero, il momento della mia morte, fu il migliore di tutta la mia vita. 

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Ecco la prima storia che posto su EFP... Spero davvero che possa esservi piaciuta, perchè in questa semplice One-Shot ci ho messo più o meno tre quarti di tutta me stessa.
Che altro dire, recensite se vi piace... e anche se non vi piace, accetto qualunque tipo di critica purchè costruttiva.

  
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