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Autore: J85    19/10/2011    0 recensioni
L'unica speranza per Hidetoshi Miura, capitano della squadra di calcio dell'Istituto Hattori, di salvare i suo club sono i suoi tre fratelli: il primogenito Shunsuke, il teppista, il terzogenito Hiroshi, lo studioso, ed il quartogenito Atsushi, lo scansafatiche. Riuscirà il riformato "Quartetto Miura" a portare il proprio team alla vittoria del torneo scolastico?
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

“Storia della famiglia Miura”

 

 

 

Normalmente due genitori, per il giusto ricambio generazionale, possono avere in media due figli, in modo tale da avere entrambi un proprio erede. In più il costo della vita grava parecchio per ogni figlio, almeno finché non raggiungono la tanto agognata autosufficienza. Nonostante questo ci sono anche molte famiglie che superano il suddetto limite dei due figli per coppia. Una di queste è una famiglia giapponese identificabile con il cognome Miura.

Questa famiglia, con l’ammirazione di parenti e conoscenti, ha attualmente ampliato il proprio nucleo domestico con una prole composta da ben quattro figli. Tutti e quattro esclusivamente di sesso maschile.

E dire che gli inizi non erano certo stati facili per i coniugi Miura. La loro conoscenza reciproca risale addirittura alla scuola materna. Entrambi infatti sono originari dell’Hokkaydo, dove hanno frequentato, sempre assieme, tutta la trafila scolastica, dalle scuole elementari alle superiori passando per le medie. Naturale che tra i due, prima o poi, si sarebbe insinuato l’amore.

Una volta diplomati, fu il momento di affrontare il grande passo. In una cerimonia umile ma vera, i due convogliarono a giuste, e mai l’aggettivo giusto sarebbe più adatto, nozze. Non bisogna scordarsi però che, nonostante l’accettazione di questo gravoso impegno, i due erano comunque una coppia giovane e la voglia di puntare in alto era ben custodita in entrambi. Ci voleva il trasferimento a Tokyo.

Giusto aggiungere che il rammarico dei rispettivi genitori, e del resto del paese, che vedeva nei giovani coniugi Miura la rappresentazione più radiosa dell’amore sincero, fu davvero enorme.

“Fatti onore figliolo!” furono le poche, ma incisive, parole che il vecchio Miura disse al giovane, proprio pochi attimi prima che il furgone del trasloco partisse in direzione della capitale nipponica.

Tokyo accolse ben volentieri i due tra le sue braccia e, in poco tempo, la giovane coppia acquistò una casa, semplice ma confortevole, e due lavori sicuri: impiegato lui, segretaria lei.

Questa breve introduzione era doverosa per la storia ma soprattutto ora bisognerà concentrarsi su un’altra qualità della coppia: i due, infatti, hanno avuto il coraggio di portare a termine ben quattro gravidanze. Infatti, nel giro di poco più di quattro anni, in casa Miura fecero la rapida comparsa ben quattro pargoli. Le casa di certo si era fatta decisamente più stretta per i sei inquilini, ma la famiglia Miura a questo non dava peso. Gli stessi figli si erano via via abituati a dover condividere tutti e quattro la stessa camera da letto, con rispettivi due letti a castello. Ciò era stato reso possibile anche grazie ad un’altra particolarità dei quattro eredi di casa Miura: infatti, come successe alla famiglia March nel romanzo “Piccole donne”, loro naturali controparti femminili, i quattro erano tutti di sesso maschile. Ovviamente, come era facile prevedere, ciò comportava anche litigi, baruffe, gelosie e quant’altro da parte dei quattro fratelli Miura, tutti in splendida salute. Dopo tutto questo l’impegno tra le mura domestiche era certamente raddoppiato, anzi possiamo tranquillamente esclamare quadruplicato, e mamma Miura lasciò il proprio lavoro per fare la mamma a tempo pieno, o almeno finché i suoi figli non sarebbero cresciuti abbastanza.

Il tempo passò. I figli crebbero. La signora Miura cominciò a fare qualche lavoretto part time, mentre i quattro ragazzi si trovarono d’un tratto a fare tutti e quattro parte della stessa scuola: L’istituto Hattori.

I quattro, i cui nomi erano rispettivamente, partendo dal primogenito all’ultimogenito, Shunsuke (nato il 24 giugno), Hidetoshi (nato il 22 maggio), Hiroshi (nato il 28 novembre) ed Atsushi (nato il 27 settembre), erano naturalmente cambiati nel corso degli anni. Durante la loro infanzia, nessuno poteva distruggere “il quartetto Miura”. Di fatti fu lo stesso “quartetto Miura” che si distrusse dal suo interno, visto i differenti interessi e stili di vita che si venivano a creare tra i quattro. A volte addirittura sembrava che la coesistenza tra loro fosse assolutamente impossibile. Ma quello che successe l’anno scolastico in cui, come abbiamo prima menzionato, tutti e quattro erano presenti nelle liste studenti dell’Istituto superiore Hattori, rimarrà per sempre indelebile nelle loro memorie.

 

“Allora Hiroshi…hai fatto gli esercizi di aritmetica che ti avevo affidato ieri?”

A porgere questa domanda, in maniera solo apparentemente cortese, era stato un giovane teppista, che non può certo mancare in una qualsiasi scuola giapponese, con i capelli biondi ossigenati, la divisa scolastica caratteristicamente sbottonata e attorniato da altri tre ragazzi facenti parte della sua banda.

“Certo Hase-kun…stavo proprio per venire a portarteli…” rispose un giovane ragazzo il cui intento era tutto tranne quello che aveva appena spiegato a voce.

Il ragazzo in questione è alto poco più di un metro e settantacinque, ha gli occhi e capelli del classico colore nero, gli stessi capelli sono tagliati molto corti e porta degli occhiali. Si tratta di Hiroshi Miura.

“Ah, che bravo il nostro Hiroshi…e perché ti devi ridurre sempre agli ultimi minuti dell’intervallo per venirmeli a portare!” urlò sul viso del ragazzo il teppista di prima, con aria decisamente scocciata.

“Ehi Hiroshi che hai di buono oggi da mangiare?” chiese un elemento della ghenga, mentre allungava il collo sopra la scatoletta della merenda di Miura.

“Del semplice riso? Ah, però, ragazzi guardate mi pare ci sia anche un umeboshi…” descrisse la merenda quotidiana di Hiroshi agli altri un terzo membro.

I denti di Hase-kun digrignarono sempre più fino a che non scoppiò “Quella stronza di tua madre non sa fare bene nemmeno la merenda, oltre che il figlio!”.

E detto questo spazzò via con un violento colpo di mano la scatola di Hiroshi, mandandola con tutto il suo contenuto rovinosamente per terra. Il penultimo dei fratelli Miura sentiva le lacrime spingere ai lati dei suoi occhi, quando però i quattro disadatti stavano rientrando nella loro classe, con il capo che si era preso il quaderno con gli esercizi matematici. Poi però lo stesso Hase si fermò, scrutò un attimo la cartella di Hiroshi e sorrise malefico.

“Sapete ragazzi…è aperta la caccia!” notificò agli altri enigmatico.

“Oh no” sospirò appena Hiroshi.

In un attimo i quattro si avventarono sulla suddetta cartella e cominciarono a prelevarvi quaderni e libri di testo ed a scaraventarlo contro il suo proprietario. Dovete sapere che tali episodi di bullismo si ripetevano ormai da parecchio tempo, con la complicità anche dei compagni di classe di Hiroshi che, per evitare di trovarsi nel mezzo a guai indesiderati, non intervenivano minimamente a difesa del giovane ragazzo.

Tale attività però aveva stranamente un suo lato positivo. Infatti Hiroshi aveva ormai cominciato a prevedere i vari tiri del gruppo, conoscendo ormai perfettamente le modalità di tiro di ognuno di essi e, decisamente stufo del ripetersi di queste situazioni, cominciò a reagire.

Dopo aver preso il primo libro sul volto, con il rischio scongiurato che gli occhiali facessero la stessa fine del suo pasto, il ragazzo cominciò a seguire con lo sguardo le varie traiettorie degli oggetti che gli venivano lanciati contro, per poi colpirli con le mani per evitare ulteriori danni al suo viso.

I quattro, lì per lì, rimasero sorpresi dalla reazione della loro preda, per poi destarsi definitivamente al suono della campanella che segnalava l’inizio della nuova ora di lezione.

“Ci si vede Miura!” Fu il saluto fatto con scherno da parte del capo del gruppo mentre i quattro si affrettavano a lasciare rapidamente l’aula.

Il ragazzo ricompose il suo aspetto, asciugandosi anche qualche lacrime che era comunque scesa sulle sue guancie, e si chinò per cominciare a raccogliere il suo materiale scolastico ed anche a ripulire il pavimento da quello che doveva, nei suoi tranquilli piani quotidiani, essere il suo pasto per l’intervallo scolastico.

 

Primo pomeriggio. Un giovane ma enorme ragazzo sta percorrendo i marciapiedi sempre affollati di Tokyo. L’altezza del ragazzo supera di poco i due metri, la sua testa è caratterizzata dalla totale assenza dei capelli, gli occhi sono scuri e aggressivi e il fisico robusto e muscoloso. Si tratta di Shunsuke Miura.

La gente si allontana al suo passaggio, ma può anche capitare che tale gente sia distratta da altro e allora…

“Ehi boccia stai più attentato quando cammini!” lo avvertì un ragazzo più grande di lui, non certo come altezza ma come età, dopo essere stato violentemente urtato da un gomito del più anziano dei fratelli Miura.

Shunsuke arrestò la sua marcia, si girò appena ed esclamò “Fottiti!”.

“Ehi stronzo come osi?” lo minacciò uno dei due ragazzi che si era fermato assieme alla vittima della collisione.

“Qui non è il posto adatto…” disse rapido Miura.

“Ha ragione, che ne dite di quel vicolo?” disse il terzo del gruppo indicando una stretta traversa che separava due negozi e collegava direttamente con la via parallela a quella costeggiata dal marciapiede.

L’energumeno non rispose nemmeno e si avviò verso il luogo stabilito, seguito a ruota dai tre. Questi ultimi erano nettamente inferiori fisicamente a lui, quasi identici con i capelli acconciati in ciuffi assurdi, tenuti su da quintali di gel, ed abiti troppo sgargianti. Shunsuke li squadrava ad uno ad uno con palese sufficienza.

Si avventarono contro di lui quasi all’unisono ma non ci fu storia. Il primo fu colpito da un violentissimo diretto destro che gli fece perdere definitivamente due denti, il secondo ricevette un ancora più violento calcio sinistro che lo colpì sul fianco poco sotto l’ascella, mentre per il terzo fu riservato una distruttiva testata sul naso che andò in mille pezzi.

Il tutto sarà durato nemmeno venti secondi. Due ragazzi erano a terra con i visi sanguinanti, sebbene in punti differenti, ed un terzo era accasciato al suolo mentre si reggeva un fianco e del sangue comincio ad uscire anche dalla sua bocca.

Ovviamente una rissa, seppur breve come era stata quella, attirò qualche curioso che avvisò le forze dell’ordine con il cellulare. Ed infatti le sirene si cominciarono a sentire in lontananza.

Shunsuke quindi decise di proseguire per quella traversa e riaffacciarsi nel marciapiede parallelo a quello in cui aveva incontrato i suoi tre rivali. Si stava già incamminando quando quello dei tre che aveva ricevuto meno danni, per intenderci quello che aveva subito il calcione al fianco sinistro, aveva preso la struttura quadrata in legno, che conteneva il menù del ristorante lì vicino, e sollevandola per aria era pronto ad abbatterla su Miura. Ci riuscì.

L’oggetto fu distrutto, con qualche scheggia di legno che sibilò pericolosamente nell’aria. Abbattuto sulla possente schiena del ragazzo che però era rimasto tranquillamente in piedi, mentre il suo aggressore era rimasta con tra le mani il lato con cui aveva afferrato l’insegna e un respiro affannoso.

Il gigante si girò verso di lui, lo prese per la maglia sgargiante e lo lanciò verso il muro vicino. Facendolo roteare in area e trovandosi a testa in giù, completamente ribaltato e spiaccicato nel muro, fino a che la forza di gravità non tornò a dettare legge sul suo corpo, facendolo finire tra i sacchi dei rifiuti, forse provenienti dal suddetto ristorante.

Fatto questo Shunsuke prosegui il suo percorso, questa volta senza intoppi, se non solo per quei ragazzi appena pestati che inviano alle sue spalle.

“Dove vai bastardo? Non è ancora finito lo scontro!”

“Basta Jun smettila! Vuoi davvero che torni indietro e ci finisca?!”

“Oddio il mio naso…mi ha distrutto il naso…”

“Brutti teppisti ora pagherete tutto quanto!” concluse il proprietario del ristorante.

 

Ovviamente in Giappone non esistono solo i bulli scolastici o la gente che non vede l’ora di fare a botte con gli sconosciuti, come potrebbe sembrare da questo inizio, ma anche gente che preferisce la tranquillità assoluta. Come Atsushi Miura.

Il più giovane dei fratelli Miura, con i suoi lunghi capelli neri al vento e gli occhi ugualmente scuri concentrati nella console manuale che aveva tra le mani, stava rilassato passando il finire di un classico pomeriggio noioso.

“Atsushi-kun ci sei?” chiese la voce di una ragazza molto carina, con le ciucche dei capelli legate in simpatiche trecce.

Naturalmente l’attenzione del ragazzo fu attirata da essa e allora guardò giù. Infatti Atsushi si trovava su di un lato del tetto dell’abitazione.

“Ehi Suzuka-chan, come va?” chiese il ragazzo sporgendosi dal tetto.

La ragazza guardò in alto ed urlò “Senti Atsushi-kun…io pensavo di fare un salto al karaoke…ti andrebbe di venire con me?”.

Il giovane si girò per osservare la scritta nel piccolo schermo del videogame, “GAME OVER”, si rivoltò e rispose “Ok! Aspettami lì che arrivo subito!”.

Detto questo si afferrò con le mani alla grondaia orizzontale, poco sotto il margine del tetto, saltò nel vuoto, facendo roteare i polsi e tenendo le mani saldamente afferrate, lasciò la presa solo per attraversare in volo la finestra aperta ed atterrare in piedi nel pavimento della sua camera.

“Quanto lo odio quando fa così” disse tra sé la ragazza, sempre in apprensione quando Atsushi eseguiva quelle acrobazie.

Dopo poco il ragazzo scese, s’infilò le scarpe e raggiunse lei che lo aspettava all’entrata del giardino di casa Miura.

“Ma è possibile che per rilassarti devi sempre per forza andare sul tetto di casa tua?!” lo redarguì Suzuka, colpendolo con un buffetto sul viso.

“Beh sai in camera mia c’è sempre una tale confusione…” provò a spiegarsi Atsushi, senza tanta convinzione.

I due cominciarono ad incamminarsi in silenzio.

“A proposito di che karaoke parlavi?” ricominciò la conversazione il ragazzo.

“È un nuovo locale che hanno aperto da poco…” gli rispose la ragazza.

I due erano alti quasi uguali, più che altro era Atsushi che era alto solamente un metro e sessantacinque. Ma questo a Suzuka non importava, anzi si sentiva molto legata a lui ed adorava passeggiare fianco a fianco a lui stringendogli la mano, come stava facendo in quel momento.

“Senti Atsushi-kun …li hai fatti i compiti di storia?” tentò l’inizio di un nuovo discorso per poi cambiare radicalmente l’argomento lei.

“Mmmhhh…si qualcosa…” rispose lui con poco interesse.

“Ah ma è possibile che tu ti comporti sempre così?” gli inveì contro Suzuka.

“Così come?” chiese Atsushi mostrando finalmente un po’ d’interesse.

“Insomma…non te ne frega di niente e non t’interessi a niente!” gli spiegò la sua personale situazione.

“Non ci vedo nulla di male…” dichiarò il giovane Miura tornando a guardare la strada davanti a sé.

“Non c’è niente da fare…sei ormai un caso irrecuperabile!” si arrese lei, mettendosi una mano sulla fronte.

Dopo un po’ di metri camminati, Atsushi notò l’insegna del probabile karaoke.

“È quello il karaoke che dicevi?” chiese alla compagna indicandolo con il dito.

“Si esatto! Dicono che sia troppo cool all’interno!” rispose la ragazza sorridendo e saltellando.

“Sarà…” disse lui, per nulla attirato da certe cose.

I due erano davanti all’entrata del locale e Atsushi stava per tirare la maniglia della porta quando la ragazza lo fermò.

“Ah senti Atsushi-kun, ti volevo chiedere…” ma s’interruppe.

“Cosa?” chiese il ragazzo incuriosito da quest’ultima uscita di lei.

“Ah no niente entriamo dai!” tagliò corto Suzuka aprendo la porta e tirando Atsushi dentro per il braccio.

 

Il sole era tramontato e il cielo era buio ma, nonostante questo, c’era ancora qualcuno che si allenava nel tirare le punizioni sul campo da calcio dell’istituto Hattori.

Era una ragazzo alto grosso modo un metro e ottantacinque, occhi e capelli neri, quest’ultimi pettinati a spazzola con l’ausilio di qualche resto di gel, resistente anche al sudore. In molti lo consideravano il miglior talento calcistico attualmente presente nell’istituto. Giocava nel ruolo di trequartista. Come facilmente immaginerete si tratta proprio di Hidetoshi Miura. I suoi calci piazzati erano sempre precisi, si alzano per evitare le sagome in ferro che facevano da barriera per poi andare a scendere in fondo alla rete della porta, illuminata dai fari del campo sportivo.

“Hidetoshi sei ancora qui?! È da più di un’ora che è finito l’allenamento perché non vai a casa?” a rimproverarlo bonariamente era stato un uomo sulla mezza età, vestito con una tuta sportiva.

“Ha ragione mister…anf…ma sa com’è dovevo sfogarmi un po’…” rispose tra gli affanni il ragazzo, con il sudore che gli scendeva dai capelli in tutta la fronte.

“Senti Hidetoshi ne abbiamo già parlato abbastanza negli spogliatoi…” cercò di tagliar breve il mister.

“Ma com’è possibile? Quest’anno potevamo anche arrivare fino in fondo!” insistette il ragazzo.

“Lo sai perché, per partecipare al torneo la squadra deve essere composta da almeno diciotto giocatori. E noi siamo solamente in quindici.” Gli spiegò nuovamente l’uomo.

“Si perché tre di noi si sono ritirati…” controbatté il giovane.

“Si esatto! Quei tre non stavano avendo dei buoni risultati nello studio e, non so per quanto scelta loro o per scelta dei genitori, hanno deciso di lasciare la squadra e allora? Vuoi che non siano liberi di decidere della loro vita?”  cercò di chiudere definitivamente l’argomento il mister.

“No se il loro ritiro compromette la partecipazione della scuola al torneo!” ribatté ancora infuriato Hidetoshi.

“Beh allora perché piuttosto non ti metti a cercare tre nuovi giocatori? Ci sarà qualcuno interessato in tutta la scuola…” gli propose l’uomo con nettamente più esperienza di lui.

“Ormai fanno tutti parte degli altri club sportivi della scuola, e poi mi serve gente atleticamente allenata sennò non andiamo molto lontano. Senza parlare poi che devo trovare ben tre ruoli diversi: un portiere, un difensore e un attaccante!” ammise tristemente il capitano della squadra di calcio.

“Ma insomma Hide, sei o non sei il capitano? Trova una soluzione! Sei quello che tiene più di chiunque altro a questa squadra…e poi al limite puoi sempre riprovare l’anno prossimo…” gli spiegò le sue prospettive l’allenatore.

“No non posso aspettare il prossimo anno!” rifiutò subito l’ultima idea il ragazzo che si zittì per pensare a una ultima disperata soluzione.

Dopo qualche attimo di attesa, che stava quasi preoccupando il signore in tuta, lo sguardo di Hidetoshi brillò nuovamente.

“Forse ho trovato la soluzione…” informò sbrigativamente l’allenatore con un sorriso e partì subito verso l’uscita dall’impianto scolastico.

“Ehi aspetta Hide! Fatti almeno la doccia! E poi hai ancora addosso le scarpe con i tacchetti!” provò inutilmente a fermarlo verbalmente il mister.

“Speriamo che sia la soluzione giusta Hide, sennò qui bisogna stare davvero fermi un anno…” pensò l’uomo mentre si dirigeva a spengere i riflettori per poi chiudere finalmente il cancello dell’istituto scolastico Hattori.

 

Un ora dopo i quattro fratelli Miura erano tutti riuniti nella loro camera da letto comune.

“Ok Hide, siamo tutti e quattro riuniti come ci hai chiesto, ora sbrigati a dire quello che devi dire perché ho molto fame!” tagliò corto Shunsuke.

“E poi io ho ancora molto da studiare, proprio a causa tua che mi hai interrotto!” si unì alla protesta Hiroshi.

“Ed infine avete pure osato svegliarmi!” concluse Atsushi che si trovava sdraiato sul suo letto.

“Bene farò veloce: voglio che voi tre vi uniate alla squadra della scuola!” raggiunse subito l’obbiettivo Hidetoshi.

“NO!” risposero gli altri in coro e subito dopo Shunsuke si stava dirigendo alla porta della stanza, Hiroshi alla sua scrivania e Atsushi si era rigirato sul letto.

“Eh no ragazzi fermi…FERMI!” gli urlò contro Hidetoshi riuscendo nel suo intento di bloccarli nelle loro posizioni.

“Dovete sapere che tre ragazzi dell’istituto si sono ritirati dalla squadra e, visto che eravamo solamente 18 fino ad allora, ora non raggiungiamo il numero minimo per poter partecipare al torneo nazionale. E voi sapete quanto ci tengo a vincerlo!” prosegui nello spiegare la situazione ai suoi fratelli.

Detto questo il povero ragazzo cercava i volti degli altri tre che, da parte loro, rimanevano immobili seguendo i propri pensieri nella scelta di una decisione. Hidetoshi, stufo per questa attesa lì spronò “Allora?!”.

Un brontolio di pancia derivato dalla fame anticipò la risposta di Shunsuke “Eh va bene ma ora lasciami andare a cena!”.

Un Hidetoshi sorridente girò la testa verso Atsushi, ancora sdraiato.

“Ok rimettiamo in piedi il quartetto Miura” fu la sua risposta.

Infine il capitano della squadra di calcio si voltò verso Hiroshi.

“Va bene ci sto anch’io…e speriamo domani di non prendere un brutto voto…” accettò la proposta l’unico a portare gli occhiali nella famiglia Miura.

“Grazie fratelli! Vi giuro che non ve ne pentirete!” li ringrazio Hide quasi commosso.

  
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