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Autore: A z r a e l    19/10/2011    1 recensioni
Bastò un attimo, per pochi secondi i nostri occhi si incontrarono, vi lessi la stessa paura e lo stesso smarrimento che c’era nei miei.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: Salve a tutti. Questa è la mia prima fiction totalmente inventata da me e totalmente scritta da me, spero che possa piacervi, mi farà sicuramente piacere leggere le vostre recensioni, se ce ne saranno. Nei primi capitoli non accadrà molto, ma spero di riuscire a incuriosirvi a sufficienza! Grazie per esservi fermati a leggermi (:
 

Aldebaran

Capitolo 1


Stavo correndo, anzi, stavo fuggendo. Non so da cosa stessi scappando, ma dentro di me sapevo che era questione di vita o di morte.
Non riuscivo a vedere nulla, le tenebre mi opprimevano, l’unica cosa che mi guidava era un tenue bagliore davanti a me.
Non so da quanto tempo stessi correndo, non so neanche dove fossi, so solo che ad un certo punto inciampai e caddi nel vuoto.
Quando mi rialzai ero in mezzo ad un prato, avevo il respiro affannoso e avevo caldo, la mia chioma rosso fuoco era madida di sudore e alcune ciocche mi si appiccicavano alla pelle.
Mi guardai in giro, ma non c’era niente all’orizzonte, così, lentamente, mi voltai e vidi un ragazzo con i capelli castani che mi dava le spalle. Sapevo chi fosse ancora prima che si girasse verso di me. Ormai lo incontravo tutte le notti, era sempre con me in qualche modo.
Si voltò e i suoi occhi color cioccolata si fissarono nei miei verde smeraldo.
Mi sorrise.
Poi accadde tutto molto in fretta. Una luce scarlatta apparve dietro di lui, si voltò e vi si gettò in mezzo. Scomparve in pochi secondi insieme al bagliore. Rimasi sola a fissare il vuoto.
Mi svegliai di soprassalto nel mio letto, senza rendermene conto stavo tremando.
Avevo freddo.

Mi rigirai a lungo quella notte, tentando di scaldarmi in qualche modo. Ma il freddo sembrava essermi entrato nell’anima.
Riuscii ad addormentarmi solo quando i primi, tenui, raggi del sole cominciarono ad accarezzarmi la pelle.
Purtroppo però non ebbi la possibilità di dormire a lungo, infatti erano le 7:30 quando sentii la voce di mia madre che mi chiamava.
-Bryn! Alzati subito! Tuo fratello ha un appuntamento importante, non possiamo fare tardi!-
Avevo totalmente dimenticato che quel giorno mio fratello, anzi fratellastro, aveva un appuntamento con il futuro. A dire il vero neanche mi importava.
Lentamente scesi dal letto e mi cambiai, infilai le scarpe e andai allo specchio.
Guardai per un po’ il mio riflesso, gli occhi verdi come smeraldi mi fissavano, la pelle candida come la neve e i lunghi capelli rossi, mossi com’erano sembravano lingue di fuoco. Era stato proprio il mio aspetto a far fuggire mio padre tanti anni prima, nessuno nella sua famiglia o in quella di mia madre mi somigliava, neanche lontanamente, si convinse che mia madre l’aveva tradito e se ne andò. Avevo tre anni quando accadde, da quel giorno perfino mia madre cominciò a detestarmi.
Distolsi lo sguardo dalla mia immagine e mi guardai attorno. La camera in cui dormivo non mi rispecchiava, troppo altisonante per essere davvero mia.
Tuttavia non potevo fare nulla per cambiare le cose, vivevo in quella casa da quattordici anni, era stupido anche solo pensare che qualcosa potesse migliorare.
Mi riscossi e andai al piano di sotto, in cucina. Naturalmente non c’era nessuno, se n’erano andati senza aspettarmi.
Sul bancone c’erano due fette di pane tostato e un biglietto, era per me.
Addentai una fetta ormai fredda e lessi.
“Io, tuo padre e tuo fratello siamo usciti. Non torneremo prima di sera, non aspettarci. La prossima volta sii puntuale. Mamma”
Mandai giù il boccone e restai a fissare la grafia storta di mia madre. Avevo smesso da tempo di piangere per il suo comportamento nei miei confronti, non mi importava neanche più che tentasse di convincermi che Edmund e Nick fossero davvero mio padre e mio fratello, quando non condividevamo neanche una goccia di sangue. Ci avevo fatto l’abitudine, ormai.
Probabilmente non lo sapevano, altrimenti mi avrebbero sicuramente aspettata, ma mi avevano regalato una giornata che sarebbe stata davvero tutta mia. A quel pensiero sorrisi.
Gettai il biglietto e i resti della colazione nel cestino, poi salii in camera mia a prendere la borsa.
Vi avevo già messo dentro qualche libro e un asciugamano in attesa di un giorno come quello.
Tornai in cucina e presi qualcosa da mangiare dal frigorifero e afferrai anche una bottiglia d’acqua, poi, di corsa, uscii e andai verso il bosco dietro casa.

Era una giornata stupenda di inizio agosto, il sole filtrava dolcemente tra le fronde degli alberi.
Dopo quasi un quarto d’ora di cammino giunsi in prossimità del lago. Era il mio rifugio preferito, nessuno andava mai lì, e almeno in un posto al mondo mi sentivo in pace e a mio agio, finalmente libera.
Stesi l’asciugamano lungo la riva, mi tolsi le scarpe e mi sedetti con la schiena appoggiata ad un albero.
Presi uno dei libri dalla borsa e mi misi a leggere.
Non so da quanto tempo fossi lì, ma improvvisamente, alzando gli occhi dalle pagine, notai uno strano bagliore che proveniva dal centro del lago. Inizialmente pensai che fosse il riflesso del sole, ma poi mi resi conto che il bagliore era scarlatto. Battei alcune volte le palpebre, incapace di credere che potesse essere reale, qualche istante dopo la luce scomparve così come era arrivata. Scossi la testa, probabilmente avevo solo dormito troppo poco.
Cercai di convincermi che fosse così e ripresi a leggere.
Qualche attimo dopo sentii un battito di ali, alzai gli occhi al cielo e qualche secondo dopo un uccello si posò davanti ai miei piedi. Era Dermatt, il mio falco, il mio unico amico.
Allungai la mano verso di lui, si avvicinò e gli accarezzai la testa.
-Ehi, hai fame piccolo?-
Inclinò la testa e mi fissò, gli sorrisi e presi un contenitore dalla borsa, lo aprii e gli porsi uno dei pezzi di carne che conteneva.
In pochi secondi Dermatt aveva già finito la sua razione.
Guardai assorta il mio falco, era con me da quando avevo quattro anni, dalla prima notte che avevo passato nella casa del mio patrigno.
Ricordavo ancora perfettamente quella notte, ero spaventata e non riuscivo a dormire, così spalancai la finestra ed andai sul balcone, per cercare conforto nelle stelle. Con la punta delle dita dei piedi sfiorai qualcosa, mi chinai e lo vidi, era Dermatt così piccolo e impaurito, aveva un’ala rotta. Lo portai in camera e lo accudii. Bastò un attimo, per pochi secondi i nostri occhi si incontrarono, vi lessi la stessa paura e lo stesso smarrimento che c’era nei miei. Da quel giorno fummo inseparabili e non mi lasciò neanche quando fu completamente guarito. Erano passati più di quattordici anni da quella notte.
Il mio rapporto con Dermatt aveva fatto in modo che le persone mi etichettassero come “strana”, mia madre, Edmund e Nick lo odiavano e allo stesso tempo lo temevano, i miei compagni di scuola mi evitavano perché pensavano che fossi totalmente fuori di testa ad andare in giro con un falco libero sulla spalla, ma a me non importava di tutto questo, perché quel falco era insieme il mio migliore amico e la mia famiglia, il conforto che quelle persone non avrebbero mai potuto essere.
Lentamente lasciai andare i ricordi e tornai al presente, mi abbracciai le ginocchia, Dermatt si appollaiò sulla mia spalla. Insieme guardammo la superficie del lago in attesa di qualcosa, forse di una risposta.
   
 
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