L'ultima
cosa che ci si aspetterebbe di udire in un penitenziario, e in
particolare nel braccio dei condannati a morte, è una risata. Una di
quelle risate profonde, che vengono dal cuore, che ti fanno piangere,
che ti fanno mancare il respiro.
E'
proprio il tipo di risata che mai ci aspetterebbe di udire in quel
luogo di morte.
E
invece, eccola lì. Eccola lì la risata che cresce, alimentata da
una voce intenta a parlare di qualcosa che, però, viene coperto dal
suono convulso.
Se ci si avvicina, e si ascolta per un altro
momento, si potranno sentire due voci che parlano concitate tra di
loro e poi due risate scoppiare fragorose nel silenzio quasi
assordante di quel braccio infernale.
Avvicinandosi ancora di più
si potrà carpire il senso e il soggetto di quel discorso: il
futuro.
E perché mai il futuro dovrebbe essere così
divertente?
Perché è un futuro fittizio, perché per quei due
detenuti dal nome ignoto è un futuro utopico che non vedrà mai la
luce del sole.
Prestando maggiormente attenzione si può notare
che parlano, più che altro, del loro matrimonio e di cosa potrebbe
andare storto. Immaginano, infatti, che una vecchia zia inciampi nel
vestito di non si sa quale cugina zitella per poi planare sul tavolo
del buffet causando la fuga degli invitati, che il cugino imbranato
si dimentichi le fedi a casa e che la mamma di uno dei due sposi
svenga per l'emozione al tanto atteso “Sì lo voglio”.
Arrivati,
poi, alla descrizione del ballo scoppiano di nuovo a ridere pensando
al fatto che loro due proprio non sanno ballare.
A descriverlo
così sembrerebbe un matrimonio indimenticabile, da sogno. A
descriverlo così sembrerebbe quasi vero.
Allo scoccare, però,
delle 5 i due si accorgono che il sogno sta svanendo portato via da
una delle guardie carcerarie.
Ed è in quel momento che le risate
spariscono lasciando il posto a dei sospiri angosciati.
E'
arrivato il momento di separarsi e i due sono terrorizzati. Compagni
di avventura e complici da una vita non possono sopportare l'idea si
doversi, infine, separare definitivamente.
Entrambi vedono
riflessa negli occhi dell'altro la paura per quello che sta per
succedere, la paura di non avere un futuro.
La guardia, non osando
intromettersi, sorride mestamente allontanandosi leggermente e
professa con voce desolata la sentenza: “Avete un minuto.”
I
due carcerati si guardano per l'ultima volta e si abbracciano
tristemente prima di scambiarsi un doloroso bacio di addio.
Alla
fine, il condannato prescelto si allontana mormorando un “Addio,
idiota” appena udibile dall'altro, che risponde mestamente “Addio,
scemo”.
La guardia non osa guardare negli occhi il detenuto
rimasto perché sa per certo che guarderà il vuoto, leggerà
l'assenza nel viso del sopravvissuto, ma non resiste.
Quello
che si troverà ad ammirare, di sicuro, sconvolge ogni sua minima
aspettativa.
Il superstite, infatti, ride. Ride così forte da
perdere la voce.
E nel frattempo piange. Piange come un bambino e
come un uomo che non sa farlo. Piange per la perdita del suo amico e
del suo amante. Piange per la fine del suo compagno e per la morte
che lo aspetta.
Le ultime parole che la guardia udì, due ore
dopo, pronunciare sulla sedia elettrica da quell'uomo disperato
furono di una dolcezza struggente: “Addio, scemo. Lo sai che ti
amo?”
Note dell'autrice:
Perdonami, cara, per quello che ho scritto. Ma mi era balenata questa idea in mente mentre studiavo e non ho resistito.
Spero che non ti faccia totalmente schifo <3
Per le altre folli persone che hanno letto: mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Anche solo una riga. Ve ne prego!
Penso di aver detto tutto.
Arrivederci!
_pollon_