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Autore: suinogiallo    26/06/2006    1 recensioni
Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i loro riti ed i sacrifici al dio. Sacrifici che, a dar retta agli antichi scritti erano invariabilmente umani.
(versione riveduta)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Prefazione Doverosa

Qualcuno di voi potrà avere la sensazione di aver già letto questo racconto.
Non è un deja vu, state tranquilli.
Questo racconto infatti non è inedito ma è già stato presentato su questo sito qualche tempo fà, poi è stato rimosso insieme a tutti gli altri miei racconti per una revisione generale.
Il bello della rete e di essere un net writer è proprio questo, non trovate? Anche dopo aver dato alle "stampe" virtuali una storia potete sempre tornare indietro, riprenderla, modificarla.
Ed è proprio quello che sto facendo con le mie storie. Le sto riprendendo, controllando, correggendo dove sono sbagliate, ed infine ripresentarle online per vedere se questo mio lavoro di verifica e correzione è stato utile.
Citando Stephen King (nella prefazione di The Stand - L'ombra dello scorpione -) in queste nuove versioni delle mie storie non troverete personaggi nuovi (almeno non in Hyarbor's Chronicles), e non troverete personaggi vecchi che fanno cose nuove. Troverete la vecchia storia corretta, a volte allungata, a volte ridotta e spero migliorata.
E con questo non mi rimane che augurarvi una buona lettura.

Suinogiallo - Tomobeach 01 Giugno 2006

script: Suinogiallo

Capitolo I
Intro

Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i riti e le loro offerte al Dio. Sacrifici invariabilmente umani, almeno a dar retta ai testi antichi.
Nel silenzio crepitante e tremolante delle torce che illuminavano l’immensa caverna il gruppo di avventurieri poteva quasi udire i gridi disperati delle giovani vergini immolate al dio feroce e sanguinario.
- E l’oro? Le pietre preziose? Dove sono? - sbraitò Butch mulinando la torcia a destra e sinistra all’avida ricerca di un brillio che potesse rivelargli la presenza del tesoro che erano venuti a cercare - io qui vedo solo sassi e queste maledette bestiacce - con un calcio allontanò un grosso ratto delle caverne che si era avvicinato troppo ai suoi stivali e che lo stava annusando preparandosi per morderlo. Presi da soli erano solo una gran seccatura, ma già una mezza dozzina di quei ratti grandi quanto un gatto potevano essere un pericolo per un avventuriero ancora inesperto.
- La pergamena dice che dovrebbe trovarsi qui - mormorò Olsen srotolando una vecchia e consunta pergamena sulla quale era tracciata in maniera alquanto rozza una specie di mappa.
Con mille difficoltà erano riusciti a trovare l’ingresso della caverna e più di una volta avevano rischiato di finire in una delle trappole disseminate sul percorso che li aveva portati fin li.
Se non erano rimasti schiacciati da enormi blocchi di pietra che erano crollati all’improvviso dal soffitto, o impalati sulle lance conficcate sul fondo di fosse che si aprivano sotto i loro piedi in corridoi stretti ed angusti era stato solo grazie all’abilità di Butch nello scoprire i trabocchetti di cui l’intero tempio sembrava disseminato.
A vederlo non lo si sarebbe detto, magro, alto ed allampanato, con una chioma da far invidia ad una donna tanto erano lunghi i suoi capelli, ma Butch era un ladro decisamente abile e se adesso appariva cosi in male arnese era solo perché aveva attraversato un periodo di sfortuna nera.
- Io però non vedo tracce di tesori - aggiunse Deadlight girando intorno all’altare mostrando chiaramente il suo disagio nel trovarsi in quel posto - qui non c’è nulla –
Quel posto le metteva i brividi. Le mezzelfe come lei erano state per anni sacrificate a quel dio, rapite ed immolate per il semplice fatto che uccidere una ragazza vergine dotata di un qualche potere sembrava essere decisamente molto più gradito al dio di un normale sacrificio.
Era una ragazza coraggiosa. Aveva affrontato quel viaggio e tutti i pericoli che si erano trovati davanti con coraggio e tenacia mostrando tra l’altro un’abilità notevole con l’arco che portava a tracolla. Non si era persa d’animo neanche quando erano stati attaccati da una banda di briganti al passo di Hyargard che li aveva colti di sorpresa.
Eppure quel posto, e quella statua soprattutto, riuscivano a farla sentire a disagio. Forse perché quella statua le somigliava, forse perché li sopra erano state uccise decine di mezzelfe come lei, giovani e vergini, forse perché sentiva il dolore di quelle vittime ancora aleggiare in quella caverna.
- Non abbiamo visto nessun segno - mormorò Obert confuso - da secoli qui non c’e stata anima viva -
- Non credo che un tesoro possa andarsene in giro da solo - gli urlò contro Butch esasperato - e, a meno che non siano state queste bestiacce schifose a portarselo via, dobbiamo dire che qui non c’è, non c’è mai stato, e mai ci sarà uno schifo di tesoro - strappando poi la pergamena dalle mani di Olsen - e questa non è altro che una fottutissima presa in giro – e avvicinandola infine alla fiamma della sua torcia le diede fuoco gettandola infine sull’altare.
- Però siamo pur sempre riusciti a trovare un tempio degli Antichi - commentò Soda guardandosi intorno alla ricerca di iscrizioni da decifrare - pensate che qualcuno ha detto per secoli che questo culto non è mai neanche esistito -
- Per te sarà anche stupendo - lo guardò infuriata Deadlight - ma non riempie la pancia e non ci ripaga di quanto abbiamo rischiato e speso per arrivare fin qui -
- Cerchiamo meglio - provò a convincerli Obert. Era stato lui insieme ad Olsen che aveva composto quel gruppo e lo aveva convinto a seguirlo alla ricerca di quel tempio con la promessa di trovare oro e pietre preziose da riempirci decine di forzieri e, in quel momento, davanti al niente si sentiva in dovere di dargli almeno qualche speranza.
- E dove vorresti cercare? - latrò Gobert rimasto fino a quel momento in silenzio alzando la sua ascia.
Per un attimo Obert pensò che volesse colpirlo e si preparò a schivare il colpo vedendo invece poi il nano colpire con violenza l’altare che quasi fosse stato fatto di creta si sbriciolò sotto il colpo.
- No - gridò Soda vedendo l’altare andare in mille pezzi - un oggetto cosi antico, cosi import… - la parola gli venne mozzata in gola da un suono dapprima gorgogliante e poi sempre più pericolosamente rotolante e vicino.
- Gobert, stupido nano dalla testa dura come la pietra! - urlò Butch rendendosi conto che era stata attivata una qualche trappola - via da qui, svelti - pochi attimi dopo dalla parete dietro la statua del dio iniziarono a piovere enormi macigni mentre tutta la caverna prendeva a vibrare e a gemere quasi volesse crollare su se stessa.
- Via, via - urlò Obert sentendo il pavimento spaccarglisi sotto i piedi, poi spiccò un balzo per evitare di finire in una crepa che si stava allargando sempre più e si gettò di lato per evitare un pezzo della statua del dio che per poco non lo prese in pieno facendolo diventare una polpetta di avventuriero.
- Il, il tesoro - pigolò Butch guardando la statua del dio che crollava. Sotto un sottile strato di roccia la statua era interamente fatta di oro massiccio - il, il tesoro -
- Butch muoviti! - lo scrollò Gobert afferrandolo per un braccio.
- La statua era d’oro - gorgogliò vedendo l’immensa fortuna venir ingoiata da una crepa gigantesca - per Truth, dio dei ladri, meglio la pelle - e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo al tesoro si mise anche lui a correre verso la caverna che li avrebbe riportati in superficie, all’aperto e, soprattutto al sicuro.

- Salvi, siamo salvi - rantolò Olsen gettandosi sull’erba di fronte all’ingresso della grotta che li aveva portati al tempio - ci siamo tutti? - iniziando poi a cercare con lo sguardo i suoi compagni.
Poco distante da lui Gobert stava riprendendo fiato stando seduto sul tronco di un albero pietrificato. La tozza figura del nano barbuto faceva apparire ancora più esile la figura di Deadlight, la giovane maga mezzelfa che si era unita per ultima al loro gruppo e che con tranquillità si stava togliendo la polvere dal mantello. Un po’ più in la vide Soda, lo studioso di rune e di antichi scritti che cercava di recuperare fiato dopo la lunga corsa a capofitto nelle caverne. Il suo fisico non più giovane lo aveva impacciato non poco durante quell’esplorazione, soprattutto quando avevano dovuto arrampicarsi per superare alcuni punti più impervi, ma la sua mente era stata più volte utile al gruppo e sarebbe dispiaciuto a tutti se non fosse riuscito a salvarsi.
Anche Butch ne era uscito illeso. Lo vide sdraiato sull’erba ad ansimare a bocca aperta per la lunga corsa. Lui e Obert lo avevano incontrato a Silfid e lo avevano tratto d’impaccio da una brutta situazione che poteva costargli la testa e lui si era unito al loro gruppo un po’ per riconoscenza verso quel gigantesco barbaro e quel giovane guerriero cosi inesperto, ed anche un po’ perché vedeva in quell’avventura la possibilità di guadagnare un bel po’ d’oro.
L’ultimo ad uscire dalla caverna fu Obert. Portava il mantello a mo’ di sacco sulla spalla e camminava lentamente come se stesse trasportando un grosso peso. Da un taglio sulla testa sgorgava un rivoletto di sangue che aveva già macchiato il corpetto di cuoio che indossava ma il volto era quello felice di chi portava un qualche bel regalo.
- Sei ferito - gli corse incontro Soda. Il suo compito nel gruppo di avventurieri era quello di guaritore e più di una volta era dovuto intervenire per sistemare qualche ferita a Obert. Nonostante fosse inesperto come guerriero non si tirava mai indietro in una battaglia e varie volte solo una fortuna sfacciata e la grande forza di Olsen erano riusciti a salvargli la pelle.
- Una pietra di rimbalzo - sorrise lasciando cadere con un sospiro di sollievo il mantello a terra. Dalla stoffa rotolò fuori un pezzo d’oro dalle ragguardevoli dimensioni che brillò subito alla luce del sole - mi è caduto quasi addosso, e non potevo lasciare li un dono cosi gradito - poi si lasciò cadere a terra sfinito mentre tutto il gruppo gli si faceva intorno fissando sia lui sia il grosso pezzo d’oro.
- Stupido, potevi morire - mormorò sorridendo Deadlight inginocchiandoglisi accanto ed imponendo le mani sulla ferita alla testa del giovane guerriero. Una tenue luce calda scaturì quasi subito dalle palme della ragazza e il piccolo rivoletto di sangue si arrestò all’istante. Un leggero capogiro la fece vacillare e quasi cadere. Era una maga e più di una volta aveva dato prova della sua abilità con incantesimi anche di un certo livello ma per quanto riguardava la magia guaritrice era poco più di una novellina. Inoltre quel giorno poi, aveva dovuto far ricorso ai suoi incantesimi più di una volta. Era letteralmente esausta.
- Adesso lascia fare a me - intervenne poi Soda inginocchiandosi a sua volta accanto a Obert - vai a riposarti, penso io a questo incosciente - e mentre la ragazza si allontanava riprese il lavoro che la giovane mezzelfa avevano iniziato - un giorno di questi ti ritroverai con la testa veramente rotta ed io non potrò fare nulla per aggiustartela -

Obert non era quello che si poteva definire un guerriero di professione.
Intanto era un po’ troppo giovane per avere abbastanza esperienza di battaglie. Aveva detto a tutti di avere ventitre anni ma in realtà ne aveva qualcuno di meno, ventuno per la precisione. Solo Olsen che lo conosceva da prima degli altri ne era a conoscenza e con lui il suo segreto era al sicuro.
Aveva una certa dimestichezza con la spada, ma sembrava più una cosa imparata nel tranquillo di una accademia e non sui campi di battaglia. Se la cavava discretamente con le parate, si muoveva abbastanza bene con le gambe e non perdeva mai di vista il suo avversario, ma quanto si trattava di attaccare sembrava quasi un altro. Perdeva la coordinazione, iniziava a mulinare lo spadone, si gettava in avanti e il più delle volte perdeva il suo avversario e se lo colpiva era solo per via della fortuna sfacciata che lo accompagnava. Fortuna che più di una volta lo aveva salvato.
Olsen lo aveva incontrato a Silfid in una giornata di pioggia. Se ne stava fermo sotto una tettoia a ripararsi dall’acqua che cadeva torrenzialmente dal cielo e non sembrava proprio avere l’aspetto di uno che sa dove andare a passare la notte.
Non era malvestito, anzi, indossava un‘abito che doveva valere un bel po’ di pezzi d’oro e appesa alla vita portava una spada di fattura molto elegante. Una di quelle spade che ti fanno fare una bella figura a qualche ballo ma che se provi a tirarci qualche colpo ti si frantuma come se fosse di vetro. Il volto tradiva invece una situazione non proprio brillante dal punto di vista economico. Si vedeva lontano un miglio che erano giorni che non faceva un pasto decente.
E fu cosi che i due si incontrarono. Sotto una tettoia nella zona portuale di Silfid.
Olsen lo convinse a vendere i vestiti e quella specie di spadino per damerini e con quello che avrebbe guadagnato comprare dei vestiti molto meno vistosi ma più pratici e una spada vera.
Prima di tutto però lo convinse ad andare a pranzo con lui.
Non era un buon samaritano intendiamoci. Fu solo che vedere quel ragazzo, fermo, affamato e pronto per essere derubato dal primo ladro di passaggio gli ricordò se stesso, anni prima, ferito, senza più nulla addosso se non un paio di brache di tela, sul ciglio di un sentiero. Se non fosse stato per una persona che adesso non c’era più sarebbe morto li, ed in un certo senso si sentì quasi in dovere di aiutare quel ragazzo. Lo doveva a quella persona che aveva salvato lui, alla sua memoria.
E cosi dopo averlo sfamato, non si era sbagliato, erano sette giorni che si nutriva solo di bacche e radici, averlo accompagnato da un mercante che sapeva essere meno ladro degli altri ed averlo rivestito ed armato lo salutò lasciandolo andare per la sua strada.
Lo rivide una settimana dopo, appena fuori dalla città, impegnato in combattimento con tre tagliagole ai quali stava tenendo testa egregiamente ma che, però, non avrebbe mai sconfitto in quanto, quando attaccava sembrava veramente che volesse solo affettare l’aria.
Bastò solo l’urlo di guerra del barbaro a far scappare i tre briganti da quel giorno i due decisero che in fondo potevano anche viaggiare insieme

- Ecco fatto - concluse Olsen - sei parti uguali come avevamo deciso - poi mostrò i sei pezzi d’oro che aveva ottenuto spezzando il grosso macigno d’oro - potete scegliere -
- Io prendo questo - ululò di gioia Butch avventandosi sul pezzo che riteneva fosse più grosso - accidenti ragazzi, siamo ricchi, ognuno di questi pezzi varrà almeno cinquemila monete -
- Pensate se avessimo potuto mettere le mani su tutta la statua - mormorò Gobert - non avremmo più dovuto vagare per Ishtar alla ricerca di tombe da saccheggiare o missioni da compiere per qualche riccastro -
- E di chi è la colpa, stupido nano dalla testa piena di aria! - gli ricordò Butch - Se non avessi fatto scattare la trappola -
- E tu non avresti potuto disattivarla, ladro da quattro soldi - ricambiò l’insulto Gobert mettendo mano al manico della sua ascia.
- Non litigate - intervenne a fare da paciere Soda - abbiamo comunque messo le mani su di un bel bottino - e cosi dicendo prese uno dei pezzi d’oro - con tutto quest’oro potremmo andarcene ad Urbis e fare la bella vita per almeno un anno – anche se era un mago studioso non disdegnava le comodità che l’oro poteva offrire.
- E tu, Deadlight cosa hai intenzione di fare con il tuo oro? - gli domandò Olsen vedendo la mezzelfa prendere il pezzo più piccolo.
- Ancora non ho deciso - mormorò sistemando la sua parte di bottino dentro una borsa che portava a tracolla - non mi piacciono le grandi città, sono abituata a stare nei boschi, credo che con una parte comprerò degli ingredienti magici per le mie magie e con il resto, beh, ancora non lo so -
- Manca solo Obert - notò Butch notando che il giovane guerriero ancora non aveva preso la sua parte di tesoro, poi si voltò a guardarsi intorno e solo allora si resero conto che non era tra di loro - Deadlight, sai dov’è andato? -
- No - rispose piccata da quella domanda - e perché dovrei saperlo poi? - ogni volta che in un qualsiasi discorso il suo nome finiva accanto a quello di Obert la giovane mezzelfa scattava subito sulla difensiva.
- E’ solo perché sai sempre dove si trova - gli rispose Gobert con un sorriso quasi paterno.
Come Olsen si comportava da fratello maggiore per Obert cosi Gobert si comportava da padre burbero, ma affezionato nei confronti della giovane mezzelfa.
- Ed invece questa volta non lo so! - ribatté seccata cercando di guardarsi intorno senza farsi notare dal gruppo.

Obert ed Olsen avevano incontrato il resto del gruppo il luoghi diversi.
Butch era stato il primo ad unirsi a loro mentre si trovavano ancora a Silfid. Ed il loro incontro non fu particolarmente tranquillo. Aveva tentato di alleggerire le tasche di Obert alla disperata ricerca di qualche moneta d'oro per poter lasciare la città ma per sua sfortuna il barbaro si avvide del tentativo del ladro e puntandogli la spada alla gola lo convinse a togliere la mano da dentro le tasche del giovane guerriero che invece non si era accorto di nulla. Fu in quel momento che un gruppo di persone alquanto inferocite circondarono il ladro urlando che lo avrebbero appeso al primo albero disponibile.
Il barbaro ed il guerriero avrebbero potuto tranquillamente lasciare il ladro in balia del suo destino. in fondo non sapevano nulla di lui e di quello che aveva fatto per meritarsi di essere impiccato all'albero più vicino.
Inoltre erano anche decisamente in minoranza. Due, tre se si voleva contare anche Obert, contro una mezza dozzina di uomini inferociti ed armati.
Nessuno avrebbe mai potuto dire che erano stati codardi se avessero lasciato il ladro in balia di quegli uomini.
Ed invece Obert sguainò la sua spada e si gettò contro i sei uomini costringendo, a quel punto, Olsen ad intervenire per evitare che sia Obert che il ladro venissero sbudellati sul posto. Una situazione decisamente poco felice ma si sa, la fortuna spesso arride agli audaci e improvvisamente le guardie cittadine arrivarono in loro soccorso scambiandoli per dei poveri viandanti aggrediti da dei tagliagole. Alla vista degli armigeri i sei uomini si dettero rapidamente alla fuga inseguiti dalle guardie ancora più convinte che si trattasse di tagliagole alla ricerca di un facile bottino.
Successivamente Butch raccontò loro qualcosa al riguardo di un furto che gli era stato commissionato e che lui non aveva voluto portare a termine per questioni di onore aggiungendo che quei sei erano gli uomini della persona che gli aveva commissionato il furto che voleva vendicarsi perché non aveva voluto accettare l’incarico. Nei tempi a seguire cambiò varie volte versione di quella storia convincendo Olsen ed Obert che forse non c’era poi tanta verità in quello che gli aveva detto
Comunque un po' per riconoscenza e un po' anche per avidità il ladro decise di unirsi a loro nella ricerca del tesoro.
Forse erano stati un po' avventati nel dirgli che stavano andando alla ricerca di un tempio in cui c'era un tesoro immenso, in fondo era pur sempre un ladro, ma proprio per questo motivo avevano deciso che il suo aiuto poteva venire comodo.
Un vecchio tempio è sempre pieno di trappole e chi meglio di un ladro le può trovare e disinnescare.
E cosi Butch si unì al gruppo chiedendo in cambio, ovviamente, una parte del tesoro.
Cosa che comunque anche loro avevano in mente di fare. Le guardie non avrebbero tardato a scoprire che stavano inseguendo le persone sbagliate ed allora le strade della città avrebbero scottato anche per loro.

Il giovane guerriero se ne stava seduto lontano dal gruppo, nascosto dalla folta vegetazione a guardare la vallata che si estendeva oltre la catena montuosa di Hyargard. Il fiume, con lo stesso nome, la divideva in due parti quasi uguali e continuava, ben oltre lo sguardo verso il Lago Di Negro, l’enorme mare interno di Hyarbor, la regione più a nord di Ishtar. Ben presto sarebbero scesi da quelle montagne, nella valle e si sarebbero separati.
Non aveva dubbi su questo.
Ognuno avrebbe preso la sua strada che li avrebbe portati in posti diversi e lontani.
Tranne la ricerca di quel tempio non avevano nient’altro in comune. Avrebbero intrapreso altre avventure, altre ricerche. Butch avrebbe messo di nuovo la sua arte di ladro al soldo di qualcuno che aveva bisogno di fare qualche lavoro sporco senza sporcarsi le mani mentre Soda si sarebbe rintanato di nuovo in qualche eremo a studiare rune e pergamene. Gobert era un viandante errante, andava dove lo portavano i suoi passi e Deadlight sarebbe tornata nel bosco dove l’avevano incontrata. Gli aveva detto che il suo compito era proteggere quel posto e che non sarebbe potuta starne troppo lontana. Obert sospettava che ci fosse anche dell’altro. L’aveva vista varie volte soffermarsi a guardare l’orizzonte quasi a voler ricordare qualcosa.
Forse anche Olsen avrebbe preso una strada diversa dalla sua. Non era più l’incauto guerriero privo di esperienza. Aveva imparato a combattere ed il barbaro lo avrebbe lasciato al suo destino.
E si sentiva triste per tutto questo.
Aveva già perso una famiglia, e tra non molto avrebbe perso anche quella che, in un modo o nell’altro aveva imparato a conoscere e ad amare come una nuova famiglia. Strana certo. Composta da un barbaro, un ladro, una mezzelfa, un nano ed uno studioso decisamente poco tagliato per l’avventura, ma unita nelle avversità e pronta a litigare per un nonnulla, proprio come una famiglia vera

Soda si era unito al gruppo pochi giorni dopo che avevano lasciato Silfid in fretta e furia.
A ridosso di un burrone si erano imbattuti in un monastero in rovina e dall’aspetto abbandonato. Le mura annerite in più punti e con segni di crolli causati da esplosioni facevano pensare ad un attacco avvenuto in tempi remoti, cosi come i rampicanti che ormai avevano colonizzato l’intera struttura facevano pensare che nessuno vi dimorasse da molto tempo.
Probabilmente era stato la sede di una delle tante religioni eretiche che si erano sviluppate nella regione dopo lo scisma dalla religione ufficiale del continente e che decenni prima aveva causato una guerra santa tra Hyarbor e le altre regioni del continente e che aveva visto, alla fine, lo scisma rientrare, i monasteri delle nuove religioni distrutti ed i loro seguaci sterminati senza pietà.
Un capitolo molto oscuro della storia di Ishtar che aveva lasciato segni molto profondi nei popoli che l’abitavano.
Nonostante tutto però decisero che non c’erano pericoli nell’accamparsi tra le mura diroccate del vecchio monastero e facendo attenzione più al rischio di eventuali crolli che ad altro si addentrarono all’interno della struttura per vedere se magari era rimasto qualcosa da vendere.
E fu li che incontrarono Soda.
Impegnato nel cercare testi sacri della religione che si adorava in quel monasteri eventualmente scampati all’opera di distruzione. Ricerca che a quanto disse non gli aveva portato altro che un forte mal di schiena per tutti i lastroni di pietra che aveva dovuto spostare. E fu cosi che, quando gli raccontarono che stavano andando alla ricerca di un tempio degli Antichi si propose per accompagnarli affermando che uno studioso delle arti antiche poteva essergli utile per decifrare eventuali simboli che potevano nascondere preziose informazioni per trovare il tesoro, aggiungendo, inoltre che, era anche un valente guaritore, cosa che convinse i tre ad accettare la sua proposta.
In fondo il viaggio non era scevro di pericoli, ed avere un guaritore con loro poteva essere decisamente utile.

Il suono di passi pesanti lo fece voltare di scatto mentre la mano corse veloce allo spadone che aveva poggiato per terra vicino a lui.
- Sono io - gli disse il nano Gobert alzando le mani - lo sai che ti stanno cercando tutti? - poi gli si avvicinò andando a piantarsi a gambe larghe di fronte a lui - Olsen ha diviso l’oro che hai portato, manchi solo tu a prenderti la tua parte di tesoro -
- Ero andato a cercare un posto dove, insomma, dovevo - cercò di spiegarsi - e mi sono perso per qualche minuto a guardare la valle - poi facendo forza sulla spada si mise in piedi - mi sento a pezzi - non voleva dirgli la verità, che si era allontanato da loro perché gli faceva male vederli sapendo che ben presto si sarebbero divisi - spero che mi abbiate lasciato la mia parte di oro -
- Se qualcuno avesse provato a prendertela adesso la troveresti con una mano attaccata - cercò di scherzare Gobert, per un nano fare dell’ironia è decisamente difficile e difatti non è che gli riuscì molto bene, anche se Obert, capendo che stava cercando di farlo sorridere, accennò una leggera risata che nell’animo lo ferì ancora una volta. Era da meno di un mese che li conosceva, Deadlight, poi, erano appena dieci giorni, eppure sapeva benissimo che gli sarebbero mancati. Compreso Gobert, quel nano dalla testa più dura della roccia che rompeva nelle miniere di Salomon quando lo avevano incontrato, privo quasi completamente del senso dell’umorismo ma forte come un toro e sempre pronto ad aiutarti quando ce n’era bisogno

Lui, Olsen, Butch e Soda lo avevano incontrato una mattina passando dalle parti delle miniere di Salomon, un complicato intrico di gallerie e caverne scavate nel fianco di una montagna per estrarre un minerale simile al vetro ma centinaia di volte più resistente del ferro che veniva usato per la fabbricazione di armi ed armature.
Gobert vi era stato costretto a lavorarci per ripagare una scommessa che avventatamente aveva fatto con il capomastro della miniera, un nano dall’aria malaticcia che lo aveva sfidato ad una gara di bevute. Se avesse vinto Gobert se ne sarebbe andato da li portandosi via vetro a sufficienza per un’armatura completa mentre se avesse perso sarebbe rimasto li a scavare vetro fin quando non ne avrebbe accumulato la stessa quantità.
E credetemi, per un’armatura completa ce ne vuole veramente tanto.
Gobert era sicuro di vincere. Fino ad allora non aveva incontrato nessuno, ne nano ne uomo, ne mezz’orco, capace di ingurgitare tanta birra quanto lui e non credeva certo che quel nano dall’aspetto quasi prossimo alla fossa potesse batterlo.
Quando si risvegliò, molte ore dopo, con un mal di testa dalle dimensioni epiche vide quel nano cosi prossimo alla fossa che lo guardava con un piccone in mano ed una cesta che avrebbe dovuto riempire di minerale prima di potersene andare.
Quando Obert e gli altri passarono di fronte alla miniera lo videro che stava litigando con il nano capomastro.
Dagli urli che i due si lanciavano si capiva chiaramente che Gobert accusava il capomastro di alleggerire la cesta mentre lui dormiva mentre il capomastro lo accusava di lavorare troppo lentamente e di approfittarsi della sua gentilezza nel dargli vitto e alloggio quando invece avrebbe dovuto lavorare completamente gratis, e che, se anche una volta o due aveva preso dei pezzettini di vetro dalla cesta era solo per ripagarsi di tutto il cibo e la birra che mangiava e beveva invece di lavorare.
La litigata stava andando avanti da un bel po’ di tempo ed oltre a Obert e al resto del gruppo si era assiepata intorno ai due contendenti anche una piccola folla di minatori che, lasciato il proprio lavoro, erano corsi fuori dalle caverne per vedere cosa stava accadendo parteggiando chi per uno chi per l’altro ed urlando incitamenti a mettere mano alle asce e far vedere di cosa erano capaci.
E sembrava proprio che sarebbe stato quello l’esito di quella sfuriata, se non che, ad un certo punto Soda si fece avanti mettendosi tra i due nani per cercare di riportare la pace tra i due rimediandoci uno spintone che lo fece rotolare per alcuni metri. A quel punto Obert non ci vide più e vedendo un membro del suo gruppo in difficoltà sfoderò la sua spada intimando al nano capomastro di chiedere scusa a Soda e lasciare libero Gobert che, a suo dire aveva già riempito la cesta un numero di volte sufficiente non per una armatura ma per molte di più.
Bisogna dire che quando due nani litigano fanno spesso ricorso al nanico, la loro lingua primordiale, a volte contaminata con dialetti di altre regioni, e capire appieno quello che si dicono non sempre è facile. Ed Obert per l’appunto, non aveva proprio del tutto ben capito quello che era successo e quello che si erano detti. Aveva visto Soda spintonato in malo modo e quasi automaticamente aveva deciso che quello doveva essere il cattivo della situazione.
Come era prevedibile Obert venne disarmato con una facilità estrema dal tozzo nano che, sicuramente mancava di tecnica nell’uso della sua ascia ma non mancava certo di forza. Il colpo che Obert ricevette sulla spada quasi gli spezzò i polsi e lo costrinse a lasciare andare la sua arma. Quasi subito una mezza dozzina di coltelli sibilarono sfiorandogli la testa ed andando a piantarsi ai piedi del nano mentre Olsen si sistemava al suo fianco con lo spadone in pugno.
La situazione sarebbe stata di stallo.
Non avevano nessuna intenzione di uccidere quel nano, anche perché Olsen e gli altri avevano capito un po’ più di Obert e ritenevano che fossero i due nani a vedersela per decidere chi aveva torto e chi ragione, ma ormai avevano estratto le armi e a Ishtar se estraevi le tue armi poi dovevi essere conscio che le avresti anche dovute usare.
Fu Gobert che li trasse dall’impaccio proponendo al nano capomastro una nuova sfida. Chi, nel tempo che una botte si svuotava dell’acqua da una piccola fessura nel fondo avesse raccolto più minerale avrebbe vinto.
Se avesse vinto lui, se ne sarebbe andato via, mentre se avesse perso, sarebbe rimasto a scavare minerale per due armature complete.
E fu cosi che Gobert, nano errante e vagabondo, si unì al gruppo e si diresse insieme a loro verso il passo di Hyargard nella catena montuosa omonima dove, secondo la pergamena che Obert aveva portato con se dalla sua città natia c’era un tempio dedicato agli Antichi che conteneva oro e pietre preziose

Dopo che anche Obert ebbe preso la sua parte d’oro il gruppo di avventurieri si rimise in marcia scendendo dalla catena montuosa di Hyargard dal lato sud verso la Piana di Mezzo, un enorme distesa pianeggiante sulla quale sorgeva il Bosco dei Cuccioli, una immensa foresta che si diceva fosse abitata dalle fate e dove quasi nessuno si avventurava per paura delle storie che circolavano su quel bosco.
Le fate erano indiscutibilmente belle ma erano anche indiscutibilmente capricciose. Se gli eri simpatico forse potevi sperare di riuscire ad attraversare il loro bosco ma se ti prendevano in antipatia non avevi nessuna possibilità di uscirne vivo.
- Dove andiamo adesso? - domandò Obert stando al fianco di Olsen insieme a Butch mentre Deadlight gli camminava poco dietro insieme a Soda. Gobert serrava la fila facendo da retroguardia.
- Da qui Urbis è la città più vicina - gli rispose - quattro, cinque giorni forse di marcia, di meno se riuscissimo a mettere le mani su dei cavalli -
- E se discendessimo il fiume a bordo di una zattera - intervenne improvvisamente Soda portandosi avanti - una volta raggiunto Lago di Negro potremmo raggiungere Flatline, è molto più grande di Urbis e troveremo dei cambiavalute più generosi -
- Soda ha ragione - annuì Butch - ed il Hyargard è navigabile per tutto il suo percorso fino al lago, solo vicino alla sorgente è pieno di rapide ed ha una corrente troppo forte -
- Tu cosa ne pensi Gobert? - si voltò verso il nano Olsen.
- Umph - sbottò - l’acqua non è il mio elemento naturale, se fosse birra sarebbe diverso ma verrò con voi, non sono pratico di come si cambia l’oro in monete e la consulenza di un ladro mi sarà utile -
- Deadlight tu sei con noi? - gli domandò Obert voltandosi a guardarla e ricordandosi improvvisamente di quando l’aveva vista per la prima volta, nel Bosco Oscuro.

Dalle miniere di Salomon dove avevano incontrato Gobert si stavano dirigendo verso il passo di Hyargard, ma prima avrebbero dovuto decidere se attraversare il Bosco Oscuro o se passargli di lato allungando il viaggio di qualche giorno.
In tutta Ishtar non c’era bosco, foresta o anche quattro alberi in croce che non fossero al centro di una qualche storia.
C’era il Bosco dei Cuccioli con le loro fate, la Foresta del Peccato Originale di cui si diceva che al suo interno ci fosse una radura con al centro un gigantesco albero secolare con un serpente avvintovi che tramutava in sale chiunque si avvicinava troppo, e il Bosco Oscuro dal quale nessuno era mai tornato indietro.
Tutte storie buone per spaventare i bambini e qualche viandante, ma sicuramente non loro.
Gobert raccontò loro di essere già passato per alcuni di questi luoghi e di non aver mai visto o sentito nulla di strano.
Certo, poteva esserci sempre qualche rischio ad attraversare un bosco, soprattutto di notte. I predoni spesso si appostavano tra la vegetazione e gli alberi per tendere delle imboscate e non bisognava neanche trascurare il pericolo dato dagli animali. Occorrevano occhi sempre aperti ed orecchie allenate a sentire i cambiamenti delle voci della natura, ma lui, disse loro, in anni e anni di vagabondaggi non aveva mai trovato nessun pericolo che non si potesse sconfiggere con un colpo ben assestato di ascia o di spada.
Decisero quindi di attraversare il Bosco Oscuro e di accamparvisi per la notte facendo dei turni di guardia.
E fu proprio durante il turno di guardia di Obert che uno strano rumore lo distolse dai suoi pensieri. Non sembrava provenire da molto distante, forse una decina di metri e, presa la sua spada ed accesa una torcia dal fuoco che ardeva al centro dell’accampamento, si diresse verso il punto da cui aveva sentito provenire il rumore.
Fatti pochi passi udì di nuovo il rumore provenire, però, da un punto diverso dal primo. Nervosamente si voltò verso la nuova direzione e, cercando di guardare oltre l’oscurità della notte, avanzò interrompendosi di nuovo, dopo pochi passi a causa di un nuovo rumore proveniente da un punto ancora diverso.
Si stava innervosendo. Sembrava quasi che qualcuno stesse giocando con lui. Quando udì di nuovo il rumore, ancora da un altro punto, rimase fermo ad attendere e, quando questo si ripeté, sempre nella stessa direzione ma chiaramente più vicino spiccò una corsa cercando di scoprirne l’autore prima che si spostasse di nuovo e, trascinato dalla sua stessa foga inciampò in una corda tesa a pochi centimetri dal suolo e coperta da ramoscelli e foglie secche finendo sdraiato a terra.
Un attimo dopo avvertì qualcosa di freddo e duro premergli sulla gola.
Aveva fatto la conoscenza di Deadlight

- Io credo tornerò a Bosco Oscuro - mormorò indecisa - da qualche parte troverò dove poter cambiare l’oro in monete e comprare ciò che mi serve - poi spiò il volto di Obert per cercare di capire la sua reazione - quando ci siamo incontrati stavo dando la caccia a dei bracconieri che uccidono le creature del bosco con delle trappole -

Deadlight era capitata a Bosco Oscuro alcuni mesi prima.
Era stata cacciata dal suo villaggio a Bosco Sacro e per questo si era rifugiata a Bosco Oscuro dedicandosi alla protezione degli animali.
Prima di venir cacciata dal suo popolo si era distinta nello studio della magia naturale ed aveva abbracciato la fede di Lithis, la dea della natura, diventando vegetariana e dedicandosi alla cura e alla protezione degli animali, dei boschi, delle acque, per cui quando scoprì che nel Bosco Oscuro alcuni bracconieri avevano piazzato delle trappole per catturare ed uccidere gli animali del bosco aveva deciso che li avrebbe cacciati da quel posto.
E fu cosi che quando vide il gruppo di Obert entrare nel bosco pensò si trattasse di altri bracconieri venuti a sostituire quelli che aveva cacciato e, dopo averli osservati per un po’ ed aver deciso che tra tutti il meno pericoloso era il più giovane che sebbene fosse vestito da guerriero non ne aveva proprio l’aspetto, attese la notte per mettere in atto il suo piano.
Attirarlo lontano dal gruppo e convincerlo ad andar via.
Quando la mattina dopo i suoi compagni non lo avrebbero trovato si sarebbero convinti che c’era qualche maledizione nel bosco e sarebbero andati via. Con gli altri due gruppi di bracconieri era già accaduto e non vedeva perché non sarebbe dovuto accadere lo stesso anche con questo.
E quando toccò a lui montare la guardia iniziò a fare dei piccoli rumori spostandosi rapidamente da un punto all’altro del bosco per attirarlo lontano dal campo e fargli perdere l’orientamento.
Fu persino più facile di quanto aveva pensato.
Ad un certo punto il ragazzo si era messo a correre ed era finito praticamente senza bisogno di nessun’altro incoraggiamento nella trappola che gli aveva preparato. In un lampo gli fu accanto, gli poggiò la lama della sua spada sul collo e premette fino a far stillare qualche goccia di sangue. Non lo voleva uccidere se non ne era proprio costretta, ma doveva fargli capire che lo avrebbe fatto senza alcuna pietà se non avesse fatto ciò che voleva.

- Allora ti converrebbe tornare indietro e rifare il passo di Hyargard - gli suggerì Gobert - se continui con noi fino al fiume dovrai o rifare la strada fino al passo o girare intorno al massiccio per ritornare al Bosco Oscuro -
- Gobert ha ragione - aggiunse Olsen voltandosi verso la mezzelfa - se vuoi tornare veramente a Bosco Oscuro devi tornare adesso indietro, altrimenti puoi continuare con noi e tornare indietro quando vuoi, oppure rimanere con noi -

Obert sentì la lama premergli sulla carne del collo e quasi subito avvertì la sgradevole sensazione di qualcosa di caldo e umidiccio che gli scolava sul petto.
Non aveva visto chi lo aveva aggredito e subito gli venne in mente che poteva trattarsi di uno di quei tagliagole di cui aveva parlato Gobert. Uno di quelli che si appostano nei boschi per derubare i viandanti.
Bella fine, accidenti, gli venne da pensare. Ammazzato per niente, che poi era quanto aveva nella sua borsa. Neanche una misera moneta d’oro.
E rimase cosi, incredibilmente sorpreso quando alla luce della torcia vide il volto di una ragazza che impugnava la spada che gli premeva sul collo. Non ci mise molto nel capire che era una mezzelfa. Le sue orecchie dicevano tutto.
Se l’avesse incontrata in un'altra occasione forse sarebbe stato molto felice di iniziare una piacevole conversazione con lei. Per quel poco che gli riusciva di vedere era molto giovane, almeno per i parametri di vita dei mezzelfi, forse venti o ventidue anni, ed era anche molto carina.
Ma con una spada premuta sul collo non è che si può conversare piacevolmente e si limitò pertanto solo a lanciare via la sua spada e ad alzare le mani in segno di resa. Se non lo aveva ancora sgozzato forse c’era ancora una speranza di cavarsela. E l’occasione gli capitò quando la mezzelfa spostò la lama dalla gola di Obert.
Non se lo aspettava, o meglio, si aspettava il colpo di grazia e, quando sentì la pressione sulla sua gola diminuire pensò che si trattasse del colpo di grazia e istintivamente alzò le braccia in un disperato tentativo di difendersi.
La mossa colse completamente di sorpresa la ragazza che si sbilanciò cadendo all’indietro lasciando andare la sua spada.
Per alcuni attimi i due si sbirciarono guardando poi la spada che era a metà strada tra loro due e quasi nello stesso istante scattarono ambedue per recuperarla finendo cosi testa contro testa.
Ciò che accadde dopo fu un semplice accapigliarsi per cercare di impadronirsi di una delle due spade che erano rimaste sul terreno, fin quando, attirati dal frastuono che stavano facendo accorse il resto del gruppo che, di fronte a loro due che si stavano rotolando sul terreno si bloccò scoppiando a ridere
Avevano fatto la conoscenza di Deadlight e lei aveva fatto la conoscenza di Obert e del suo gruppo di avventurieri

- Se cambiamo l’oro tutti insieme, potremmo avere un cambio più vantaggioso - mormorò continuando a spiare con la coda dell’occhio Obert per cercare di capire quale fosse la sua reazione - e potrei sempre tornare indietro passando per la pista di Urbis -
- Allora tutti d’accordo! - urlò Soda alzando il suo bastone - Si va tutti al fiume –

copyright © 2006 Suinogiallo

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Quattro Chiacchiere Con L'autore

Hyarbor's Chronicles è un fantasy tanto per iniziare, che deve moltissimo ad altre opere.
I giochi di ruolo stile Dungeons & Dragons tanto per iniziare a fare qualche citazione, i giochi per PC tipo Neverwinter Nights, Morrowind e più recentemente Oblivion, gli anime come Record of Lodoss War ed i romanzi di Conan il Barbaro. Insomma, tutto quello che un appassionato di fantasy di solito legge e guarda oltre che giocare cercando di non uscire troppo dalle piste già tracciate da altri se non per brevi escursioni.
La citazione più evidente in questo primo capitolo è Deadlight che, sia fisicamente sia nel nome somiglia davvero molto a Deedlit, l'elfa protagonista di Record of Lodoss War.
La genesi di questo personaggio è comunque curiosa dato che è nato prima che vedessi Lodoss per una serie di racconti che non hanno mai visto la luce e l'idea per il nome mi venne leggendo IT di King (avete presente quando parla della luce dei morti?) , e per l'appunto Deadlight avrebbe dovuto essere la Morte, o meglio, una delle tante Morte che lavorano all'Ufficio Smistamento Anime.
Questa serie di racconti non l'ho mai scritta (ma non è detto che non lo faccia prima o poi), ma il personaggio era li, con le sue orecchie a punta ed il nome che mi sembrava comunque adatto per una storia fantasy.
Un grazie particolare a Cielo Amaranto (per phantastes) per le correzioni che mi ha suggerito.

Bene, e con questo per il momento è tutto, spero che la storia vi sia piaciuta e a rileggerci alla prossima.
Hasta Luego

   
 
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