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Autore: camy robsten HP    23/10/2011    1 recensioni
Robert e Kristen. Queste due persone mi hanno cambiato la vita. Grazie a loro ho scoperto nuovi valori e ho iniziato a credere che il vero amore ancora esite. Quel giorno, quel maledetto giorno... sconvolse totalmente la vita di Robert.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beeeeene, siamo giunti al termine D:
Sinceramente, avevo intenzione di scrivere almeno 20 capitoli.. ma non ci riesco più. Non me la sono sentita di continuare, e quindi.. ecco qui l'ultimo, ultimissimo capitolo.
Non so cosa sia potuto venire fuori da un sabato notte intenta a scrivere..
E un grazie mille a coloro che hanno seguito la storia dall'inizio, hanno richiesto impazienti gli altri capitoli e hanno recensito. Graaaaaazie a tutti voi, siete stupendi.
Buona lettura,
Cami.





CAPITOLO  10.

‘Hey, why don’t you try to sleep?’

15 anni dopo.
 “Robert, chiudi gli occhi!” – le mie mani sono intorno al suo viso perfetto e liscio come la seta.

Mi sorride.  Il mio cuore pulsa mille. Solo una volta, in tutta la mia vita, mi è capitato di provare simili emozioni. E ora di nuovo. Per la seconda volta, ma non così forte come la prima. Non è più la stessa cosa. Non sarà mai più la stessa sensazione.

In salotto c’è un grande scatolo blu, avvolto con nastri colorati. Al suo fianco c’è un pacchetto  più piccolo, dalla forma rettangolare, tipica di un libro. Lo conduco fin lì.

Sento i battiti agitati di Robert. 
“Ora puoi aprirli” – ogni sua singola cellula esprime felicità. Lo si vede per fino sul volto. Quel volto, tanto simile al mio.

Robert ha 15 anni. Il naso adunco, i capelli castani, fisico snello, cocciuto, occhi marroni.  Oggi compie 15 anni. Non credo che esista un rapporto migliore del nostro, eppure lo sento.. vicino, e non solo perché è mio figlio. Mi racconta davvero tutto, e non è semplicemente come gli altri. Il fottuto problema è che non sa la verità. Il nostro rapporto è più simile ad un rapporto amichevole, e , se tra amici ci si dice tutto, io sono obbligata a dir tutto a lui.  Robert non è mai stato come gli altri. A scuola non studia, non esce con gli amici, non gioca ai video games. .. è davvero uno Stewart.
 
Il naso mi ricorda tanto lui:
Cameron.

La cosa che tutt’ora mi fa incazzare è che una serata di droga e alcool non giustifica un atto di stupro.  Niente giustifica una simile azione. Puoi giustificarti per aver mangiato un biscotto, per esser inciampato per strada, ma non puoi giustificarti per questo.

E io non l’ho riconosciuto. Non ho riconosciuto quelle mani che mi toccavano, mi palpavano dappertutto, mentre io gridavo terribilmente e gemevo come non mai.

Non l’ho riconosciuto neanche quando mi ha sussurrato ‘Ti prego, stà zitta. Non ti farò del male’. 

Non ho riconosciuto i suoi occhi verdi come i miei, alla luce del buio.

Non ho riconosciuto la sua voce, il suo modo rozzo di strapparmi i vestiti da addosso, e gettarli a terra con furore. ‘Ti prego, stà zitta. Non ti farò del male’.

Non l’ho riconosciuto neanche quando mi ha sfilato le mutande, mi ha tolto il reggiseno, mentre io urlavo. E nessuno mi sentiva. O meglio, nessuno era disposto ad ascoltarmi.

Non l’ho riconosciuto neanche quando, entrambi nudi, sul letto, placava le mie urla entrando dentro di me in un modo selvaggio.  E mi lacerava i pochi pezzi d’anima rimasti.

Non l’ho riconosciuto, soprattutto, quando mi ha mentito:  ‘Non ti farò del male’. Non sapeva  mentire.

E mi ha uccisa. Lacerata in tutti i modi possibili, mentre io non avevo la minima idea di chi fosse. Mi guardava, e sentivo il suo respiro. Urlavo, piangevo. Le sue mani erano dappertutto, e solo in quel momento capii cosa vuol dire essere puttana. Andare a letto con gente che non si conosce, mentre ci si sfoga in un modo terribile, è una delle conseguenze più terribili di una vita di merda.
La mia vita era una merda, ma non mi sono mai drogata, non sono mai stata alcolizzata e tantomeno , non sono mai andata a letto con un estraneo.

Cameron, oltre a rovinare la tua vita, suicidandoti… hai rovinato anche la mia.

Sì, perché se prima avevo qualcosa per cui vivere, in quel periodo tutto si catapultò e quei fottuti allegri momenti erano solo ricordi destinati ad essere dimenticati.

Oggi Robert ha 15 anni. Sono passati 15 anni da quel momento in cui Taylor, l’unica vera persona rimasta accanto a me, mi accompagnava in ospedale, per mano. Era preoccupato, e non sapeva cosa fare. Tipico dei fratelli minori. Mi è stato accanto tutto il tempo, mentre i miei genitori erano tranquilli a casa a godersi la partita.
Non avevo neanche voglia di reagire, lottare per vedere mio figlio. Sapevo che dopo, nessuno mi avrebbe aspettata dall’altra sponda. ERO SOLA. Per la prima volta, completamente sola, e con un enorme buco al posto del petto. Perché Robert mi aveva lasciato definitivamente una settimana prima, e le lacrime, durante il parto, non erano di dolore. Erano lacrime di rabbia, angoscia, voglia di voler essere indifferente.  Volevo prenderlo a pugni nelle palle. E non c’era stato neanche durante il parto. Né dopo. Ero sola. Con un bambino tra le braccia. La testa non mi ha mai fatto così male. La sentivo uscire fuori, come faceva un tempo il mio cuore, impaziente di uscire dal petto e raggiungerlo. Ma, questa volta, non c’era nessuno da raggiungere. Chissà come si comportava la mia anima. A patto che ce l’avessi… mi avrebbe odiata.

E il risveglio.
Il risveglio fu traumatico. Il bambino tra le mie braccia, la testa pulsante, il corpo immobilizzato, lo sguardo fisso su quell’essere.  Lo guardai e abbassai il capo. Capelli scuri, manine rugose, occhi scuri. Quell’essere era mio figlio. ‘Scusa’ – gli sussurrai, baciandolo. ‘Scusami, non avrai un padre. Non avrai una madre affidabile. Non avrai una famiglia normale. Non saremo come gli altri. Scusami, ma non è stata colpa mia.’ – e lui tornò a fissarmi, con un sorriso stampato sulle labbra.
Non capivo neanche perché, dopo continue notti di passione, Robert mi mollò. Non lo fece per un motivo lecito, eppure c’era qualcosa sotto.

Robert prese il pacchetto e lo fissò.
“Cos’è?” –
“Aprilo!” –
“Mamma..” – adoro quando mi chiama così. Ancora, dopo 15 anni, non ci ho fatto l’abitudine.
“… devo dirti delle cose” – si sedette sul divano, le gambe incrociate. Vizio di famiglia.
Mi sedetti accanto a lui e gli misi una mano sulle spalle.
“Sai, c’è qualcosa che non sai. Riguardo me.”
“E Amanda.”  - suda.  La sua fronte è terribilmente perlata. Gli tocco i capelli e gli aggiusto, mentre cerca di trovare le parole giuste per dirmelo.
“Sai.. Amanda è una mia compagna di classe. L’altro giorno.. io ..beh, l’ho invitata al cinema. Le ho pagato i biglietti e l’ho fatta accomodare per prima. Siamo stati tutto il tempo appiccicati. E lei mi piace molto. Troppo. E  anche  a lei piaccio, lo so. Finito il film, l’ho accompagnata a casa. L’ho presa per mano, e le ho stampato un delicato bacio sulle labbra.” – il viso diventa paonazzo, rosso d’imbarazzo.
“Ehi, non devi vergognarti. Tesoro, amare è comune. Non immagini quanto. E ti rovinerà la vita. L’amore, ti rovinerà la vita. Comunque, continua se ti va.” –
“Mh, no.. niente. Solo che… lei si è incazzata e mi ha lasciato da solo, fuori, al freddo.. e non mi rivolge da più di due settimane la parola.” –
“Amore, ma questo è fantastico!” – “Cosa?” – “Il fatto che tu sia innamorato.” – allarga gli occhi fino a formare un grosso cerchio. “Non è bella.. questa sensazione? Il non avere più fame, il sentirsi stanco, teso.. le farfalle nello stomaco.” – “No, mamma.. è una pessima sensazione!” – “Ricorda.. amare è il fulcro della vita. Non bruciare le tappe.” – “…quando arriva papà?” – lo guardo con uno sguardo di rimprovero – “T’ho detto di non chiamarlo papà!” – “MA A LUI PIACE!” – “Sì, ok. Arriva sta sera. Ora apri, su!” –
Afferra il pacchetto e lo scarta velocemente. “ELETTRICA?” – annuisco.
“Oh MA QUESTO E’ FANTASTICO! Quanto avete speso?” – “N O N T’ I N T E R E S S A!” -  Robert ha sempre cercato di essere il genitore, anziché il figlio. Si preoccupa di tutto e tutti, e non pensa mai a come potrebbe essere migliore la sua vita, se solo pensasse meno.
“E questo?” – afferra il pacco più piccolo.
“E’ un libro? Ma mamma, lo sai che odio leggere.” –
“Non è un libro. Dai, scarta.” – sono più impaziente io di lui. Lo sguardo oscilla dal pacchetto al suo viso, per vedere la sua reazione.
“Ti ho nascosto troppe cose finora.” –
“ Ma cos’è?” – fissa il ‘semi-libro’ sbalordito.
“Lì.. beh, quello è un riassunto di tutte le cose che mi sono accadute negli ultimi 16 anni. E non sono cose piacevoli, credimi. Ogni giorno. Ogni giorno ho scritto un pensiero, una frase..  per aiutarmi a reagire, andare avanti. Ti ho mentito troppo, e ora hai bisogno di sapere la verità, Robert. Io non posso. Non riesco a dirtelo. Leggi quel diario, poi ne parliamo.” – il volto si riga di lacrime. Non riesco ancora a dimenticare. Robert si avvicina e mi cinge il braccio con la mano.
“Va tutto bene, mamma. Non ti preoccupare.”

La porta si apre di scatto. E’ ora di cena. Un uomo barbuto, con larghi jeans e felpa, varca la soglia di casa. “Auguri, giovanotto!  Quanti oggi?” – si avvicina a Robert e lo abbraccia. “15!” – “Bene.. devi sapere delle cose. Lo decidemmo con tua madre tempo fa.” – “So già tutto.” – “Dov’è la mamma?” – “E’ su, in camera.”

Sento la porta socchiudersi. Mi volto di scatto.
“Ehy..” – sussurro.
“Qualcosa che non va?” –
“No, niente. Tutto okay.”
Mi afferra per i fianchi. Sempre le solite mani. Quelle mani che conoscevo da anni, e che, dopo anni di distanza, erano ritornate ad appartenermi. 
“Stew, non sai mentire. Te l’ho sempre detto..” – mi morde un orecchio.
“A volte ti comporti ancora come se avessi vent’anni” –
“Mh… davvero non sono cresciuto?” –
“Forse solo fisicamente.” – mi giro verso di lui e lo bacio. E’ da tanto che non sento quel profumo. Quel profumo, che, ancora, dopo anni, mi fa venire sobbalzi al cuore. E salta. Lui salta. Il mio cuore, quando lo vede, salta. Fa salti mortali.
“Robert. Tu sei irreale” –
“Non hai speso abbastanza tempo della tua vita a lodarmi come se fossi un dio? Qui la vera dea sei tu.” –
“Pf…” –
“Stà zitta. Cos’è successo?” –
“Niente… solo che.. tutti i ricordi sono riemersi, e, a volte, è difficile tenerli a bada.” –
“Dimentica il passato, ti prego. Quello era solo frutto di due cretini adolescenti come noi. E la gente, a vent’anni… non sa mai come comportarsi. E’ normale fare errori. E’ normale” –
“Dipende dagli errori” –
“Sono solo errori. Stew, basta. Non eravamo noi. Non eravamo noi quelli che lo facevano tra una riprese e l’altra di Breaking Dawn, e non eravamo noi neanche quando litigavamo per ogni sciocchezza. Ora siamo noi. Siamo insieme. Di nuovo, e questa volta non ti mollo. Non dirò per sempre, non voglio illuderti. Ma ora è per  davvero. Vedi quell’anello al tuo dito? Questo è il presente. Il passato.. dimenticalo.”
– “Come posso dimenticare l’errore madornale della mia vita?” – e le lacrime mi rigano il volto, come i vecchi tempi.
“Stew, basta parlarne. Basta. Sono passati 15 anni. Prova a riposare un po’, ti passerà.” – mi distendo sul letto, in attesa della buonanotte.
“Cos’hai detto a Rob?” –
“La verità. Non avevo scelta. Non avrei potuto vivere a lungo nascondendogli la sua vera identità.” – mi bacia sulla fronte e scende giù.

Durante la notte, mi sveglio all’improvviso. Robert, accanto a me, russa. Guardo la sveglia: 4.30. Ho crampi allo stomaco. Sento il piccolo scalciare. Sempre più forte. Il dolore aumenta. Poso una mano sull’addome e lo sento. Sento quei piccoli piedi scalciare, come per rompere un muro invisibile. “ROB.” – lo smuovo, muovendolo con la mano. “ROB!” – la trapunta è ricoperta di un liquido strano.. “ROB! HO PERSO LE ACQUE”  - lui si gira, mi sorride… e si rivolta. “IMBECILLE! HO PERSO LE ACQUE. STA’ PER USCIRE!” – si rivolta. “COSA?” – si sveglia, indossa le pantofole e mi porta d’urgenza in ospedale. “Stew, manca poco. Sarò papà!” –  “AHIA!” – le contrazioni aumentano. Rob va a 200km\h..
Ho aspettato questo momento dall’età di 18 anni. Aspetto questo momento da quando ho incontrato i suoi occhi, quel giorno, per il provino di Twilight.
E appena lo vidi, quando i suoi occhi celesti ghiaccio incontrarono i miei, sapevo già quale sarebbe stato il mio futuro. O meglio, non lo sapevo.. ma ero certa che sarebbe stato con lui. In qualsiasi circostanza, ma con lui.
Non so a cosa vado incontro, ma la sua mano stringe la mia. Mi dà una strana sensazione di sicurezza.  La stringo anch’io. “Andrà tutto bene” –
“Lo so.” – e, sempre mano nella mano, mi accompagna verso il mio nuovo inizio.
Il risveglio è meglio di quanto mi aspettassi. La mia mano suda parecchio: è ancora lì, con lui, che dorme appoggiato alla sedia. Mio figlio dorme su di lui.
“Buongiorno” – entra l’infermiera – “Come si sente?”
“Tutto bene, grazie.” – “Qualche dolore?” – “No, signora. Quando si ama si è disposti a tutto. Posso… vederlo?” – “Certamente.” –
Il bebè è racchiuso in un fagotto blu... “Ecco a lei” – l’infermiera me lo porge.  Lo afferro, senza fissarlo.
Dopo qualche minuto, abbasso lo sguardo. Dorme.  Afferro le sue manine e ci gioco un po’. Piano, alza le palpebre. 
I suoi occhi.
Ha i suoi occhi.
Ha occhi piccoli, celesti, nei quali sono in grado di perdermi.
E mi fissa, proprio come faceva lui.
Mi fissano, i suoi occhi mi fissano.
E ora… ora, non sono in grado di chiedere più niente. Perché mi sono innamorata già di quegli occhi.
Quegli occhi, così simili a Rob. Quegli occhi, che mi fecero innamorare di lui.
“Hey, perché non provi a dormire un po’? Sei stanca..” – Rob si sveglia di scatto.
“Non ho bisogno di dormire. Ormai ho il mondo intero.”  - e fisso quel volto, sempre nuovo per me.
“Cosa?”
“Ha i tuoi occhi, Rob.” 
 
   
 
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