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Autore: JulietStarLight96    24/10/2011    3 recensioni
Questa storia è molto autobiografica, c'è molto della mia storia, della mia vita. Parla di me, di un liceo classico, di un ragazzo, di due sorelle, della prima volta per tante cose.
«Vuoi un tiro?»
«Preferisco la cioccolata.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentivo il suo sguardo su di me, i suoi occhi che tentavano di capire dove aveva già visto la ragazza sotto quei riccioli; ogni tanto smettevo di parlare con Jenny per accertarmi che lui non si mettesse in testa cose strane come venire a parlarmi o avvicinarsi. Ero quasi riuscita a sgattaiolare a scuola senza farmi notare, stavo per attraversare la strada per raggiungere la mia fatina in classe per non uscirne fino a quando non fossi stata sicura che tutti erano tornati a casa, quando sentii qualcuno afferrarmi per il gomito per farmi voltare. Trattenni una bestemmia e mi girai con lo sguardo più scocciato e menefreghista che riuscii a fare, pronta ad affrontarlo, ma appena i nostri occhi si incontrarono mi resi conto che c’era qualcosa in quella sfumatura di blu che mi disarmava totalmente, sentii distintamente il mio cuore perdere un battito. «Puoi saltare la prima ora? Vorrei parlare un po’ con te.» sperai che non se la fosse legata al dito, insomma, l’avevo solo fatto cadere, niente di che. «Certo che posso restare fuori.» dissi cercando di fare la disinvolta, non avevo mai falsificato una giustificazione ma c’era sempre una prima volta.
Ci incamminammo fianco a fianco in silenzio, ogni tanto si voltava verso di me, mi studiava, come se tentasse di leggere i miei pensieri; tuttavia non avevo ancora capito perché voleva che andassi con lui, perché aveva scelto proprio me, perché non era venuto anche qualcun altro della compagnia. «Dove stiamo andando?» gli chiesi poco dopo, sapevo che eravamo vicini al Sant’Antonio ma non conoscevo nessun posto dove saremmo potuti andare; «C’è un bar qui vicino, strano che tu non lo conosca, noi ci andiamo sempre.» decisi di fidarmi e di seguirlo semplicemente, ormai non potevo più tirarmi indietro. Lui aveva sempre questo strano sorriso da so-tutto-io stampato sul volto, e un profumo di dopobarba, e pino, e sigarette che lo avvolgeva come una nuvola, ogni folata di vento la portava fino a me. Stavamo entrambi in silenzio, si poteva quasi sentire il rumore delle nostre suole strascicare per terra; ero lì lì per chiedergli quanto mancava ancora al posto in culo ai lupi in cui mi voleva portare, quando mi indicò un tavolino nero fuori da un barettino dall’aria piuttosto moderna con un’insegna che mi informava che il suo nome era ‘Gocce di caffè’. «Fumi? Vuoi una sigaretta?» disse non appena ebbi appoggiato lo zaino a terra, porgendomi un pacchetto di Lucky Strike che mi tentavano più di quanto non volessi ammettere. Senza pensarci troppo allungai la mano e ne presi una, la accesi con fare da esperta e aspirai come avevo visto fare mia madre. Riuscii addirittura a mandare giù un po’ di fumo senza tossire, poi feci cadere la cenere a terra con nonchalance; mi sentivo quasi fiera di me stessa, poi ricordai quello che stavo facendo e il mio umore cambiò completamente. «Perché sono qui?» lui mi stava sorridendo come se avessi appena superato un esame, ma quando sentì la mia domanda si mise a scuotere la testa. «Allora è vero, tu sei diversa.» pronunciò quell’ultima parola indeciso se annoverarlo tra i pregi o tra i difetti, il sorriso spavaldo che ricompariva sul suo viso.
«Tu sei con noi perché l’ho voluto io. Sei nel nostro gruppo perché sono stato IO a chiedere di farti entrare.» rimasi un attimo a bocca aperta, non capivo se mi stava prendendo in giro o cos’altro. Oggi davvero non era giornata. «Ti ricordi quando mi hai urtato in motorino?» annuii, come dimenticarselo. «Ho subito voluto sapere chi era quella ragazza che, pur avendo scelto questa scuola, non si sbriga a chiedermi subito mille volte scusa e non da’ neanche segno di avermi riconosciuto. Ti volevo con noi, ti volevo con noi perché non sapevi chi eravamo.» l’arrivo di una cameriera fu provvidenziale, mi diede il tempo di riordinare un po’ le idee e riprendere la mia aria strafottente. «Ti ha mai detto nessuno che sei un bastardo presuntuoso ed egoista?» «Me l’hanno detto in tanti, mia cara, ma tutti alle spalle. Quei pochi che hanno avuto il coraggio di dirmelo in faccia sono amici di vecchia data.» mi accorsi di essere quasi sollevata dal fatto che stava ancora sorridendo e non pareva arrabbiato. «Ma chi credi di essere?» non mi rispose, si limitò a guardarmi come per dire ‘lo scoprirai presto’. Rimanemmo in silenzio a guardarci, i suoi occhi erano fin troppo penetranti e blu per i miei gusti. Ero catturata da come riusciva a buttare fuori il fumo, da come squadrava tutti da capo a piedi, e anche da come sapeva che lo stavo guardando ma non lo dava a vedere. Finii velocemente la sigaretta che aveva appena superato la metà, non volevo più continuare, e non la spensi neanche per non paura di lasciare una traccia sotto la suola della mia scarpa da ginnastica.
Quando finalmente arrivò la mia cioccolata calda iniziai a berla con foga anche se era bollente per cancellare il gusto di secco e di sporco che mi aveva lasciato. «Se non ti piace il sapore perché fumi?» si riusciva perfettamente a capire, dal suo sorriso sornione, che si era accorto benissimo che non l’avevo mai fatto prima, voleva solo prendermi in giro. Lo odiavo, ritirai tutto quello che avevo pensato prima, era solo qualcuno che credeva di essere importante perché nessuno lo considerava, qualcuno che in realtà si crea una immagine da figo, una falsa identità, perché realmente non è nessuno. Presi una grande boccata d’aria prima di rispondere, volevo dirgli qualcosa di adeguato. «Perché mi piace il calore che mi da’.» già, il calore. Avrei voluto accendermene un’altra solo perché aveva riempito un vuoto dentro di me, mi aveva davvero scaldato l’animo come nient’altro era mai riuscito a fare. Fu allora che il mio pensiero corse a Ginni che mi aspettava in classe. A tutti quelli che mi ero lasciata alle spalle, perfino quelli più antipatici, che comunque non si erano mai ridotti come me, a bere cioccolata calda in un bar con un egoista sconosciuto quando invece dovrei essere a scuola, a bramare una sigaretta neanche fosse aria. E fu in quel momento che presi una delle decisioni peggiori della mia vita: dato che ormai ci ero dentro, era meglio fare le cose per bene. «Me ne daresti un’altra?» 

Ammetto che questo capitolo è leggermente più corto dei precedenti, ma mi piaceva finirlo così e non avrei saputo dove mettere le mani per allungarlo un po'. Spero che tutto sommato vi sia piaciuto, questo è stato davvero uno dei giorni peggiori della mia vita, spero che leggendo quest FF non vi vengano idee strane perchè non vorrei avervi sulla coscienza! Spero anche che molti di voi non siano rimasti scioccati, sopratutto quelli che mi conoscono relativamente bene, e che comunque non potevano saperlo. Sappiate che vi voglio bene e che sono sempre io.
Detto questo, mi farebbe un ENORME piacere se recensiste o lasciaste anche solo un segno del vostro passaggio qui sotto, perchè mi piace vedere che comunque qualcuno legge/si appassiona alle mie storie :3 Un bacione a tutti quelli che lo faranno, al prossimo capitolo<3
   
 
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