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Autore: Wendy_magic_forever    24/10/2011    3 recensioni
CONTINUAZIONE DELLA ONE-SHOT "OUT THERE"
Michael ha incontrato Quasimodo, è diventato suo amico e lo ha convinto a uscire dalla sua torre campanaria per la prima volta. Tuttavia, ciò che succederà dopo di questo, scatenerà uan serie di avvenimente che metteranno il nostro MJ nei guai fino al collo, costretto a vivere in mezzo agli zingari e agli imbroglioni, tutto fino a che non avrà "spodestato" il Giudice Claude Frollo.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Michael Jackson Disney Crossovers'
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Topsy Turvy

~·~

 

Oggi non esiston più

regole né schiavitù

oggi è il giorno in cui..

si...

PUÒ!!!!!!

 

Ero lì, per la prima volta tra il pubblico; la Festa dei Folli si esibiva in tutta la sua ricchezza e allegria. Tra alcol a gogò, uomini sui trampoli e ballerini in calzamaglia, la gioia di vivere saltava sul tappeto elastico e arrivava fino alle nuvole.

 

Girai lo sguardo, e vidi Quasimodo in mezzo a loro, dandomi di spalle.

Contento di rivederlo, cercai di farmi strada in mezzo alla gente per raggiungerlo, ma la folla m'impediva il passaggio, e nessuno sentiva la mia voce chiedere il permesso.

 

Allora alzai la voce, e lo chiama: «Quasimodo!», ma non mi rispose.

Chiamai di nuovo: «Quasimodo, sono io: Michael!»

Lui si girò verso di me, e l'orrore mi fece gelare sul posto.

 

I suoi vestiti erano lacerati e portava in testa una corona di stoffa piena di sonagli simile a quella dei buffoni del medioevo, come se il destino si fosse preso gioco di lui.

L'intero suo corpo era completamente rosso per la polpa di pomodoro e verdura marcia che gli colavano addosso dal volto deforme fino alle gambe storte.

 

Sul suo corpo pendevano anche delle corde tagliate a metà; il suo volto era il ritratto dell'angoscia e della sofferenza, e al collo portava un cappio allentato.

 

«Mio Dio, Quasi!» gridai «Chi ti ha fatto questo?!».

Gli lacrimò l'occhio semichiuso, abbassò lo sguardo e indicò me.

 

Incredulo per questo, mi girai nella speranza che indicasse qualcun altro, ma la folla che c'era fino a una frazione di secondo prima dietro di me, scomparve nel nulla, lasciando la piazza vuota.

 

L'angoscia cominciò ad assalirmi, mi rigirai verso di lui, sperando in uno scherzo architettato da lui e dai suoi amici gargoyle.

Teneva la testa ancora bassa e le mani si erano retratte sul petto, come fosse un piccolo segno di difesa.

«No...» dissi, venendogli incontro «...no, Quasi, non può essere! Io non ti farei mai una cosa del genere!» gli presi le mani, sperando che alzasse lo sguardo e dicesse “Sciocchino, ti stavo solo prendendo un po' in giro!”

Purtroppo non fu così.

«Invece sì.» mi rispose lui con una voce che non era la sua; fredda e cavernosa, uguale a quella di...

 

Alzò il volto verso di me e, invece di trovare la faccia deformata del mio amico, mi ritrovai davanti quella dura e rugosa di Frollo.

Nello spavento, tentai di liberarmi dalle sue mani, ancora simili a quelle di Quasimodo, ma esse si serrarono sui miei polsi, impedendomi la fuga. Il terrore artigliò il mio cuore mentre mi tirava verso di sé e stringeva i palmi tozzi che quella mattina mi avevano guarito, sul collo, schiacciandolo forte.

Quel mostro dalla la faccia di Frollo e il corpo di Quasimodo, mi guardò con occhi di fuoco mentre mi stritolava sempre di più, soffocandomi. Mi dimenai, ma più mi agitavo, più lui mi stringeva. Mi sollevò da terra e ben presto mi mancò l'aria.

 

«L'avevo avvertita di non ficcare il naso nel campanile!» gridò senza mollare la presa, ma la cosa peggiore fu quando iniziò a scrollarmi.

Era così che dovevo morire? Nelle braccia di quello che pensavo un amico che poi è stato posseduto da un nemico?

 

«Sveglia, sei in ritardo!» disse Frollo ad un certo punto. Io lo guardai sorpreso per questa frase fuori luogo, ma la cosa più sconcertante fu quando lo vidi rivolgermi un sorriso amorevole.

 

Con lo stesso sorriso e un tono di voce più dolce, disse: «Svegliati, pelandrone!» la sua voce e il suo volto mutarono in quelli di Janet «Farai tardi alla Festa!» sbarrai gli occhi; «Cosa?!?»

 

Tutto intorno a me parve mutare e trasformarsi: le mani grandi e tozze, diventavano piccole e scure e passavano dal collo alle mie spalle, tutto intorno si trasformava nella mia camera d'albergo a Parigi e dietro di me apparve qualcosa di soffice.

 

D'improvviso mi ritrovai sdraiato sul mio letto, Janet con le mani appoggiate a me, io con il fiatone. Tutto intorno era scuro, eccetto per un lumino acceso sul comodino vicino a me, poiché non riuscivo a dormire al buio.

 

«Cosa... che... che è capitato?!?» chiesi, ancora terrorizzato

«È capitato che ti sei addormentato, ora si sta facendo tardi e i parigini rischiamo di far cominciare la Festa Dei Folli senza di te!»

Tirai un sospiro di sollievo: «Allora era un incubo! Che paura!»

«Dai, alzati!»

Mi tirò su a forza, subito cercai sul comodino la mia crema nascondi-vitiligine; con la doccia che avevo fatto prima di quel pisolino se n'era andata via quasi tutta.

Dopo due ore passate a farmi truccare (eh, sì, mi tocca: sono un uomo di spettacolo!) finalmente fui pronto a farmi vedere dal grande pubblico.

 

Arrivai in piazza in limousine e fu subito un gran clamore da parte dei presenti. La mia auto si fermò in corrispondenza del tappeto rosso che era stato messo appositamente per me, dalla limousine uscirono prima le mie tredici guardie del corpo (non prendetemi per un maniaco della sicurezza, ma è difficile garantire la mia incolumità), poi me.

Camminando verso la tribuna, salutai tutti con il mio classico segno di vittoria e mandando baci (inutile dire che a questo punto qualche fangirl svenne).

Tuttavia, accadde un imprevisto a metà strada.

...

No, nessun hater.

...

No, le barriere non hanno ceduto.

...

No, nessun paparazzo indesiderato.

...

Sì, ho conosciuto Clopin.

 

Come l'ho conosciuto? Con una bella doccia fatta di acqua, birra e coriandoli colorati.

 

Era l'ultima cosa che mi aspettavo: tutto ad un tratto, dall'alto qualcosa di bagnato e marroncino mi aveva colpito in pieno!

 

Le mie guardie, prese alla sprovvista, si sono subito messe sull'attenti per trovare chi aveva osato tanto; poi all'improvviso Clopin, vestito con il suo costume simile a quello dell'arlecchino italiano, comparve in cima a un'asta colorata gridando “LUNGA VITA AL RE!” e scoppiò a ridere!

A quel punto capii che era uno scherzo, quindi mi sono messo a ridere anch'io!

Le mie guardie si arrabbiarono come iene, si fecero largo tra la folla e scrollarono l'asta furiosamente, costringendo il povero Clopin a scendere.

Quando scese gli misero le braccia dietro al corpo, facendolo inchinare; ancora ricordo la sua smorfia di dolore durante quel trattamento.

 

«Ehi, calma! Lasciatelo andare!» ordinai «Era solo uno scherzo! Non ha fatto nulla di male!»

Le mie guardie obbedirono e Clopin venne liberato. Si rialzò, si sistemò togliendosi la polvere, assunse uno sguardo di sfida verso le mie guardie e si diresse dietro le tribune, dove lo raggiunsi poco dopo.

 

Appena entrai lì dentro la prima che incontrai fu una donna francese dai capelli fulvi e neri, gli occhi color smeraldo e la carnagione scura che esclamò: «Oh, mon Dieu! Quel désastre! Il faudra au moins une demi-heure pour réparer ce gâchis! (Oh, mio Dio! Che disastro! Ci vorrà almeno mezz'ora per risolvere questo casino!)»

Dal nulla spuntò Clopin che si avvicinò alla donna: «Relax, ma chère, c'est juste un peu de bière: un chiffon humide et une brosse sur le maquillage et sera de retour! (Rilassati, cara, è solo un po' di birra: un panno bagnato e una ripassata al trucco e tornerà come prima!)»

La donna era furiosa: «Clopin, t'es un idiot! Traiter si mauvais le King of Pop! Sent chanceux d'avoir rencontré une célébrité dans son esprit! (Clopin, sei un cretino! Trattare così male il Re del Pop! Ritieniti fortunato ad aver incontrato un vip di spirito!)»

Clopin fece un sorriso a metà strada tra il divertito e il malvagio: «En fait j'adore embêter les gens! (Infatti io adoro infastidire la gente!)»

Mi schiarii la voce: «Chiedo scusa, potrei capirci qualcosa anch'io?!?»

Clopin e la ragazza mi guardarono un secondo, poi l'uomo mi disse, con un'aria d'indifferenza: «Non si preoccupi per i nostri discorsi, signore, è solo una stupida discussione tra fratello e sorella.»

«Siete fratelli?» chiesi. Quei due mi sembravano tutto meno che fratelli.

«Non proprio. Siamo cresciuti insieme. Io sono Clopin, l'anima della festa. Lei è Esmeralda, l'anima della festa dopo di me. Questo è l'unico giorno in cui possiamo farci vedere in giro senza preoccuparci di Frollo, e lei lo vuole rovinare con le sue apprensioni da femminuccia!» indicò Esmeralda con fare giocoso, la quale lo fulminò con uno sguardo di rimprovero.

«Dovete... preoccuparvi di Frollo?» chiesi, incredulo

«A lui non stanno a genio quelli come noi.» disse Esmeralda, mestamente

«Come... voi... come?»

«Zingari.» disse Clopin, bruscamente «Io, lei e tutto lo staff che pensa a intrattenere i partecipanti alla Festa Dei Folli siamo zingari, e siamo fieri di esserlo. Ti dirò di più: io sono il RE, degli zingari! E a maggior ragione sto antipatico a Frollo.»

«E ti fai vedere così?»

«Tu non hai la benché minima idea di quanto adoro guardarlo mentre rosica al pensiero che mi ha a tre centimetri di distanza e non mi può toccare!» ridacchiò, divertito «Per oggi io e il mio popolo godiamo del diritto di asilo, ma anche senza di esso siamo difficili da catturare. E poi ci nascondiamo nel...»

«BASTA!» Esmeralda lo fermò e lo tirò a sé per la maglietta «Clopin, stai parlando troppo!»

Con nonchalance, Clopin le mise a posto la mano: «Tranquilla, lui sta dalla nostra parte!»

Esmeralda lo guardò sorpresa, poi rivolse lo sguardo a me, interrogativa.

 

«Frollo, appena lo ha visto, lo ha dichiarato suo nemico giurato!»

 

Io e la ragazza guardammo stupiti Clopin, che rivolse lo sguardo a me: «Se non l'hai notato, lui ti fulminava con lo sguardo, uno sguardo che stava a dire: “Tu non sei che un lurido cantante che vive sguazzando nell'alcol, nutrendosi di pasticche e passando notti occasionali con le grupie.”, e mi è parso di leggere anche una nota di, scusa il linguaggio, “lurido negro di...” ehm... preferisco evitare; dopotutto lavoro con i bambini!»

un'altra stretta al cuore, più forte di quella che mi aveva colpito quando Frollo mi aveva minacciato di denunciarmi, mi lacerò l'animo; non so se per la tristezza o per la rabbia, però. Se c'è una cosa che non posso sopportare sono i razzisti.

 

«Mi dispiace avertelo detto così direttamente, ma mi pareva giusto fartelo sapere. Conosco Frollo abbastanza da poter tradurre i suoi sguardi.»

Pensai per un secondo, per poi chiedere a Clopin: «Quell'uomo è un razzista?»

Lui tirò leggermente le labbra dentro la bocca e mosse la mano come per dire “così così”: «Diciamo che non sopporta tutti coloro che da noi sono i benvenuti: gli zingari, i neri, le prostitute, i teppisti, i componenti della mafia francese, gli extracomunitari e... sì, diciamo pure che è razzista.»

«L'ho chiesto solo perché io non li posso sopportare.»

Clopin mi mise le mani sulle spalle: «Quindi stai dalla nostra parte, giusto?»

Lo guardai un attimo, dubbioso. Stare dalla sua parte voleva dire aiutare anche mafia e prostituzione, ma se voleva dire essere contro Frollo, allora andava bene.

Annuii, convinto.

Lui mi diede una pacca sulla spalla: «Allora è deciso! Se ci cercherai, sarai il benvenuto alla Corte dei Miracoli!»

Mi strinse, abbraccio che io ricambiai. O, almeno, cercai di farlo, perché lui andò alle mani e fece scivolare, in una, qualcosa di ovale e sottile. Poi avvicinò le labbra all'orecchio e disse a mezza voce: «Questo oggetto è la mia fiducia, spero di averla ben riposta!». Si allontanò da me e guardai ciò che mi aveva passato; un ciondolo ovale con dei strani simboli all'interno. Lo misi al collo e lo nascosi sotto alla giacca.

Clopin si girò per andarsene, ma Esmeralda lo fermò; «Non hai dimenticato qualcosa?» disse.

Con aria scocciata, Clopin si girò verso di me, fece uscire da una tasca un fazzoletto rosso e lo mise nell'altra mano: «Esmeralda mi ha costretto a farti un regalo di scuse; quindi...» tolse il fazzoletto e sotto di esso trovai un pupazzetto uguale a lui che sorreggeva un enorme lecca-lecca colorato con le sue braccine. Sentii Clopin dire “ta-dan” con una vocina minuta, per far parlare la marionetta.

 

Lascio all'immaginazione cosa provai: il bambino dentro di me saltò di gioia, mentre io avevo le stelle negli occhi: «Santo cielo! Grazie! Come facevi a sapere che li adoro?» dissi prendendo il dolce e mettendomelo subito in bocca

«Mi sono informato! E, ora... Re del Pop... devo lasciarti; ho da fare.» e se ne andò.

 

Esmeralda posò una mano sulla mia spalla, quando mi girai verso di lei, mi accorsi che stava sorridendo: «Colui che ha detto che tu sei pedofilo doveva proprio essere malato di mente!»

«Sono convinto anch'io!» dissi con la voce soffocata dall'enorme lecca-lecca.

Esmeralda rise, intenerita: «Vieni, ti aiuto a rimettere a posto il trucco.»

 

Più tardi, seduto comodamente sulla tribuna, stavo gustando il mio gradito regalo di scuse. Lo leccavo da così tanto tempo che bocca e lingua avevano preso i suoi colori.

Arrivò Janet, che si sedette al mio fianco: «Eccomi qui. Che mi sono persa?»

«Mi hanno rovesciato la birra addosso e ho conosciuto il re degli zingari che mi ha regalato questo!» le risposi con un grosso sorriso e mostrandole il mio dolce preferito.

«Mmm...» fece lei con uno sguardo pensieroso «...cos'è quella faccia che dice “nan-na na nan-na, tu non ce l'hai!”?» canticchiò. Trattenni una risata infantile.

 

All'improvviso, le trombe intonaono note di festa, e dal fondo della piazza si avvicinarono degli uomini vestiti di nero recanti in mano degli stendardi chiusi.

La folla in piazza lasciò loro spazio per passare.

Capii che la festa era ufficialmente cominciata, e posai il mio sguardo sulle porte del Notre Dame, in attesa di vederle aprirsi e riconoscere la grossa gobba del mio amico campanaro, ma nulla si mosse. Forse dovevo andarlo a prendere come avevo previsto.

 

«Ehi voi, di qua!!!
Dai lasciate ogni mestier
è arrivato il grande dì!
»

 

«Janet!» chiamai mia sorella «Potresti coprirmi?»

Lei mi porse la mia mascherina da infermiere. Conosceva ogni mio pensiero.

 

«Oggi non esiston più
regole e schiavitù
Oggi è il giorno in cui si...

Puoooò!»

 

Quando scesi dalla tribuna, notai Quasimodo in mezzo alla folla, coperto con una mantella scura.

Provai a raggiungerlo, ma...

 

«Una volta all'anno, ormai chi non lo sa,
Noi buttiamo all'aria tutta la città!!
Ogni re potrebbe ritrovarsi un clown,
Oggi comandiamo solo noi!!
»

 

...lui cercava di fuggire da tutto e da tutti, e Clopin, come per dispetto, lo scovava in ogni suo nascondino e lo mostrava al grande pubblico. Meno male che non chiamava le telecamere, altrimenti sarebbe stato un disastro!

 

«Sottosopra!!
Tutto quanto è sottosopra !!
»

 

Nessuno mi riconosceva grazie alla mia maschera, e tutti mi spintonavano come se fossi un essere umano qualunque. Di solito questo è fastidioso, ma per me era una cosa fantastica.

Sarebbe stato ancora più fantastico ricongiungermi al mio amico, ma sia io che lui rimanevamo coinvolti nel caos prodotto dalla festa, e: 1) il mio amico non trovava un posto dove passare inosservato, 2) io non riuscivo a raggiungerlo.

 

«Resti a casa chi non ce la fa
A buttare all'aria la città!
»

 

Voilà: lo persi di vista completamente. Intorno a me il caos più totale: gente con maschere enormi girovagavano come ubriachi, uomini sui trampoli passeggiavano rischiando di cadere da un momento all'altro senza curarsene e le ragazze si comportavano, chi più chi meno, come sgualdrine. Non per niente si chiamava la Festa dei Folli!

 

Scivolai nel fango, mi rialzai in fretta senza curarmi della giacca nuova, persi il lecca-lecca e mi ritrovai con la faccia immersa in un budino al cioccolato ancora caldo. Tutto nel giro di trenta nanosecondi!

 

Non riuscivo a capire più nulla di quello che mi stava intorno.

 

«Sottosopra!!

Coi tamburi e con le trombe!!»

 

Mi ritrovai coinvolto in una sottospecie di danza-corsa a braccetto con una sconosciuta, cominciavo a sentire il mal di mare.

 

«Liberiamo il peggio che c'è in noi

Per un giorno solo all'anno

l'obiettivo è far del danno

e buttare all'aria la città!»

 

Finalmente, dopo un'altra doccia alla birra e una giravolta, trovai un po' di pace ai davanti a un palcoscenico di legno.

 

Alzando gli occhi, trovai Clopin a infastidire Frollo, sulle tribune circondate da poliziotti in groppa a cavalli, vicino a mia sorella.

 

«Per voi

c'è lei!!»

 

Riuscii a vedere Quasimodo, vicino al palco, lontano da me, provai di nuovo a raggiungerlo, scostando qualche persona che mi si parava davanti, ma...

 

«Ecco a voi Esmeralda......QUA!!!!»

 

Un gruppo di uomini con la bava alla bocca si spinse ai piedi del palco, impedendomi di raggiungere il mio amico.

Mi chiesi il perché di tutta quella cagnara, poi alzai lo sguardo al palcoscenico per vedere una bellissima Esmeralda in abito rosso che, con movenze incantatrici, ballava attirando lo sguardo su di lei. Non feci a meno di pensare che fosse molto sexy...

 

Buono, Michael, non t'innamorare!” pensai per cercar di controllarmi.

 

D'improvviso, Esmeralda corse verso le tribune, più precisamente verso Frollo, si inginocchiò sulla ringhiera, legò la sciarpa semitrasparente blu al suo collo posandogli un bacio su quel naso enorme che si ritrovava ad avere, per poi, sbattergli il cappello in faccia e fuggire. Risi a vedere quella scena.

 

Dopo parecchi salti e una giravolta su un'asta stile lap-dance, senza, però, essere troppo provocante, la musica finì e così il suo ballo.

 

Clopin era già pronto per un'altra attrazione.

 

«Ecco qui, la festa è cominciata ormai

Ecco a voi il meglio delle maschere»

 

Ero ancora un po' rintronato da Esmeralda, ancora bella quanto un angelo, e non mi accorgevo che stavano facendo la gara del più brutto della città, né tanto meno che Quasimodo era stato scelto dalla bella gitana per partecipare.

Ritornai alla realtà soltanto quando si scoprì che quella che aveva addosso con era una maschera ma la sua faccia.

 

Oddio, che è successo?!? Quasi... oh, no!” mi sentii un completo cretino, se invece di pensare a quanto fosse sexy Esmeralda vestita in quel modo avessi raggiunto Quasimodo e lo avessi allontanato dal palco, non si sarebbe ritrovato in quel pasticcio.

Ora tutti si erano accorti della sua presenza, sopratutto Frollo.

Mi venne voglia di strapparmi i capelli!

 

Ma Clopin mi fece star meglio, visto che andò subito lì di fianco a Quasimodo dicendo: «Madame e messeri, non abbiate paura! Stavamo cercando la faccia più brutta di Parigi ed eccola qua! Quasimodo, il Gobbo di Notre Dame!»

 

Ero così sollevato che non notai la corona da buffone che Clopin aveva posato sul capo del mio amico, simile a quella del mio sogno.

Non la notai nemmeno quando lo issarono sulle spalle e lo portarono in trionfo per tutta la piazza.

Ero solo lì in mezzo a loro a cantare: «Una vooooolta all'anno ormai chi non lo sa...» per festeggiare il Re di Tutti i Brutti.

 

Speravo tanto che il suo primo giorno fuori dalle mura di Notre Dame fosse il migliore della sua vita ed era successo! O, almeno, così credevo.

 

Finita la canzone, io ero ancora in mezzo alla folla come un imbecille a scandire il nome del mio amico mentre lui era in piedi sulla ruota della tortura, acclamato come un re, con tanto di corona, mantella e scettro.

 

Ero felice che fosse felice; scommetto che non se lo sarebbe mai aspettato.

Nemmeno io me lo sarei aspettato.

 

Ma ciò che più non mi aspettavo fu quel pomodoro mezzo marcio che uno dei poliziotti più giovani lanciò sulla sua faccia.

 

Smisi immediatamente di esultare, ebbi un terribile flashback. Non parlo solo del sogno, ma anche del il primo tabloid che sparlò su di me; mi era parso simile a quel pomodoro spiaccicato sulla faccia del mio amico.

 

Un altro idiota lanciò dell'altra frutta marcia gridando “Lunga vita al re!”

Poi un altro.

E un altro.

 

Quasimodo scivolò, cadendo rovinosamente; tutti risero.

 

Il mio amico cercò di fuggire, ma sentii qualcuno dire «Dove vai, gobbo, abbiamo appena cominciato!» vidi un lazo prendergli il collo e sbatterlo a terra.

 

In pochi secondi, tra le risa e la frutta lanciata, Quasimodo venne legato alla ruota, i suoi abiti si strapparono e venne fatto girare vorticosamente.

 

Voi ora chiederete, “Cosa hai fatto te mentre questa crudeltà era in corso?!?”

 

Io cercai di raggiungerlo, ma la folla mi bloccò nuovamente.

Con la forza della disperazione mi feci largo con foga, a discapito di chi mi stava davanti.

Non potevo sopportare che quella tortura accedesse sotto ai miei occhi.

 

Il colmo fu quando lo sentii chiedere aiuto a Frollo, aiuto che non venne ascoltato, naturalmente.

 

Con gli ultimi sforzi raggiunsi la piattaforma di legno dove era posizionata la ruota, salii le scale di corsa e parai Quasimodo col mio corpo, allargando le braccia.

 

Mi colpirono parecchi pomodori e una lattuga marcia, poi la folla si accorse di non star più colpendo il gobbo e si acquietò.

 

Appena ci fu il silenzio più totale, io mi girai verso il mio amico. Vedendolo ridotto in quello stato, sentii una stretta al cuore: era stato umiliato e deriso gratuitamente, lo avevano legato per puro divertimento, come se fosse un oggetto senza sentimenti. Come se non fosse umano.

Ancora una volta non potei fare a meno di ricollegare questo suo trattamento a quello che avevano riservato a me.

Una sensazione di schifo, verso la folla in quel momento dietro alle mie spalle, mi pervase il cuore, desideroso di poter dare loro la lezione che si meritavano. Ma molto più grande, dentro di me, era il senso di colpa per aver convinto Quasimodo a scendere dal suo campanile.

 

Lui alzò lo sguardo verso di me, mi guardò con gli stessi occhi angosciati del sogno; solo allora capii che quello che avevo avuto era un segno che non avevo ascoltato.

 

La mia vista si appannò.

 

«Michael?» disse lui a mezza voce.

Allora io chiusi gli occhi e mi tolsi gli occhiali da sole e la mascherina con un gesto lento e calmo, mentre dentro di me si scatenava una tempesta di richieste di scuse e di perdono. Non avevo nemmeno il coraggio di aprire gli occhi, senza più i miei ray-ban, e vedere il suo volto angosciato ad occhio nudo, senza che i nostri sguardi avevano barriere di protezione.

Mentre quella mattina mi fece piacere poterlo guardare senza quel drappo sul mio volto, in quel momento volevo solo aprire gli occhi e scoprirmi cieco.

Con uno sforzo di coraggio li aprii, già pieni di lacrime.

 

Incapace di dire qualsiasi cosa, crollai sulle ginocchia, immersi la faccia della sua guancia smisurata cingendogli il collo con le braccia, e scoppiai in singhiozzi.

 

Passarono trenta secondi buoni prima di sentire una presenza angelica posare una mano sulla mia testa.

Quando la alzai, lentamente, vidi Esmeralda più bella che mai; il sole alle sue spalle creavano un alone luminoso intorno al suo corpo che la facevano apparire come una creatura celeste. Ella mi rivolse un sorriso compassionevole, come a dirmi “non è colpa tua, ma mia”.

Poi anche lei si chinò, estrasse dal grande abito un panno bianco e iniziò a ripulire il mio amico, sussurrando: «Mi dispiace. Questo non sarebbe dovuto accadere.»

 

Il mio cuore si sciolse lentamente mentre la guardavo prendersi cura di Quasimodo con quella dolcezza pura e impeccabile.

 

Credo che voi conosciate la mia storia; tra Night Clubs frequentati alla tenera età di cinque anni e sgualdrine approfittatrici, avevo incontrato la peggior razza delle donne esistenti su questo bel pianeta. Ancora allora reputavo le donne, per la stra grand parte, delle sporche figlie del diavolo, senza offesa per il pubblico femminile. Tuttavia, incontrare Esmeralda sotto quell'aspetto mi fece seriamente dubitare della mia idea sul gentil sesso. Lei era così pura e buona, mi pareva quasi incredibile, visto che poco prima stava ballando vestita in modo provocante.

 

Come un fulmine, sentii la voce cavernosa di Frollo gridare: «Voi due, là sopra!» io ed Esmeralda lo guardammo come trovati con le mani nel sacco «Scendete immediatamente!»

 

Per nulla intimorita, Esmeralda mi passò un temperino, sussurrandomi «Taglia la corda.» poi si rivolse a Frollo: «Sì, vostro onore. Appena avremmo liberato questa povera creatura.»

«VE LO PROIBISCO!»

Senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, liberammo Quasimodo dalle sue corde.

«Come osate provocarmi?!?»

Mentre Esmeralda gli gridava in faccia tutta la sua rabbia, io aiutai Quasimodo a rialzarsi.

«Stai bene?» gli sussurrai

«Michael, ti stai bruciando!»

 

Portai una mano al volto e mi accorsi che la mia pelle scottava. Ma non ci feci caso. Non stavolta. Gli sussurrai di non preoccuparsi, poi rivolsi lo sguardo verso Frollo.

 

«Silenzio!»

«GIUSTIZIA!» gridò Esmeralda.

 

Nei suoi occhi vidi rabbia e disgusto paragonabili a nulla che esistesse in terra.

Guardai di nuovo il corpo martoriato di Quasimodo.

Dentro di me crebbe una rabbia così grande che non riuscii a controllarmi.

«Frollo, come ha potuto permettere che una cosa del genere potesse succedere?!? LEI MI FA VERAMENTE SCHIFO!» tutti i presenti, compresi Quasimodo, Frollo ed Esmeralda, mi guardarono increduli.

Sicuramente non si aspettavano da uno come me una reazione simile.

 

«Era per lui che non mi voleva far salire sul campanile, vero?! Per quale ragione, poi? Per proteggerlo?! Gran bel protettore! Se davvero lo voleva proteggere, avrebbe dovuto farlo uscire da quella torre maledetta fin da quando era bambino, e permettere che s'integrasse nella società! Si crede tanto di buon cuore, vero? Allora mi spieghi perché gli zingari di questa città devono temere lei e il suo giudizio. Lei dovrebbe essere un giudice di pace, ma quello che sta facendo è tutto meno che la pace!»

«Non è affar suo cosa faccio per mantenere l'ordine in questa città!»

«Lo è, invece, perché ho appena messo questo ragazzo sotto la mia ala protettiva, e con lui tutti gli oppressi che devono subire la sua tirannia!»

 

Presi un pezzo della mantella strappata che poco prima cingeva le spalle di Quasimodo e me la legai al braccio, come segno di fratellanza tra me e le vittime di Frollo, e lo alzai in aria, gridando. La folla mi rispose, incitante.

 

Quando la folla si acquietò di nuovo, Frollo volle continuare a litigare: «Badate alle mie parole: la pagherete per questo!» sibilò.

 

Esmeralda, s'inchinò, sarcasticamente: «Allora abbiamo nominato il folle sbagliato!» prese la corona di Quasimodo «Il solo folle che vedo...» glielo lanciò «...SIETE VOI!»

 

Frollo fece segno a un poliziotto in borghese vicino a lui, il quale fece un altro segno ai suoi uomini; una decina di poliziotti in groppa a cavalli circondarono la pedana dove eravamo posizionati.

Fu l'unica volta che non temetti alcun tipo di arresto, perché ero certo di essere nel giusto e avevo parecchi testimoni oculari che potevano constatare che non avevo fatto nulla di male, se non difendere un uomo dalla crudeltà della gente.

 

Esmeralda mi prese un polso e mi tirò vicino a sé, poi, come se non fosse successo nulla, si mise a contare i poliziotti: «...loro dieci e io una, invece!» tirò da sotto il vestito un fazzoletto «Ma una poverina cosa può fare?» si chiese sull'orlo del pianto. Iniziò a singhiozzare contro il drappo di stoffa che si era presa, poi soffiò il naso e mi parve che il terreno cedesse sotto di noi. In un quarto di secondo mi ritrovai sotto alla pedana e capii che si era aperta una botola sotto di noi.

 

Nella caduta, persi l'equilibrio e caddi a terra, nel portello dove ci trovammo.

 

Esmeralda mi tirò su di fretta, dicendomi: «Io li distraggo, tu approfittane per tornare nell'hotel!»

La vidi allontanarsi da me: «Ma...» dissi, confuso

«Fai come ti dico!» ordinò, agitata «E non farti vedere!»

 

Corse via lungo un cunicolo di legno, aprì una porta, uscì e la richiuse, lasciandomi solo.

Senza farmi prendere troppo dal senso di solitudine, indossai di nuovo gli occhiali e la maschera e andai nella stessa direzione.

 

Arrivato alla porta dove era uscita Esmeralda, la aprii leggermente, per controllare che non ci fosse nessuno.

 

Il cunicolo dava in un viottolo stretto e buio dove non c'era anima viva; la cosa migliore era che non c'era nemmeno il sole e ciò mi rallegrò, visto che la mia pelle scottata cominciava a reclamare un medico.

Nonostante Esmeralda mi avesse raccomandato di tornare all'hotel, ritornai in piazza, perché mi sentivo un codardo ad abbandonare Quasimodo in balia di Frollo.

 

Mentre percorrevo la strada che portava alla piazza, il mio piede urtò qualcosa di plastica e molto grosso, facendolo rotolare.

Quando abbassai lo sguardo, vidi una maschera abbandonata, vagamente simile a un pagliaccio che rideva; l'ideale per passare inosservato ad una festa.

 

Tolsi gli occhiali, raccolsi la maschera e la infilai in testa.

 

Continuai il mio percorso fino ad arrivare alla piazza, dove Esmeralda da sola stava facendo fare brutta figura ai poliziotti con solo ciò che le passava tra le mani, a volte anche aiutata dagli zingari suoi pari.

 

Inseguita da uomini a cavallo, corse verso la tribuna di Frollo, due uomini sui trampoli lanciarono dall'alto un bastone lungo, che venne preso dai poliziotti.

Questi ultimi non fecero in tempo a fermare i cavalli e distrussero la tribuna con Frollo allegato.

Il giudice uscì dai residui della sua tribuna, incavolato come una belva, giusto il tempo per vedere Esmeralda raggiungere un alto palcoscenico, aiutata da due equilibristi, e sparire con un trucco di magia.

 

Appena scomparve, il cielo si fece nero come la pece e cominciarono a cadere piccole gocce di pioggia.

 

«Trovateli, Capitano!» ordinò Frollo al poliziotto in borghese di prima «Li voglio vivi!»

«Sì signore!» rispose l'altro «Circondate la zona, uomini, trovate la zingara e il cantante, ma non fate loro del male!»

 

Frollo cercava anche me. Mi ero messo dalla parte degli zingari e adesso ai suoi occhi ero uno di loro. Un motivo in più per non tornare all'hotel.

Stavo per chiedermi come avrei fatto con mia sorella e tutto il resto del mondo, quando un'immagine terribile mi serrò il cuore in una morsa di terrore che sapeva di acciaio: Frollo, in groppa ad un cavallo, si avvicinò a Quasimodo con uno sguardo che non diceva niente di buono.

Quasimodo abbassò la testa e disse: «Mi dispiace, Padrone. Non vi disobbedirò mai più.»

 

Detto questo, scese dalla piattaforma, con il suo passo lento e goffo per le gambe storte. Coprendosi il viso e parandosi dal tocco altrui andò alle porte del Notre Dame.

 

Voltati, Quasi, ti prego; voltati e torna indietro. Non ritornare là dentro!”

 

Quasimodo arrancò sulle scale che precedevano le porte, già aperte.

 

No, ti prego! Non farlo!” avrei voluto fermarlo, ma mi cercava la polizia

 

Lui andò alle porte aperte; le attraversò, sparendo alla mia vista. Esitò a chiudere.

 

Non farlo, Quasi! Non chiudere le porte, ti prego! TI PREGO!”

 

Lentamente, Quasimodo chiuse la porta alla libertà, all'amicizia e alla speranza.

   
 
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