Ehm ok. Sono
sempre io la vostra Sui e.e
Sì.
Sto aggiornando TUTTE le fanfic. Spero che
questo capitolo vi piaccia e che vi introduca pian piano nella storia.
Scusate
il ritardo ma ho avuto un blocco da cui non riuscivo ad uscire.
Ora grazie a:
Edian – Agito – mindyxx – Rhys89
–
Aleinad - _AZRAEL_ - Fenis79 – elfin emrys –
soniacristina1989 – Shannara_810
BUON
COMPLEANNO
La seconda
stanza da letto era piccola e spoglia: un
letto di ferro, un tappeto fatto con strisce di stoffa intrecciate, un
quadro
raffigurante un paesaggio marittimo e nessun materasso.
Merlino si
poggiò contro lo stipite della porta ed
avvicinò al viso una piccola tazza fumante. Il giovane vi
soffiò sopra ed il
suo sguardo corse fuori alla finestra. Dei fiocchi di neve cadevano dal
cielo
andando a posarsi soffici sul terreno creando un manto
d’avorio.
Fece un passo
indietro e sbadigliando andò alla
camera seguente; i materassi squarciati occupavano lo spazio di quella
che un
tempo era stata la camera riservata ai pazienti di quel piccolo centro
costruito tanti anni addietro.
Finalmente, dopo
varie lotte e proteste al sindaco
del villaggio, Gaius, aveva ottenuto una struttura più
grande, anche grazie al
gemellaggio fatto con il paese vicino.
Il medico,
infatti, unitosi con il collega aveva
progettato lui stesso il nuovo impianto ospedaliero in cui i pazienti
sarebbero
stati curati con più mezzi e più diligenza,
nonché avrebbero potuto restare all’interno
della struttura per tutto il tempo della convalescenza.
Merlino ne era
particolarmente felice, soprattutto perché
fin da quando ne aveva memoria non aveva mai avuto una camera propria
per più
di una settimana. Invece, da quello stesso giorno non solo avrebbe
avuto una
camera sua, ma anche una piccola ala adibita ad appartamento nel quale
avrebbe
convissuto con il suo ragazzo, Gwaine Green.
Il fidanzato era
di cinque anni più grande ed il
loro incontro era stato del tutto inaspettato.
Merlino
all’età di sedici anni era uscito di
nascosto per incontrarsi con i suoi due migliori amici, William e
Freya, con i
quali aveva in progetto di passare la notte di Samhain nella vecchia
“Aubrey House” ove si narrava che
all’interno vi fosse
ancora lo spirito della padrona di casa, Elizabeth Borley, che il
giorno delle
celebrazioni del Samhain scoprì il marito a letto con la
figlia.
La donna rimase
talmente sconvolta che in un raptus
di rabbia si era scagliata su entrambi uccidendo il marito e in seguito
la
figlia maledicendoli; solo qualche giorno dopo si tolse la vita
lasciando però
nella casa un alone di morte e disperazione che ad Ognissanti si
scatenava
facendo rivivere alla donna, per punizione, l’episodio.
Il ragazzo
rabbrividì visibilmente e la sua mente
tornò a quel giorno.
*FLASHBACK*
Il
nome di
Elizabeth Borley e la data della sua morte erano incisi su una semplice
croce in
legno accanto alla quale vi era un vasetto con un paio di steli
essiccati che
un tempo dovevano essere stati fiori.
La tomba vicina
aveva invece una lapide in marmo
nero, con le lettere incise palesemente da un marmista:
MARY
JOANNA BORLEY
Figlia
adorata di Bill Borley
Deceduta
il 31 ottobre alla tenera età di 22 anni
Merlino si era
avvicinato all’ultima tomba. Un’altra
lapide di graniglia, grigiastra questa volta, su cui le lettere
dell’iscrizione
erano state scavate molto profondamente e riempite d’oro:
“Lasciate un fiore
per colei che mai troverà pace”.
Il sole era
ormai tramontato in fretta e poco dopo
le sei i tre amici erano già in casa, con le imposte chiuse,
a preparare i
sacchi a pelo per la notte.
“Ragazzi
io non sono sicura che sia una buona idea”
mormorò Freya tirando fuori dallo zaino una piccola lanterna
che accese
velocemente facendo parzialmente luce al luogo.
“Oh
dai donna” la apostrofò Will con un sorriso
malandrino che contagiò il viso di Merlino. “Hai
paura di una vecchia leggenda?”
finì sedendosi sul suo materasso improvvisato.
La ragazza
arricciò le labbra ad un broncio e si
sistemò la coda facendogli la linguaccia. “Non
è una leggenda, come non lo è il
Pierrot” esclamò lei saccente toccandosi
distrattamente la piccola croce che
portava al collo.
“Io
credo siano solo stupidate fini a far spaventare
noi ragazzi” concluse il ragazzo accendendosi una sigaretta.
“Tu che pensi
Merlino?”.
Il diretto
interessato fece spallucce e si strinse
nella pesante felpa che indossava.
“Credo
che ci sia sempre una mezza verità dietro una
menzogna” rispose stringendo la
mano all’amica che gli sorrise imbarazzata.
“Cazzate”
elargì Will alzandosi dal suo giaciglio
iniziando a vagare per la piccola casa. “Io vado ad esplorare
la spaventosa
Aubrey House”.
Le ore passarono
e quando la lancetta della
mezzanotte scoccò, i tre ragazzi già dormivano.
Solo Merlino
sentì il suo nome e come in un sogno si
alzò dal suo sacco a pelo salendo le scale che portavano al
piano di sopra.
Davanti ad una
porta vi era una donna, una donna
bellissima che con sguardo stanco lo aveva osservato prima di entrare
nella
stanza.
Ci furono delle
urla, oggetti che caddero a terra e
quando il ragazzo vi entrò sgranò gli occhi.
La donna teneva
fra le mani un ferro e stava per
calare il colpo sul capo di un uomo che proteggeva con il corpo una
giovane
piangente.
“NO!”
aveva esclamato il moro lasciando che la donna
sgranasse gli occhi.
“Perdonami,
ti prego concedimi il perdono” aveva
sussurrato questa con le braccia sollevate e tremanti pronte a colpire.
Merlino era
indietreggiato d’istinto e stranamente
aveva sorriso con dolcezza osservando i tre prima di esordire con un
“vi
perdono”.
Le tre anime,
dopo un piccolo grazie, sparirono ed
una piccola luce bianca inglobò la stanza prima che questa
tornasse nell’oscurità,
spazzata via da un piccolo raggio lunare che da un vano della finestra
tentava
di far luce. Il moro era avanzato nella stanza ed aveva spalancato
l’imposta
lasciando che il suo viso venisse bagnato dai raggi lunari.
Solo pochi
minuti dopo aveva visto un ragazzo con in
mano una bottiglia vuota di birra osservarlo dal cancello della casa.
Merlino
aveva sorriso timidamente e questi aveva alzato il braccio in un cenno
di
saluto prima di vomitare.
Il sedicenne
aveva riso e quando si era girato gli
parve di vedere quell’uomo che tanti anni fa gli aveva
regalato quella collana
che da allora non si era mai più tolto.
Aveva sbattuto
più volte le palpebre ma quando ritornò
a quel punto in cui l’aveva visto, del Lord nessuna traccia.
*FINE
FLASHBACK*
Erano passati
quasi tre anni da quella piccola gita
e da allora lui e Gwaine facevano coppia fissa.
Freya in
principio non era stata entusiasta di quel
ragazzo che di serio non pareva avere nulla. Era un assiduo
frequentatore di
bar ed aveva un debole per il gioco e l’alcol, ma in compenso
era un uomo d’onore
e straordinariamente intelligente.
Merlino si era
innamorato di lui, però, a causa del
suo carattere da buffone che lo distingueva da tutti.
Gwaine era
unico, pensò avanzando per la vecchia
clinica sorseggiando di tanto in tanto quel tè che da
parecchio tempo era
rimasto intoccato dal giovane perso nei ricordi prima che davanti a lui
comparisse
la sua migliore amica seguita dal fidanzato, nonché migliore
amico, Will.
“BUON
COMPLEANNO MERLINO!” esclamarono entrambi
mostrando una piccola torta al cioccolato con sopra una candelina
rappresentante un ‘18’.
Merlino sorrise
raggiante e si avvicinò con il viso
alla torta soffiando sulla candelina scatenando delle piccole grida
eccitate di
Freya che teneva fra le mani il dolce.
“Bene
bene ora” disse una voce dietro ai due
facendosi spazio “sexy fidanzato in arrivo!”
finì Gwaine spostando il povero
Will che gli diede una pacca sulla schiena stringendo poi la vita della
fidanzata.
“Buon
compleanno Dumbo” esclamò il castano poggiando
le labbra su quelle del giovane che ricambiò il bacio sempre
tenendo stretta
fra le mani la sua fedele tazza di tè.
“Grazie
Gaston” mormorò il moretto osservando gli
amici “e grazie anche a voi Bianca e Bernie!”
finì con un sorrisone.
“Ormai
sei maggiorenne!” esclamò Will saccente
“ovvero
perseguibile penalmente!” finì
ricevendo
dalla ragazza un piccolo coppino.
“E’
una responsabilità Merlino. Non sei più un
ragazzino, ma dovrai anche …” Freya non
riuscì a finire la frase che i tre
ragazzi presenti nella stanza chiusero gli occhi fingendo di russare.
“AH AH
molto simpatici! Non prendete seriamente il fatto che raggiungere i
diciotto
anni ti segna!” continuò con l’unico
risultato che il russare aumentasse. “Vi
odio” borbottò.
“Dai
amore, oggi è il suo compleanno non iniziare a
tartassarlo con la storia della responsabilità!”
proferì Will dandole un bacio
sulla gota rossa.
Gwaine
ridacchiò e scompigliò i capelli al fidanzato
“Stasera grande festa … mi raccomando fatti
bello” gli sussurrò all’orecchio
“soprattutto
fatti bello per il dopo festa” finì scendendo con
la mancina sulle natiche di
Merlino che sobbalzò arrossendo.
“Maniaco”
mugugnò staccandosi da lui e avanzando nel
corridoio “che dite? Una bella fetta di torta ci vuole
no?”.
I tre annuirono
e lo seguirono felici. Sarebbe stata
davvero una bella giornata, pensò il festeggiato.
La neve, gli
amici ed una festa.
L’ennesimo
boccale di birra si levò nel piccolo bar
del paesino e Merlino lo bevve tutto d’un sorso incitato
dagli amici che quando
anche l’ultima goccia del liquido fu sparita, urlarono
chiamando più e più
volte il suo nome.
Il neo
diciottenne barcollò pericolosamente ed alzò
le mani al soffitto unendosi a quelle urla sovrastate di poco dalla
musica che
da tre ore colorava con le sue note il locale.
Saltò
più e più volte e rise sguaiatamente osservando la folla.
Dov’era Gwaine?
Si mosse fra la
gente cercandolo, per poi ritrovarsi
fuori, sotto la neve con il gelo che lo colpì quasi fosse un
padre pronto a
punire il figlio per una marachella.
Merlino
avanzò alla cieca verso una piccola radura
di alberi che si stagliava davanti alla sua vista. Ridacchiò
furbescamente
prima che un giramento di testa lo facesse quasi finire con la faccia
in quella
neve; prontamente, però, due braccia lo tennero sollevato ed
uno sbuffo si
perse nell’aria.
“Non
credevo che il nostro incontro sarebbe stato
così” esclamò la voce che
ricordò al moro un qualcuno che già aveva
conosciuto.
“Sei proprio un piccolo idiota Merlino”
continuò questi sollevandolo come se
fosse una piuma.
Il ragazzo si
stropicciò gli occhi e due iridi color
cielo ed una chioma color grano si presentarono davanti al suo volto.
Il
sorriso del suo ‘salvatore’ momentaneo si
allargò. Un sorriso pregno di
sarcasmo che fece venir voglia al diciottenne di prenderlo a schiaffi.
“Chi
siete?” mormorò Merlino non capendo il
perché
gli avesse dato del lei visto che pareva avere non più di
venticinque anni.
“Non
mi riconosci idiota? Sono tuo marito” esclamò
questi posando le labbra sulle sue prima che una piuma nera cadesse nel
punto
esatto in cui i due stavano pochi secondi prima.
To be continued
…