Nancy boy
Aveva
lasciato la finestra aperta ed ebbe l'impressione che piovesse. Le
foglie dell'albero che oscurava la finestra producevano un fruscio
simile al picchiettio della pioggia. Un soffio di vento più
potente
degli altri fece sbattere l'imposta della finestra con un rumore
sordo. Mikey Way aprì lentamente gli occhi e
rabbrividì sotto il
plaid. L'autunno cominciava a farsi sentire e dimenticarsi la
finestra aperta la sera precedente non era stata una buona idea. La
luce bianca e fievole di quel mattino nuvoloso e nascente dava
un'atmosfera quasi sospesa nel tempo, anche a causa della totale
assenza di voci e rumori dato che era a malapena l'alba. Il silenzio
era interrotto solo, oltre che dal fruscio delle foglie, da qualche
automobile mattiniera che passava ogni tanto.
Mikey
Way faceva fatica a mantenere gli occhi aperti. La luce, seppur
ancora bassa, gli accoltellava le pupille. Il sonno invece gli
rimboccava impetuosamente le palpebre. Sapeva inoltre, anche senza
guardarsi allo specchio, che erano gonfi. Come al solito era andato a
dormire troppo tardi, ma per una buona causa. Gli occhi gonfi erano
un prezzo ragionevole per un corpo sempre più perfetto, e
poi
potevano essere coperti con del fondotinta. I chili in più
invece
no, non potevano essere coperti, soprattutto ai suoi occhi.
Finalmente
la sveglia suonò, dopo un'ora passata a cercare di
riprendere sonno
inutilmente. L'unica cosa che Mikey era riuscito a fare era chiudere
la finestra e raggomitolarsi di nuovo sotto il plaid, con gli occhi
chiusi. Nonostante il sonno arretrato lo opprimeva e gli occhi erano
restii a restare aperti, comunque, non ci fu verso per lui di
riappisolarsi neanche per qualche minuto. Restò
così anche per
qualche minuto dopo che tutti gli altri abitanti della casa –
ovvero i suoi genitori e il fratello maggiore – si erano
alzati,
restando sospeso in una specie di dormiveglia in cui gli stimoli
esterni lo raggiungevano e lo oltrepassavano nel giro di un secondo.
Il pensiero che monopolizzava il suo cervello era il freddo che gli
attanagliava i piedi nudi e le gambe coperte solo da un pigiama di
cotone sotto quel misero plaid estivo. Aveva portato le braccia sotto
il petto ossuto per riscaldarle con il calore intrappolato tra esso e
il materasso e cercava di portare le gambe sempre più vicine
alla
parte superiore del corpo, in posizione fetale, d'istinto. Si decise
ad alzarsi solo quando sentì qualcuno che usciva dal bagno,
segno
che ora era libero di essere usato dal prossimo. Fu solo allora,
quando si mise in piedi e indossò le ciabatte, che si
svegliò
completamente e riacquistò ogni facoltà mentale.
Anche il freddo
gli sembrava più sopportabile ora. Ma si stava facendo
sentire un
altra cosa in quel momento, a mente lucida. La fame. Mikey Way
sentiva lo stomaco gorgogliare e brontolare furiosamente e dei crampi
che gli stringevano l'addome. Ma ormai c'era abituato, quel fastidio
non era altro che una presenza di fondo che lo accompagnava ovunque e
sempre.
Andò
verso la porta del bagno e se la chiuse alle spalle. Gerard aveva di
nuovo allagato il pavimento lavandosi la faccia ed una grossa
pozzanghera d'acqua bagnava la zona intorno al mobiletto del
lavandino e una buona parte del tappeto rosa. Mikey si
sciacquò
anche lui la faccia e sentì le guance che quasi gli
bruciavano per
l'acqua gelida. Restò qualche secondo con gli occhi chiusi e
imperlati di acqua per avere almeno l'illusione che così le
borse si
sarebbero sgonfiate un minimo e il suo aspetto apparisse più
fresco
e riposato. Dopo aver liberato la vescica tornò in camera
per
vestirsi. Quella era una delle operazioni della routine mattutina a
cui dedicava più tempo. Dopo aver osservato per quasi cinque
minuti
il contenuto dell'armadio e gli abiti buttati sulla scrivania dalla
sera prima scelse dei jeans né troppo larghi né
troppo stretti e
una felpa attillata blu scuro con la zip sul davanti. Solo quando si
fu assicurato che quelle odiose ossa sporgenti ai lati appena sopra
l'inguine fossero nascoste dai vestiti e il suo corpo esile fosse
perfettamente fasciato e la sua magrezza messa in risalto da questi,
scese per fare colazione. Donna era già uscita per andare al
lavoro
e ad accompagnare il figlio maggiore all'istituto d'arte che si
trovava vicino il suo salone di parrucchiera e in casa era rimasto
solo il padre, che si affrettava ad allacciarsi le scarpe per uscire
anche lui.
«Buongiorno
Mikey, io scappo che sono già in ritardo! Fai colazione e
attento
per strada.»
Mikey
annuì andando verso il frigo e versandosi dell'acqua al
posto del
latte nella tazza, facendo attenzione a coprire l'operazione con il
suo corpo agli occhi di Donald.
«Sì,
ciao papà.»
Ogni
mattina era sempre uguale: rimaneva sempre da solo a fare colazione
quindi si poteva permettere di non farla per niente senza subire
rimproveri. Si limitava a sporcare una tazza ed un cucchiaino con un
po' di latte e a mettere queste stoviglie nel lavandino insieme a
quelle usate in precedenza dai suoi familiari per far credere a
Donna, quando tornava dal lavoro e lavava i piatti prima di cucinare
il pranzo, che avesse realmente consumato la colazione. Quando tutto
fu sistemato a regola d'arte, ormai era diventato esperto nel
camuffare tutte le volte che non mangiava, prese la borsa dei libri e
si incamminò verso la scuola.
A
differenza dell'istituto d'arte privato che frequentava il fratello,
la sua scuola era un normale liceo statale rivestito di mattoncini
rossi e dalla facciata bassa e larga e si trovava vicino casa Way.
Entrando nel vialetto che conduceva all'ingresso, Mikey aveva sempre
l'impressione di essere osservato dagli studenti che si attardavano
nel giardinetto antistante l'edificio. In quel lasso di tempo in cui
percorreva il lastricato si sentiva terribilmente giudicato. Sapeva
che il suo corpo era perfetto, che il suo abbigliamento era perfetto,
ma aveva sempre l'impressione che avesse tralasciato qualche
particolare e che gli altri potessero notare quei maledetti fianchi
sempre grossi nonostante facesse di tutto per farli scomparire del
tutto. Riacquistava sicurezza solo quando entrava nella sua aula e
prendeva posto vicino ad Alicia.
Alicia
era l'unica vera amica che aveva, con gli altri ragazzi non era molto
in buoni rapporti. Ma non gli dispiaceva neanche più, alla
fine non
era per niente interessato a far parte della squadra di football o
agli altri argomenti che monopolizzavano le conversazioni di quasi
tutti i ragazzi della sua scuola. Quasi la stessa cosa accadeva anche
con le ragazze; solo Alicia si salvava, lei era l'eccezione.
Passavano i pomeriggi chiusi in camera a guardare film, provare
vestiti, sentire musica e leggere riviste e libri. Quando era bel
tempo o avevano la giornata libera poteva invece capitare che
andassero a fare foto nei dintorni; infatti entrambi avevano la
passione per la fotografia.
La
lezione di biologia era iniziata da poco e il professore non fece
neanche caso a Mikey che era appena entrato nella stanza. Il ragazzo
individuò subito l'amica che, naturalmente, gli aveva
riservato il
posto accanto ad ella e si andò a sistemare.
«Ciao
Ali!»
Suonò
la campanella che segnava l'ora di pranzo. Dopo quattro ore passate
in uno stato di dormiveglia amplificato dalle lezioni noiose e
dall'atmosfera cupa tipica delle mattine autunnali, un po' di
vitalità parve rianimare gli studenti della High School di
Belleville. Mikey e Alicia passarono a riempire i propri vassoi
già
sapendo che quasi tutto sarebbe andato buttato. Ma non potevano non
prendere nulla, sarebbe stato troppo sospetto, quindi si fecero
servire verdura e frutta e solo poco pollo fritto. Si sistemarono ad
un tavolo libero un po' fuori mano ma lasciarono i vassoi davanti a
loro, intatti.
«La
mangi la carne?»
«No.»
Alicia
annuì e si decise a dare anche lei un morso alla mela. La
frutta e
la verdura erano le uniche cosa che non davano loro sensi di colpa,
dopotutto facevano bene e – cosa più importante
– non facevano
ingrassare. Entrambi tenevano troppo alla forma fisica, non potevano
permettersi di sgarrare soprattutto ora che i loro corpi si
avvicinavano sempre più alla perfezione. Se non fosse stato
per quei
fianchi e quelle cosce...
«Mikey
che hai fatto oggi? Hai una faccia strana.»
«Eh,
ho dormito pochissimo e sono stato fortunato a non essermi svegliato
col mal di gola. Ieri sera ho scordato la finestra aperta. Ho
sonno.»
«Ah,
ecco. Ma se saltiamo le ultime due ore? Tanto oggi abbiamo arte,
quella nemmeno se ne accorge che manchiamo.»
Mikey
rigirò la sua mela mezza morsicata tra le mani riflettendoci
un
attimo, anche se la risposta era più che ovvia.
«Okay.
Dove andiamo?»
«Casa
mia?»
«Okay.»
Finirono
di spiluccare ancora qualcosa dal contenuto dei loro vassoi e poi li
vuotarono in uno dei cestoni. Ma invece di seguire gli altri studenti
che rientravano per fare lezione, si allontanarono passando dalla
seconda entrata della mensa, che dava sul retro del cortile. Non
c'erano aule che si affacciavano su quel lato dell'edificio, quindi
percorsero tranquillamente e senza paura di essere avvistati la
distanza che li separava da quel buco nel recinto di rete, da cui
forse generazioni intere di alunni erano sgattaiolati nella campagna
adiacente per scampare ad interrogazioni, compiti in classe, test e
lezioni particolarmente sgradite.
«Aaah,
non ce l'avrei proprio fatta a rimanere altre due ore!»
«A
dipingere e farsi disapprovare da quella là poi, no
grazie.»
Mikey
rise per il tono con cui Alicia aveva pronunciato quelle parole e
subito dopo gli scappò uno sbadiglio.
«Vero
che adesso che arriviamo ci mettiamo a dormire?»
«Fai
come vuoi, io non ho sonno comunque ti faccio compagnia.»
La
casa di Alicia si trovava lungo la stessa strada che collegava il
quartiere di Mikey alla loro scuola. La ragazza stava da sola in
quella villetta bianca quasi tutti i giorni, dato che i suoi genitori
erano separati e viveva con la madre, che lavorava nella vicina
cittadina di Newark e tornava sempre ad ora di cena. Quando
arrivarono, salirono subito in camera di Alicia e Mikey si
buttò sul
piumino lilla affondando la faccia nel cuscino. La ragazza lo
seguì
e si sdraiò supina di fianco a lui.
«Ma
davvero vuoi dormire?»
«Ci
provo, devo recuperare il sonno perso in tutto questo tempo.»
«Come
“in tutto questo tempo”? Non è solo
stanotte che non hai
dormito?»
«Ultimamente
vado a letto troppo tardi.»
«Come
mai?»
«Mal
di stomaco.»
Alicia
assentì con un borbottio mentre si sistemava in modo da
stare più
comoda.
«Mikey
spostati un attimo, mettiamoci sotto le coperte.»
Di
malavoglia il ragazzo si alzò e si riallungò
subito dopo essersi
tolto le scarpe e la felpa, stavolta nel letto. Alicia gli si
raggomitolò vicino, si era tolta i jeans e aveva indossato
dei
leggins leggeri. Mikey le passò un braccio sulla vita
sottile e dopo
un poco calarono in un sonno favorito anche da quel tepore.
Eh
già, ho iniziato una nuova ff u.u
Ancora
non si delinea bene tutta la situazione anche se forse molti di voi
avranno capito il “problema” di Mikey e di Alicia.
Ma nei
prossimi capitoli le cose cambieranno un po' quindi aspettate a
giudicare dalle apparenze xD
See
ya soon
dryvenom