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Autore: telesette    26/10/2011    5 recensioni
Buona parte del settimo episodio, da me riveduto e corretto, e altrettanta iniziativa per immaginare il seguito. Il titolo parla chiaro mi sembra, leggete e saprete, NON E' UNA FREGATURA comunque...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Athos e Aramis - Primo Bacio...

Trovandosi per caso a passare vicino alla casa di Aramis, Athos fu alquanto sorpreso di vedere la carrozza di Rochefort ferma proprio lì davanti. Che cosa mai poteva volere il “leccapiedi” del Cardinale da uno dei moschettieri ? Avvicinandosi incuriosito poi, Athos notò anche Jussac e due suoi sottoposti mentre salivano furtivamente la scala davanti all’ingresso.

- Che cosa avranno in mente ? - si domandò il moschettiere, stringendo gli occhi con sospetto.

Nascosto dietro l’angolo di una casa lì accanto, Athos poté osservare tutta la scena. Poco dopo che Jussac bussò alla porta, Aramis venne ad aprire e… Un istante dopo lui e i suoi uomini irruppero dentro, minacciandolo con le pistole.

- Dannazione - imprecò Athos, portando istintivamente la mano sull’elsa.

Purtroppo rammentò che sia la sua spada che quella di Aramis erano entrambe spezzate ( in segno di solidarietà e fratellanza reciproca col loro giovane amico D’Artagnan ); oltretutto c’era anche il rischio di rimanere vittime di quei vigliacchi… No, doveva aspettare e cogliere l’occasione migliore per aiutare l’amico in difficoltà, non appena quegli imbecilli avessero abbassato la guardia.
Aramis uscì di casa con le mani alzate, protestando ampiamente per la gravità del “sequestro”, tuttavia non ottenne alcuna spiegazione; Jussac lo sbatté dentro la carrozza e, sempre tenendolo sotto minaccia della pistola, fece segno ai suoi di rimontare a cassetta.
Senza perdere un secondo, Athos colse al volo il momento per uscire dal suo nascondiglio e attaccarsi all’estremità posteriore della carrozza senza essere visto. L’unico modo che aveva per aiutare Aramis era quello di scoprire dove intendevano portarlo, perciò non aveva altra scelta.
Il nero veicolo percorse di gran fretta i vicoli di Parigi, fino a raggiungere un lungo edificio piuttosto isolato, con un alto muro di cinta che dava sulla strada. Vedendo che qualcuno aveva aperto il cancello, in modo da far entrare la carrozza, Athos saltò giù appena in tempo e trattenne il fiato, sperando che non lo avessero notato. Fortunatamente nessuno diede il benché minimo allarme cosicché, non appena la carrozza fu scomparsa all’interno dell’edificio, il moschettiere si avvicinò per rendersi conto della situazione.
Da fuori tutto sembrava tranquillo e silenzioso, nessuno in giro e la casa aldilà del muro pareva deserta. Tuttavia, mentre ancora stava riflettendo sul modo di agire, uno degli uomini del cardinale uscì fuori dal cancello brontolando. Vedendolo piantarsi lì, con le spalle appoggiate al muro, Athos capì che lo avevano messo di guardia.

- Uffa - esclamò la sentinella con un grugnito. - A volte Monsieur Rochefort esagera con la prudenza: abbiamo sequestrato il biondino senza farci nemmeno notare, chi mai potre… Ouff !!!

Dopo aver tramortito la guardia, Athos abbassò il pugno con un mezzo sorriso.

- A volte mi chiedo quanta intelligenza ci voglia per far parte delle guardie di Richelieu - commentò il moschettiere tra sé, sfilando la spada dal fodero dell’altro. - Ora però pensiamo a liberare Aramis!

Così dicendo, spinse piano il cancello socchiuso e scivolò all’interno del cortile. In giro non c’era anima viva, segno che non dovevano essere in tanti ( al massimo Rochefort dunque, con altri due o tre galoppini, e Jussac ). Muovendosi piano, spada in pugno e guardandosi intorno con cautela, Athos si avvicinò alla porta di ingresso. Anche questa per fortuna non era chiusa a chiave, cosicché non ebbe difficoltà alcuna nel penetrare all’interno e percorrere un lungo corridoio scarsamente illuminato.

- Devo fare attenzione - pensò. - Se lo hanno portato qui, anziché al cospetto del Cardinale, è fin troppo chiaro quello che potrebbe succedergli… Non temere Aramis, sto arrivando!

Una porta aperta alle sue spalle e le chiacchiere concitate di due uomini lo allertarono improvvisamente. Voltandosi di scatto, Athos si ritrovò faccia a faccia con due guardie e queste, una volta ripresesi dallo stupore, sguainarono le spade per affrontarlo. Purtroppo per loro, il moschettiere era sufficientemente veloce e abile per mettere fuori combattimento due pivellini del genere. In men che non si dica infatti, disarmò il primo con una cavazione e neutralizzò il secondo “stampandogli” l’elsa in pieno volto. L’avversario disarmato guardò Athos sgomento, prima di voltarsi e tentare disperatamente di chiedere aiuto… Tuttavia il filo luccicante della spada dell’altro gli passò lungo la guancia, costringendolo a fermarsi di scatto.

- A… A… Aaa…

Il poveretto riuscì appena a balbettare, con gli occhi fissi su quella lama all’altezza del volto. Athos gli consigliò caldamente di non provare a chiedere aiuto, a meno di non voler abbreviare la sua patetica esistenza. Questi annuì con un nervosissimo cenno del capo, il sudore freddo che gli imperlava la fronte, e subito cominciò a raccomandarsi l’anima a tutti i santi e le madonne ( francesiovviamente ) che conosceva.

- Dove hanno portato il prigioniero ? - domandò Athos sottovoce.
- I… In cima a… alle scale, nella mansarda, l’ultima porta nel corridoio…
- Grazie - rispose, spedendolo a nanna definitivamente con un leggero colpetto sulla zucca.

 

***

 

Nel frattempo Aramis era legata ad una delle travi di legno, che sostenevano il tetto a mo’ di colonna, e osservava sprezzante sia Rochefort che Jussac lì presenti. Il primo inarcò alterato l’unico sopracciglio visibile ( a causa della benda sull’altro occhio ), chiaramente in collera per il suo ostinato silenzio alle sue domande.

- Allora, sei stato tu a far partire Buckingam ? - ruggì Rochefort spazientito.
- Vi ripeto che non so niente - rispose Aramis impassibile. - Non c’è motivo perché io venga trattato in questo modo… Fatemi vedere dov’è il vostro mandato di cattura e soprattutto chi vi ha ordinato di arrestarmi!

Rochefort non aveva intenzione di sopportare oltre la sua arroganza. A causa di quel dannato moschettiere, e probabilmente dei suoi stessi compagni, la loro trappola per catturare il Duca di Buckingam e denunciare ingiustamente la Regina Anna di tradimento era miseramente fallita. Per quanto testardo fosse l’insopportabile galletto biondo al suo cospetto, era fermamente deciso a farlo “cantare”, con ogni mezzo se necessario.

- Rispondi alla mia domanda - incalzò Rochefort, sul punto di esplodere. - Parla, e subito!

Sentendo la voce tonante di Rochefort provenire dal corridoio, Athos non ebbe problemi a raggiungere la stanza dove Aramis era tenuto prigioniero. Una volta raggiunta la porta in questione, il moschettiere accostò l’occhio ad una sottile fessura nel legno e vide Aramis, legato e immobile, completamente alla mercé dei suoi due aguzzini. In un primo momento, ebbe l’impulso di sfondare la porta e attaccare entrambi di sorpresa ma, scorgendo la pistola che sporgeva dalla cintura di Jussac, temette per l’incolumità del suo compagno. Non doveva agire in modo avventato, doveva aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Malgrado la sua situazione, come era ovvio del resto, Aramis sostenne il tono minaccioso di Rochefort col suo solito sangue freddo.

- Non ho niente da dire e non mi sento obbligato a rispondervi!
- Bravo, Aramis - pensò Athos con un sorriso. - Cerca di prendere tempo, mentre io…

Il sorriso mellifluo sul volto di Rochefort non prometteva niente di buono. Per un attimo Athos temette che la faccenda stesse per complicarsi molto seriamente, costringendolo ad agire prima del previsto.

- Ah, davvero ? - fece Rochefort, con evidente ironia nella voce. - Questo è quello che dici tu… Jussac!
- Agli ordini - rispose questi prontamente.

Puntando l’indice minaccioso contro Aramis, Rochefort ordinò all’altro di spogliare il moschettiere della giacca e frustarlo fino a che non si fosse deciso a collaborare. Temendo ovviamente per il suo segreto, piuttosto che per la minaccia in sé, Aramis sbarrò gli occhi per la paura. Se veramente quei due mascalzoni le avessero tolto la giacca, per poi scoprire che lei era una donna, Richelieu avrebbe avuto a sua disposizione il modo più rapido e veloce per sbarazzarsi completamente sia di Monsieur De Tréville che dell’intero corpo dei moschettieri. Jussac si avvicinò minacciosamente, con un orribile sogghigno, e già pregustava il piacere che avrebbe provato nell’umiliare quel biondo damerino. Aramis trattenne il fiato preoccupata, incapace di reagire legata com’era, non aveva alcuna possibilità di scampo. La mano guantata di Jussac le afferrò la parte alta della casacca ma, a causa delle corde che la tenevano legata, era difficile strapparla completamente con un unico gesto. Al primo strattone infatti, il colletto cominciò a cedere senza fortunatamente rivelare nulla di compromettente. Aramis provò inutilmente a ordinare loro di fermarsi ma, sventolandole lo scudiscio sotto il naso, Jussac minacciò di frustarla a sangue. Stanco di aspettare, Rochefort ordinò all’altro di sbrigarsi, ma la stoffa era stretta assieme alle corde e dunque offriva molta più resistenza.

- Jussac, non perdere tempo - sbraitò Rochefort. - Usa la frusta!
- Sì signore - rispose l’altro, allargando lo strappo.

Non potendo fermarlo con le parole, Aramis strinse i denti rabbiosamente e sputò dritto negli occhi di Jussac. Quest’ultimo si bloccò di scatto, strofinandosi il volto, dopodiché rivolse al moschettiere un’occhiata furibonda e sollevò lo scudiscio sopra la testa.

- Dannato insolente!

Al suono secco della frusta di Jussac, un segno rosso sulla guancia di Aramis cominciò a gocciolare vistosamente. Incapace di tollerare oltre, Athos si decise dunque a sfondare la porta e ad intervenire.

- Fermati, vigliacco - urlò Athos, fiondandosi dentro la stanza con la spada in pugno.

Sia Rochefort che Jussac rimasero a guardarlo stupefatti. Quest’ultimo fece per estrarre la pistola e sparargli contro ma, approfittando della sua distrazione, Aramis riuscì prontamente a sferrargli un poderoso calcio in mezzo alle gambe. Jussac gemette a causa dell’immane dolore ai genitali e, con un secondo calcione a piedi uniti, Aramis lo spedì definitivamente nel mondo dei sogni, mandandolo a sbattere la testa contro il muro.

- Dannati moschettieri - gridò Rochefort, sfoderando la spada. - Ma ve la farò pagare cara!
- L’unico a pagare sarai tu, Rochefort - ribatté Athos, facendosi avanti per affrontarlo.
- En Garde - disse l’altro, accettando la sfida.

Le lame di entrambi cozzarono l’una contro l’altra, con un violento spruzzo di scintille. Nonostante la mancanza dell’occhio, Rochefort era comunque un osso duro; la sua era una tecnica potente e precisa, dovuta ad anni di allenamento; nonostante la sua proverbiale abilità, Athos non riuscì a trovare una sola fessura nella guardia veloce e istintiva dell’altro. Gli scambi veloci erano la conseguenza di un “botta e risposta” basato su schemi predefiniti, per questo Rochefort era in grado di intuire la direzione degli attacchi di Athos, anche nella zona in cui non poteva vedere. Per alcuni istanti il duello si mantenne abbastanza equilibrato, senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere sull’altro, ad un tratto però il moschettiere si ritrovò con le spalle alla finestra e incapace di indietreggiare.

- Athos, attento - urlò Aramis.

Rochefort sorrise malignamente, con un rapido scintillìo nello sguardo.

- Sei mortooo!

Spostando appena in tempo la testa di lato, Athos evitò la lama di Rochefort per un soffio. Questa si conficcò saldamente contro lo stipite della finestra e, malgrado il buffo e patetico tentativo di estrarla, il tirapiedi del Cardinale non ottenne altro che di agitare il braccio come un forsennato. Con la coda dell’occhio, Athos vide che la cerniera che teneva attaccata l’imposta si era allentata perciò, una volta spezzata con un preciso fendente, questa cedette assieme allo slancio di Rochefort. Costui non ebbe il tempo di accorgersene che, una volta sfilatasi dalla punta della sua spada, l’imposta si sollevò in aria e ricadde pesantemente proprio sulla sua testa. Il poveretto assunse l’espressione di un ubriaco e crollò all’indietro, con la sua tipica smorfia ebete dipinta in faccia.
Dal momento che entrambi i nemici erano ormai inoffensivi, Athos gettò a terra la spada e si accinse a liberare Aramis dalle corde.

- Ecco qua, scusa se ti ho fatto aspettare!

Aramis sorrise.

- Grazie Athos, se non fosse stato per te, me la sarei vista brutta!
- Ah, non credo proprio! Sicuramente te la saresti cavata be…
- Hm ?

Non appena fu libera dalle corde, Aramis notò che Athos era come impallidito. Abbassando lo sguardo però, si accorse che il motivo di tale reazione era la parte lacerata della sua casacca che metteva in evidenza il busto strettamente fasciato. Arrossendo improvvisamente, subito si affrettò a coprire il seno con le braccia ma… ormai il danno era fatto.

- U… Una… Una donna ?!?

Athos non riusciva a credere ai suoi occhi. Sulle prime Aramis sembrò incapace sia di parlare che di sollevare lo sguardo tuttavia, riconoscendo i suoi obblighi nei confronti del compagno, capì che era inutile tacere a questo punto.

- Immagino di doverti qualche spiegazione - esclamò.

 

***

 

Una volta tornati a casa di Aramis, Athos rimase a lungo seduto in silenzio. La fanciulla cominciò naturalmente a spiegargli dal principio l’intera faccenda, insistendo soprattutto sulle ovvie ragioni che l’avevano indotta a mantenere il segreto anche con lui e Porthos. L’altro meditò su ogni sua parola, scuotendo il capo di tanto in tanto, ma attese con pazienza che lei terminasse il suo racconto.

- E questo è tutto - concluse lei. - Sei libero di credermi o meno, ma ti assicuro che non era mia intenzione ingannarvi per tutto questo tempo!

Athos sospirò profondamente.

- Posso capire che travestirti da uomo e cambiare identità ti sia servito per proteggerti - esclamò in tono calmo e senza alcuna irritazione. - Tuttavia, scegliendo di entrare a far parte dei moschettieri, ti sei messa in una situazione rischiosa per mantenere un simile segreto…
- Oh no, tutt’altro - replicò Aramis. - Se non fosse stato per la generosità di Monsieur De Tréville, non avrei potuto evitare di sfuggire alle ricerche di mio padre; era necessario “l’ultimo posto” dove chiunque avrebbe pensato di trovare una donna… E oltre a questo, solamente diventando un moschettiere, avrei potuto scoprire qualcosa sull’assassino del mio adorato Françoise!
- Te l’ho detto, posso capire le tue ragioni - insistette Athos, guardandola ora un po’ più severamente. - Ma continuo a dire che la tua sia stata una scelta azzardata: dopo quanto è successo oggi, per esempio, hai corso il rischio di farti scoprire e provocare la caduta di tutti noi moschettieri… Pensi che il tuo segreto e il tuo desiderio di vendetta valgano davvero un simile prezzo ?
- Io…

Aramis tenne i pugni tremanti sul tavolo, incapace di ribattere alcunché.

- Ti prego - sussurrò. - So di aver tradito la tua fiducia e quella di Porthos, e non ti chiedo di perdonarmi… Ma per favore, mantieni il segreto!
- Lo farò, naturalmente - promise Athos. - Ma devo ugualmente parlare con De Tréville!
- Cosa ?
- Mi dispiace, Aramis - esclamò, alzandosi e andando verso la porta. - La sicurezza dei moschettieri è più importante delle tue questioni personali; De Tréville dovrà assegnarti un altro incarico!

Una volta compreso ciò che intendeva dire, Aramis balzò in piedi rovesciando la sedia e le si parò davanti spalle alla porta per impedirgli di uscire.
- Togliti di mezzo, Aramis - ordinò Athos secco.

Gli occhi di lei sembravano implorarlo solo con lo sguardo. Se De Tréville l’avesse sollevata dall’incarico come moschettiere, in qualunque altra divisione fosse stata trasferita, non avrebbe più avuto alcuna possibilità di indagare sull’assassino di Françoise.

- Ti scongiuro, Athos - mormorò lei, quasi con le lacrime agli occhi. - Non puoi farmi questo, ti supplico…
- Basta adesso!

Dopo averla scostata con un brusco movimento del braccio, Athos fece per uscire senza neanche voltarsi a guardarla.

- Uno per tutti - sussurrò Aramis, con la frangia calata sugli occhi. - E tutti per uno…

La mano di Athos si fermò nello stesso momento sulla porta, senza aprirla. Le parole che Aramis aveva appena pronunciato, il loro motto e una promessa per tutta la vita, furono sufficienti a ricordargli il profondo valore di ciò che esse significavano. Quando Aramis sollevò lo sguardo, due fili luccicanti scorrevano lungo i suoi occhi: stava piangendo!

- Credevo che fossimo amici…
- Anch’io lo credevo - scattò Athos rabbiosamente. - Credevo di conoscerti, di sapere… Ma chi sei tu, 
veramente ?
- Ha importanza ? - domandò lei, guardandolo tristemente negli occhi. - Pensi forse che, come ti abbia mentito sul mio sesso, ti abbia mentito anche su tutto il resto ?

Athos fece per replicare ma… No, era tutto troppo difficile per esprimere ciò che provava con le parole. Per tutto quel tempo, assieme a Porthos, aveva considerato Aramis come il suo più caro e fidato amico; ora invece, per quanto incredibile e assurdo potesse sembrare, era bastato scoprire la verità su di lui… anzi, su di lei, per far sì che tutto cambiasse completamente. Come poteva guardare e riconoscere l’amico che credeva nella donna di fronte a lui ? Poteva forse “fingere” che non fosse accaduto nulla e semplicemente dimenticare quanto aveva visto ? No, per quanto lo volesse e lo desiderasse, non riusciva a togliersi dalla mente l’idea che tutti gli anni trascorsi assieme ( i duelli, le risate, le avventure ) fossero solo un gigantesco e crudele inganno.
Ad un tratto, col rumore di un tonfo secco, Aramis si riscosse per vedere Athos crollare in ginocchio sul pavimento.

- Athos - esclamò preoccupata, chinandosi subito accanto a lui. - Che cos’hai, non ti senti bene ?
- Aramis…

Il bruno moschettiere accarezzò il volto della fanciulla, sentendosi tremendamente in colpa per aver anche solo pensato al male che stava per farle. Per anni Aramis aveva sofferto in silenzio, cercando di conseguire lo scopo di tutta la sua vita; e lui, suo amico e compagno da sempre, l’avrebbe gravata di un’ulteriore sofferenza, rendendo vani tutti i suoi sforzi. Come poteva essere così cieco da non capire ? La mano di Aramis sfiorò la sua, morbida e delicata come un petalo in primavera, e in quel momento Athos comprese quanto era stato stolto.

- Aramis, puoi perdonarmi per… per quello che ho detto ?

Lei lo guardò stupita ma, aprendosi immediatamente ad un sorriso, abbracciò il moschettiere cingendolo con affetto.

- E tu puoi perdonarmi per non averti detto prima la verità ?
- Oh, Aramis…

Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, era come se Athos vedesse Aramis per la prima volta: così bella, di una bellezza quasi sconvolgente; i suoi occhi, un tempo pieni di gioia e felicità, sembravano indicare tutta la tristezza che gravava sul suo animo inquieto; Athos rimase come rapito dal suo viso, da ogni suo lineamento, incapace di distogliere lo sguardo…
Accadde quasi senza che se ne rendesse conto. Le sue labbra sfiorarono quelle di Aramis, in un gesto più che naturale, spiazzandola completamente.
Non appena si rese conto però di ciò che aveva fatto, Athos si scostò da lei immediatamente. Non riusciva a credere di aver ceduto così all’istinto, senza tenere in considerazione le conseguenze del suo gesto; il fascino e la bellezza di Aramis lo avevano chiaramente sconvolto, al punto da fargli dimenticare tutto il resto. D’altro canto Aramis, completamente impreparata a questo, guardò Athos come mai prima d’ora. L’immagine che aveva di Françoise, seppure ancora viva e presente alla sua mente, sembrava d’un tratto terribilmente lontana al suo cuore… che guarda caso aveva cominciato a battere molto più forte di prima. Mai più, dopo la morte del suo innamorato, le era capitato di provare ancora una volta il dolce calore che può dare un bacio. Quello di Athos era il primo che riceveva da moltissimo tempo ormai, da quando si era convinta di non poter amare nessun altro all’infuori di Françoise, eppure le era sembrato incredibilmente bello.

- Perdonami Aramis, io… Non so cosa m’è preso, davvero!

Prima che Athos potesse dire ancora qualcosa, per tentare in qualche modo di giustificarsi, fu Aramis a baciarlo di sua spontanea volontà. Laddove il primo era stato casuale, questo era diverso; laddove il primo era stato rubato, questo invece era desiderato.Aramis accarezzò il volto di Athos con entrambe le mani, baciandolo con ancora più passione di quanta lei stessa credeva di poter provare. Athos la strinse forte a sé, affondando le dita nei suoi capelli dorati, temendo quasi di separarsene. In quel momento il desiderio di entrambi, il bisogno irresistibile di essere uno per l’altra e viceversa, era più forte di qualsiasi altra cosa. Attraverso quel bacio, lungo e interminabile, entrambi compresero di provare qualcosa di meraviglioso e reciproco: Aramis si sentiva nuovamente amata e desiderata, e Athos sentiva di non poter amare nessun’altra donna all’infuori di lei; in quel bacio c’era molto di più della passione di un solo momento, c’erano l’amore e la promessa di un uomo e una donna, destinati a condividere una sola ed unica vita insieme.

FINE

   
 
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