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Autore: Ziggie    28/10/2011    3 recensioni
It's never too late to mend, perchè non è mai troppo tardi per redimersi. Un'avventura per i fratelli Blues lunga una vita, ma al loro fianco non vi era solo la Banda, ma anche Ziggie. Recensite se vi va :) Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Che cos è questa fiction?! Una sfida con me stessa, direi. Si, perchè proprio l'altro giorno, riguadando le imprese dei fratellini blues, mi è venuta in mente. Sarà una long fic, perchè dalla loro infanzia arriverà fino agli inizi del secondo film (oltre non vado, perchè se c'è una cosa che non mi è piaciuta è stato proprio Blues Brothers 2000)... Di Jake alla fine si sa parecchio, che è un donnaiolo, un fissato con la banda, ma di Elwood?!?! Quel tenerone bonaccione!?!?!? Che si sa di lui?!?!? Ben poco rispetto al fratello ed ecco che entra in scena ZIggie, chissà magari tra i due nascerà qualcosa *fischietta innocente* ahahaah! Ok, basta, sto parlando troppo. A voi la lettura e spero anche le recensioni ;)  
 

It’s never too late to mend

  1. Una nuova dimora

Calumet City, Illinois. Ecco la mia nuova casa: un edificio in mattoni rossi, con ampi finestroni; una strada sterrata davanti, piena di buchi e pozzanghere, simbolo che la notte precedente ha piovuto, a presentare un orfanotrofio ai bordi della grande metropoli di Chicago.

L’edificio dal quale provenivo stava chiudendo i battenti e la direttrice ha pensato bene di spedirmi qui, in questa nuova dimora, piuttosto che cercarmi dei genitori. Avevo 11anni, ma l’idea di una famiglia era sfocata: troppe promesse non mantenute, troppi rifiuti, eppure cosa avevo di diverso dagli altri bambini?

Entrai nell’atrio,  accompagnata da una sacca più grande di me, ma non erano effetti personali, di quelli ne avevo ben pochi, erano, più che altro, documenti cartacei che attestavano il mio trasferimento; la direttrice non aveva tempo di presentarmi alla sua omonima di
quell’edificio, così mi lasciò al mio destino.

Era una stanza cupa, illuminata da una fievole luce e poi, eccola lì, una porta con scritto “DIREZIONE”. Mi incamminai e bussai. Nessuna risposta. Bene!

- Cerchi la pinguina? – chiese una voce alle mie spalle.

Mi voltai appena – la chi? –

- La pinguina, la suora, il boss – si spiegò meglio. Era un ragazzino un po’ strambo, alto per la sua età, avrà avuto, ad occhio e croce, due o tre anni più di me, capelli castani e sbarazzini e un paio di occhiali da sole in testa, a mo di cerchietto.

- Si, se si tratta di suor Mary si, sto cercando la pinguina -.

Mugugnò appena, senza darmi una risposta, senza un cenno, guardandomi – sei nuova? – mi chiese. Lo guardai male, nonostante fossi orfana, non mi piaceva essere equiparata ad un oggetto.

– Ho 11annu, non mi hanno partorito ieri – gli rinfacciai, ma le mie parole gli stuzzicarono una risata e fu allora che aprì la porta ed entrò, invitandomi a seguirlo.

- Beh! Bimba, che fai? Non vieni? –

- Venire dove? –

- Dalla pinguina, no? Ti introduco io –

Davanti a noi una caterba di scale scricchiolanti, con in cima un crocifisso rivolto ai passanti, a dirla tutta un po’ inquietante. In cima ad esser una porta, ma il mio accompagnatore non fece in tempo a bussarla, che questa si aprì di scatto, facendomi sgranare gli occhi: dov’ero finita? In una casa di fantasmi?

- Avanti! – una voce forte provenne dal centro della stanza.

- E’ tutta tua, bimba – mi disse a bassa voce il ragazzo, io lo guardai un po’ intimorita, pregandolo con lo sguardo di rimanere, dal canto suo arricciò appena il naso, ma acconsentì, dopotutto mi aveva detto che mi introduceva lui.

- Sorella Mary, abbiamo visite – mi annunciò.

- La tua presenza qui è già una visita, Elwood – ridacchiò la suora, alzandosi in piedi e aggirando la scrivania, sorridendo.

- Si, beh… E’ un puro caso -.

- Non mi presenti la tua amica? –

- Si, lei è… - ma si fermò, dopotutto il mio nome non lo sapeva.

- Ziggie – mi presentai io – sono appena arrivata dall’orfanotrofio vicino al lago, forse la direttrice l’aveva già contattata, sorella – commentai prendendo più certezza di me stessa e porgendo alla suora i documenti, mentre lei annuiva alle mie parole.

- Ti stavamo aspettando, Ziggie – mi sorrise – Elwood, perché non le fai da guida? –

- Lo farei volentieri, ma Jake mi sta aspettando -.

- Aspetterà – dettò la suora. Notai il ragazzino un po’ contrariato.

- Se Elwood ha già un impegno sorella, non importa, darò un’occhiata in giro da sola-  alla fine non volevo che rinunciasse al suo impegno per me, chi ero io? Una bambina che era capitata per caso, o forse per forza, in quella che era la sua dimora, il suo regno e, di certo, non volevo rovinare nulla. Già non avevo amici nel vecchio orfanotrofio, non mi andava di ricominciare a vivere alla stessa maniera.

La suora sembrava non aver sentito le mie parole e il ragazzino arricciò maggiormente il naso – ti mostro il dormitorio, Ziggie. Tra un’ora sarò di ritorno e cominceremo il nostro giro, aspettami lì – disse, accennando un sorriso, voltandosi poi verso la pinguina facendole una smorfia, come per dire “contenta?!?”

Annuii, ma sospirai appena, alla fine lui aveva i suoi amici, la sua vita, seppur dentro quelle mura, io ero il classico nuovo peso da portare e di certo non gli faceva piacere farmi da guida. – Arrivederci, sorella – salutai la suora, seguendo Elwood fuori.

- Arrivederci Ziggie, buona permanenza -.

Scendemmo le scale velocemente, Elwood sembrava avere parecchia fretta, ma era il doppio di me e un suo passo equivaleva ad almeno due dei miei. Uscimmo dalla direzione e ci imbucammo in una porticina a muro, in fondo al corridoio, parecchio difficile da scorgere, al di là della quale fummo accolti da una stanza accogliente, lunga, che ospitava diversi lettini dalle testate in ferro.

- Et voilà, il dormitorio – mi annunciò con fare teatrale, allargando le braccia – scegli pure dove dormire, la fila sinistra è quasi, completamente, libera -.

- D’accordo, vedrò di scegliere con cura, ma non voglio trattenerti,  a quanto ho capito, hai un impegno – gli feci notare tranquillamente.

- Eh, si! E, se non mi sbrigo, Jake mi fa a fettine – prese a correre – a più tardi, Ziggie, piacere di averti conosciuta – mi urlò da in fondo alla stanza, prima di sparire mettendosi gli occhiali.

- Piacere mio, Elwood – gli risposi di rimando.

Conosciuto, si, che grande parola! Avevamo appreso ognuno il nome dell’altro per situazioni fortuite, nulla di più, ma la disponibilità che aveva dimostrato nei miei confronti, forse poteva essere il primo seme per una nuova e futura amicizia. 
  
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