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Autore: chiaki89    30/10/2011    9 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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Infine eccolo qui. L’ultimissimo capitolo, che mi ha fatto sudare sette camicie (è questo il motivo del ritardo, vi chiedo scusa). Desidero dedicarlo a tutti i lettori che hanno seguito questa storia, che mi hanno sostenuta e resa più felice di quanto non avrei mai potuto immaginare. Grazie di esserci stati.

 

EPILOGO

 Umani

 


 

Avevo deciso di godermi appieno la serata: avevo ballato di nuovo, anche con Jeremy, avevo riso e parlato con quasi tutti. Mi ero persino stupita della mia stessa socievolezza.

Ma la festa era finita ed io mi ritrovavo in macchina con Seth, diretta verso casa. Lui, esattamente come me, sembrava felice, benché privo di quella punta di amarezza che non mi voleva lasciare.

“Ehi Lee”, disse all’improvviso, gettandomi una fugace occhiata. “Si può sapere cosa è successo tra te e Jeremy?”. M’irrigidii, mio malgrado imbarazzata. Decisi di rispondere con un’altra domanda e pregai che il mio fratellino fosse meno furbo di me.

“Si può sapere cosa è successo tra te e Maggie?”, insinuai tranquilla fissandomi le unghie.

Ridacchiò. “Beh, ha deciso di rimanere in America, giusto? Diciamo che avremo l’occasione di vederci”. Sembrava parecchio soddisfatto. Seguì qualche momento di silenzio, che venne rotto nuovamente da lui.

“Certo che siamo i licantropi più strambi del branco. Chi l’avrebbe mai detto?”. Feci per ribattere con qualcosa di antipatico, visto che avevo capito perfettamente il sottinteso nella parola “strambi”, ma all’improvviso mi parve davvero inutile mentire.

“Già”, replicai sconsolata, scuotendo la testa.

E scoppiammo a ridere.

***

In quella settimana mi comportai come una scolaretta alle prese con la prima cotta. Di nuovo. Cercavo di stare il più possibile con Jeremy, intimamente persuasa che quelli sarebbero stati gli ultimi giorni che avrei passato con lui.

A volte mi davo della stupida per questi pensieri poco meno che catastrofistici: in fondo l’Alaska non era così lontana, considerata la velocità dei vampiri. Però…c’era un però. Una volta partiti i succhiasangue io potevo tornare umana: una possibilità c’era, neanche troppo remota. E da umana non potevo certo restare con Jeremy, era semplicemente assurdo. Io non ero Bella.

Jeremy era riuscito dove nessun altro aveva avuto successo: insegnarmi ad aprire il mio cuore, a dare fiducia, a mettere i sentimenti in gioco. Lui aveva contribuito al mio risveglio, insieme a mio cugino Joshua, e adesso toccava a me andare avanti. Mi sarei dovuta trovare un uomo perbene, lo sapevo, uno da amare e con il quale condividere la mia vita. Chissà, magari costruire una famiglia.

Perché era chiaro che con Jeremy non potevo restare. Lui non aveva neppure accennato alla possibilità di rimanere nella zona di La Push ed io non avevo la minima intenzione di obbligarlo: doveva essere una scelta sua. In ogni caso la separazione era la soluzione più logica.

Ma allora perché era tutto meno che indolore? Perché m’innervosivo ogni volta che pensavo a Jeremy che se ne andava per sempre? Forse era solo egoismo, forse era paura di perdere qualcuno della cui presenza mi ero ormai abituata. Forse.

Un pomeriggio sacrificai un po’ del poco tempo che avevo con Jeremy per andare a trovare il sommo alfa. Era un modo come un altro per non lasciarmi andare a pensieri deprimenti e inutili. Speravo che vedere il povero Jake alle prese con la difficile vita coniugale avrebbe contribuito a distrarmi: in fondo non ero cambiata così tanto, ancora tendevo crogiolarmi nelle disgrazie altrui.

Invece lui mi accolse luminoso come il sole, il viso attraversato da un sorriso così lieto e rilassato da farmi venire l’orticaria. Perfetto: ancora una volta, Leah Clearwater era l’unica scema a restare senza un vero lieto fine.

Quanto sei catastrofista. Si tratta solo di scegliere…

Misi a tacere la vocina della mia coscienza e mi rivolsi al neo-sposo. “Ehi, Jake. Mamma ha chiesto se tu e Nessie volete venire domani sera a cena da noi. Prepara una frittura di pesce a misura di licantropo, così ha detto”. Jacob si esibì in un sospiro estatico.

“Mmm, la famosa frittura di Sue. Non potrei mancare per nulla al mondo”.

Ci fu qualche istante di incerto silenzio. “Come stai, Leah?”.

“Io? Benissimo, perché?”, domandai svelta. Fin troppo.

Lui sporse un braccio per arruffarmi i capelli: gli lanciai un’occhiata omicida, corredata da un pestone violento a quel piede dimensione zattera.

“Suscettibile”. Cercai di ignorare il fatto che quell’aggettivo fosse il preferito di Jeremy.

“Te la sei cercata, Jake. Cosa pensavi di fare?”. Scrollò le spalle con fare noncurante.

“Sei tenera quando menti a te stessa, tutto qui”. Aprii la bocca per ribattere –probabilmente con qualche insulto- ma lui mi bloccò con un sorriso.

“Ascolta, Lee, non sarò io a dirti cosa devi fare. Non sarebbe giusto, non sono tuo padre e non so leggere nel pensiero. Sei tu che devi scegliere ciò che è meglio per te, e nessuno lo sa meglio di te. Ma ricordati che qualsiasi cosa succeda, avrai sempre il mio appoggio. Anche se farai qualcosa di stupido. Intesi?”.

Va bene, Jacob aveva una personalità nascosta che era appena venuta alla luce. Insomma, aveva fatto un discorso serio, e mi aveva lasciato carta bianca su ogni mia decisione. Niente fai così, fai cosà. Un miracolo, praticamente.

E mi aveva garantito il suo appoggio, molto più di quanto non avessi mai ottenuto da qualcuno. Forse qualcosa era cambiato, in fondo.

“Grazie, Jacob”. Lo dissi con forza, sperando che capisse quanto quelle sue parole contavano per me, soprattutto in quel momento. Parve recepire il messaggio, perché il suo sorriso si allargò come non mai.

“Allora a domani”, mi congedai, pronta ad andare a sprecare un po’ di tempo con un certo succhiasangue rompiscatole.

“Ehi Lee!”, urlò l’adorabile alfa, ancora a portata d’udito. Mi bloccai e feci un fischio, per fargli intendere che ero in ascolto.

“Rimani sempre la solita testarda irascibile”. Ringhiai e ricominciai a camminare: l’eco delle sue risate mi seguì per parecchio tempo.

***

“A cosa pensi?”. La voce di Jeremy mi fece aprire gli occhi. Ero sdraiata a terra, perfettamente rilassata, a godermi gli ultimi raggi del sole di un autunno impaziente di cedere il passo all’inverno. Lui mi guardava dall’alto, appoggiato su un gomito. Gli sorrisi, mentre lui passava una carezza in punta di dita sulla mia guancia.

“A niente”.

“C’è stato un tempo in cui questa risposta mi avrebbe confermato la tua mancanza di cervello, ma ora…ouch!”. Un pugno ben piazzato l’aveva sbattuto contro una pietra, originando un fracasso tremendo. “Permalosa”, borbottò. Si sporse leggermente per sfiorarmi le labbra in un bacio delicato. “Ma mi vai bene così”.

Sbuffai, fingendo indifferenza. “Intendevo che non stavo pensando a niente di importante”.

Bugia. Come al solito stavo riflettendo su noi due, sui dubbi che continuavano ad aleggiare nella mia mente, anche dopo che avevo preso la mia decisione. Era meglio seguire il cervello, piuttosto che il cuore. Invertire le priorità mi aveva portato solo dolore, in passato. Jake mi avrebbe appoggiato, l’aveva promesso. Anche Seth e la mamma avrebbero dovuto farlo. E i fratelli del branco non avrebbero potuto essere più contenti. Niente più succhiasangue, finalmente.

Ignaro dei miei pensieri, Jeremy sembrò accettare la mia spiegazione. Preferii cambiare argomento velocemente.

“A che ora partite domattina?”, chiesi fissando i rami sopra la mia testa.

“Poco dopo l’alba, credo. Perché? Vuoi venire a salutarci?”. Sorrideva, spensierato come sempre. Era evidente che non gli importava poi tanto della separazione. Meglio così, una scocciatura in meno.

“Non se ne parla neanche. Passerò oggi pomeriggio a salutare la biondastra e domattina ho intenzione di dormire fino a mezzogiorno”, risposi con sussiego.

“Capisco”, disse meditabondo, poi si sporse ad abbracciarmi. Accettai quel contatto senza protestare: dovevo godermi quegli ultimi momenti, giusto?

***

“Ehi, lupastra! Ormai mi ero rassegnata a non vedere la tua brutta faccia fino al prossimo anno”.

“Grazie, sottospecie di ghiacciolo. Come puoi notare non ho resistito alla possibilità di darti fastidio”.

Rosalie fece una smorfia a metà tra il divertito e il contrariato. “Dai, vieni in giardino”. La seguii con calma, dopo aver gettato un’occhiata alla casa semi-vuota. I succhiasangue si muovevano rapidi per sistemare le ultime cose. Emmett sventolò una mano nella mia direzione, mentre Esme stava preparando qualcosa in cucina; Alice e Jasper mi sorrisero. Incredibile come tante cose fossero cambiate.

Rosalie si sedette elegantemente a gambe accavallate sul muretto del giardino ed io presi posto accanto a lei, con una naturalezza che prima mi era sconosciuta.

“Non sei stata una cattiva compagnia, lupastra, devo ammetterlo”, disse noncurante, gli occhi fissi sulle piante davanti a sé.

“Neanche tu, in fondo. Molto in fondo”.

“Già, sei sempre stata deliziosamente irritabile e spassosa”, continuò come se non avessi parlato.

“E tu adorabilmente psicopatica e vanitosa”.

Rimase zitta un attimo, poi m’infilò sbrigativamente in mano qualcosa. Era un braccialetto semplice, con una L argentata che pendeva al centro. Lo fissai attonita per parecchi secondi e lei parve agitarsi.

“Insomma, non è niente di speciale, volevo essere sicura che tu ti ricordassi sempre il tuo nome. Sai che ho sempre avuto a cuore la tua sanità mentale e…”.

“È bellissimo, Rosalie. Grazie”. Le sorrisi, posandole una mano sull’avambraccio in un gesto amichevole. Sorrise anche lei.

“Ci vedremo ancora, lupastra. Non ti libererai facilmente di me”. Ridacchiai.

“Lo spero proprio”. La mia risposta la lasciò basita per un istante, ma si riprese in fretta.

“In questi mesi sei diventata più simpatica, vedi di sfruttare questa nuova capacità. Pretendo che tu sia felice, Leah. Intesi? Altrimenti te la vedrai con me”.

“Sto già tremando”

“Dovresti, amica mia”. Non mi sfuggirono quelle parole così importanti. Rosalie era un altro pezzo della mia felicità e neppure se ne rendeva conto. Ignorai le sue minacce e cambiai argomento, lieta di poter spendere quelle poche ore con un’amica.

***

“Davvero carino il braccialetto”.

Era sera ormai ed io ero di nuovo con Jeremy nel bel mezzo della foresta. Aveva preso la mia mano e portato il polso all’altezza dei suoi occhi, fingendo di averne bisogno. Era solo una scusa inutile per toccarmi. “Avrei dovuto pensare anche io a qualcosa da darti”, borbottò sovrappensiero, sfiorandosi la punta del codino.

“Sappi che se hai intenzione di regalarmi una ciocca dei tuoi capelli la prima cosa che farò sarà bruciarli”. Rise allegramente.

“Sarebbe stato molto romantico”.

“Sarebbe stato totalmente vomitevole, Jeremy”.

Fece spallucce. “Se lo dici tu…era per essere sicuro che non ti dimenticassi di me”, disse con leggerezza.

“Non c’è pericolo”, ribattei automaticamente. Il suo sguardo stupefatto mi fece rendere conto dello scivolone che avevo appena commesso. “Cioè, insomma, un rompiscatole come te non l’ho mai incontrato, sono stati dei mesi sfiancanti in tua compagnia…”, aggiunsi precipitosamente. Non parve prendersela, anzi. Mi cinse la vita con un braccio e appoggiò la fronte alla mia.

“Sei unica, Leah”. Il mio cuore accelerò, smosso da quelle parole così semplici ma cariche di significato. Gli occhi di quell’idiota biondo, che mi stavano fissando come se volessero leggermi dentro, fecero aprire un vuoto a livello del mio stomaco, presto riempito da quella sensazione attribuibile alle famigerate farfalle.

Perfetto, ero fritta.

Mi baciò con un impeto ai limiti della disperazione, privo della solita dolcezza. Ed io mi ritrovai a rispondere con pari intensità, stanca di negare la forza di quello che provavo e di allontanare il desiderio di stare con lui, anche solo per quella notte. Era così sbagliato? Avevamo solo una manciata di ore per stare insieme, così poche…

Mi staccai e, senza dire una parola, lo presi per mano e lo condussi attraverso la boscaglia. Arrivammo ai confini del territorio proibito a Jeremy, a pochi metri da casa mia. Mia madre era da Charlie, Seth era in campeggio con alcuni ragazzi del branco: sospettavo che quella coincidenza non fosse puramente casuale. Ma non avevo voglia di rifletterci su.

Jeremy mi fissava, serio, e attendeva la mia prossima mossa. Tutto dipendeva da me, in quel momento, da quanto volevo spingermi lontano. Inspirai ed espirai a fondo, per essere certa della mia decisione, poi feci un passo avanti tirandolo insieme a me.

“Sono nel vostro territorio, adesso”, disse pacato, senza distogliere lo sguardo dal mio viso.

“Lo so”.

Senza più parlare lo condussi in casa mia.

***

Mi svegliai a causa di un tocco delicato lungo la schiena. Rabbrividii un istante e aprii gli occhi: registrai con un angolo della mia mente il debole chiarore che rischiarava la mia camera, facendomi intuire che era l’alba, poi guardai il volto di Jeremy a poca distanza dal mio.

“Buongiorno”, sussurrò piano, senza smettere di accarezzarmi. Sorrisi e mi stiracchiai pigramente, cercando di convincermi che quello non fosse il miglior risveglio da sette anni a quella parte. Mi abbracciò stretta e posò un bacio sul mio collo. Restammo così qualche minuto ed io mi stupii nel rendermi improvvisamente conto che era da un pezzo che il suo odore vampiresco non mi irritava più il naso. La forza dell’abitudine.

Era tipico di me pensare a delle stupidaggini nei momenti più seri.

Cos’altro potevo fare? Ricordare che stava per andarsene? Non volevo sprecare in quel modo quegli ultimi istanti di vicinanza. Avevo deciso di affidarmi alla razionalità, avevo scelto di abbandonare il mondo sovrannaturale per costruirmi un futuro in quello umano e normale. Jeremy era lo scotto da pagare, lo sapevo. Eppure non riuscivo ancora a decidermi a lasciarlo. Ci pensò lui a ricordarmi che ormai era ora.

“È tardi”, mormorò. Annuii contro la sua spalla e sciolsi l’abbraccio. Mi girai dall’altra parte mentre si vestiva: non volevo fare la figura della protagonista melensa di un qualsiasi film sentimentale.

“Ci vediamo presto, Leah”. Si avvicinò e mi baciò lentamente, senza fretta, con una mano dietro la mia nuca e l’altra sul fianco coperto dal lenzuolo.

“Sì”, gli risposi semplicemente.

Bugiardo. Bugiarda.

Poi Jeremy uscì dalla mia stanza e dalla mia vita, così com’era entrato.

***

Sapevo che le ore seguenti sarebbero state le peggiori. Il distacco era sempre difficile, poi con il tempo le ferite sarebbero guarite, la nostalgia sarebbe scemata, il sentimento…sarebbe stato dimenticato. Ero forte, no? Stronza, suscettibile, irritante…ma queste rassicurazioni non mi bastavano.

Ero incapace di stare ferma: passeggiavo senza requie per la casa, evitando la mia stanza come la peste. Il letto era ancora impregnato di quell’odoraccio di vampiro.

Passai in cucina, teatro di infinite schermaglie tra me e Seth, costantemente sedate dagli ordini della mamma –e dai suoi piatti prelibati-.

I miei passi si diressero poi in salotto, dove fin troppe volte si erano tenute riunioni con il branco. La poltrona e il divano erano sfondati da anni. Una volta Joshua aveva suggerito che fosse stato il mio peso a produrre quegli effetti…

Entrando nel bagno, mi resi conto che persino lì trovavo dei ricordi: con docce fredde lavavo via il puzzo di Jeremy, quando ancora non lo sopportavo. Una traditrice stretta allo stomaco mi colse.

Ormai ho deciso. Basta pensieri. Basta.

L’ingresso non poteva crearmi danni, no? Passai pigramente il dito su un mobile mentre la mia mente si calmava. Sfiorai il portafoto e quello cadde con un tintinnio di vetri infranti; imprecai. Un licantropo non dovrebbe fare danni del genere, mi dissi.

Raccolsi la foto con calma, assorta nei miei pensieri. Poi la accarezzai amorevolmente, sorridendo al volto di mio padre. Per fortuna non c’era nessuno in casa a intercettare tali smancerie.

Papà cosa avrebbe pensato di me? Si sarebbe arrabbiato per quello che era successo con Jeremy? Era parecchio orgoglioso dell’eredità Quileute, forse non avrebbe apprezzato…

Ma lui amava me più della tradizione.

Era stato un episodio risalente a sette anni prima che me l’aveva fatto comprendere appieno. L’avevo visto nei pensieri di Sam e non l’avevo rivelato a nessuno. Dopo la mia trasformazione c’era stata una riunione d’emergenza del consiglio degli anziani. Mio padre si era alzato. Aveva fissato tutti negli occhi, senza nascondere il dolore che provava. Eppure la sua dignità non ne risentiva minimamente. Li aveva inchiodati ai loro posti.

Poi aveva fatto la sua richiesta. Voleva che mi fosse tolta quella responsabilità. Aveva detto che mi meritavo di vivere una vita felice, dopo tutto quello che avevo passato. Voleva che io avessi il diritto di scegliere.

Il consiglio non aveva accettato: per quanto fossero dispiaciuti, le regole erano regole. Li avevo odiati, quando l’avevo scoperto. E anche mio padre era diventato freddo nei loro confronti. La sua lotta era stata inutile.

Lui mi vorrebbe vedere felice.

Era vero. Non desiderava altro per me. E io? Ero davvero felice? Avrei rimpianto Jeremy?

Sì.

No! Non potevo permettermelo, accidenti! Ero già scesa a patti con me stessa! Non dovevo più pensare ai pro e ai contro.

Mi sentivo sull’orlo di un baratro. Avevo paura di sbilanciarmi e cadere nel buio, senza possibilità di tornare indietro. Temevo l’ignoto, ma, soprattutto, temevo di cambiare la decisione che avevo già preso. Eppure mi concessi un istante per pensarci. Cosa mi costava il tentare di stare con Jeremy?

Tutto. Mi costava tutto. Normalità, maternità, famiglia. E solo per cominciare. Però…se mettevo su una bilancia i sacrifici derivanti dalla presenza di Jeremy e lo stupido, insensato e innegabile dolore che mi dava la sua assenza…forse valeva la pena rischiare.

Che senso aveva cercare un altro uomo che potesse stare con me, quando avevo già trovato il migliore per me? Perché avrei dovuto costruirmi una favola di menzogne in cui vivere male, quando potevo dire la verità e stare bene, anche se a prezzo di un sacrificio? Per quale motivo dovevo negare quello che provavo?

All’improvviso mi sentii libera come non lo ero da anni. Era facile, facilissimo ammettere tutte queste cose: ero più leggera, più lucida.

Al diavolo tutto. Mi sarei presa quello che volevo davvero, senza preoccuparmi delle conseguenze. L’avevo già fatto troppe volte ed ero stanca, stanca di fare così: non me n’era venuto in tasca niente. Basta paranoie, basta paure. Avrei rinunciato a qualcosa, per avere ciò che desideravo davvero.

Jeremy.

Aprii la porta e corsi fuori, determinata a raggiungere quello stupido succhiasangue per riportarlo indietro, dove doveva stare.

Con me.

Rischiai di scontrarmi con Jacob, che evidentemente stava venendo a trovarmi. Magari era preoccupato per me, vista la partenza di Jeremy: non potei fare a meno di sorridere. Mi fermai giusto un istante per chiarire le mie intenzioni.

“Spero che non ti dia fastidio avere un succhiasangue in zona, perché ci resterà per un bel pezzo”, scandii con decisione, quasi troppo allegramente. Lo fissai un istante e rischiai di scoppiare a ridere. “Chiudi la bocca, Jake, ci entrano le mosche”.

Detto questo scattai e iniziai a correre con tutte le mie forze. Veloce, sempre più veloce.

Volevo Jeremy, lo volevo per me.

Seguii la scia delle sanguisughe, cercando di accelerare ancora, pervasa da un’euforia del tutto nuova, da una voglia di vivere la mia vita che mai era stata così intensa. Era come se volessi esplodere dalla mia stessa pelle.

Obbligai le mie gambe a correre alla massima potenza per più di tre quarti d’ora, incurante della stanchezza. L’avere di fronte a me un obiettivo chiaro mi dava forza, mi spingeva a non mollare. Potevo andare avanti ancora per un’ora senza nessun problema.

All’improvviso, senza nessun preavviso, vidi Jeremy sbucare dalla boscaglia, in direzione opposta alla mia. Si bloccò: sembrava sbalordito. “Leah?”.

Lo abbracciai di slancio, facendo cadere entrambi a terra. Lasciai che una risata sgorgasse spontanea dalla mia bocca. Stava tornando indietro! Questo confermava che stavo facendo la scelta giusta.

“Resta”, gli dissi semplicemente. Lui spalancò gli occhi, completamente sbalestrato. “Altrimenti ti costringerò con le botte, a te la scelta”, aggiunsi serissima. A quel punto lui si riprese e scoppiò a ridere. Mi diede un bacio veloce e, dopo essersi rimesso in posizione eretta, mi aiutò ad alzarmi in piedi. Non che ne avessi bisogno, ovviamente, ma era divertente vedere come tentava di fare il gentiluomo.

“Temo di non necessitare di pestaggi per fare quello che mi hai chiesto. Pardon, imposto. Semmai dovrai minacciarmi per costringermi ad andarmene via”.

“Per ora non credo che succederà”, risposi facendo spallucce.

Si fece serio. “Perché non mi hai chiesto prima di restare? Perché adesso?”.

“Potrei farti la stessa domanda, Jeremy”.

“Non è ovvio?”, esclamò allargando le braccia. “So cosa comporta la mia presenza accanto a te. So che rimarrai in questo stato di mutaforma finché ti sarò vicino. Non potrai…non potrai avere figli, tu stessa me l’hai detto. Quindi dovevi essere tu a scegliere, non io”.

“Siamo due idioti, tu più di me. Avresti dovuto chiedermelo. In ogni caso credo che la mia scelta sia lampante, no?”. Gli sorrisi, serena.

“Già. Abbiamo tutta l’eternità per stare insieme”. Mi strinse in un abbraccio serrato ed io ridacchiai.

“Non essere ridicolo, Jeremy. ‘L’eternità’”, declamai l’ultima parola con voce solenne. “Diciamo che vedremo quanto a lungo riusciremo a sopportarci. Non sono sicura di poter reggere l’eternità con te”.

“In effetti non è facile avere a che fare con una lupacchiotta suscettibile e irritante come te…”. Gli mollai una gomitata, leggermente ostacolata dalle sue braccia che ancora non mi lasciavano.

Mi guardò ed io ricambiai il suo sguardo. Era tutto assurdo. Tutto quello che io non volevo era improvvisamente ciò di cui non potevo più fare a meno.

I suoi capelli lunghi, molto più dei miei. I suoi occhi dorati. La sua pelle di marmo freddo. Il suo odore di vampiro.

Le cicatrici sul suo viso, pallida eco di quelle che aveva dentro di lui e che assomigliavano fin troppo alle mie. La sua capacità di capirmi. La sua abilità a mettere a nudo il mio cuore, senza mai farmi male. La sua vanità esilarante. E fin troppe altre cose.

Certo che mi ero cacciata in un bel guaio.

Mi sorrise, gli occhi che brillavano. “Non te lo dirò, Leah, lo sai. Non ancora”.

L’amore va costruito, anche se siamo già sulla buona strada.

Per una volta, non avevo nulla da ridire contro la vocina della mia coscienza.

“Neanche io”, gli risposi. Mi sporsi e posai le labbra sulle sue per un istante, godendo di quell’attimo pressoché perfetto.

E così, dopo dolori, paranoie, scoperte e cambiamenti, anche io ero riuscita a ottenere qualcosa di straordinariamente simile a un lieto fine.

Con un vampiro che luccicava al sole. Rosalie mi avrebbe preso in giro a vita.

Accidenti a me.

 

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: stento ancora a credere che questa storia sia finita veramente. Ero partita con l’idea di dare a Leah un lieto fine e mi sono imbarcata in quest’avventura che mi ha dato molte più soddisfazioni di quanto non mi aspettassi. In questo epilogo ho voluto tirare le fila di tutto quello che è accaduto nella storia: non solo del rapporto tra Leah e Jeremy, ma anche di quello con Jacob, con Rosalie, con Joshua (che continua ad aleggiare come una presenza nei pensieri della protagonista), con Harry Clearwater, con Sue, con Seth e il resto del branco. Persino il rapporto che Leah ha con se stessa fa parte di questo epilogo: l’ho sempre vista come una donna che vuole essere molto razionale e che al tempo stesso non può fare a meno di coinvolgere il cuore (senza neanche rendersene conto) nelle sue decisioni. Da qui derivano infinite pare mentali, che in questo capitolo raggiungono l’apice: mi sono sembrate giustificate, vista l’importanza della decisione da prendere. È solo quando Leah sceglie di essere completamente sincera con se stessa che riesce a seguire il suo cuore, gettando alle ortiche le pare mentali. Per questo si riconcilia con la “vocina della coscienza”, alla quale mi sono particolarmente affezionata.

Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e a quelle da ricordare. Mi avete dato un sostegno prezioso, che mi ha permesso di non mollare anche quando le paranoie e i dubbi erano tanti.

Grazie anche a chi ha letto in silenzio, spero davvero che la storia vi sia piaciuta: mi sono sempre impegnata al massimo in tal senso.

Uno specialissimo ringraziamento a tutti i recensori: che avrei fatto senza di voi? Seriamente, vorrei abbracciarvi uno per uno, non avete idea di quanto le vostre parole abbiano aiutato questa povera autrice priva di autostima.

Impossibile non nominare due persone che sono state fondamentali nella stesura di questa storia: il mio adorato Taiki-san, mio beta di fiducia e migliore amico, e la straordinaria Giovanna, autrice di grande talento (e se lo dico io, fidatevi!) ma soprattutto amica preziosa. Grazie, davvero.

Come sempre critiche e commenti sono più che graditi! Cos’altro dirvi? The end? Fine? Naaaah. Arrivederci, piuttosto. E come diceva Steve Jobs: stay hungry, stay foolish. Che non c’entra una cippa, ma mi piaceva dirvelo.

Baci, chiaki

 

Piccolo angolino pubblicità:

Qualche tempo fa mi sono cimentata in una Kim/Jared per il compleanno di una mia amica. Sono abbastanza soddisfatta del risultato (inaudito, detto da me), quindi mi permetto di linkarvela. Se vi va di farci un salto…

Gomma

E un’altra storia, del fandom di Harry Potter, che pur essendo arrivata prima a un contest ha ottenuto pochissimi riscontri:

The last snapshot

 

Ora la pianto di tediarvi, promesso. Di nuovo grazie a tutti.

   
 
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