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Autore: The Mad Tinhatter    31/10/2011    0 recensioni
[Crossover Harry PotterxArashi] "La prima cosa che videro fu un gruppo di cinque ragazzi, radunati sotto il faretto quasi come se la luce che emanava fosse stata la loro energia vitale. Avevano gli occhi a mandorla, ed erano vestiti abbastanza eleganti, anche se in maniera un po' strana." [Personaggi di Harry Potter: Neville Paciock, Luna Lovegood]
Genere: Avventura, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Prima di passare alla fanfiction vorrei dire un paio di cose.
La prima è che non studiando giapponese all'università ma avendo comunque qualche conoscenza non garantisco correttezza assoluta per quanto riguarda le strofe di canzone citate (tradotte da una traduzione in inglese della canzone) e per quanto riguarda le due-tre frasi in giapponese che ho inserito, quindi se notate errori fatemeli notare senza alcun problema.
La seconda cosa è che per produrre questa fanfiction non è stato fatto male a nessun Arashino e a nessun personaggio di Harry Potter, anche perché, purtroppo, nessuno di essi mi appartiene... e anche se così non fosse, non farei mai loro del male!
Ultima cosa: la canzone citata è "Meikyuu Love Song" degli Arashi, e la fic è in parte ispirata al video, che potete trovare qui:  http://www.youtube.com/watch?v=rwmKAEw0cug

Roll The Dice


Umareru mae kara shitteita you na
yasuragu kimi to fui ni deatta
Seikaku mo shimi mo maru de chigaitteta kedo
Bukiyouna gurai sunao na kimi mabushikatta....”

Mi sembra di conoscerti da prima che nascessi
Ti ho incontrata all'improvviso, ed eri a tuo agio
Le nostre personalità e i nostri hobby erano completamente diversi
Eri così sincera, è stato imbarazzante, ma mi incantavi....”

- Com'è andata oggi? - disse Neville, mentre aspettavano assieme che le scale arrivassero.
- Oh, per niente male - rispose Luna. - Ho avuto una discussione con un Serpeverde del mio anno che diceva che i Plimpi Ghiottoni non esistono. Ma sai, non è affatto vero, perché sono proprio davanti a casa mia, nel laghetto. Io e papà li usiamo spesso per fare il tè, sono molto dolci. Un giorno te li farò assaggiare.
Neville sorrise, e annuì. Non aveva mai visto un Plimpo Ghiottone, così come non si era mai trovato davanti un Nargillo, o un Ricciocorno Schiattoso, ma ormai quasi le credeva sulla parola.
L'aveva conosciuta solo l'anno precedente, e, pensandoci in quel momento, era sicurissimo che avesse compiuto un piccolo miracolo. Lui era il tipico ragazzo timido e poco popolare, cosa che non invogliava la gente a fare amicizia con lui: era sempre stato un ragazzo molto solo.
Lei, invece, con la sua semplicità e schiettezza, si era avvicinata a lui. Anche a quel tempo, così come in quel momento, era una ragazza strana. Ricordava i loro primi incontri come piuttosto imbarazzanti, ma anche grazie alle riunioni dell'ES aveva imparato a conoscerla, ed erano diventati amici. Ma non era tutto... era fermamente convinto che, ovvie capacità a parte, qualcosa in lei fosse veramente magico. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, era rimasto vittima del suo incantesimo....
- Vorrei proprio riuscire a far vedere agli altri tutto quello che vedo io... il mondo sarebbe davvero un posto migliore - continuò Luna, prendendo la rampa di scale che era appena arrivata. Neville, naturalmente, la seguì.
- Sul serio, i Ricciocorni Schiattosi dovrebbero essere messi nei programmi scolastici, sono molto importanti per il nostro ecosistema!
La ragazza continuava a parlare, mentre Neville si guardava attorno. Improvvisamente si rese conto di alcune cose molto strane.
Prima di tutto, sulla scala erano completamente soli, cosa strana perché a quell'ora tutti gli studenti stavano tornando nei dormitori. Seconda cosa, se c'era un posto verso cui quella scala stava portando, di certo non si trattava né della torre di Corvonero, né della torre di Grifondoro.
- Luna, che scala hai preso? - domandò Neville.
- Una - rispose la ragazza, facendo spallucce. - Suppongo che qualsiasi scala si prenda questa porti dove dobbiamo andare, no? Anche se in effetti quello che sta succedendo è molto strano....
Quando la scala si fermò, si trovarono davanti ad una singola porta in legno dall'aria piuttosto pesante. Le scale che li avevano portati lì si allontanarono, e quando furono abbastanza lontane scomparvero nel nulla.
- Le scale! Perché sono sparite le scale? - esclamò Neville.
- Credo che non ritorneranno - disse Luna.
- E quindi? Che facciamo?
- Credo che ci sia poco da fare... dobbiamo oltrepassare quella porta, e cercare un modo di tornare giù - disse Luna.
Neville annuì, poco convinto.
- E poi, sono abbastanza curiosa di sapere cosa c'è dietro la porta, credo di non essere mai stata in questa parte del castello!
Neville non era esattamente dello stesso parere. Tutto di quella situazione sembrava avvertirlo di un pericolo imminente, e non gli sembrava logico rischiare la propria vita esclusivamente per soddisfare una propria curiosità. Allo stesso tempo, però, sapeva che se si fosse tirato indietro Luna avrebbe pensato a lui come a un codardo, e voleva evitare assolutamente che questo succedesse.
- Va bene, allora - rispose lui, cercando di assumere un tono deciso.
Assieme si avvicinarono alla porta. Erano convinti che sarebbe servita tutta la loro forza per smuoverla, ma come se avesse percepito la loro presenza la porta si aprì con un cigolio.
La stanza dietro la porta era buia, a parte per la luce proveniente dall'esterno, e per quella generata da un piccolo faro in un angolo.
La prima cosa che videro fu un gruppo di cinque ragazzi, radunati sotto il faretto quasi come se la luce che emanava fosse stata la loro energia vitale. Avevano gli occhi a mandorla, ed erano vestiti abbastanza eleganti, anche se in maniera un po' strana.
I cinque ragazzi scrutarono Neville e Luna per qualche secondo, poi uno di loro fece un'esclamazione di sorpresa.
- Nani? Luna-san to Neville-san ga imasu! Kore wa Hogwarts desu! Yokatta... Silente-sensei, tasukete kudasai! *- urlò il ragazzo, agitando le braccia.
- Urusai Jun-kun! - fece un altro ragazzo, e poi si rivolse verso di loro - Anatatachi wa dare desuka? **
Neville rivolse a Luna uno sguardo interrogativo. - Ma dove diamine siamo finiti? - mormorò.
- Nino-kun, kare wa Neville-san de, kanojo wa Luna-san desu. Harry Potter wa yomimasenka? ***- replicò l'altro, in tono piuttosto irritato.
L'altro scosse la testa, con aria rassegnata, mentre gli altri tre ancora li stavano fissando.
Neville fece per avvicinarsi ai ragazzi; non poteva capire quello che dicevano, ma a parte Luna erano gli unici che si trovavano con lui in quel momento, quindi tanto valeva stare vicini. Sembravano innocui, e a giudicare dall'espressione spaventata del ragazzo più a sinistra probabilmente erano anche Babbani, ma il fatto che uno di loro solo poco prima avesse nominato Hogwarts, Silente, Harry e, soprattutto, sapesse i loro nomi lo rendeva un po' sospettoso.
Non appena lui e Luna si avvicinarono ai ragazzi, la porta da cui erano entrati si chiuse di scatto, e il faretto, la loro unica fonte di luce, si spense.
Uno dei ragazzi si lamentò, sempre in quella lingua incomprensibile.
Poi, la mente di Neville fu attraversata da una voce. Era una voce femminile, e aveva un che di ultraterreno.
- Traduttore simultaneo attivato.
La voce scomparve così come era arrivata.
- Ehi, l'avete sentita anche voi?
La voce apparteneva al ragazzo che aveva rivolto loro la parola per primo.
- La voce? - disse un altro.
- Sì! Sì! L'ho sentita!
- Ahi! Aiba-chan, non saltellare sul mio piede!
- Ehi! Adesso vi capisco! - esclamò Luna.
- Luna-san! - strillò il primo ragazzo.
- Jun-kun, non fare il fanboy e cerca di non svenire! - esclamò qualcuno accanto a Jun-kun.
- Perché non accendono la luce? E perché siamo qui? - piagnucolò un altro.
- è quello che ci chiediamo tutti, credo - intervenne Neville.
Come finì di parlare, la luce ritornò.
C'erano vari fari nella stanza, e il bagliore era più intenso di quello che c'era prima. Mentre i suoi occhi si abituavano, Neville cercò di rendersi conto del luogo in cui si trovavano.
Le pareti erano in pietra, ed erano scolpite in rilievo e dipinte in modo tale da dare l'impressione di essere circondati da una città. In terra c'erano delle mattonelle colorate; molte di esse avevano qualcosa disegnato sopra, e insieme sembravano formare un percorso. Alla loro destra, c'era un grosso cubo bianco con dei punti neri.
- Un dado! - esclamò Luna, avvicinandosi al cubo.
- Oh, non ci posso credere! - esclamò uno dei ragazzi. Era praticamente abbracciato all'amico accanto a lui, probabilmente perché, pur non volendo darlo a vedere, si era spaventato durante gli attimi di buio, ma anche in piena luce non accennava a lasciarlo andare.
- Che cosa? - domandò Luna.
- Stavamo girando il nuovo video qui! O almeno, la stanza era molto simile, vero Oh-chan?
- Hai ragione, Nino-chan... solo che la stanza era più piccola - disse il ragazzo accanto a lui.
- Piuttosto, non potremmo presentarci? Forse Jun-kun sa chi siete, ma noi no, e voi non sapete chi siamo noi - disse uno degli altri tre. Jun-kun scosse la testa. - Sho-kun, non è possibile non conoscerli!
Luna sorrise. - Io mi chiamo Luna, e lui è il mio amico Neville. E voi siete....
- Sho Sakurai.
- Kazunari Ninomiya.
- Satoshi Ohno.
- Masaki Aiba.
- E io sono Jun... Jun Matsumoto. Voi... voi siete i miei personaggi preferiti, ho letto un sacco di fanfiction su di voi! - disse il ragazzo, emozionato.
- Hai letto cosa? - chiese Neville.
- Fanfiction... su internet....
- Intercosa? - domandò Luna.
- Internet... è come una rete, in cui si possono trovare varie cose... col computer....
- Non ho idea di cosa tu stia parlando... però mi piace. Potremmo essere amici, sai? - rispose Luna.
Neville si rattristò un po'. Luna era una ragazza speciale, certo, ma pur sempre una ragazza. Quei cinque ragazzi erano, oggettivamente, dei bei ragazzi, ed era quasi ovvio che, se avesse potuto, Luna avrebbe scelto uno di loro piuttosto che lui, il ragazzo bruttino ed insignificante.
Neville però non ebbe tempo di rimuginare di più sulla cosa, perché la voce tornò a farsi sentire.
- Benvenuti - disse essa.
- Chi sei? E che cosa vuoi? - urlò Nino.
- Io... voglio solo fare un piccolo gioco con voi....
- “Un piccolo gioco?”. Conosco un film che comincia così, si chiama Saw, e lì muoiono tutti! - continuò Nino.
- Io... io non voglio morire! - guaì Aiba.
- Stai calmo... andrà tutto bene - gli disse Luna.
- Nessuno di voi si farà del male... sempre se fate da bravi. E in ogni caso non avete molta scelta... per trovare la chiave per uscire dovrete soltanto giocare!
- Va... va bene. Cosa dobbiamo fare? - domandò Neville.
- Conoscete tutti il gioco dell'oca, no? Dovete solo lanciare il dado... e riuscire ad arrivare fino alla fine, sulla casella della Chiave. Solo allora potrete aprire la porta del Castello, che è proprio davanti a voi.
Mentre parlava, alcuni degli edifici scolpiti nel muro si spostarono, mostrando un castello molto simile a quello di Hogwarts. Lì dove ci sarebbe dovuto essere il portone c'era invece un buco di serratura.
- Avrete un tempo limitato per finire il gioco... sessanta minuti.
- E cosa succede se non finiamo in tempo? - disse Ohno.
- Se non finite in tempo... beh, ve ne accorgerete! - fece la voce, divertita. - Sarò buona con voi, e vi darò la possibilità di rendervi conto di quanto manca....
Dietro di loro comparve un enorme orologio con numeri romani. Entrambe le lancette erano ferme sul 12.
- Prima di cominciare, però, devo dividervi, e decidere i vostri colori... Luna, tu sarai il blu.
Il colore delle scarpe di Luna cambiò, ed esse diventarono di un blu acceso.
- Neville e Masaki, voi sarete il verde.
Neville vide anche le sue scarpe cambiare colore. Aiba gli si avvicinò.
- Jun e Kazunari, a voi tocca il giallo.
Jun borbottò qualcosa tipo “Non si abbinano per niente alla cravatta”.
- E infine, Sho e Satoshi, a voi il rosso. Un'ultima cosa... voi che siete in coppia, se volete vincere dovrete arrivare all'ultima casella assieme... anche se il gioco potrebbe sempre separarvi... e non provate nemmeno ad andare avanti di qualche casella senza il mio permesso... potreste pentirvene amaramente!
Tutti annuirono. Neville vide Aiba accanto a lui, un'espressione impaurita sul volto. Sperò solo che non perdesse la testa mentre giocavano.
- Ora potrete iniziare a giocare... Blu, inizierai tu. A tutti voi, benvenuti in “The Adventures Of Puzzle Storm”!
La voce smise di farsi sentire.
- Anche lo stesso nome del nostro gioco! - esclamò Nino. - Copiona!
- Almeno è stata galante - disse Sho, e poi indicò Luna. - Prima le signore.
Luna si allontanò dal gruppetto, e prese il dado gigante.
- Ti aiuto? - le domandò Neville. Il cubo era quasi più grande di lei.
- No, grazie. È leggero - rispose Luna, sollevando il dado senza difficoltà. Subito dopo, lo lanciò.
Cinque.
La ragazza fece cinque passi in avanti rispetto a dove si trovavano loro, e poi si fermò.
- Ehi, c'è un biscotto disegnato su questa casella! - esclamò.
Proprio mentre diceva questo, un tavolino si materializzò davanti a lei.
- Ci sono due biscotti qui - continuò la ragazza.
Sulla parete davanti a loro apparve una scritta. “Casella biscotto: il giocatore che finirà su questa casella dovrà mangiare uno dei biscotti a sua disposizione. Gli effetti potrebbero variare a seconda del biscotto scelto”
- Ok... - fece Luna. - Scelgo questo.
La ragazza prese uno dei biscotti, e lo addentò.
- Ha un buon sapore, e... wow! - esclamò la ragazza, guardandosi una mano. - La mia pelle... sta diventando blu! Forte!
Dopo qualche secondo, Luna sembrava una versione umana di Puffetta, e la cosa non sembrava dispiacerle affatto.
Neville notò che le scarpe sue e quelle di Aiba si stavano illuminando, come se fossero state fluorescenti.
- Credo che sia il nostro turno - disse ad Aiba, e andò a prendere il dado.
Era effettivamente molto leggero, forse anche più leggero della gommapiuma. Neville lo lanciò.
Due.
Finirono su una casella con su scritto: “Prendi una carta”.
- Dove sono le carte? - disse Aiba. In effetti, non c'era nessun mazzo in giro.
Il gioco risparmiò loro la fatica di cercarlo: dov'era apparsa la scritta della casella del biscotto, ora ne era apparsa un'altra. “Carta Sottosopra: per un turno, vivrete il gioco da un'altra angolazione....”
Neville si sentì come se il mondo si stesse capovolgendo... e si rese conto che, in effetti, era così.
- è sottosopra per davvero! - esclamò Ohno, accorgendosi poi che ora erano le scarpe sue e di Sho ad essere illuminate.
- E adesso, come facciamo? - disse Sho, che sembrava non avere nessuna intenzione di muoversi in quelle condizioni.
- E che dobbiamo fare... giochiamo - disse Ohno, muovendosi per prendere il dado.
- Non è così tremendo! - esclamò il ragazzo, lanciando il dado.
Sei.
Dalla casella su cui finirono, il volto di un clown li fissava.
Un'altra scritta apparve sulla parete. “Casella Clown: Rodney il Clown è gentile e vuole suonarvi la sua musica mentre giocate....”
Una melodia al pianoforte si sparse nell'aria. Era una canzone strana; sembrava quasi che fosse la colonna sonora di un film dell'orrore. Il ritmo era concitato, e sembrava quasi che a suonare fossero non due, non quattro mani, bensì almeno venti.
- Non è umano... c'è qualcosa di molto strano qui - disse Neville. Inspiegabilmente, sentiva un brivido percorrergli la spina dorsale.
- Lo so, lo so che tocca a noi, non c'è bisogno che lampeggiate! Come se già non foste un pugno in un occhio! - esclamò Jun indicando le scarpe, andando a prendere il dado.
Tre.
- C'è un ponte, qui - disse Nino. Tale ponte si materializzò davanti a loro, assieme a due biciclette. Il “tabellone” era abbastanza grande, e il ponte sembrava portare lontano.
- Credo che dovremo usare queste per attraversarlo - fece Jun, indicando le biciclette.
Quando giunsero a destinazione, Nino si mise a deridere gli altri: - Noi siamo qui, e voi siete ancora indietro! - li canzonò.
- Ehi, ehi, ehi Nino-kun! Non abbiamo nemmeno ancora iniziato a giocare! - fece Aiba.
Luna tirò il dado. Cinque.
La ragazza lesse la scritta sulla sua casella. - “Castello dell'Oscurità: combatti per fuggire”.
Neville tirò fuori la bacchetta dalla tasca. La voce aveva detto che nessuno si sarebbe fatto male, ma lui non si fidava per niente.
Non appena la ragazza finì di leggere, una spada si materializzò tra le sue mani. Il braccio di Luna si abbassò a causa del peso, e un'espressione impaurita, così insolita da una come lei, apparve sul suo volto; cinque scheletri risalirono dal soffitto verso il tabellone, cogliendola alla sprovvista. Al posto delle dita avevano degli artigli dall'aria letale.
Luna tentò di lasciar andare la spada per prendere la bacchetta, ma l'arma non aveva alcuna intenzione di staccarsi dalle sue mani.
Neville non rimase a riflettere nemmeno per un secondo.
- Confringo! - esclamò, la bacchetta puntata verso gli scheletri.
Il fragore di un'esplosione riempì le loro orecchie; tutti si ripararono con le mani dai frammenti di ossa che schizzarono via in tutte le direzioni.
- Figo - fece Sho. - Puoi insegnarmi come si fa?
- Ovvio che non può, Sho-kun! - fece Nino. - Lui è un mago!
La voce interruppe il loro parlare.
- Oh, oh, oh, abbiamo un piccolo eroe qui, vero Neville? Peccato che non sia tuo compito lanciarti in azioni eroiche durante il turno degli altri... non te l'hanno mai detto? Le difficoltà vanno affrontate da soli... e ora, per punizione, finirai nella Prigione!
Neville si sentì sprofondare, o meglio, considerato il fatto che erano ancora sottosopra, venne risucchiato verso l'alto.
Una cosa positiva della situazione era che il mondo era tornato nella sua posizione originale; però si trovava in un luogo buio e umido, e stava iniziando a sentire freddo. Riusciva però a sentire le voci degli altri, che si chiedevano dove fosse finito.
- Cosa devo fare per liberarmi? - urlò, rivolgendosi verso l'alto.
- Tu devi solo stare fermo e rilassarti un po'... Masaki dovrà lanciare il dado; non appena farà sei tu potrai uscire.
Neville scosse la testa, sconsolato. La verità era che aveva paura... ma non per se stesso. E se Luna fosse di nuovo capitata in una di quelle caselle? E se ci fosse stata qualche altra casella diabolica? Quei cinque ragazzi erano Babbani, come si sarebbero mai potuti difendere?
Si lasciò andare contro una parete.
Aiba, fai sei, fai sei, fai sei....

*

- Neville-san, Neville-san! Ce la metterò tutta! - urlò Aiba. Era il suo turno, e il mondo, come promesso dalla voce, era ritornato ad essere quello di prima.
Luna non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Aveva sentito la voce di Neville, e probabilmente non gli sarebbe successo nulla di male.
Aiba lanciò il dado. Cinque.
- Cavoli... solo uno meno di sei! - esclamò il ragazzo.
Finì su una casella Carta.
Lancia un dado. Se fai più di tre, resta dove sei, altrimenti vai in Prigione”, apparve sulla parete.
Aiba lanciò nuovamente il dado, chiudendo gli occhi. Luna trattenne il fiato. Se anche Aiba fosse finito in prigione, chi mai avrebbe potuto liberare Neville?
La ragazza maledisse la sua curiosità: per quanto l'idea di un gioco “dal vivo” l'avesse inizialmente allettata, aveva scoperto a sue spese che la cosa poteva anche diventare molto pericolosa.
Era diverso dall'affrontare dei Mangiamorte: loro, perlomeno, avevano un obiettivo da perseguire, e se non fossero stati fermati il loro mondo sarebbe cambiato in peggio. Non era ben chiaro, invece, come mai quel gioco li avesse richiamati: come mai esisteva una stanza del genere ad Hogwarts? Come ci erano arrivati quei ragazzi? Ma soprattutto, dal momento in cui si supponeva che loro due e quei ragazzi fossero alleati, contro chi stavano giocando realmente? Non riusciva nemmeno ad immaginarselo... i Nargilli non erano tanto diabolici, no?
Il dado cadde, e Aiba riaprì gli occhi. Quattro.
Luna riprese a respirare normalmente. Non era sei, ma era sempre più di tre.
Aiba rimase fermo in quella casella, e Sho andò a prendere il dado.

*

Ohno si stava ancora chiedendo cosa ci facessero in quel posto. Erano in studio per girare il nuovo video, quando all'improvviso si erano spente le luci, e tutto lo staff si era volatilizzato. E poi, eccoli lì, in quella specie di gioco reale simile a quello del video, assieme a quei due sconosciuti che Jun-kun sembrava conoscere tanto bene.
Sapeva di dover essere un minimo ottimista, ma considerando tutta la situazione proprio non ci riusciva.
Prima di tutto, quella era una versione dal vivo di una variante abbastanza strana del gioco dell'oca... e non una di quelle in cui bisognava impressionare gli altri ballando il ballo del qua qua. Seconda cosa, loro erano praticamente impotenti davanti a quel gioco; certo, quel Neville aveva fatto esplodere gli scheletri, ma era abbastanza ovvio che il ragazzo non avesse delle capacità normali... e comunque, lui era finito in prigione. Anche la ragazza sembrava speciale... a giudicare dagli accessori che indossava, sembrava una di quelle ragazze che a volte vedeva a Tokyo, solo che era biondissima e senza trucco. Sarebbe stata in grado di difenderli tutti quanti? Questo non lo sapeva, e in ogni caso anche se avesse potuto farlo sarebbe finita anche lei in prigione.
Guardò Nino, che assieme a Jun era qualche casella più avanti. Sembrava ancora arrabbiato per il fatto di essere piombato lì senza alcuna spiegazione. Se gli fosse successo qualcosa, come avrebbe fatto senza di lui? E anche tutti gli altri, come avrebbe fatto senza anche uno solo di loro?
Sho aveva lanciato il dado. Due.
Casella Carta.
Siete entrati nel giardino della Strega senza il suo permesso, e lei ha deciso di tenere uno di voi come prigioniero! Lanciate il dado, chi farà il numero maggiore resterà qui, mentre l'altro sarà libero di scappare al prossimo turno”.
Sho tirò il dado. Uno.
Beh, credo che sia un po' difficile fare di meno, pensò Ohno, rassegnato. Qualche catena non sarebbe stata di certo una tragedia, alla fine.
Lanciò il dado, e ottenne un quattro. La scritta sulla parete cambiò.
Mentre sei nella dimora della Strega, il suo serpente domestico ha deciso di giocare con te... stai attento, potrebbe essere velenoso!” .
Mentre la frase svaniva, Ohno notò una creatura uscire fuori dalla casella. Sho, istintivamente, fece un salto per evitarla; lui, invece, fu costretto a restare fermo.
Si trattava di un serpente verde e molto lungo: subito l'animale si avvinghiò alle sue caviglie, avvolgendole in una spira. Si aspettò che il serpente continuasse ad avvinghiarsi attorno a lui, concedendogli perlomeno una morte veloce, ma non fu così: il serpente si fermò. Il ragazzo si sentì sollevato... forse c'era per lui una speranza di salvezza?
Provò a muovere una gamba, e si rese conto che il serpente non si era stretto a lui più di tanto.
- Oh-chan, tutto bene? - urlò Nino. Sembrava preoccupatissimo.
- Sto bene, Nino-chan, nulla di... ahi!
Aveva parlato troppo presto. Un bruciore acuto gli invase i polpacci, e poi cadde in avanti, sulle ginocchia, le gambe incapaci di tenerlo in piedi.

*

- Non hai letto la carta? Il serpente è velenoso!
Di nuovo quella dannatissima voce.
- Che cosa gli hai fatto? - urlò Nino, fuori di sé.
Che fossero finiti in quel posto assurdo poteva anche andargli bene; che qualcuno osasse toccargli Oh-chan assolutamente no.
- Oh, nulla... nulla di irreversibile - rispose la voce.
- E allora cosa aspetti a scacciare quel maledetto serpente? - urlò il ragazzo.
- Non è ovvio? Qualcuno dovrà aiutarlo... e quel qualcuno potresti essere proprio tu, Kazunari!
- Taglia corto, e dimmi cosa devo fare - disse Nino.
- Il tuo compito è semplice... dovrai soltanto recuperare un coltello e dell'antidoto al veleno, poi potrai liberare il tuo amico, ma stai attento... più passi farai, e più il serpente si avvinghierà a Satoshi, e il veleno si diffonderà sempre più velocemente! Ti dovrai muovere... prima che sia troppo tardi!
- Oh, dannazione! Dannazione, dannazione, dannazione! Non l'avrai mai vinta contro di me! - urlò Nino. Fu improvvisamente più cosciente dell'orologio che, dietro di lui, ticchettava. Corse a prendere il dado. Mentre stava ritornando alla sua casella, sentì un gemito. Il serpente era salito di mezza spira attorno ad Ohno.
Devo stare più fermo possibile. Calma.
Lanciò il dado. Sei.
- Casella Biscotto - disse Jun.
- Io non ho nessuna voglia di diventare blu! - esclamò Nino, stizzito.
- Nemmeno io, sarebbe piuttosto inutile - rispose Jun.
Nino annuì. Per fortuna diventare blu non sarebbe stato d'ostacolo per loro. Doveva pensare solo a salvare Oh-chan. Poteva anche restare soltanto un suo amico, ma anche da tale lui non avrebbe mai permesso ad uno stupidissimo gioco di portarglielo via, mai. Avrebbe fatto di tutto perché lui uscisse vivo, qualsiasi cosa.
Scelse uno dei biscotti, e lo divise con Jun.
Sapeva di cioccolato, esattamente come un comune biscotto.
Non può farci nulla di male, no?
L'attimo dopo si resero conto che il tavolino da cui avevano preso il biscotto era diventato più alto. Si guardò intorno, e notò che anche gli altri sembravano essere diventati più grandi... o forse era il contrario?
- Siete più piccoli! - disse Luna.
Sì, era il contrario. La casella in cui si trovavano parve diventare enorme.
- No, no, no, no! - urlò Nino.
- Cosa c'è? - domandò Jun.
Nino pensò di essere finito in coppia con un cretino.
- Non è ovvio? Siamo più piccoli, ciò vuol dire che ci vorranno più passi per andare avanti! E più passi significa che le possibilità di salvare Oh-chan si riducono!
Come poteva essere così stupido?
- Facci tornare subito come prima! - urlò Nino, rivolto alla misteriosa voce. Poteva quasi sentirla, quella creatura maledetta, stava sicuramente sghignazzando da qualche parte, mentre osservava il suo Oh-chan soffrire, e sicuramente godeva nel vedere lui così disperato.
La voce non rispose.
- Nino-kun, ce la farai! - gli urlò Aiba. Lui, che inizialmente sembrava avere paura anche della sua stessa ombra, lo stava rassicurando.
Sospirò. Probabilmente arrabbiarsi non sarebbe servito a nulla.
Il turno passò a Luna. La ragazza, con passo leggero, andò a prendere il dado, e lo lanciò.
Nino si domandò come la ragazza potesse essere così tranquilla. Era praticamente appena stata attaccata da un esercito di scheletri, porca miseria!
- Oh, devo prendere una carta! - disse la ragazza, una volta arrivata nella sua casella.
Verità o punizione: dovrai rispondere ad una semplice domanda... mi raccomando, però, rispondi sinceramente... altrimenti potresti pentirtene!”
- Va bene... vediamo la domanda, allora! - disse Luna.
La scritta cambiò. “Che odori senti annusando l'Amortentia?”
- Hmm... vediamo un po'....
Se la faccenda dei passi non l'avesse bloccato, sarebbe andato a strozzarla. E comunque, cosa diavolo era un'Amortentia?
- Tè ai Plimpi Ghiottoni, profumo di Geranio Zannuto e... Puzzalinfa - disse la ragazza.
- Oh, basta con queste scempiaggini! - urlò Nino. - Cos'è la Puzzalinfa? Cos'è l'Amortentia? Oh, vabbè, alla fine chi se ne frega! Qui c'è un ragazzo che sta per morire, non abbiamo tempo per le cretinate tue e di questo gioco idiota!
Jun lo prese per le spalle, e lo guardò in faccia. - Calmati, Nino, calmati. Lei non ha fatto nulla di male, non è per colpa sua che Ohno-kun è in quelle condizioni, quindi non sfogarti su di lei! Siamo tutti preoccupati per lui, ma vedi, nessuno sta dando di matto come te! Non serve a niente perdere la calma!
Nino scostò Jun con rabbia. - Tu non capisci! - urlò. - Voi non capite cosa lui... significhi, per me.
Jun si bloccò, e rimase in silenzio per qualche secondo. - Ti capisco, invece - aggiunse poi.
Nino sperò che Jun avesse capito davvero che cosa intendesse dire. Sarebbe stato meglio così, che lui e gli altri capissero senza che lui dicesse apertamente niente... il rapporto tra di loro era così bello, aveva paura di rovinare tutto....
Si guardò intorno. Vide Aiba-chan che lo guardava con espressione triste, vide Sho-kun che, lo sguardo pieno di ansia, aiutava Oh-chan a sdraiarsi per terra, vide Luna guardarlo triste, come se volesse scusarsi. Tutti loro, dal primo all'ultimo, erano assieme a lui, e capì di non essere solo.
Respirò profondamente, ricordando a sé stesso che senza restare calmi non si sarebbe arrivati da nessuna parte, e guardò Aiba andare a prendere il dado.

*

A Neville sembrava di trovarsi in quella prigione da ore, quando invece era lì solo da un turno. Non era accaduto nulla a Luna, ma sembrava che uno dei ragazzi fosse in condizioni critiche. Voleva assolutamente vedere com'era la situazione. Sperò che Aiba si muovesse, con quel sei.
- Neville-san, Neville-san, puoi uscire! - esclamò Aiba.
Neville si sentì sollevare, come se una mano invisibile l'avesse afferrato per il maglione. Gli sembrò di attraversare qualcosa di viscoso, poi i suoi piedi tornarono a toccare terreno solido.
- Stai bene? - domandò Luna.
- Tutto a posto - disse Neville, inquadrando la situazione del gioco. Poco lontano da lui e Aiba stavano Sho e Ohno, e Neville notò il serpente che lo avvinghiava. Più in là Nino, accanto a Jun, sembrava sull'orlo di una crisi. I due erano più piccoli almeno della metà di come erano prima. Luna era dietro di loro, e se solo Neville si fosse potuto muovere sarebbe corso ad abbracciarla.
Osservò la casella in cui era finito. Non sembrava nulla di particolare. In un certo senso questo era una fortuna, perché si era reso conto che nel gioco c'erano cose molto più pericolose di una semplice prigione.
- Grazie, Aiba - disse Neville. Il ragazzo sembrava piuttosto provato.
Il turno passò a Sho, che sembrava molto riluttante a lasciare Ohno da solo in balia del serpente.
- Per la miseria, muoviti! - disse Nino, impaziente.
Il ragazzo andò avanti.
- Oh, no... biscotto - disse Sho, vedendo la casella.
Prese uno dei biscotti e, dopo averlo guardato con sospetto, lo addentò.
In un primo momento non successe nulla, poi il ragazzo si portò le mani alle tempie.
- La mia testa... sta per scoppiare! - urlò Sho.
- Non ci deve nemmeno provare! - esclamò Jun, con rabbia.
Sembrava quasi che Sho stesse per svenire, ma in qualche modo il ragazzo si mantenne in piedi.
- Resisti, Sho-kun! - esclamò Aiba.
Sho borbottò qualcosa, ma subito il turno passò a Nino e Jun.
Lo sguardo di Nino era risoluto, e non si staccava da Ohno. Sembrava pronto a far fuori quel serpente a mani nude.
A causa della statura ridotta, Jun poté soltanto dare un calcio al dado.
La casella in cui finirono era l'unica del tabellone ad essere completamente nera.
Segreta della Disperazione: uno di voi finirà nella Segreta della Disperazione! Entrarci è semplice, ma sarà possibile uscirne?”
- Nino-kun, tu devi riuscire a salvare Ohno-kun. Andrò io nella segreta - disse Jun con decisione, e poi scomparve.

*

Subito dopo, il buio e il freddo. Insomma, era una segreta, non poteva pretendere la luce e il tepore di un caminetto. Non era esatto dire che non ci fosse luce: una piccola sfera luminosa si stava dirigendo verso di lui. Jun non si spaventò: per quel giorno aveva visto cose peggiori e ben più strane.
La sfera si scontrò addosso a lui, provocando un'incredibile esplosione di luce.
Improvvisamente non ebbe più freddo. Dopo l'esplosione l'atmosfera era cambiata: non era più in una segreta, bensì in un parco; era primavera, e i ciliegi stavano fiorendo. Sotto uno di essi c'erano due figure, e Jun si avvicinò per osservarle meglio.
C'era Sho-kun, ed era assieme ad una ragazza.
- I ciliegi sono davvero belli - disse la ragazza.
- è vero. Ma non saranno mai belli come te, Minami-chan - rispose Sho, e poi si abbassò per baciare la ragazza.
Jun sentì il suo cuore rompersi in mille pezzetti.
Sho-kun e Minami-chan, come se si sentissero osservati, si voltarono verso di lui.
- Chi è quello? - domandò la ragazza.
- Ah, lui. Eravamo amici, poi lui mi ha detto di essersi innamorato di me. Ma ti sembra normale? - rispose Sho, ridendo.
Jun si sentì sprofondare. Sapeva che quello era solo un prodotto della sua mente, ma non per questo era meno doloroso.
Rispecchiava esattamente tutto quello che sentiva: non aveva mai parlato a Sho-kun dei suoi sentimenti perché aveva paura che lui lo prendesse in giro.
La scena cambiò. Era tornato nel gioco.
La prima cosa che sentì furono le urla di Nino-kun. Erano qualcosa che lui non aveva mai sentito, qualcosa di così pieno di dolore da essere disumano. Poco più in là giaceva Ohno-kun, ormai completamente stritolato dal serpente, che si apprestava a divorarlo. Accanto a lui Sho-kun, per terra, immobile e con le mani ancora sulle tempie. Jun non volle nemmeno immaginare cosa potesse essergli successo.
La scena cambiò di nuovo. Il freddo e il buio gli fecero capire che era tornato nella segreta. Riusciva a vedere almeno un pochino al di là del suo naso: notò che, invece delle pareti, c'erano delle cose che assomigliavano a degli schermi.
Doveva assolutamente sedersi, aveva bisogno di riprendere un po' il fiato.
Non appena mosse un passo, gli schermi si illuminarono fiocamente, e Jun sentì qualcosa salirgli sulla gamba. Abbassò lo sguardo, e sobbalzò.
Blatte.
Rabbrividì, e scosse la gamba con forza per mandar via quelle bestiacce. Normalmente alla sola vista di uno di quegli animali avrebbe attraversato mezza Tokyo di corsa, ma in quel momento, per ovvie ragioni, non avrebbe potuto farlo.
Gli insetti sembrarono sparire, e Jun controllò più volte prima di sedersi per terra.
Gli schermi si illuminarono di più. Erano dappertutto: davanti, dietro, sopra di lui, e qualche secondo dopo si animarono.
Jun rivide Sho-kun e la ragazza, rivide lui e Ohno-kun nel gioco, morti, e sullo schermo venne proiettato un video sui coleotteri, con tanto di riprese ravvicinate. Poi tutto ricominciò daccapo, e Jun non poté far altro che continuare a guardare tutte quelle cose orribili.
Doveva assolutamente uscire, ma come? Di quello non ne aveva la più pallida idea.

*

Non soltanto Oh-chan si trovava in pericolo, ora era rimasto pure da solo! Se non fosse successo altro, il turno successivo sarebbe dovuto andare lui a lanciare quel dannatissimo dado, ed essendo ancora una specie di nano il numero dei passi necessari sarebbe come minimo raddoppiato!
La situazione non poteva essere peggiore. Se solo avesse avuto qualcosa di tagliente... forse avrebbe potuto ingannare il gioco, liberare Oh-chan, uscire da lì e portarlo in ospedale per farlo curare... ma probabilmente proprio in quel momento qualche diavoleria del gioco gli stava leggendo la mente, rendendo ogni suo tentativo di fuga vano.
La verità, anche se non voleva assolutamente accettarla, era che non poteva fare altro che aspettare, e sperare di avere fortuna nei turni successivi; tuttavia era difficile aspettare sapendo che ad ogni minuto che passava Oh-chan si avvicinava sempre di più alla morte.
Era il turno di Luna. Sulla casella in cui era capitata si materializzò un tavolino, ma sopra invece dei biscotti c'era una bottiglietta.
Pozione: bevi tutto il contenuto della bottiglia. Potrebbe trattarsi di un antidoto a qualche effetto del gioco, o chissà, magari può avere un effetto più... temporaneo” .
Quello poteva essere un antidoto. E quella ragazzina lo stava bevendo.
- Sembra succo di zucca - disse Luna.
Improvvisamente, la ragazza cominciò a crescere in altezza. Quando si fermò, probabilmente sarebbe stata enorme anche agli occhi di uno di statura normale, ma per lui, che era diventato più basso, sembrava una gigantessa. Inutile dire che avrebbe pagato oro per avere tra le mani anche solo una goccia di quella roba: così, con un passo un po' lungo avrebbe fatto almeno cinque caselle.
- Nino, sei così piccolo! - disse Luna.
- Non c'è bisogno che mi prenda in giro! E stai attenta con quei piedi! - esclamò Nino.
Quella ragazza poteva anche avere tutte le fortune del mondo, ma non doveva permettersi di farsi beffe di lui!
Neville andò a lanciare il dado.
Nino vide Aiba impallidire non appena lesse la scritta sulla casella. Castello dell'Oscurità.
- E ora... c-come facciamo? - chiese Aiba, impaurito.
- Non lo so - rispose Neville, mentre gli scheletri piovevano dal soffitto, e le spade si materializzarono nelle loro mani.
Nino ebbe davvero paura per l'amico. Sapeva che Aiba non era un cuor di leone, e si aspettava di vederlo rimanere pietrificato dal terrore mentre gli scheletri gli si avvicinavano.
Invece, rimase piuttosto sorpreso.
Come pervaso da una forza misteriosa, Aiba lanciò un urlo disperato, e levò la spada contro i suoi aggressori. Notando che il suo fendente aveva inflitto danni, cominciò a sferrare colpi a destra e a manca, un po' alla cieca.
Forse avrebbe dovuto affinare un po' la tecnica, ma considerato anche il contributo di Neville non si poteva dire che non fosse efficace, e gli scheletri furono presto spazzati via.
- Bel colpo, Aiba - disse Neville, posando una mano sulla spalla del ragazzo.
- G-grazie - rispose Aiba, incredulo.
A Sho, durante il suo turno, toccò bere la pozione. Evidentemente si trattava di un antidoto al biscotto, perché il mal di testa che l'aveva colpito nel turno precedente era sparito così come era arrivato.
Era tornato il suo turno. Nino sperò in un colpo di fortuna, in qualcosa che lo aiutasse, una volta per tutte, a salvare Oh-chan. Gli avrebbe svelato tutti i suoi sentimenti non appena lui avesse aperto gli occhi e l'avesse guardato, al diavolo tutto. Che cosa non gli diceva che, una volta usciti da quel postaccio, non sarebbe potuto succedere qualcos'altro? Dopotutto, la magia esisteva, e magari li avrebbe sorpresi di nuovo con qualcosa di strano, e bastava guardare il telegiornale per vedere che la gente moriva nei modi più banali possibili. Che senso aveva, poi, nascondersi? Per come si era comportato durante quel gioco, anche un cieco avrebbe capito cosa provava per Oh-chan.
Si mosse, facendo passi più lunghi possibili, e calciò il dado.
Anche lui, come Luna e Sho, finì in una casella Pozione.
Allungò il braccio per prendere la bottiglietta, e ne bevve il contenuto. Con suo grande sollievo ritornò alla sua statura originaria, mentre Luna, come giunse il suo turno, smise di sembrare una gigantessa e tornò ad avere le dimensioni di una ragazzina.
- Oh, ponte! - fece la ragazza, arrivata nella sua casella di destinazione. Si rese conto che ormai le caselle che li separavano dalla fine erano poche.
Cosa sarebbe successo? Il gioco li avrebbe fatti uscire tranquillamente? Se non fosse riuscito a trovare un antidoto, Oh-chan si sarebbe salvato comunque?
Neville andò a lanciare il dado.

*

Dokoka de kimi ga tsumazuki 
Kuyashisa ni taeteru nara
Boku ga kitto sono te wo tsuyoku nigirou
Kimi no naka no mirai dakedo 
Kesshite mi ushinawanai yo
Donna toki demo 
Massugi ni kimi wo boku wa miteru kara....”

Quando inciamperai da qualche parte
Se dovrai sopportare la frustrazione
Decisamente, stringerò forte quella mano
Anche se il futuro è dentro di te
Non perderlo mai di vista
Perché sto sempre guardando dritto verso di te...”

Erano finiti sulla casella nera.
- Vado io - disse Aiba. - Tu sei già stato in qualcosa del genere, e poi posso fare compagnia a Jun-kun.
Potete anche salvarvi, se volete....” apparve sulla parete, poi per Aiba si fece tutto nero.
Davanti a lui c'erano degli scalini. Aiba li scese, e subito fu investito da una ventata di aria gelida.
Se l'avessi saputo, mi sarei vestito più pesante, pensò.
- Jun-kun? Dove sei? - urlò, ma nessuno gli rispose.
Una sfera luminosa si presentò davanti a lui.
- Oh, luce! - esclamò il ragazzo. - Vuoi aiutarmi a cercare Jun-kun?
La luce, però, lo attraversò, e il mondo attorno a lui cambiò.
Stava camminando su un marciapiede. Riconosceva la strada come una delle vie principali di Tokyo, ma stranamente non c'era nessuno, a parte lui.
Che cosa triste, pensò Aiba.
Poi, qualcuno apparve all'orizzonte.
- Ohno-kun! - esclamò Aiba.
L'Ohno di quella strada passò accanto a lui, ignorandolo.
Uno per volta, anche gli altri passarono per quella strada, ignorando lui e ignorandosi tra di loro. In quella specie di realtà parallela, gli Arashi non esistevano: erano soltanto cinque estranei.
Aiba si sentì perduto. Quei ragazzi avevano significato tutto per lui negli ultimi dodici anni. Erano i suoi fratelli, anche se tra loro non c'erano legami di sangue, ed erano stati assieme a lui sia nei momenti migliori che nei momenti peggiori della sua vita, e vederli così, separati, gli faceva male.
La scena cambiò. Era in una stanza, e gli altri ragazzi, proprio davanti a lui, stavano litigando.
Ricordava quel momento: avevano iniziato a litigare per qualche motivo stupido, e la situazione era degenerata un po'. In quell'occasione Aiba aveva urlato loro di smetterla, e dopo un po' si erano calmati; ma stavolta, per quanto Aiba stesse urlando, loro non si fermarono.
- Basta! Io me ne vado! - urlò Sho ad un tratto, poi uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Aiba comprese come mai quel luogo fosse chiamato la Segreta della Disperazione.
La scena cambiò di nuovo. Era tornato della segreta, solo che il luogo era illuminato fiocamente da degli schermi sulle pareti. In un angolo c'era una figura, seduta tutta rannicchiata.
- Jun-kun! Sei tu?
La figura alzò la testa. - Aiba-chan....
- Jun-kun! Stai bene?
- No... proprio no....
Aiba corse verso di lui, e gli si sedette accanto. Come lo fece, sugli schermi rivide le stesse scene che aveva visto prima, con l'aggiunta di pezzi di film horror che l'avevano spaventato a morte.
Aiba osservò Jun. Era pallidissimo, e aveva gli occhi lucidi.
- Che cosa vedi? - gli chiese Aiba.
- Sho-kun... Ohno-kun... Sho-kun... - mormorò Jun.
- Jun-kun, coraggio! Ora troveremo un modo per uscire da qui! - esclamò Aiba. Anche lui aveva paura di quel posto, aveva freddo e voleva tornare a casa, ma se anche lui si lasciava buttare giù dalle immagini tristi, come avrebbe potuto aiutare Jun-kun?
L'altro lo guardò, con tristezza. - Hai in mente qualcosa?
- No... ma insomma, qualcosa ci inventeremo, no?
Sicuramente se fosse rimasto lì ancora per un po', a guardare tutte quelle cose tristi e terrorizzanti, si sarebbe sentito privo di speranza, ma in quel momento non si trattava solo di lui: c'era anche Jun-kun ad aver bisogno di aiuto.
Prese la mano di Jun, e la strinse forte. Non vedevano in quegli schermi le stesse cose, ma erano assieme, e Jun-kun doveva assolutamente capirlo. Doveva fare coraggio a lui, per poter far coraggio anche a sé stesso.
Era il momento di pensare al da farsi. Con tutte quelle immagini che gli scorrevano davanti, però, era difficile concentrarsi. Il suo metodo per liberarsi dei cattivi pensieri era uno: chiudere gli occhi e respirare profondamente.
Si aspettò di vedere tutto scuro, come normalmente succedeva chiudendo gli occhi, ma mano a mano che le brutte immagini sparivano dalla sua mente qualcosa cambiò. Mentre aveva ancora gli occhi chiusi, vide davanti a sé un corridoio con un'apertura alla fine, che sembrava riportare alla stanza col tabellone.
Riaprì gli occhi, e di nuovo si trovò davanti gli schermi.
- Jun-kun! Jun-kun! Devi chiudere gli occhi! - esclamò Aiba, eccitato.
- Come mai? - chiese Jun.
- Fallo e basta! Chiudi gli occhi e cerca di rilassarti - rispose Aiba.
Jun obbedì, e Aiba lo vide sorridere. - C'è una porta - disse.
- E noi possiamo attraversarla!
I due ragazzi si alzarono.
- Prendiamoci per mano, così rimarremo uniti - disse Aiba.
Assieme chiusero gli occhi, e si diressero verso l'apertura.
Tornarono nella stanza col tabellone.
- Ce ne avete messo di tempo! - esclamò Nino. - Stavamo aspettando solo voi!
- E come mai? - domandò Jun.
- Sho-kun deve rispondere ad una domanda, e a quanto pare il gioco vuole che ci sia il pubblico al completo.

*

Itsushika bokura mo heiki na kao shite
Hitonami magire iki hisometeta
Fuan na yoru wo 
Futari ikutsu mo akashita
Ima koushite shinjiru mono 
Kizami tsukete...”

Prima che lo sapessimo, entrambi avevamo un'espressione calma
Trattenendo il respiro nella confusione di una grande folla
Eravamo stanchi delle tante notti tormentate
Ora incideremo così le cose in cui crediamo...”

Sho fissava attonito la scritta sulla parete.
Di quale dei giocatori sei innamorato?”
No, non era giusto. Non era assolutamente giusto. A parte che stare lì a rispondere a domande cretine mentre un suo amico stava morendo lo stava facendo sentire un totale idiota, poi si trattava di una domanda personale! Se il diretto interessato ancora non lo sapeva forse un motivo c'era! E certo: lui, con quell'aria da figo che poteva far cadere qualsiasi donna ai suoi piedi, come poteva non avere una ragazza? Era sempre stato molto riservato sulla sua vita sentimentale, ma insomma, poteva immaginarsela. Figuriamoci se stava a pensare a lui!
- E-ecco... scusami, Luna, ma non puoi essere tu... - disse Sho.
- Oh, figurati - disse Luna.
- Devi dire la verità, Sho! - disse la voce.
- è uno di noi, giusto? - disse Jun. Sembrava decisamente contrariato.
Ecco, forse se lo aspettava e una volta che l'avesse saputo si sarebbe arrabbiato!
- Io....
- Sho, dì la verità... o vuoi che gli succeda qualcosa di molto brutto?
- No! Certo che no!
Sentì un suono, come un battito di mani, e tutti tranne lui caddero a terra, in preda ad atroci dolori.
- Vuoi che tutto finisca nella buona o nella cattiva maniera?
- Falla finire, Sho-kun! Ti prego, falla finire! - urlò Aiba.
- Va bene, va bene! Jun-kun! - fece Sho, alla fine.
Il dolore si fermò per tutti. - Eeeeeeh?! - esclamò Aiba.
Sho guardò Jun. Sembrava furioso.
Ecco, adesso sono morto, e non per colpa del gioco!
Sho si preparò alla valanga di parole che presto l'avrebbero investito.
- Tu... tu! Come hai potuto aspettare così tanto tempo per dirmelo? - urlò Jun.
Era peggio di come Sho si fosse aspettato, mi sa.
- Avresti potuto dirmelo secoli fa! Invece no! Hai aspettato che finissimo in questo gioco! Hai aspettato che andassi in quella maledettissima segreta! Hai aspettato di vedermi quasi morto! E se tutto questo non fosse successo, per quanto tempo saresti ancora andato avanti? Mesi? Anni?
Jun gli si stava avvicinando. Sho chiuse gli occhi, pronto a beccarsi un pugno o uno schiaffone.
Con sua grande sorpresa, invece, Jun lo prese per la camicia, e lo baciò.
- Ti amo anch'io, razza di idiota - disse Jun, poi ritornò nella sua casella.
Sho si sentì un idiota esattamente come Jun aveva detto. Se solo avesse saputo tutto prima....

*

Dareka ga kimi wo madowase 
Meikyuu ni mayoi kondemo
Boku ga kitto sono te wo tsuyoku hiku yo
Mirai ni tsudzuku pazuru wo 
Hitotsu zutsu awasete yuku
Dare yori zutto 
Kagayaku kimi wo boku wa shitteru kara...”

Anche se qualcuno ti portasse in un labirinto e tu ti perdessi
Decisamente, afferrerò quella mano e tirerò con forza
Mettendo assieme il puzzle che continua verso il futuro pezzo per pezzo
Perché più di chiunque altro ho conosciuto il te splendente...”

Nino aveva appena assistito alla scena tra Sho e Jun, e si sentiva idiota quanto se non forse anche più di Sho.
Perché, perché aveva avuto paura? Magari anche Oh-chan lo ricambiava, e se lui avesse confessato tutto magari non sarebbero nemmeno stati lì, oppure sarebbe stato comunque divorato dalla paura di perderlo, ma senza provare alcun rimpianto riguardo i suoi sentimenti.
Jun lanciò il dado.
La casella in cui erano finiti recava un mosaico che raffigurava un coltello e un corno, incrociati.
Coltello e sangue di unicorno: prendi questi due oggetti, e trova un modo per usarli!”
Davanti a loro un pugnale e una fiaschetta fluttuavano a mezz'aria. Nino li prese.
Un pugnale. Ottimo per tagliuzzare serpenti.
- Sangue di unicorno! - esclamò Luna, scioccata.
- Che c'è? - fece Nino.
- è un perfetto antidoto, ma per ricavarlo è stata uccisa una creatura innocente!
- Al diavolo gli unicorni! - esclamò Nino, correndo verso Ohno.
Aveva finalmente trovato quello che cercava. Vedeva il serpente avvolgersi sempre di più attorno ad Ohno ad ogni passo che faceva, ma non importava, perché lui stava per salvarlo....
Nino si avventò sul serpente. Tagliava dovunque gli fosse possibile, ignorando il sangue del serpente che schizzava dappertutto e addosso a lui, cercando però di non ferire Ohno.
- Non toccarlo! - esclamò Sho. - Potresti finire avvelenato!
Nino lo ignorò. Dopo qualche minuto, Ohno era libero. Quello che Nino vide, però, fu terribile: in ogni punto di pelle scoperta, Ohno era pieno di vesciche sanguinolente. Il suo respiro era quasi impercettibile.
Oh no oh no oh no.
Nino stappò la bottiglietta, tremando.
- Fermati! Dicono che chiunque beva sangue di unicorno sia destinato alla dannazione! - disse Luna.
- Non m'importa! - urlò Nino. L'unica cosa che voleva vedere era Oh-chan di nuovo in piedi, sano e sorridente.
Gli aprì leggermente la bocca, e cercò di fargli ingurgitare l'antidoto.
Aspettò qualche secondo. Vide il petto del ragazzo alzarsi ed abbassarsi velocemente un paio di volte, per poi fermarsi del tutto.
- Oh-chan... Oh-chan? - fece Nino, anche se sapeva che chiamarlo non sarebbe servito a nulla. Gli strinse la mano, ma lui non restituì la stretta.
- Perché... perché... PERCHÉ? - urlò Nino. - PERCHÉ LUI? PERCHÉ PROPRIO LUI?
Stava singhiozzando disperatamente. - Perché non io? Perché? Lui non ti ha fatto niente! Perché me l'hai portato via?
Jun gli si avvicinò, e gli mise un braccio attorno alle spalle.
- Io lo amavo, Jun-kun... lo amavo e non gliel'ho mai detto - disse Nino, tra le lacrime.
- Lo sapevo, Nino-kun... credo che qui ormai l'avessimo capito tutti.
Nino lo ignorò.
- Oh-chan... perché mi hai lasciato... perché ci hai lasciato... - mormorò Nino.
Come avrebbe fatto senza di lui? Si sentiva come se gli fosse stata strappata via una parte di sé.
Sapeva di essersi comportato da stupido, ma perché doveva essere Oh-chan a pagarne le conseguenze? Perché non poteva esserci lui, ora, al suo posto? Avrebbe fatto qualsiasi cosa, se non proprio per riaverlo con sé, anche per essere lui al suo posto....
Sentì, all'improvviso, qualcosa stringergli la mano. Abbassò lo sguardo, e vide che si trattava di Oh-chan. La sua era la stretta di qualcuno che cercava con tutte le sue forze di restare aggrappato alla vita, che non aveva alcuna intenzione di morire.
- Morirei... piuttosto che lasciarti... scemo - mormorò Ohno. Le vesciche che aveva stavano pian piano scomparendo.
- Oh-chan! - esclamò Nino, e Ohno sorrise debolmente.
Per Nino, quello era il sorriso più bello del mondo. Non appena Ohno riuscì a sollevarsi, Nino lo strinse forte a sé e lo baciò una, due, tre volte.
- Ti amo - disse Nino. Stava ancora piangendo.
- Non sarei mai potuto morire senza dirti che provo la stessa cosa per te - gli rispose Ohno.
Un rumore improvviso li interruppe.
- Mi dispiace interrompere la vostra scenetta, ma qui sta crollando qualcosa! - urlò Neville, indicando le pareti.
Il ragazzo aveva ragione: buona parte della città sulla parete davanti a loro stava crollando. L'orologio notificava che mancavano soltanto cinque minuti allo scadere del tempo.
- Cosa facciamo? - fece Sho, spaventato.
- Continuiamo a giocare. Non è ancora tutto perduto, il castello non è ancora crollato - disse Neville. - Luna, tocca a te.

*
Moshimo shiro ka kuro ka 
Kimeta tobira hiraku hi ga kitemo
Kumori no nai omoi ga mou kagi wo sono te ni nigiraseteru yo...”

Se arrivasse il giorno in cui dovrai scegliere tra una porta bianca o una porta nera da aprire
I tuoi chiari sentimenti ti faranno già avere la chiave tra le mani...

Luna andrò a prendere il dado.
Era stato bello vedere l'amore che, una volta per tutte, trionfava. Sperò soltanto che in quel tempo ridotto riuscissero a vincere quel gioco, e che quei ragazzi riuscissero a tornare a casa. Le erano sembrati delle persone simpatiche, non le sarebbe dispiaciuto incontrarli di nuovo, magari in una situazione più tranquilla.
A dire la verità aveva sperato anche per lei una scena simile a quelle a cui aveva appena assistito, ma ciò non era successo, e in ogni caso per come le era andata la partita poteva soltanto dirsi fortunata.
Lanciò il dado, e finì su una casella piuttosto strana.
C'era disegnata una catapulta, e nessuna scritta.
Come da regola, una catapulta si materializzò davanti a lei, ma non c'era nulla da lanciare, e in ogni caso non avrebbe saputo contro cosa lanciare qualcosa.
L'unica alternativa possibile era che lei fosse il qualcosa da lanciare....
La ragazza si arrampicò sulla catapulta, e si accomodò su di essa.
Quasi come se stesse aspettando soltanto lei, la catapulta partì.
Luna aveva sempre desiderato volare. L'aveva già fatto, ma era sopra un Thestral, e non era la stessa cosa, rispetto all'essere libera da qualsiasi cosa. L'adrenalina le scorreva nelle vene, e la sensazione di euforia era accentuata dal fatto che la traiettoria del volo la stava portando dritta dritta verso l'ultima casella.
Quando atterrò, stava sorridendo. Davanti a lei c'era una chiave sospesa a mezz'aria. Allungò una mano per prenderla, ma la voce la interruppe.
- Alt! Aspetta! Prima di prendere la chiave, ci sono delle cose che devi sapere.
Luna si guardò attorno, con aria interrogativa.
- Devi fare una scelta: puoi prendere la chiave e uscire da sola senza farti un graffio, oppure potrai far uscire tutti, ma dovrai affrontarmi.
- Non ti basta quello che ci hai fatto passare? Non ti basta? - urlò Nino, rabbiosamente.
La voce non rispose.
- Non è ovvio? - disse Luna, tranquillamente. - Ti affronterò per far uscire tutti. Con quella voce, non credo che tu possa essere pericolosa più di tanto.
Una luce abbagliante la investì. L'attimo dopo, davanti a lei si ergeva una figura enorme.
Era una ragazzina, ed era vestita interamente di bianco. I suoi capelli erano neri, e aveva un sorriso angelico. C'era qualcosa di inquietante in quel sorriso, e la sensazione era accentuata dal fatto che avesse una consistenza simile a quella di un fantasma.
Come faccio ad affrontarla? si chiese Luna, ma subito dopo la luce la inghiottì, e si sentì sollevare.

*

Quella ragazza aveva preso Luna. Quella ragazza aveva preso Luna.
Sembrava un fantasma, eppure aveva preso Luna e ora la teneva in mano, a più di tre metri da terra. Avrebbe potuto farle qualsiasi cosa, e Luna probabilmente non sarebbe riuscita a difendersi.
Ancora una volta, era lui a dover entrare in gioco.
- Impedimenta! - urlò.
L'incantesimo colpì una gamba della ragazza, ma l'attraversò senza avere alcun effetto.
Cosa diavolo era quella ragazza?
- Oh, oh, oh. Di nuovo il nostro eroe! Ma quante volte te lo devo dire che non devi fare così? Lei ha scelto di affrontarmi, non tu! - fece la ragazza, con tono di voce come se stesse parlando ad un bambino.
- Rimettila giù!
- Perché? Ormai lei è qui... non posso lasciarla andare! E poi, l'ha voluto lei, ha scelto di affrontarmi... non sapendo che, in effetti, potrebbero non esserci modi per sconfiggermi!
Ok. Potevano anche non esserci modi per sconfiggerla, ma tanto valeva tentare. Tanto per cominciare, lei non era esattamente incorporea come un fantasma... gli incantesimi la attraversavano, ma aveva potuto prendere Luna. Aveva solo bisogno di un piano....
Decise di prendere tempo.
- Chi sei tu, veramente? - urlò.
- Io? Io mi chiamo Angelica Wright. Studiavo qui ad Hogwarts un centinaio di anni fa. Ero abbastanza brava negli incantesimi, e amavo i giochi da tavolo... così tanto che mi hanno chiesto di crearne uno come questo, per poter giocare dal vivo! Era un gioco tanto carino, il mio, e così... innocuo. Stupido, non trovate? - disse, e poi fece una risatina. Era inquietante, e Neville rabbrividì.
- Che cosa c'è di meglio di un po' di rischio, per divertirsi? Comunque. Avevo quasi finito di creare il gioco, quand'ecco che gli scheletri di gomma che avrebbero dovuto assalirmi sono diventati qualcosa di diverso... ecco, qualcosa di molto simile a quelli che avete dovuto affrontare voi. Dopo qualche secondo credetti di essere morta, ma non fu esattamente così... il gioco era stato creato da me, e anche se aveva continuato a svilupparsi da solo, dentro c'era sempre la mia anima, e ad un certo punto mi resi conto che potevo comunque controllarlo!
Sembrava molto divertita.
- Il momento propizio per avere dei giocatori, poi, è arrivato quando questi simpatici ragazzi hanno deciso, inconsapevolmente, di rubarmi l'idea... ragazzi, non si fa! Nemmeno sul nome siete stati originali! Quanto a te e alla tua amica, beh, siete semplicemente stati i primi a trovare la scala per questa stanza, e i primi ad arrivarci... dovreste considerarvi onorati!
A Neville venne in mente un modo per sconfiggere Angelica. Sarebbe stata un'azione rischiosa, e se tutto non fosse andato per il meglio probabilmente sarebbero morti, ma, in ogni caso, cos'altro li avrebbe attesi altrimenti?
- Onorato di trovarmi nel tuo gioco? Mai! - urlò, poi corse indietro, verso una casella in particolare.
- Ragazzi, venite qui!
Gli dispiaceva chiedere il loro aiuto, dato che li stava esponendo ad un pericolo abbastanza grande, ma era necessario.
Si fermò su una casella “Castello dell'Oscurità”, e anche gli altri lo seguirono. Gli scheletri arrivarono, e le spade si materializzarono nelle loro mani.
- Combattete! - urlò ai ragazzi, poi corse di nuovo verso Angelica.
- Lasciala andare! - urlò, la spada levata.
- Ah, ah, ah. E perché mai dovrei?
- Perché... lei... è... la... ragazza... che... AMO! - urlò, poi si lanciò contro le gambe di Angelica.
Non appena la spada toccò la ragazza, vi fu una terribile esplosione di luce. Neville vide Luna cadere, e corse in avanti cercando di prenderla. La ragazza finì al sicuro tra le sue braccia. Stringeva una chiave in una mano.
Neville vide la spada sparire dalla sua mano, sentì le esclamazioni vittoriose degli altri, ed emise un sospiro di sollievo. Ce l'avevano fatta.
Subito dopo, però, sentirono una forte scossa muovere il terreno.
Era ovvio, no? Aveva eliminato l'essenza del gioco, e ora il gioco si stava autodistruggendo.
- Correte! - esclamò Luna, avviandosi verso il castello.
Mentre tutto attorno a loro crollava, la ragazza mise la chiave nella toppa, e girò. Tutti quanti si lanciarono verso l'uscita, più velocemente che poterono.
Neville e Luna si ritrovarono dall'altra parte della stessa porta da cui erano entrati. Jun, Sho, Ohno, Nino e Aiba, invece, erano scomparsi.
- Peccato, li avrei voluti salutare - disse Neville.
Luna era ferma accanto a lui, e lo stava osservando.
- Era vero, quello che hai detto prima? Sono io la ragazza che ami?
Neville non pensava che l'avesse nemmeno sentito.
- Ecco... sì - disse. - Sì, è così - aggiunse, con maggior sicurezza.
- Perché sai, non pensavo che sarebbe potuto essere lo stesso per te - disse la ragazza sorridendo, e poi lo baciò leggermente sulle labbra.
Dopotutto, il lieto fine era arrivato anche per loro....

*

Erano ritornati nello studio.
Ancora non poteva crederci: era tutto vero. Certo, in nessuno dei libri c'era mai stato scritto che esisteva una stanza con un gioco da tavolo potenzialmente letale, ma insomma, erano stati ad Hogwarts! Quel luogo esisteva! La magia esisteva!
Avevano rischiato grosso, ma quante volte, nei periodi difficili della sua vita, aveva detto che avrebbe voluto mollare tutto e andare a combattere Voldemort? Ora aveva avuto un piccolo assaggio di quello che significava, ed avendo avuto la fortuna di essere ancora vivo assieme agli altri poteva definire la sua esperienza “fantastica”, ma forse avrebbe preferito continuare la sua vita di idol super impegnato.
E poi, se esisteva Hogwarts, e se esistevano Neville e Luna, allora molto probabilmente esisteva anche Voldemort. Augurò mentalmente buona fortuna a Harry, Ron e Hermione, anche se sapeva benissimo come tutto sarebbe andato a finire.
- A cosa pensi? - gli chiese Sho.
Cavoli, se era felice di averlo accanto a sé.
Non riuscì più a trattenere il suo entusiasmo. - Penso che... ragazzi, la magia esiste! Siamo solo dei Babbani, noi, ma la magia esiste! Hogwarts esiste! Neville-san e Luna-san esistono, e probabilmente ora si staranno confessando a vicenda il loro amore! Non è incredibile?
- Questa magia continua a non convincermi - disse Nino. - Dopotutto, stava per portarci via Oh-chan!
- Per fortuna che siamo usciti da quel postaccio - disse Aiba.
- Ragazzi, possiamo promettere una cosa? - disse Ohno, mettendo una mano al centro del loro cerchio. - Promettiamo di non avere mai più idee del genere per i nostri video, non si sa mai?
- Promesso! - fecero gli altri, mettendo le loro mani sopra quella di Ohno.

* - Cosa? Ci sono Luna-san e Neville-san! Questa è Hogwarts! Che fortuna... Professor Silente, ci aiuti per favore!
** - Zitto, Jun-kun! Voi chi siete?
*** - Nino-kun, lui è Neville-san, e lei è Luna-san. Non hai letto Harry Potter?


   
 
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