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Autore: Exentia_dream    31/10/2011    1 recensioni
Questa storia ha partecipato al TERZO INDESIDERATO CONTEST
Pansy Parkinson divisa tra un amore che non vuole e un amore che le viene strappato via. Come finirà?
E' una di quelle storie davvero... pazze, direi. Sia per le coppie, sia per la storia in sè.
Non ho molto da dire a riguardo prima che la leggiate, perciò... buona lettura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, Oliver Wood/Baston, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nda: Non so se Pansy possa apparire OC, ma, d’altro canto, non è che il suo carattere venga spiegato dettagliatamente su Wikipedia (io non ho mai letto un libro su Harry Potter), ma, a parte questo, credo che anche lei abbia un cuore *.*
 
 
 

1994: Quarto anno, Settembre.

 
 
 
“Ehi, Parkinson… è rientrato il tuo ragazzo.” sghignazzò Tiger.
 
“Zitto, idiota. Almeno io un ragazzo ce l’ho e, tra l’altro, è un  purosangue.”
”Con questo cosa vorresti dire?”
 
“Molte cose… per esempio, che dubito anche del fatto che tu sia un essere umano.”
 
In effetti, in quel momento, Oliver Baston era entrato in Sala Grande e si era seduto al tavolo dei Grifondoro.
 
Erano insieme quasi da un anno, ma quante cose erano cambiate?
 
Forse tante o, forse, non era mai state come a lei apparivano.
 
 
 

Quarto anno, Aprile.
 

 
 
“Non è il momento, Oliver.”
 
“Piton ci ha dato un compito e, sai, devo finirlo entro due giorni…”
 
“Ho dimenticato un libro in biblioteca.”
 
“Questa sera ho la ronda.”
 
 
 
Tutte scuse ed Oliver era stanco.
 
Da troppi mesi andava avanti quella storia ed aveva cominciato a dubitare di lei dalla volta in cui lo aveva rifiutato.
 
“Sono stanca.” gli aveva detto. E lui era rimasto in silenzio, a guardarla mentre si allontanava.
 
Sapeva bene dove andava ogni sera, la sua Pansy, ma aspettava che fosse lei a parlargliene.
 
 
 
“Hey, Parkinson, sai che hai il nome di una malattia babbana?”
”Sì?
 
“Sì, quella che fa tremare tutto il corpo.” quelli intorno a loro ridevano.
 
Pansy si fermò di fronte a lui, guardandolo negli occhi. “Faccio tremare anche te, Weasley?”
 
Il disprezzo nello sguardo che, in realtà, nascondeva la speranza che aveva riposto in quella domanda.
 
“Sì, Parkinson, ma di paura… perché, sai, sei bruttina.”
 
Nonostante sapesse bene che quella frase non era vera, sentì quelle parole colpirla con la violenza della verità.
 
Perché la verità faceva male e Pansy lo sapeva bene: le aveva fatto male soprattutto la verità che aveva dovuto ammettere con sé stessa. E da quella non poteva scappare.
 
Continuarono a fissarsi per un tempo indefinito, nei loro occhi la conferma di un tacito accordo stipulato una notte di tanti mesi prima.
 
 
 
“Parkinson, sai che dovrei togliere punti alla tua casata?”
”Taci, Weasley.”
La guardò, scorgendo nei suoi occhi le lacrime bloccate dalla rabbia, dall’indignazione.
 
“E’ successo qualco-“ ma Fred non terminò la frase, perché, in quel momento, Oliver Baston ordinò alla ragazza di tornare da dov’era uscita.
 
“No.” aveva risposto lei, quasi tremando.
 
“Rientra.”
”No.”
 
“Rientra.”
 
“Ehi,” intervenne il rosso, quando Oliver malamente tirò a sé la ragazza. “lasciala stare.”
 
“Cos’hai detto, Fred?”
”Devi lasciarla stare: parlerete domani.”
 
Solo dopo che i passi del capitano della squadra di Grifondoro si spensero nel corridoio, Pansy guardò Fred.
 
“Grazie.”
 
E, senza neanche rendersene conto, camminarono fianco a fianco; si fermarono quando il vento li investì: erano arrivati fuori, sotto una delle arcate.
 
Si erano seduti sulle scale, senza parlare: Pansy non voleva dar voce al suo dolore e Fred, semplicemente, rispettò il suo silenzio.
 
 
 
 
 
Si ridestò dai suoi pensieri quando una mano sfiorò la sua. Oliver aveva gli occhi puntati nei suoi.
 
“Passeggiamo?”
 
“Non mi va, Oliver.” Si massaggiò le tempie con le punte delle dita.
 
“C’è qualcosa che non va?”
”No.”
”Sicura?”
”Sì.” finalmente lo guardò.
 
Non riusciva a capire come o perché, eppure, i sentimenti che aveva provato verso di lui, ora sembrava che non fossero mai esistiti.
 
Ora più che mai la serpe che era in lei, infida, provocatoria, strisciava tra i ricordi di quei giorni in cui aveva creduto di stare bene con lui.
 
“Vuoi che ti aiuti?”
 
“No, grazie. Farò una ricerca. Anzi, credo che andrò adesso.”
 
“Ti accompagno.”
”Non disturbar-“
 
“Non mi disturba affatto, Pansy: sei la mia fidanzata.”
 
“Già.”
 
Lo vide sorridere e lo imitò, abbassando lo sguardo.
 
Si chiedeva se Oliver avesse capito qualcosa, se fosse possibile che sapesse…
 
 
 
 
 
“A volte, mi maltratta…” Fred rimase in silenzio. “Ma, forse, è colpa mia, perché pretendo troppo da lui: è stanco per via degli allenamenti, mentre io penso solo a divertirmi…”
 
“Hai quattordici anni, Pansy, è normale che tu voglia divertirti.”
 
Non sapeva quando era successo, ma avevano cominciato a chiamarsi per nome. E a lei non dava affatto fastidio.
 
Anzi, il modo in cui Fred pronunciava il suo nome le trasmetteva una sensazione di calore giù, nello stomaco.
 
“L’ultima volta abbiamo litigato perché gli avevo chiesto di volare.”
 
Da quella volta, si erano incontrati ogni sera e Fred era sempre lì, non si stancava mai di ascoltarla.
 
Non parlava mai, non le chiedeva mai direttamente come stava… aspettava che lei si sentisse pronta per parlare e l’ascoltava.
 
L’ascoltava, la consolava, l’abbracciava quando piangeva.
 
Ed era stato strano toccare la sua mano e sentire i brividi nei muscoli e nelle ossa.
 
C’era stata giorni a pensarci su, senza neanche dormire la notte e poi aveva capito.
 
Com’era potuto succedere?
 
Quello era un Weasley, un morto di fame, un cretino che portava degli orrendi maglioni.
 
Eppure, Pansy se n’era innamorata perché Fred la faceva ridere, la faceva stare bene.
 
Si erano incontrati ogni sera, fino a che lei non l’aveva baciato.
 
Sentire le labbra sottili del ragazzo premute contro le sue era stato peggio che ricevere una secchiata di acqua gelata, perché lui era rimasto immobile.
 
“Scusami.” gli aveva detto, allontanandosi dalla sua bocca.
 
 
 
 
 
“… e allora mi son detto: perché no?”
Lo guardò senza capire di cosa stesse parlando. “O-Oliver, io…”
 
“Non mi hai ascoltato, vero?”
”Ero solo soprappensiero.”
 
Riusciva a scorgere la rabbia sul viso del ragazzo che aveva di fronte, quello che da tempo non considerava più come il suo fidanzato.
 
“Certo,” le aveva risposto. “vai… vattene un po’. Credo che ti serva un po’ d’aria.”
Oliver l’aveva lasciata lì e lei, senza neanche aspettare un secondo, si diresse verso i corridoi che l’avrebbero portata al suo dormitorio, quelli in cui sapeva che avrebbe potuto vederlo.
 
Teneva lo sguardo basso, per tenere per sé tutta l’emozione che le batteva nel petto.
 
Le sue emozioni erano solo sue e non le avrebbe condivise con nessun altro, perché avrebbero potuto pensare che lei non era ciò che appariva, che non era solo una viscida ragazza facile.
 
Le sue emozioni erano sue e non le avrebbe condivise con nessuno, tranne che con lui.
 
 
 
 
 
Non le aveva più parlato da quel giorno ed aveva accuratamente cercato di evitare i posti in cui c'era lei… ed era stato un po’ come cadere e sbucciarsi le ginocchia.
 
Solo che, adesso, il bruciore non sarebbe passato con una magia e il sangue si sarebbe raggrumato dove non sarebbe stato visibile.
 
Allora, aveva aspettato che Oliver le chiedesse perdono e l’aveva perdonato.
 
Non era stato facile, ma, d’altronde, niente lo era mai stato.
 
Era sottobraccio del suo fidanzato quando, casualmente, lo vide parlare con un’altra di Grifondoro.
 
Vedeva il suo sorriso, che non era rivolto a lei come durante quelle notti trascorse sulle scale; vedeva la mano sistemare i capelli, che non era più quella mano che le asciugava le lacrime.
 
Per un po’ si sentì persa.
 
Poi, il suo essere Serpeverde l’evitò la scivolata e lei si riprese immediatamente, mostrando platealmente che le cose tra lei ed Oliver erano tornate a filare dritto.
 
Lo aveva baciato con passione, certo, immaginando di stringere spalle più sottile, di accarezzare capelli più lunghi e più rossi di quelli. Ma continuò a baciarlo, nonostante la stretta alle viscere.
 
Sentiva gli occhi azzurri di Fred bucarle la schiena e, allora, avrebbe voluto gridargli in faccia che in quel modo non avrebbe risolto niente, ma si limitò a staccarsi dal suo fidanzato e a ghignare.
 
Un po’ soddisfatta e un po’ distrutta, Pansy si chiuse in uno dei bagni e si lasciò precipitare.
 
 
 
 
 
Seduta sul suo letto, nel dormitorio deserto, asciugò una lacrima.
 
Non le era mai andato bene niente, mai.
 
E, quando credeva di poter gestire le situazioni, qualcosa le sfuggiva dalle mani.
 
Come quando si era ritrovata a camminare sola, nel percorso verso i dormitori di Serpeverde, senza lo sguardo di Fred dietro la schiena.
 
Era Fred che le sfuggiva dalle mani, che non era abbastanza maturo perché era sempre in giro a fare scherzi a chiunque.
 
Erano le sue emozioni, soprattutto, che non riusciva a controllare, perché erano troppo grandi per lei, troppo profonde e troppo contraddittorie rispetto a quello che le era stato insegnato.
 
Ma Fred Weasley le era entrato dentro.
 
 
 
 
 
“Perché non mi saluti più, Fred?”
 
“Così…”
”Mi pare di averti già chiesto scusa.”
”Non è per questo.”
”E allora perché…”
”Perché sappiamo bene cosa pensate voi Serpeverde di noi…”
”Per me è diverso.”
 
“Certo.”
 
“Senti, cretino, ora mi stai a sentire.” e gli aveva pietrificato le gambe, lasciando libera di muoversi solo la parte superiore del corpo del ragazzo.
 
Allora si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi.
 
Il ricordo di quella sera, l’immagine di quel bacio e le sensazioni che aveva provato vive in lei, ardevano come fuoco.
 
“Dimmi la verità.” gli aveva chiesto infine, in un filo di voce.
 
Di nuovo quel silenzio e allora cercò di allontanarsi, facendo finire l’effetto dell’Incantesimo.
 
Fu in quel momento che Fred se ne rese conto: fu sopraffatto dal desiderio di baciarla ancora, allora la poggiò contro la colonna, le mise una mano dietro la nuca e l’attirò a sé, fermandosi ad un millimetro da quella bocca.
 
Prima la guardò negli occhi, poi le sorrise.
 
“Pansy, Pansy..” l’aveva canzonata dolcemente.
 
Fu lei a fare il primo passo, levandosi sulle punte.
 
Quando entrambi avvertirono il tocco dell’altro sulle labbra sussultarono, senza rendersene conto.
 
 
 
 
 
 
 

Quarto anno, Novembre.

 
“Pansy?”
Si voltò di scatto, quasi con le lacrime agli occhi. “Cosa c’è, Oliver?”
”Dove stai andando?”
”Hai visto Fred? I-io…”
”No, non ho visto Fred.”
 
“Devo chiedergli una cosa importante…”
”Da quanto va avanti questa storia?”
 
Non rispose, perché, ormai, il dubbio che Oliver sapesse era diventato certezza.
 
Eppure, non provò alcun rimorso. Nessun senso di colpa verso quel ragazzo che per un anno aveva tenuto accanto come suo fidanzato.
 
Alzò il capo, con il solito ghigno stampato in viso.
 
“Cosa vuoi, Oliver?”
”Devi scegliere… Hai una settimana di tempo per farlo.”
”Non ho bisogno di nessun tempo.” non sapeva da dove provenisse tutto quel coraggio, eppure, ora ne aveva a sufficienza per chiudere una storia che, forse, non era mai cominciata. “Scelgo lui.”
Era stato l’amore a farla parlare… ma una Serpeverde come lei, pretenziosa, ingannatrice, poteva davvero provare amore?
 
Sì, poteva.

 
 
 
1998: Settimo anno,Maggio.

 
 
 
Camminava per i corridoi, Pansy, ma non riusciva a trovarlo.
 
Allora, tutte le volte in cui avevano litigato le tornarono alla mente, come se avvertisse che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe ricordato i loro momenti insieme senza dover chiedere il permesso al suo cuore di sanguinare.
 
 
 
“Credi che sia un giocattolo, Pansy? Che me ne stia lì, buono buono ad aspettarti?”
 
”No, Fred, ma ci vuole coraggio… non è mica uno scherzo?”
”No, non lo è… ma, sai, dire la verità è davvero bello: è una sensazione meravigliosa.”
 
“Io non lo so com’è: sono una Serpeverde.”
 
“Beh, dovresti allenarti a farlo allora.”
 
 
 
Doveva trovarlo assolutamente, doveva dirgli in che pasticci lo aveva messo.
 
Non aveva mai capito nulla di quello che stava accadendo, eppure la guerra era vicina.
 
 
 
“Prima o poi, mi tradirai, Pansy… non scordarti che hai il Marchio Nero anche tu.”
 
“E allora?”
”Allora cosa?”
”Questa guerra è giusta, Fred.”
”No che non lo è. E una guerra contro degli innocenti.”
”I Babbani ci impediscono di vivere.”
”Sai che questa guerra ucciderà anche me, vero?”
”No, Fred, perché tu non sei un Babbano.”
 
“Ma sono dalla loro parte, Pansy.”
 
Gli occhi azzurri, adesso, sembravano essere diventati blu. Non avrebbe saputo dire se era per la rabbia che il ragazzo provava o se era solo una sua impressione.
 
 
 
Non lo sapeva, davvero, che di quello stupido Esercito messo su da quell’idiota di Harry Potter facesse parte anche Fred. Non lo sapeva, non l’aveva immaginato, eppure lui gliel’aveva detto.
 
 
 
“Combatterò sempre a favore di Silente e di Harry Potter.”
”Non staremo dalla stessa parte, non puoi farmi questo.”
”Mi stai chiedendo di diventare un Mangiamorte?”
”No, ti sto chiedendo di farti parte.”
”Fallo tu, Pansy: mettiti da parte e cerca di salvarti.”
 
Ma lei non l’aveva ascoltato.
 
 
 
Per questo si trovava a correre tra i corridoi, in cerca di quegli occhi azzurri che, forse, lei stessa aveva condannato a morte.
 
Non riusciva neanche a pensarci, non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
 
Uno scoppio si avvertì al piano superiore e Pansy corse.
 
Più veloce, più veloce, senza dare sollievo ai suoi muscoli.
 
Il respiro corto, il cuore in gola, le lacrime sulle guance e negli occhi che gli offuscavano la vista.
 
Il salato del pianto sulle labbra, la sensazione di aridità nel corpo.
 
Correva contro una scena che non voleva vedere, ma che sentiva che l’avrebbe segnata per sempre.
 
Attraversò il fumo, spostò quante più macerie le fu possibile, poi lo vide.
 
Il macigno pesante della colpevolezza le cadde addosso.
 
“Fred… cosa ti ho fatto?” la voce rotta e strozzata dai singhiozzi.
Ma Fred non rispondeva e aveva gli occhi spalancati. La guardava, senza vederla, perché in quelle iridi già non c’era più vita.
 
In quel momento, mentre gli abbassava le palpebre, Pansy morì con lui.
 
Si accasciò sul suo petto e pianse, silenziosa tutte le lacrime che aveva.
 
 
 
 

2000, due anni dopo la fine della guerra, Maggio.
 

 
 
 
 

A Fred Weasley,
 
figlio, fratello e amico speciale.
 
 
 
1978 – 1998.

 
 
 
Fissava, senza più lacrime da cacciare, la lapide senza vita.
 
Fredda, immobile, morta, come lei.
 
Le mani strette a pugno, le unghie conficcate nella carne e gli occhi lucidi: questa era la Pansy Parkinson che, piegata sulle ginocchia, stringeva le labbra.
 
Il senso di colpa non era mai sparito dal suo cuore e mai avrebbe lasciato quel posto. Quello era il prezzo da pagare e lo sapeva bene… Fred aveva cercato di salvarla e lei, accecata da quegli ideali insani, invece, lo aveva condannato a morte.
 
Non aveva mai osato parlare alla sua lapide, perché avrebbe dissacrato quanto di più puro e meraviglioso ci fosse in quel cimitero. E anche perché non si riteneva degna di farlo.
 
Una mano si posò sulla sua spalle e lei si alzò, coprendo il viso con il velo del cappellino che portava.
 
Non si chiese cosa ci facesse lì l’ex compagno di scuola, ma neanche le importava.
 
“Pansy… come stai?”
 
“Sopravvivo.”
 
“Beh… ecco cos’è significato scegliere lui.” un sorriso idiota sul viso del suo interlocutore.
 
Per la prima volta, dopo anni, Pansy sorrise.
 
Guardò verso il cielo, bellissimo, limpido, illuminato dal sole caldo e primaverile, e le parve di vedere il sorriso di Fred. Lei ci credeva che, oltre quel cielo, c’era Fred.
 
“Con lui sono stata felice, Oliver…”



 
Giudizio:
2° classificata “Because beyond the sky, there’s you” di Exentia Dream

 
Grammatica e lessico: 9.8/10 Stile e forma: 9.5/10
Originalità: 14/15
Caratterizzazione personaggi:10/10
Giudizio personale: 9.5/10
In tutto: 52.5/55
Per quanto riguarda la grammatica la storia era ottima se non per un errore di distrazione e una frase che ho notato errata.
La tua one-shot era molto scorrevole se non per qualche virgola mancante per cui non ho potuto darti il massimo, ma ho apprezzato molto il tuo stile!^^
L’originalità a questa storia non è mancata, e il pairing mi è proprio piaciuto.
La caratterizzazione dei tre è avvenuta perfettamente.
La storia mi è piaciuta molto, e il carattere di Pansy, che dimostra di essere più di una Serpe mi ha stupito.
 
 
 
Angolo Autrice:
Beh, non ho davvero parole per ringraziare la giudicia e per esprimere quanta soddisfazione mi abbia dato questa storia.
E’ un triangolo improbabile, ma io adoro le storie d’amore e non per forza a lieto fine e scrivere questa è stato davvero difficile, ma ce l’avevo già scritta in mente quando ho scelto i personaggi.
Alla giudizia è piaciuta abbastanza, quindi lascio a voi l’arduo compito di leggere e di giudicare questa shot di cui sono particolarmente fiera.
A presto, la vostra Exentia_dream
   
 
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